Prospettive assistenziali, n. 133, gennaio-marzo 2001

 

petizione popolare indirizzata alla regione piemonte

 

È in corso la raccolta delle firme di cittadini piemontesi per la presentazione alla Regione Piemonte di una petizione popolare che ha lo scopo di ottenere dalla Regione stessa, dalle Aziende sanitarie e dai Comuni i servizi indispensabili per la fascia più debole della popolazione: bambini senza famiglia o con genitori gravemente inidonei, handicappati intellettivi con autonomia ridotta o nulla, malati di Alzheimer, anziani cronici non autosufficienti, ecc.

La petizione, il cui testo è integralmente riportato più avanti, è un’iniziativa assunta dal Csa, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, di Torino, per arginare le conseguenze negative della legge 328/2000 di riforma dell’assistenza e dei servizi sociali.

Nella petizione si chiede ai Presidenti del Consiglio e della Giunta ed ai Consiglieri della Regione Piemonte di assumere i provvedimenti necessari per:

1. riconoscere ai soggetti più deboli l’accesso prioritario ai servizi, di competenza regionale, della sanità, della casa, della scuola, della formazione professionale, dei trasporti, ecc.;

2. promuovere il collocamento obbligatorio al lavoro non solo dei soggetti con handicap con piena capacità lavorativa, ma anche di coloro che hanno un rendimento ridotto, ma proficuo per se stessi e per le aziende private e pubbliche;

3. obbligare i Comuni singoli e associati ad istituire i servizi occorrenti per:

– assicurare il minimo vitale a coloro che non hanno i mezzi sufficienti per vivere;

– garantire gli interventi alternativi al ricovero in istituto (aiuti socio-economici alle famiglie d’origine, adozione, affidamenti familiari a scopo educativo);

– creare centri diurni per handicappati intellettivi ultradiciottenni non in grado, a causa della gravità delle loro condizioni psico-fisiche, di inserirsi in attività lavorative proficue;

– istituire comunità alloggio per i soggetti di cui al punto precedente, privi di adeguato sostegno familiare;

– predisporre tutte le altre prestazioni occorrenti per evitare il ricovero in istituto di assistenza di minori, di adulti e di anziani;

4. imporre ai Comuni singoli e associati, alle Asl ed alle Province il rispetto delle vigenti disposizioni di legge che non consentono agli enti pubblici di richiedere contributi economici ai parenti, compresi quelli tenuti agli alimenti, di assistiti maggiorenni;

5. assegnare ai Comuni singoli e associati le residue competenze assistenziali delle Province in modo da unificare gli interventi e da eliminare le attuali discriminazioni fra i minori nati nel matrimonio, i ciechi ed i sordi non “poveri e rieducabili” (assistiti dai Comuni) ed i minori nati fuori del matrimonio, i ciechi ed i sordi “poveri rieducabili”, così definiti dal Dpr 383/1934 (assistiti dalle Province);

6. garantire da parte del Comune di Torino e di due Consorzi socio-assistenziali le necessarie prestazioni (attualmente di competenza delle Province) alle gestanti e madri nubili e coniugate affinché possano provvedere responsabilmente al riconoscimento o non riconoscimento dei loro nati, garantendo il segreto del parto.

Per quanto riguarda la sanità, nella petizione si chiede che la Regione Piemonte:

a) istituisca in tutte le Asl i servizi di riabilitazione ambulatoriali, semiresidenziali e residenziali;

b) assicuri adeguate cure sanitarie domiciliari (meno costose dei ricoveri!) per i malati acuti e cronici mediante interventi medici, infermieristici e riabilitativi, unificando l’assistenza domiciliare integrata e l’ospedalizzazione a domicilio;

c) riconosca che nelle Rsa (residenze sanitarie assistenziali) e nelle Raf (residenze assistenziali flessibili) sono degenti anziani malati cronici non autosufficienti. Pertanto queste strutture non dovranno più essere gestite dall’assistenza, ma dalla sanità, con eventuali supporti aggiuntivi da parte dell’assistenza e dei servizi sociali;

d) garantisca la continuità terapeutica fra la degenza ospedaliera, il ricovero presso case di cura private convenzionate, le Rsa/Raf (da unificare perché queste ultime curano malati aventi le stesse patologie e la stessa gravità dei degenti presso le Rsa).

 

Nella petizione si avanzano, inoltre, alla Regione Pie­monte le seguenti richieste:

– riconoscere con propria legge il volontariato infra-familiare, allo scopo di incentivare la permanenza a casa loro dei soggetti con malattie acute e croniche (le delibere attuative devono essere approvate dalle Asl) e delle persone con autonomia limitata o nulla a causa di handicap o per altri motivi non sanitari (le delibere attuative devono essere approvate dai Comuni singoli e associati);

– limitare a 10 posti la capienza massima delle Rsa per le persone non anziane e non autosufficienti (handicappati, malati psichiatrici, ecc.) e vietare che esse vengano accorpate fra di loro;

– istituire una Commissione incaricata di svolgere una indagine conoscitiva sulle Ipab (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza) e sulle ex Ipab per accertare se i patrimoni ed i relativi redditi sono destinati – com’è previsto dalle leggi vigenti – esclusivamente alle persone ed ai nuclei familiari bisognosi. Il valore dei patrimoni delle Ipab ed ex Ipab piemontesi è di molte centinaia di miliardi. Il Comune di Torino ha ricevuto dallo scioglimento di Ipab e di altri enti assistenziali beni ammontanti ad oltre mille miliardi, anch’essi da utilizzare per scopi assistenziali;

– creare gli uffici provinciali di pubblica tutela per l’esercizio delle funzioni di tutore nei casi in cui l’autorità giuridica non affidi i relativi compiti ai congiunti di persone dichiarate interdette.

Coloro che intendono collaborare alla raccolta delle firme sono pregati di contattare il Csa, Via Artisti 36, 10124 Torino, tel. 011-812.44.69, fax 011-812.25.95. Le firme devono essere consegnate alla segreteria entro il 20 giugno 2001.

 

 

Testo della Petizione

 

I sottoscritti cittadini elettori del Consiglio regio­nale piemontese indirizzano la seguente petizione ai Presidenti del Consiglio e della Giunta ed ai Consiglieri della Regione Piemonte, affinché, preso atto della situazione, spesso drammatica, della fascia più debole della popolazione piemontese, in particolare delle persone che non sono in grado di tutelare i propri interessi morali e materiali a causa dell’età (bambini, fanciulli e adolescenti) o della gravità delle loro condizioni psico-fisiche (handicap-
pati con limitata o nulla autonomia, malati di Alzheimer, anziani cronici e pazienti psichiatrici non autosufficienti), il Consiglio e la Giunta regionale assumano le necessarie e urgenti iniziative di seguito precisate.

 

1. Riconoscere le priorità delle funzioni non assistenziali e quindi:

a) promuovere e finanziare l’accesso prioritario ai servizi, di competenza regionale, della sanità, della casa, della scuola, della formazione professionale, dei trasporti e sociali in genere ai soggetti che, se non beneficiano delle relative prestazioni, rischiano di cadere in condizioni di emarginazione. In ogni caso le prestazioni dei suddetti servizi non possono essere negate o limitate in presenza di handicap o patologie anche inguaribili.

 

2. Assumere le idonee misure nei riguardi dei servizi preposti al collocamento obbligatorio dei soggetti con handicap, compresi coloro che hanno una capacità lavorativa inferiore alla media, ma sufficientemente proficua per le aziende pubbliche e private. Allo scopo di assicurare il collocamento mirato al lavoro dei soggetti con handicap, la Regione Piemonte:

a) promuove la stipula di accordi di programma tra la Regione stessa, le Province ed i Comuni per:

– l’istituzione dei servizi per l’inserimento lavorativo in grado di garantire i necessari interventi per tutte le persone con handicap, comprese quelle con capacità lavorativa ridotta;

– l’istituzione di corsi di aggiornamento, riqualificazione e riconversione accessibili anche ai soggetti con handicap;

– la predisposizione per i soggetti con handicap intellettivo di almeno un corso di formazione prelavorativa, della durata complessiva di non meno di 2.400 ore, ogni 100 mila abitanti;

– l’attivazione di corsi di aggiornamento degli operatori addetti ai servizi preposti all’inserimento lavorativo di persone con handicap;

b) sviluppa intese con le Amministrazioni scolastiche per l’integrazione tra i percorsi scolastici e quelli relativi alla formazione professionale;

c) provvede, per il raggiungimento degli obbiettivi sopra indicati, oltre che con i fondi di cui alle leggi 68/1999 e 144/1999, anche con finanziamenti propri e la predisposizione degli atti necessari per accedere alle sovvenzioni dell’Unione europea.

 

3.      Stabilire che, al fine di assicurare ai cittadini in condizione di bisogno una rete integrata di servizi, tutte le attività socio-assistenziali devono essere svolte, ad esclusione del Comune di Torino, tramite consorzi o altre forme associative tra Comuni o tra Comunità montane o tra Comunità montane e Comuni, nell’ambito delle attuali delimitazioni territoriali dei servizi socio-assisten­ziali.

 

4.      Allo scopo di assicurare la massima autonomia possibile ai soggetti interessati ed ai loro nuclei di appartenenza, sono obbligatori da parte degli enti gestori i seguenti interventi socio-assistenziali di cui alla legge della Regione Piemonte 13 aprile 1995 n. 62:

a) la consulenza e le altre possibili azioni a favore dei soggetti in difficoltà e dei relativi nuclei familiari in cui i soggetti stessi vivono;

b) gli adempimenti concernenti l’anagrafe dei minori o accolti presso comunità alloggio e case famiglia o ricoverati in istituto;

c) le iniziative rivolte, con il consenso informato dei soggetti interessati, ad ottenere gli accessi prioritari di cui al punto 1;

d) le prestazioni economiche dirette ad assicurare il minimo vitale alle persone ed ai nuclei familiari non in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze fondamentali di vita. Sono di competenza dei servizi degli enti locali preposti all’avviamento al lavoro le attività rivolte a rispondere alle esigenze, comprese quelle economiche, dei cittadini disoccupati o sottoccupati in grado di svolgere attività lavorative;

e) il servizio di aiuto personale di cui all’art. 27 della legge della Regione Piemonte n. 62/1995;

f) gli affidamenti presso famiglie e persone singole di cui all’art. 28 della legge regionale n. 62/1995, prevedendo per gli affidatari la copertura assicurativa e un adeguato rimborso spese. Dovrà essere predisposto entro il 2001 un progetto specifico per il superamento dell’istituzionalizzazione di tutti i minori aventi meno di 6 anni, quale iniziativa per l’abolizione dei ricoveri in istituto di tutti i minori;

g) la tempestiva segnalazione all’autorità giudiziaria dei minori in presunta situazione di privazione di assistenza materiale e morale da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi e gli altri adempimenti previsti dalle leggi vigenti in materia di adozione di minori italiani e stranieri;

h) la creazione di comunità alloggio e la promozione di case famiglia per i minori nei cui confronti non siano realizzabili le azioni di cui ai punti precedenti. Nello stesso stabile non possono essere istituite più di una comunità alloggio o di una casa famiglia. Inoltre, devono essere evitati i raggruppamenti di comunità alloggio e di case famiglia nella stessa zona;

i) la predisposizione di centri diurni, aperti almeno 40 ore settimanali, per handicappati intellettivi ultradiciottenni, non in grado di inserirsi in attività lavorative proficue a causa della gravità delle loro condizioni psico-fisiche, nella misura di almeno uno ogni 30 mila abitanti;

l) l’istituzione di convivenze guidate e di comunità alloggio per le persone non in possesso dell’autonomia occorrente per vivere da sole in normali appartamenti. In particolare, per i soggetti handicappati intellettivi deve essere creata almeno una comunità alloggio ogni 30 mila abitanti. Anche a queste comunità alloggio si applicano le disposizioni del precedente punto h);

m) il ricovero in strutture socio-assistenziali a carattere di internato fino al loro superamento.

 

5.      Stabilire che le eventuali contribuzioni economiche a carico delle persone assistite sono calcolate in base al decreto legislativo 130/2000, le cui norme prevedono che i soggetti con handicap in situazione di gravità ai sensi della legge 104/1992 e gli ultrasessantacinquenni dichiarati non autosufficienti dalle unità valutative geriatriche delle Asl contribuiscono alle prestazioni ad essi fornite esclusivamente con i propri redditi. Per i calcoli relativi all’importo da versare occorre che si tengano altresì in considerazione gli obblighi familiari, nonché gli impegni di altro genere sottoscritti; in ogni caso deve essere conservata a disposizione del soggetto interessato, non ricoverato a tempo pieno, una somma non inferiore agli importi della pensione minima Inps e del canone di locazione corrisposto.

 

6. Approvare le disposizioni necessarie per definire le caratteristiche di fondo delle convivenze guidate, comunità alloggio e case famiglia, stabilendo in particolare che:

a) le convivenze guidate sono strutture costituite da un normale alloggio in cui sono inseriti 2 o 3 soggetti maggiorenni aventi limitata autonomia personale, seguiti saltuariamente da operatori sociali;

b) le comunità alloggio sono strutture costituite da un normale alloggio o da una abitazione mono o pluri familiare in cui sono accolti al massimo 6-8 soggetti minorenni oppure individui maggiorenni aventi autonomia molto limitata o nulla, a cui provvedono operatori sociali con carattere di continuità;

c) le case famiglia sono strutture costituite da un nucleo familiare stabile in cui sono inseriti da 2 a 4 soggetti in difficoltà.

 

7. Disciplinare l’accesso ai servizi socio-assistenziali, stabilendo in particolare che i soggetti aventi diritto alle prestazioni di cui al precedente punto 4:

a) inoltrano domanda scritta all’ente gestore dei servizi socio-assistenziali sia direttamente sia tramite coloro che li rappresentano;

b) l’istanza può essere altresì presentata, previo consenso informato sottoscritto dal soggetto interessato o dal suo tutore, dalle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri della Regione Piemonte;

c) nei casi di emergenza o per motivi eccezionali, l’istanza può essere presentata anche verbalmente. L’operatore che la riceve è tenuto a redigere apposito verbale ed a fornire immediatamente copia al soggetto interessato oppure a chi lo rappresenta o all’associazione di volontariato.

 

8.      Definire le modalità ed il tempo di risposta degli enti gestori dei servizi socio-assistenziali, disponendo che:

a) gli enti gestori dei servizi socio-assistenziali sono tenuti ad avviare gli interventi entro e non oltre 30 giorni dalla presentazione dell’istanza, fornendo copia del programma delle prestazioni che verranno effettuate;

b) contro la decisione dell’ente gestore è ammesso entro 15 giorni ricorso al Sindaco del Comune in cui il soggetto risiede o è domiciliato o, nei casi di necessità, nel Comune in cui si trova;

c) il Sindaco è tenuto a trasmettere all’interessato la decisione assunta entro e non oltre 30 giorni dalla presentazione del ricorso.

 

9.      Disporre il divieto assoluto dei seguenti interventi:

a) rilascio di autorizzazioni per la costruzione o ristrutturazione di istituti a carattere di internato per minori o per soggetti con handicap, aventi una capienza complessiva superiore a 8 posti, comprese le strutture costituite da due o più gruppi assimilabili alle comunità alloggio o alle case famiglia;

b) erogazione di finanziamenti di qualsiasi natura ed entità a favore degli istituti di ricovero, aventi una capienza complessiva superiore a 8 posti, ad esclusione del pagamento di rette di ricovero, fino all’inserimento dei soggetti nei servizi e nelle strutture alternative di cui al punto 4.

10. Assumere i provvedimenti occorrenti per promuovere e finanziare con assoluta priorità le seguenti iniziative:

a) creazione da parte di tutte le Asl dei servizi di riabilitazione ambulatoriali, semiresidenziali, residenziali e, ove necessario, domiciliari;

b) istituzione, in tutti i distretti delle Asl, del servizio infermieristico territoriale con il compito di fornire le necessarie prestazioni ai cittadini malati acuti e cronici. Il servizio deve essere aperto tutti i giorni, senza esclusione alcuna, per almeno 10 ore;

c) estensione su tutto il territorio regionale del servizio di assistenza domiciliare integrata;

d) completamento delle prestazioni di cui alla precedente lettera b) con quelle erogate, sulla base della sperimentazione del servizio di ospedalizzazione a domicilio dell’Ospedale Molinette, da un gruppo di medici, operante secondo il metodo del lavoro di équipe, predisposto in modo da assicurare:

– tutti i giorni, compresi i prefestivi ed i festivi, dalle ore 8 alle ore 18, interventi domiciliari non erogati dall’assistenza domiciliare integrata;

– i turni di reperibilità dalle ore 18 alle ore 8 di tutti i giorni, compresi i prefestivi ed i festivi;

– la sostituzione dei propri componenti assenti per malattia, ferie e altri motivi;

– la creazione in tutte le Asl di centri diurni per malati di Alzheimer e soggetti con sindromi correlate. Ciascuna Asl dovrà garantire almeno 20 posti a tempo pieno. I centri devono essere aperti almeno 5 giorni alla settimana, per non meno di 40 ore settimanali.

 

11. Promuovere e finanziare il volontariato infra-familiare allo scopo di incentivare la permanenza a casa loro dei soggetti con malattie acute o croniche e delle persone in difficoltà.

Si richiede, pertanto, l’approvazione di disposizioni affinché le Asl con riferimento ai soggetti malati acuti e cronici, e gli enti gestori delle attività socio-assistenziali per quanto concerne gli individui maggiorenni aventi limitata o nulla autonomia a causa di handicap o per altri motivi, siano tenuti ad approvare atti specifici per assicurare il riconoscimento del volontariato infra-familiare, per promuoverne l’apporto e per definirne i compiti, nonché per stabilire l’ammontare forfettario mensile della partecipazione economica erogata rispettivamente dall’Asl o dall’ente gestore dei servizi socio-assistenziali al congiunto responsabile delle prestazioni di volontariato infra-familiare quale rimborso di tutti gli oneri sostenuti per il loro parente in difficoltà e per evitare ogni forma di altro compenso a coloro che praticano il volontariato infra-familiare.

 

12. Assegnare ai Comuni le residue competenze socio-assistenziali delle Province, in modo da:

a) unificare gli interventi e superare le attuali discriminazioni fra minori nati nel e fuori del matrimonio, e fra i ciechi ed i sordi “poveri rieducabili” (così definiti dal regio decreto 383/1934) e gli altri soggetti colpiti dagli stessi handicap o da altre menomazioni;

b) attribuire al Comune di Torino e a due Consorzi gestori di servizi socio-assistenziali le funzioni concernenti l’assistenza alle gestanti, alle madri nubili e coniugate in difficoltà, comprese le attività rivolte a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i propri nati, inclusi i necessari interventi a favore dei neonati per almeno 60 giorni prima del trasferimento della competenza ai Comuni;

c)                  precisare che le attività di cui alla precedente lettera b) devono essere svolte su semplice richiesta delle donne interessate, indipendentemente dalla loro residenza anagrafica, garantendo l’assoluto anonimato ai soggetti di cui sopra.

 

13. Assumere i necessari provvedimenti per stabilire che:

a) i responsabili dei reparti ospedalieri e le direzioni sanitarie ospedaliere non possono dimettere malati di Alzheimer o con sindromi correlate e anziani cronici non autosufficienti senza preventiva informazione al degente o, nei casi di assoluta necessità, a un suo congiunto;

b) nei casi in cui non possa essere predisposta la cura del paziente a casa propria o al domicilio di congiunti, le dimissioni dall’ospedale devono essere attuate esclusivamente, fatte salve le eventuali differenti decisioni del soggetto o, se incapace di esprimersi, dei suoi familiari, mediante il trasferimento del malato in un altro ospedale o in una casa di cura privata convenzionata o in una Rsa sanitaria;

c) il trasferimento deve essere effettuato a cura e spese dell’ente che lo dispone;

d) per quanto concerne le case di cura private convenzionate sono abrogate le disposizioni circa la durata massima del ricovero e la riduzione delle relative rette a carico del Servizio sanitario regio­nale;

e) intensificazione della vigilanza nei confronti delle case di cura private convenzionate al fine di evitare i ricoveri ingiustificati;

f) nei casi di trasferimento del paziente al proprio domicilio o presso l’abitazione di congiunti, deve essere preventivamente informato il medico di fiducia del soggetto interessato.

 

14. Puntualizzare, mediante l’approvazione di una legge regionale, che le Rsa, residenze sanitarie assistenziali, sono strutture operanti nell’ambito del Servizio sanitario regionale e che esse provvedono alla cura dei malati di Alzheimer o con sindromi correlate e delle persone anziane colpite da malattie invalidanti e con non autosufficienza parziale o totale, secondo i seguenti indirizzi operativi:

a) la responsabilità delle cure sanitarie è affidata ad un medico, preferibilmente geriatra;

b) le prestazioni mediche sono assicurate tutti i giorni e per almeno 10 ore complessive da un gruppo di medici, operante secondo il metodo del lavoro in équipe, predisposto in modo da fornire tutti gli interventi necessari, compresi i turni di reperibilità per le restanti 14 ore;

c) il gruppo di cui alla precedente lettera b), al fine di garantire la continuità terapeutica, è programmato in modo che i suoi componenti provvedano alle sostituzioni dei membri assenti per malattia, ferie o per altri motivi;

d) sono assicurate le necessarie prestazioni, infermieristiche, riabilitative, alberghiere, comprese quelle inerenti l’indennità di accompagnamento di cui alla legge 18/1980;

e) in media sono forniti a ciascun degente:

- almeno minuti 40 di cure infermieristiche;

- almeno minuti 140 di assistenza alla persona;

- almeno minuti 20 di riabilitazione;

f) l’ente gestore delle Rsa è tenuto a fornire all’Asl nel cui territorio ha sede, la documentazione (fotocopie del libro matricola, dei versamenti previdenziali, ecc.) comprovante l’osservanza delle prescrizioni sopra riportate alla precedente lettera e);

g) a carico dei degenti presso le Rsa è stabilita una retta giornaliera di 50 mila da prelevare esclusivamente sui redditi pensionistici degli stessi ricoverati. La retta verrà adeguata ogni anno in base ai dati dell’Istat;

h) i rapporti economici dei degenti sono tenuti esclusivamente con l’Asl nel cui territorio la struttura ha sede;

i) nessuna somma può essere richiesta ai degenti, ad esclusione delle prestazioni extra-sanitarie
ed extra-alberghiere (bevande, spese telefoniche, ecc.);

l) è abrogata la delibera della Giunta della Regione Piemonte n. 113-15760 del 30 dicembre 1996 in base alla quale le Rsa e le Raf potevano aumentare la retta a carico dei ricoverati anche nella misura del 30%;

m) il Consiglio regionale definisce le norme per il trasferimento delle competenze in materia di Rsa dal settore assistenziale al settore sanitario e per la conversione delle Raf (residenze sanitarie flessibili) in Rsa.

 

15. Limitare a 10 posti la capienza massima delle Rsa per gli altri soggetti non autosufficienti, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 1989 (handicappati, malati psichici, ecc.) e vietare che esse possano essere accorpate fra di loro.

 

16. Proibire agli enti gestori di attività assistenziali di affidare a soggetti privati o pubblici (Ipab, ecc.) le funzioni concernenti:

a) la valutazione delle condizioni di accesso ai servizi, l’esame dei ricorsi, i controlli e la vigilanza ordinaria, nonché i compiti gestionali qualora ne possa risultare compromessa l’integrazione delle prestazioni e l’unitarietà degli interventi;

b) gli accertamenti concernenti la situazione di privazione di assistenza morale e materiale dei minori e la valutazione degli aspiranti all’adozione, all’affidamento familiare a scopo educativo e alla conduzione di case famiglia.

 

17. Prevedere che nell’affidamento della gestione dei servizi socio-assistenziali ad enti privati, comprese le cooperative sociali, sia stabilito che essi sono tenuti a corrispondere a tutto il personale addetto, compresi i soci lavoratori, gli emolumenti economici stabiliti dai contratti collettivi di lavoro.

 

18. Istituire una apposita Commissione incaricata di svolgere una indagine conoscitiva sulle Ipab ed ex Ipab allo scopo di accertare:

a) l’osservanza dell’art. 6, comma 2 della legge della Regione Piemonte n. 10/1991, così formulato: “Il patrimonio mobiliare ed immobiliare delle Ipab che abbiano conseguito il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato, i relativi redditi netti derivanti dalla sua gestione ed i proventi derivanti dalla sua alienazione o trasformazione sono destinati esclusivamente alle attività socio-assistenziali previste dallo Statuto”;

b) l’eventuale estinzione o cessazione di attività di Ipab che hanno conseguito il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato;

c) il rispetto delle prescrizioni inserite nei provvedimenti della Regione Piemonte concernenti il trasferimento ai Comuni ed alle Province dei patrimoni delle Ipab dichiarate estinte, prescrizioni che vincolano “la destinazione dei beni e delle relative rendite ai servizi di assistenza sociale”;

d) l’ammontare dei patrimoni e dei relativi redditi delle strutture trasferite ai Comuni ed alle Province a seguito della estinzione degli enti pubblici assistenziali (Eca, Onmi, Enaoli, ecc.) ed il loro attuale utilizzo;

e) la consistenza dei beni immobili e mobili e dei relativi redditi delle Ipab in attività e la loro odierna destinazione.

Scopo dell’indagine è la valutazione dei beni e dei relativi redditi destinati ai servizi socio-assistenziali, anche al fine della individuazione delle concrete possibilità del loro utilizzo per la creazione ed il funzionamento delle strutture mancanti o da ammodernare.

 

19. Istituire gli uffici provinciali di pubblica tutela per l’esercizio di funzioni di tutore ad essi deferite dalle competenti autorità giudiziarie e per la consulenza a favore di altri soggetti individuati come tutori dalle autorità stesse. Gli uffici provinciali di pubblica tutela operano con personale delle Province e si avvalgono di volontari e gruppi di volontariato.

 

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