Prospettive assistenziali, n. 132, ottobre-dicembre 2000

 

 

Indicazioni per una delibera quadro dei comuni singoli o associati

SUlle attività socio-assistenziali *

 

 

 

In base alle considerazioni contenute nell’articolo di questo numero “Proposte alle Regioni per limitare i danni della legge quadro sui servizi sociali”, proponiamo ai Comuni singoli o associati di assumere una delibera quadro in modo da garantire le prestazioni occorrenti alle persone ed ai nuclei familiari in gravi difficoltà.

A nostro avviso, non solo i cittadini ed i gruppi di volontariato, ma anche gli operatori e le stesse istituzioni, trarrebbero notevoli vantaggi dall’approvazione da parte dei Comuni singoli o associati di una delibera quadro che definisca per le attività assistenziali gli aventi diritto, il contenuto degli interventi, le modalità organizzative e gli altri aspetti necessari per garantire il corretto funzionamento dei servizi.

Un esempio positivo di delibera quadro è il provvedimento assunto dal Comune di Torino, su proposta del Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, in data 14 settembre 1976 (1).

 

 

TESTO PROPOSTO

 

Attualmente la delibera potrebbe essere così redatta.

A. Premesso che alla data del ...... nel territorio comprendente i Comuni di ......, i cui abitanti sono complessivamente ......, risultano assistiti i seguenti gruppi di persone ...... (2), con una spesa complessiva di L. ...... (3), con il presente provvedimento si intende procedere alla riorganizzazione dei servizi del Consorzio fra i Comuni ......, denominato ABCD, sviluppando in particolare quelli domiciliari, al fine di consentire, in tutta la misura del possibile, alle persone ed ai nuclei familiari in difficoltà di avere la migliore risposta possibile alle loro esigenze, continuando a restare a casa loro o comunque nel loro contesto sociale di appartenenza.

B. Gli interventi sono rivolti ai soggetti nei cui confronti i Comuni hanno competenza diretta. Essi pertanto devono rispondere alle norme di cui al 1° comma dell’art. 38 della Costituzione: «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale».

In particolare, le prestazioni sono fornite ai nuclei familiari ed ai singoli soggetti o minorenni o adulti o anziani, che si trovano in una delle seguenti condizioni:

a) possesso di redditi e dei beni del singolo o del nucleo familiare in cui il soggetto convive, non sufficienti a garantire il superamento della soglia di povertà;

b) incapacità totale o parziale dell’interessato a provvedere alle proprie esigenze per cause non determinate da malattie acute o croniche in atto;

c) sottoposizione del soggetto a provvedimenti dell’autorità giudiziaria che rendono necessaria l’erogazione di prestazioni di assistenza sociale;

d) rischio di emarginazione o di ricovero in istituto, tale da rendere necessari interventi di sostegno sociale e psicologico preordinati a far fronte anche a temporanee difficoltà di relazione e di inserimento sociale.

1. Qualora la situazione di bisogno economico sia causata da disoccupazione, le prestazioni economiche e di altra natura (formazione professionale di base, aggiornamento e riqualificazione professionali, lavori socialmente utili, cantieri di lavoro, ecc.) saranno forniti dai competenti assessorati comunali al lavoro.

2. Nei casi di assoluta urgenza gli interventi sono estesi ai soggetti bisognosi che di fatto vivono nell’ambito territoriale del Consorzio ABCD, ferme restando le dovute azioni di rivalsa.

3. Gli interventi di competenza del Consorzio ABCD sono assicurati a titolo gratuito ai soggetti aventi redditi inferiori al minimo vitale e privi di beni. Qualora l’interessato e, per i minori, i loro genitori siano in possesso di redditi superiori a quelli che verranno definiti da apposita deliberazione del Consorzio ABCD, verrà richiesta una compartecipazione all’utenza.

Nel caso in cui gli utenti dispongano di beni mobili non necessari per l’attività svolta e di beni immobili, gli interventi vengono forniti previa stipula di accordi diretti a rimborsare le spese sostenute dai Comuni, compresi i relativi interessi. Il rimborso dovrà aver luogo appena superate le difficoltà economiche o in occasione della successione ereditaria conseguente al decesso del debitore.

4. Gli interventi del settore socio-assistenziale sono effettuati secondo le seguenti priorità:

a) informazione ai cittadini e alle forze sociali in merito ai problemi generali e specifici dell’assistenza, dell’emarginazione e delle esclusioni sociali;

b) azione promozionale nei confronti degli uffici preposti alla sanità, alla casa, alla scuola, alla formazione, al lavoro, alla cultura, allo sport ed agli altri settori sociali affinché mettano i loro servizi prioritariamente a disposizione delle persone aventi difficoltà socio-economiche;

c) azione di consulenza e sostegno ai nuclei familiari e alle persone in difficoltà, rivolta ad ottenere il loro attivo coinvolgimento e a favorire il congruo utilizzo dei servizi disponibili, compresi quelli non gestiti dal Consorzio;

d) assistenza economica da erogare in base a parametri che verranno definiti in una specifica deliberazione, restando inteso che le prestazioni economiche con finalità terapeutiche sono di competenza del comparto sanitario;

e) prestazioni di aiuto domestico (pulizia alloggio, igiene personale, accompagnamenti, ecc.);

f) segnalazione all’autorità giudiziaria minorile dei fanciulli privi di adeguato sostegno morale e materiale da parte dei genitori e dai parenti tenuti a provvedervi, assicurando i necessari collegamenti con il Tribunale per i minorenni, la relativa Procura della Repubblica e il Giudice tutelare, e svolgendo le attività concernenti l’aiuto ai genitori d’origine e quelle relative all’adozione;

g) affidamenti familiari a scopo educativo di minori, compresi quelli con handicap;

h) inserimenti familiari di adulti handicappati e di anziani;

i) centri diurni per handicappati intellettivi ultradiciottenni la cui gravità delle condizioni rende assolutamente irrealizzabile ogni possibilità di preparazione professionale e di inserimento lavorativo;

j) convivenze guidate, al massimo di 3-4 persone, per adolescenti o per handicappati adulti o per anziani qualora si tratti di soggetti aventi una autonomia sufficiente per provvedere autonomamente alle loro principali esigenze e necessitanti di assistenza non continuativa;

k) comunità alloggio, aventi al massimo 8 posti, per minori o per handicappati adulti o per anziani o per altri soggetti non in grado di vivere autonomamente;

l) servizi di ospitalità notturna e fornitura pasti alle persone senza fissa dimora;

m) interventi nei confronti dei soggetti sottoposti a provvedimenti delle autorità giudiziarie;

n) prestazioni di protezione sociale nei riguardi delle persone dedite alla prostituzione;

o) autorizzazione preventiva a funzionare delle strutture pubbliche e private di ricovero per minori, anziani, handicappati e altri soggetti;

p) vigilanza sulle istituzioni pubbliche e private di assistenza, con particolare riguardo alle Ipab, comprese quelle privatizzate (4);

q) rapporti con l’autorità giudiziaria in materia di interdizione, inabilitazione, tutela e curatela, ad esclusione dei soggetti di competenza sanitaria.

5. Entro e non oltre ... giorni dall’approvazione della presente delibera quadro, verranno predisposti i provvedimenti occorrenti per la sua concreta realizzazione, previa consultazione dei sindacati, dei gruppi di volontariato e delle altre forze sociali operanti nell’ambito territoriale del Consorzio.

6. L’attuazione della presente delibera e dei provvedimenti di cui al punto precedente saranno sottoposti a verifiche periodiche almeno annuali con i sindacati, i gruppi di volontariato e le altre forze sociali, ai quali verranno fornite tutte le informazioni disponibili relative all’andamento dei servizi.

 

L’accesso alle prestazioni

La delibera quadro dovrebbe contenere anche le norme relative all’accesso dei servizi. Nel caso in cui la domanda è presentata per iscritto dall’utente, essa potrebbe essere formulata come segue:

Il sottoscritto .......... nato a .......... il .........., residente in .......... Via .......... n. ......, espone quanto segue:

– descrizione essenziale della condizione di bisogno propria e del nucleo familiare di appartenenza;

– prestazioni richieste;

– il suo nucleo familiare in cui vive è così composto ..........

Lo scrivente, ai sensi e per gli effetti della legge 241/1990, chiede gentilmente una risposta scritta (5).

Ringrazia e porge cordiali saluti.

Data ..........

Firma ..................

Ovviamente, la stragrande maggioranza delle persone bisognose di assistenza non è in grado di redigere la suddetta richiesta: i gruppi di volontariato e le altre organizzazioni sociali e sindacali dovrebbero fornire il necessario appoggio a coloro che ne hanno bisogno e lo richiedono.

Sarebbe, altresì, auspicabile che i rappresentanti delle suddette organizzazioni assicurassero la loro consulenza (ovviamente gratuita e senza alcun obbligo di tesseramento) ai soggetti interessati, accompagnandoli – previa loro richiesta – agli uffici di assistenza per l’inoltro della prima istanza e per le eventuali successive convocazioni.

In questo modo si attuerebbe un bilanciamento delle parti in causa. Infatti, l’utente è quasi sempre in condizione di netta inferiorità nei confronti degli operatori (in genere si tratta di assistenti sociali) che spesso – purtroppo – forniscono all’utenza informazioni inesatte e, a volte, false (6).

 

L’esame delle domande di assistenza

La delibera quadro dovrebbe non solo imporre una scadenza entro la quale il servizio deve pronunciarsi nei confronti delle istanze di assistenza presentate, ma anche obbligare il personale a registrare tutte le attività svolte in merito (contatti con gli altri servizi, indagini effettuate, documenti acquisiti, ecc.) con l’indicazione delle date relative e degli operatori coinvolti.

Si tratta di elementi indispensabili per una verifica dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi e dell’operatività di ciascuno degli addetti.

 

Diritti esigibili

Come abbiamo già rilevato, ai fini dell’effettivo riconoscimento dei diritti e, quindi, della loro esigibilità, nella delibera quadro dovrebbe essere previsto che gli utenti posono proporre reclamo al responsabile politico dell’istituzione competente in materia di servizi assistenziali (Sindaco, se si tratta del Comune singolo; Presidente del Consorzio nei casi di conduzione associata), che dovrebbe essere tenuto a comunicare al reclamante la decisione entro e non oltre 30 giorni dalla presentazione.

Tenuto conto della situazione di effettiva debolezza dei soggetti richiedenti l’intervento dell’assistenza sociale, bisognerebbe consentire che, previa autorizzazione del soggetto interessato, i reclami e i ricorsi possano essere presentati anche dai gruppi di volontariato e dalle Onlus, organizzazioni non lucrative di utilità sociale, iscritte negli appositi registri regionali.

 

Riconoscimento del volontariato infra-familiare

Com’è noto, sono molte decine di migliaia i congiunti che, senza avere alcun obbligo giuridico ma con forte impegno etico, accolgono a casa loro parenti maggiorenni totalmente non autosufficienti a causa di gravi handicap intellettivi o di malattie invalidanti.

Mentre è della massima importanza la permanenza al proprio domicilio dei soggetti in difficoltà, è noto che molto spesso le competenti autorità approfittano dei legami affettivi per non predisporre i servizi indispensabili come, ad esempio, i centri diurni per handicappati intellettivi ultradiciottenni non inseribili in corsi di formazione a causa della gravità delle loro condizioni. Per i soggetti malati, sovente, non vengono prestate a casa del paziente le necessarie cure mediche e infermieristiche, anche quando l’onere per il Servizio sanitario nazionale è inferiore alla retta di degenza in una struttura residenziale.

Non si dovrebbe dimenticare che i vincoli di parentela non possono e non devono far venire meno i doveri di solidarietà sociale da parte di tutta la comunità.

D’altra parte, non si comprende per quali motivi le amministrazioni pubbliche paghino le rette di ricovero in istituto e versino contributi economici per gli affidamenti di maggiorenni a terze persone e non assumano gli stessi oneri se il soggetto vive presso i congiunti, i quali – lo ripetiamo – non hanno nessun obbligo giuridico di continuare ad accoglierlo a casa loro.

Pertanto, per favorire l’accoglienza infra-familiare e per dare un concreto aiuto a coloro che vi provvedono spesso con enormi sacrifici materiali, psicologici ed economici, occorrerebbe che, nell’ambito della delibera quadro (7), sia previsto il formale riconoscimento del volontariato assistenziale svolto dai congiunti di adulti e di anziani con limitata o nulla autonomia. Invece, per il volontariato infra-familiare di soggetti malati dovrebbero provvedere le Aziende sanitarie locali.

 

Affidamento di servizi a terzi

Com’è sempre avvenuto (l’affermazione che in Italia vi siano stati servizi assistenziali gestiti solamente da enti pubblici è assolutamente infondata), vi sono attività che possono essere affidate ai privati, oltre che ad enti pubblici (ad esempio, le Ipab).

Nella delibera quadro (8) dovrebbero, tuttavia, essere precisati i compiti che i Comuni singoli o associati non possono appaltare ad enti privati. Infatti, bisogna evitare che venga meno la responsabilità diretta dei Comuni singoli o associati nei confronti delle funzioni di fondamentale importanza per i cittadini (programmazione, condizioni per accesso alle prestazioni, esame dei reclami, controlli, ecc.). È altresì indispensabile evitare l’attribuzione di compiti gestionali ad altri enti qualora ciò comprometta l’indispensabile integrazione delle prestazioni e l’unitarietà della rete dei servizi. Infine, non bisognerebbe affidare a terzi gli accertamenti concernenti la situazione di abbandono dei minori e le valutazioni sulla personalità degli aspiranti all’adozione e all’affido, nonché le altre attività per le quali va garantita la massima riservatezza.

Negli appalti a terzi, le norme più importanti riguardano quattro aspetti: l’individuazione dell’utenza, le caratteristiche delle prestazioni, le garanzie professionali e quantitative degli addetti, la qualità degli interventi forniti.

 

Utenza

Per quanto riguarda l’utenza, l’individuazione degli aventi diritto dovrebbe essere stabilita nella delibera quadro. Al riguardo, occorre precisare che nel suddetto provvedimento dovrebbe essere precisato che gli enti pubblici (ad esempio le Ipab) e privati a cui è stata appaltata la gestione dei servizi, non hanno alcun potere di decisione in merito alle ammissioni di assistiti, al loro trasferimento e alle dimissioni, dovendo essere attribuite queste funzioni alla competenza diretta dei Comuni singoli e associati. Sul piano operativo non dovrebbero essere ammesse iniziative che possano stravolgere il filo diretto fra i cittadini aventi diritto agli interventi ed i Comuni singoli e associati tenuti a garantirli. D’altra parte, nel caso in cui le prestazioni non vengano erogate o vi siano ritardi o altre carenze, i cittadini hanno la possibilità (se ammessa dalle leggi o prevista nella delibera quadro) di presentare reclami e ricorsi solamente nei confronti dei Comuni singoli e associati e non nei riguardi degli enti a cui sono stati appaltati i servizi.

 

Caratteristiche delle prestazioni

Anche in merito alle prestazioni (assistenza domiciliare, comunità alloggio, ecc.), le loro caratteristiche dovrebbero essere definite nella delibera quadro. Vi è anche la necessità che la gestione dei servizi assistenziali sia organizzata in modo flessibile, per consentire che tutte le attività siano sempre rispondenti alle esigenze dell’utenza, anche nei casi in cui – il che avviene abbastanza frequentemente – occorra, a seguito dei cambiamenti delle situazioni delle persone coinvolte e dei loro nuclei familiari, modificare gli interventi o i tempi della loro erogazione.

 

Le garanzie professionali e quantitative

degli addetti

Molto spesso negli appalti, vuoi per l’incapacità degli estensori delle norme, vuoi per malafede e complicità (le vicende sulle tangenti insegnano!), vi sono indicazioni assolutamente generiche per quanto riguarda il personale dell’ente che ha ottenuto l’appalto deve mettere a disposizione.

Il problema è facilmente risolvibile: nel capitolato relativo all’affidamento dei lavori è sufficiente indicare il numero degli addetti che devono essere messi a disposizione con la precisazione delle relative ore settimanali e delle qualifiche (educatore, assistente sociale, ecc.); inoltre occorre inserire disposizioni che obblighino l’appaltatore ad inviare all’ente appaltante copia autenticata del titolo di studio posseduto da ciascuno degli operatori in servizio ed a recapitare mensilmente fotocopia del libro paga e delle ricevute dei contributi previdenziali versati, nonché, se del caso, la riproduzione delle fatture rilasciate dai professionisti utilizzati.

In questo modo, i Comuni singoli e associati sono in possesso della documentazione attestante il rispetto delle condizioni contrattuali concernenti il numero e le qualifiche del personale impegnato nei servizi affidati a terzi e la prova delle ore lavorative effettivamente svolte.

Evidentemente, le suddette proposte non esauriscono l’azione di vigilanza e controllo, ma – a nostro avviso – ne sono il presupposto indispensabile.

 

La qualità degli interventi

È molto in uso il sistema di far certificare dal proprio personale la qualità delle prestazioni fornite all’utenza. È un metodo molto comodo perché – com’è ovvio – risulta sempre che tutto funziona bene.

Allo stesso risultato si arriva quando gli accertamenti sono affidati a ditte esterne, poiché se queste aziende vogliono continuare a lavorare, non possono certamente inimicarsi l’ente che li paga mettendo in rilievo le sue carenze.

La strada che proponiamo è ben diversa. Se si riconosce veramente che i servizi sono forniti per soddisfare le esigenze dell’utenza, spetta proprio all’utenza e alle sue organizzazioni il compito di valutare la qualità degli interventi.

In primo luogo, occorrerebbe che sempre, senza eccezione alcuna, a ciascun utente fosse consegnata una breve, semplice ma completa elencazione degli interventi a cui ha diritto. Ad esempio, a chi è stato riconosciuto il diritto all’assistenza domiciliare si dovrebbe dare un opuscolo in cui siano indicati gli scopi del servizio, le prestazioni fornite con la precisazione dell’orario degli interventi che verranno effettuati, le norme che devono essere rispettate dall’operatore (9) e l’ufficio a cui rivolgersi per la presentazione di proposte e di reclami con il relativo indirizzo, il numero telefonico e l’orario di apertura.

Inoltre, alle organizzazioni di volontariato dovrebbe essere affidato il compito di prendere conoscenza diretta dei servizi e di verificarne il funziona­mento.

Al riguardo si ricorda che il Consiglio comunale di Torino, in data 28 febbraio 1983 ha approvato la delibera n. 8301958/19 “Accesso a strutture socio-assistenziali da parte delle associazioni dell’utenza e dei movimenti di base con facoltà di osservazione e verifica della gestione - Regolamentazione generale”, in cui, fra l’altro, è previsto quanto segue:

1. «l’Amministrazione comunale di Torino assicura alle associazioni dell’utenza e ai movimenti di base la facoltà di accesso alle proprie strutture residenziali socio-assistenziali a carattere diurno e permanente, al fine di osservare e verificarne la gestione sia dal punto di vista dell’idoneità delle sedi che della rispondenza delle prestazioni agli attuali principi educativo-assistenziali ed ai criteri generali affermati da deliberazioni in materia. Le associazioni dell’utenza e i movimenti di base, cui viene riconosciuta la facoltà di esercitare l’attività sopraspecificata, devono operare o in generale nel campo socio-assistenziale o in un settore particolare dello stesso;

2. «l’Amministrazione comunale fornisce quindi alle associazioni dell’utenza e ai movimenti di base l’elenco delle proprie strutture aggiornandolo ogni qualvolta attivi nuovi servizi e fornisce altresì, ogni tre mesi, i dati aggiornati sul numero dei ricoverati nei propri istituti e degli utenti nei centri socio terapici diurni, delle comunità alloggio e di altre strutture residenziali proprie;

3. «l’Amministrazione comunale fornisce, altresì, l’elenco delle strutture pubbliche e private in cui sono ricoverate persone a carico dell’Ammini­strazione stessa e il numero dei ricoverati nelle stesse, sempre a carico del Comune;

4. «le associazioni di utenti e i movimenti di base ammessi a svolgere l’attività di cui sopra devono presentare all’Amministrazione comunale i nominativi delle persone incaricate; alle stesse l’Ammi­nistrazione comunale rilascia apposito tesserino di riconoscimento personale valido per l’accesso ai servizi e strutture che direttamente gestisce e di cui ai punti precedenti, per i fini sopra indicati. Per le associazioni dell’utenza e i movimenti di base che sono attivi solo in un settore particolare, la facoltà di esercitare l’attività sopra specificata è limitata alle strutture riguardanti quel settore assistenziale. L’accesso è consentito in qualsiasi momento, salvo gravi ed eccezionali motivi dipendenti da cause di servizio che l’Amministrazione comunale giustificherà;

5. «gli incaricati di cui sopra possono accedere alle strutture di cui ai punti precedenti, osservando le seguenti modalità:

a) le visite sono consentite esclusivamente alle persone munite di tesserino rilasciato dall’Am­mi­ni­strazione comunale;

b) l’accesso è consentito solo a gruppi costituiti da un minimo di due persone e da un massimo di quattro;

c) gli incaricati delle associazioni di utenti e dei movimenti di base non possono interferire sul lavoro svolto dai servizi, né manifestare durante le visite giudizi di alcun genere; in caso di inosservanza potrà essere ritirato il tesserino;

d) eventuali giudizi, osservazioni, critiche, proposte sono presentate dalle Associazioni dell’utenza e dai movimenti di base all’Amministrazione comunale con relazione scritta».

Nella suddetta delibera è, altresì, previsto quanto segue: «L’Amministrazione comunale di Torino ritiene, inoltre, di doversi impegnare affinché nei rapporti, convenzionali e non, con le istituzioni, sia pubbliche che private in cui sono ricoverate o assistite persone a carico del Comune possa essere inserita la condizione che consente alle associazioni dell’utenza e ai movimenti di base l’attività sopracitata».

Per una valutazione oggettiva della qualità dei servizi, occorrerebbe prevedere, altresì, incontri programmati in cui possano confrontarsi gli amministratori del o dei Comuni, gli operatori e le loro rappresentanze sindacali, gli utenti, le organizzazioni a cui aderiscono ed i gruppi di volontariato.

Infine, sarebbe necessario che – finalmente – i gruppi di volontariato e le associazioni dell’utenza potessero partecipare, alla pari dei sindacati del personale socio-assistenziale, alle trattative che coinvolgono l’organizzazione dei servizi e, quindi, le esigenze ed i diritti dei cittadini.

 

 

 

 

* La proposta di delibera è stata tratta dal volume di M.G. Breda, D. Micucci e F. Santanera, “La riforma dell’assistenza e dei servizi sociali”, di imminente pubblicazione da parte dell’Utet Libreria.

(1) Cfr. Prospettive assistenziali, n. 35, luglio-settembre 1976.

(2) Ad esempio, n. ... minori ricoverati in istituto, n. ... minori accolti presso comunità alloggio, n. ... minori in affidamento familiare a scopo educativo, n. ... assistiti sul piano economico, n. ... soggetti con handicap intellettivo frequentanti i centri diurni, ecc.

(3) Questi riferimenti sono necessari per poter valutare negli anni successivi i risultati raggiunti.

(4) Nel caso in cui lo consentano le disposizioni che saranno emanate dal Governo a seguito della delega prevista dall’art. 10 della legge 328/2000.

(5) Inserendo il richiamo alla legge 241/1990, l’amministrazione pubblica è obbligata a rispondere per iscritto entro 30 giorni; la mancata risposta costituisce reato.

(6) Si vedano, ad esempio, le informazioni fornite in materia di diritto alle cure sanitarie degli anziani malati cronici non autosufficienti.

(7) Cfr. “Proposta di delibera sul volontariato infra-familiare”, Prospettive assistenziali, n. 123, luglio-settembre 1998. Certamente sarebbe preferibile che le norme sul volontariato infra-familiare fossero inserite anche nelle leggi nazionali e regionali.

(8) Anche in materia di affidamenti a terzi, valgono le considerazioni della nota precedente.

(9) Segnaliamo che i volontari dell’Asvad, Associazione solidarietà e volontariato a domicilio, Via Artisti 36, 10124 Torino, tel. 011-8124469, fax 011-8122595, prima di iniziare la loro attività di volontariato gratuito, devono sottoscrivere una dichiarazione attestante, fra l’altro, l’assunzione dei seguenti impegni:

– garantire all’utente ed ai suoi familiari il pieno rispetto delle loro convinzioni etiche, religiose e filosofiche;

– non interferire in alcun modo nei rapporti fra paziente, familiari e operatori dei servizi pubblici e privati;

   – non riferire a nessuna persona e organizzazione in merito ai fatti personali riguardanti il paziente ed i suoi congiunti.

 

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