Prospettive assistenziali, n. 133, gennaio-marzo 2001

 

Approvata la prima delibera sul volontariato intrafamiliare

 

In data 16 gennaio 2001, il Cisap, Consorzio dei servizi alla persona fra i Comuni di Collegno e Grugliasco, ha approvato la prima delibera italiana sul volontariato intrafamiliare, che riportiamo integralmente.

Al riguardo, ricordiamo che il riconoscimento del ruolo sociale delle famiglie era stato promosso da Prospettive assistenziali con gli articoli “Proposta di delibera sul volontariato intrafamiliare”, n. 123, 1998 e “Seconda proposta di delibera sul volon­tariato infrafamiliare rivolto ai congiunti colpiti da malattie invalidanti e da non autosufficienza”, n. 124, 1998 (1).

Come risulta dal provvedimento del Cisap, la spesa annua per il ricovero in strutture residenziali di 13 soggetti con handicap intellettivo grave ammonta a L. 1 miliardo e 186 milioni, mentre per la sperimentazione del volontariato intrafamiliare dello stesso numero di utenti, la spesa prevista è di L. 90 milioni a cui vanno aggiunte L. 422 milioni concernenti il costo per la frequenza del centro diurno.

Dunque, il volontariato intrafamiliare non solo assicura una migliore qualità della vita alle persone con handicap intellettivo grave, ma consente anche fortissimi risparmi da parte delle istituzioni.

È, quindi, auspicabile che analoghe delibere vengano approvate dai Comuni singoli e associati per il volontariato intrafamiliare svolto a favore di soggetti handicappati non autosufficienti e dalle Asl per il volontariato intrafamiliare esercitato nei confronti di soggetti non autosufficienti colpiti da patologie invalidanti (anziani cronici, malati di Alzheimer, ecc.).

 

Testo della delibera “affidamento intrafamiliare di parenti maggiorenni totalmente non autosufficienti a causa di gravi handicap intellettivi”

 

La “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” n. 104/92 prevede che:

• alla persona handicappata, vengano garantiti il rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia attraverso la promozione della piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società (art. 1, comma 1, lettera a);

• alla persona handicappata e alla famiglia, vengano garantiti adeguato sostegno psicologico e psicopedagogico, servizi di aiuto personale o familiare, strumenti e sussidi tecnici, prevedendo, nei casi strettamente necessari e per il periodo indispensabile, interventi economici integrativi per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla legge (art. 5, comma 1, lettera h).

Fra gli interventi previsti dalla legge 104/92, finalizzati a perseguire l’inserimento e l’integrazione della persona handicappata, assumono particolare rilievo:

• gli interventi di carattere socio-psico-pedagogico, di assistenza sociale e sanitari a domicilio, di aiuto domestico e di tipo economico ai sensi della normativa vigente, a sostegno della persona handicappata e del nucleo familiare in cui è inserita (art. 8, comma 1, lettera a);

• servizi di aiuto personale alla persona handicappata in temporanea o permanente grave limitazione dell’autonomia personale (art. 8, comma 1, lettera b);

affidamenti e inserimenti presso persone e nuclei familiari (art. 8, comma 1, lettera h);

• organizzazione e sostegno di comunità alloggio, case-famiglia e analoghi servizi residenziali inseriti nei centri abitati per favorire la deistituzionalizzazione e per assicurare alla persona handicappata, priva anche temporaneamente di una idonea sistemazione familiare, naturale o affidataria, un ambiente di vita adeguato (art. 8, comma 1, lettera i);

• istituzione o adattamento di centri socio-riabilitativi ed educativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo scopo di rendere possibile una vita di relazione a persone temporaneamente o permanentemente handicappate, che abbiano assolto l’obbligo scolastico, e le cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorative (art. 8, comma 1, lettera l).

In particolare l’articolo 9 della legge quadro 104/92 stabilisce – con riferimento al “servizio di aiuto personale” da istituire a cura dei Comuni e delle Unità sanitarie locali – che tale servizio può avvalersi dell’opera aggiuntiva di obiettori di coscienza, di organizzazioni di volontariato, di cittadini di età superiore ai diciotto anni che facciano richiesta di prestare attività volontaria ed ai quali si estende la disciplina dettata dall’articolo 2, comma 2, della legge n. 266/91.

Il compito di assicurare il diritto all’integrazione sociale di persone con handicap in situazione di gravità anche mediante la realizzazione di comunità alloggio e di centri socio-riabilitativi è affidato – secondo il disposto dell’articolo 10 della legge quadro – ai Comuni, anche consorziati tra loro, o con le Province, alle loro unioni, alle Comunità montane e alle Unità sanitarie locali nel rispetto delle priorità degli interventi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184.

Al disabile in situazione di gravità deve pertanto essere assicurato in primo luogo, in analogia con quanto previsto a tutela dei minori, il diritto «di essere educato nell’ambito della propria famiglia» (art. 1, comma 1, legge 184/83).

Dalla pluriennale esperienza maturata dai servizi sociali dei Comuni di Collegno e Grugliasco nel settore delle persone con disabilità intellettive, riconosciute invalide al 100 per cento dalle apposite commissioni, risulta che un gran numero di esse, nonostante la gravità delle loro condizioni fisiche ed intellettive, continua ad essere accolto dai propri congiunti anche dopo il raggiungimento della maggiore età.

L’attività di cura svolta dai congiunti dei disabili maggiorenni è assai importante per la qualità della vita di queste persone e consente inoltre di realizzare economie di spesa agli enti istituzionalmente preposti a garantire la collocazione residenziale ai disabili gravi privi del sostegno familiare.

Per poter conservare l’attuale rilevante percentuale di disabili gravi che continuano a vivere a casa loro, occorre sostenere i congiunti tenendo conto del loro notevole e stressante impegno. Va inoltre considerato che non è raro incontrare familiari (donne soprattutto) che, per assistere i propri congiunti, hanno abbandonato il lavoro con conseguente danno economico. In buona sostanza occorre garantire ai familiari l’accesso ad una adeguata rete di servizi diurni e residenziali atta ad offrire un valido supporto quotidiano ed a consentire momenti di tregua nei quali recuperare le forze e provvedere alle questioni personali ed agli impegni familiari e sociali.

Nell’ambito consortile è attiva una rete di strutture diurne e residenziali ed un sistema di assistenza sociale e domiciliare di buon livello. Grazie ad essa sono state seguite, nel 1999, 276 persone disabili di cui 29 minori. I disabili gravi in carico ai centri diurni sono, attualmente, 57. Di questi, ben 47 risiedono in famiglia o presso parenti che si occupano, con maggiori o minori difficoltà, della cura e dell’assistenza dei propri congiunti nel tempo non coperto dai servizi socio-sanitari.

Pur essendo maturata da tempo la convinzione che per favorire la permanenza presso i loro
congiunti dei soggetti con handicap grave è necessario che venga riconosciuto il prezioso apporto del volontariato intrafamiliare svolto da genitori, fratelli, sorelle e da altri parenti e che tale quotidiana attività debba venir fattivamente sostenuta – al pari degli “affidamenti a parenti” previsti dalla vigente normativa in materia di tutela dei minori – è improponibile, in questa fase, l’attivazione di interventi generalizzati di sostegno diversi da quelli offerti dalla rete territoriale più sopra sinteticamente descritta. Le risorse a disposizione sono infatti limitate e la normativa che regola il riparto delle spese tra Consorzio ed Asl 5 non consente di realizzare oggi quegli investimenti a sostegno della domiciliarità che potranno determinare, nel medio e lungo periodo, sicuri risparmi nelle spese per ricoveri.

È dunque necessario procedere per gradi, sperimentando i nuovi interventi di sostegno con criteri di selezione – finalizzati a fornire l’aiuto necessario almeno alle situazioni familiari più vicine “al collasso” per il sovraccarico assistenziale quotidianamente sopportato – operando con le limitate risorse disponibili.

Fra le persone con gravi handicap residenti in famiglia e frequentanti i tre centri diurni del consorzio ve ne sono alcune con situazioni tali da richiedere immediati ulteriori interventi di supporto finalizzati a sostenere i parenti nell’esercizio delle funzioni di cura svolte a beneficio dei propri congiunti disabili.

In particolare:

• n. 1 persona disabile è priva di genitori ed ospitata presso parenti;

• n. 6 persone disabili vivono con un solo genitore vedovo;

• n. 1 persona disabile risiede in un nucleo con un familiare ultrasettantacinquenne;

• n. 3 persone disabili risiedono in un nucleo con un familiare ultrasettantenne;

• n. 2 persone disabili risiedono in un nucleo con un familiare ultrasessantacinquenne.

A fronte di tale situazione si ritiene opportuno riconoscere, da parte del Consorzio, il fondamentale apporto fornito dai parenti delle persone con disabilità grave, in carico ai servizi diurni, rientranti nelle condizioni sopra descritte al fine di:

• favorire la permanenza presso i loro congiunti dei suddetti disabili intellettivi – con un’invalidità del 100 per 100, non autosufficienti e aventi diritto all’indennità di accompagnamento di cui alla legge 11 febbraio 1980, n. 18 – che frequentano i centri diurni e non utilizzano i servizi residenziali se non per ricoveri temporanei di sollievo;

• contenere gli aumenti di spesa che deriverebbero dal ricorso all’inserimento in struttura dei disabili se venisse meno l’assistenza parentale a causa del gravoso carico assistenziale posto a carico dei familiari conviventi.

Pertanto, ai congiunti rientranti nelle situazioni pre­cedentemente descritte che accolgono il loro fa­miliare maggiorenne utente dei centri diurni – avente un’invalidità del 100 per cento e diritto all’indennità di accompagnamento, non autosufficiente a causa di handicaps fisici e/o intellettivi e non in grado di svolgere alcuna attività lavorativa proficua a causa della gravità delle condizioni psico-fisiche – il Cisap intende riconoscere un contributo finalizzato a sostenerne l’affidamento intrafamiliare.

Il contributo mensile viene erogato – sperimentalmente nel periodo 1.1.2001-31.12.2002 e sino alla concorrenza del budget assegnato – affinché l’affido intrafamiliare si possa fondare sulla disponibilità e l’idoneità dell’accoglienza, indipendentemente dalle condizioni economiche dei congiunti affidatari. Il contributo è complementare all’utilizzo del centro diurno ed alternativo all’inserimento in struttura residenziale. Il contributo viene proporzionalmente ridotto nei periodi di inserimento temporaneo della persona disabile in struttura residenziale o nei periodi di partecipazione ai “soggiorni lunghi” programmati dai centri diurni.

Per la determinazione del contributo mensile si applicano i criteri di cui alla seguente tabella (vedi fondo pagina).

Il budget previsto per la sperimentazione del­l’affidamento intrafamiliare delle persone disabili rientranti nelle condizioni descritte nel presente documento viene fissato in un massimo di L. 90.000.000 per l’anno 2001 dando atto che:

• la spesa annua di ricovero in struttura resi­denziale dei 13 utenti che, nella fase attuale, potrebbero beneficiare dell’intervento di affido, al costo di L. 250.000 giornaliere, ammonterebbe a L. 1.186.250.000 (L. 91.250.000 annue pro capite) da suddividere tra Consorzio ed Asl 5 / Distretto 1;

• la spesa annua per la frequenza del centro diurno di 13 utenti – quantificata in L. 422.500.000 da suddividere tra Consorzio ed Asl 5 / Distretto 1 – sommata alla spesa prevista per il sostegno dell’affidamento intrafamiliare risulta pari a L. 512.600.000 (L. 39.423.077 medie annue pro capite).

In considerazione dei risparmi che potranno venir realizzati anche dall’Asl 5 nel biennio di sperimentazione – evitando o procrastinando nel tempo il ricorso al ricovero in struttura dei soggetti individuati – si ritiene di proporre all’Azienda stessa di compartecipare alla spesa assumendo a proprio carico una quota pari al 50% del budget previsto.

Al Direttore dell’area “servizi alla persona” viene pertanto dato mandato:

• di avviare la sperimentazione proponendo l’intervento di affido intrafamiliare ai congiunti delle persone disabili rientranti nelle condizioni sopra descritte;

• di utilizzare le procedure e la modulistica per la formalizzazione degli impegni (opportunamente adattata) già in uso per gli affidamenti di persone disabili adulte ed anziane;

• di seguire la sperimentazione proponendo gli eventuali correttivi da apportare in corso d’opera;

• di raccogliere gli elementi per una prima valutazione sull’andamento del progetto da effettuarsi da parte del Consiglio di Amministrazione al termine del primo semestre dall’avvio.

Il Direttore dell’area “servizi alla persona” dovrà in ogni caso operare nell’ambito del budget assegnato negoziando, con i congiunti delle persone aventi titolo a beneficiare dell’intervento, l’eventuale riduzione proporzionale delle quote di contribuzione indicate nel presente documento onde assicurare, a tutti i soggetti individuati, un minimo di sostegno.

Al termine del primo anno di sperimentazione il Consiglio di amministrazione – sulla base della valutazione sull’andamento del “progetto sperimentale di affido intrafamiliare” ed in considerazione degli impegni auspicabilmente assunti dall’Asl 5 – indicherà, in sede di approvazione del Peg, Piano esecutivo di gestione annuale, il budget da assegnare per il secondo anno di sperimentazione.

 

 

Situazione del nucleo parentale

 

 

Assenza di genitori e residenza presso altri parenti.

Residenza con genitori di cui almeno uno ultra 75 anni o non autosufficiente.

 

Residenza con un solo genitore.

Residenza con genitori di cui almeno uno ultra 65 anni.

 

 

Quota di indennità di accompagnamento di riferimento mensile (2)

 

Quota corrispondente ad una mensilità dell’indennità di accompagnamento.

 

 

Quota corrispondente ai 2/3 di una mensilità dell’indennità di accompagnamento.

 

 

 

 

 

(1) Cfr. altresì F. Santanera e A.M. Gallo, Volontariato trent’anni di esperienze: dalla solidarietà ai diritti, Utet Libreria, Torino, 1998.

(2) Dal 1° gennaio 2001 l’indennità mensile di accompagnamento è di L. 817.330.

 

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