Prospettive assistenziali, n. 132, ottobre-dicembre 2000

 

 

autorevole documento della fondazione zancan

sulla istituzionalizzazione mascherata

 

 

 

Riportiamo il documento inviato in data 7 settembre 2000 dalla Fondazione Zancan ai Ministri per la solidarietà sociale e della sanità, ai Presidenti delle Regioni, delle Province autonome di Bolzano e Trento, nonché al Presidente nazionale dell’Anci, Associazione nazionale comuni italiani.

 

Come Fondazione “Zancan”, anche a nome degli studiosi, dirigenti ed operatori sanitari e sociali che sottoscrivono questo documento, riuniti presso il Centro Studi “Zancan” di Malosco (Tn) per un seminario di ricerca sul tema “Percorsi di istituzionalizzazione mascherata: come riconoscerli ed evitarli”, indichiamo alcuni valori e percorsi individuati per tutelare gli interessi delle fasce deboli.

Riteniamo questo momento particolarmente significativo per le decisioni in merito alle politiche sociali, in quanto è in discussione la proposta di legge quadro sui servizi alla persona, sono in corso di formulazione nuovi statuti regionali, e di riformulazione di quelli dei Comuni e sono in fase riorganizzativa funzioni istituzionali e modalità di integrazione per servizi complessi.

Segnaliamo perciò i seguenti principi qualificanti e valori irrinunciabili che devono ispirare le politiche dei servizi:

– la scelta di organizzare servizi territoriali, in alternativa alle forme di istituzionalizzazione, ha dato risultati positivi per gli assistiti ed in particolare per coloro che sono rimasti in famiglia (che è da considerare come risorsa e non come responsabile di doveri che competono alle pubbliche istituzioni), quali anziani o adulti con limitata autonomia, handicappati, specialmente intellettivi, minori. Questa scelta della domiciliarità, che intendiamo ribadire con forza, conferma la necessità di realizzare gli indispensabili servizi territoriali che sono volti a liberare dal bisogno e ad eliminare le cause che impediscono il dignitoso sviluppo della persona umana, se ricoverata in grandi istituzioni;

– siamo perciò fortemente preoccupati per la presenza diffusa di grosse istituzioni totali che assorbono consistenti parti dei finanziamenti disponibili e che producono danni spesso irreversibili a quelle persone che dovrebbero rendere più autonome. Dalla ricerca “I bambini e gli adolescenti fuori dalla famiglia: indagine sulle strutture residenziali educativo-assistenziali” (Centro nazionale di documentazione ed analisi per l’infanzia e la adolescenza, Firenze, ottobre 1999) risulta che su 14.945 minori ricoverati in istituti 1.730 sono ricoverati da oltre 5 anni, 1.946 provengono da precedenti ricoveri presso istituti o comunità, 4.785 non rientrano mai in famiglia...! Inoltre 5.000 minori handicappati sono ricoverati in istituti speciali con scuole speciali annesse (fonte Ministero pubblica istruzione);

– esprimiamo anche una forte preoccupazione per la neo-istituzionalizzazionee per i percorsi separati offerti a persone in difficoltà, perché ritenute inguaribili e che quindi non vengono curate in ospedale o in case di cura convenzionate, ma inviate in Rsa o in case di riposo, o a disabili inseriti in circuiti paralleli al mercato di lavoro normale (ad es. solo in cooperative sociali o laboratori protetti), o alla sempre più frequente proposta di nuclei per disabili in Rsa per anziani, o nuclei accorpati tra loro fino a diventare grandi istituti;

– recenti risposte istituzionalizzanti sono i centri di accoglienza che spesso privano gli immigrati della dignità personale; sono i ricoveri in istituto dei loro bambini, quando le madri, per motivi di lavoro non possono occuparsene direttamente o sono le forme di accoglienza non sempre idonee per tutelare chi vuole allontanarsi dalla prostituzione;

– le risposte residenziali più idonee, qualora non siano sufficienti i servizi domiciliari o diurni, devono essere individuate in piccole strutture di carattere familiare dei soggetti sopra citati, inseriti nel contesto comunitario di appartenenza delle persone da tutelare. Tali strutture devono essere fortemente connotate da valenze curative (nel caso di persone malate) ed educative (per le persone con bisogni assistenziali) e comunque orientate alla acquisizione o al mantenimento della migliore autonomia possibile;

– il reperimento delle risorse indispensabili per rispondere secondo le modalità ipotizzate passa per il riconoscimento dei diritti delle persone con bisogni assistenziali; esse vanno reperite in primo luogo attraverso una utilizzazione più efficace delle risorse dei comuni in sinergia con i patrimoni di enti ed istituzioni varie (ex ospedali psichiatrici, Ipab, Province...). Inoltre si devono attuare, per limitare la domanda di assistenza, incisive politiche attive in materia di casa, lavoro, formazione, accessibilità dei trasporti e servizi innovativi alternativi alla istituzionalizzazione;

– sembra indispensabile a questo proposito prevedere un sostegno economico aggiuntivo (ad esempio un rimborso forfettario) alle famiglie che si fanno carico di persone con nulla o limitata autonomia, ad integrazione dei servizi domiciliari e diurni non sempre sufficienti, attraverso lo spostamento delle risorse destinate al pagamento delle rette di ricovero;

– confermiamo la necessità che vengano chiaramente individuate le titolarità per la programmazione e realizzazione dei servizi alla persona. Infatti, mentre è auspicabile che la società civile – con libere forme di solidarietà organizzata – partecipi sempre più alla responsabilità della gestione dei servizi, è necessario che l’istituzione pubblica assuma pienamente e costantemente le sue funzioni, non delegabili, di programmazione, reperimento, finalizzazione e coordinamento delle risorse, vigilanza e controllo. In particolare, a maggior garanzia di tutela dei diritti degli utenti e della qualità dei servizi, si chiede che siano introdotti precisi vincoli al rispetto dei contratti di lavoro per i dipendenti e per i soci del terzo settore per assicurare pari dignità e diritti anche ai lavoratori dei servizi convenzionati con l’ente pubblico;

– ribadiamo che la responsabilità delle risorse per la cura e la riabilitazione delle persone che presentano esiti di cronicità e non autosufficienza, deve rimanere nel settore “forte” della sanità. Per tali ragioni chiediamo che i contenuti dell’atto di indirizzo sull’integrazione socio-sanitaria garantiscano piena attuazione di quanto previsto dal decreto legislativo 299/1999, art. 3 septies. In particolare, le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria devono essere assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria e cioè a totale carico del fondo sanitario nazionale. Altre soluzioni sarebbero in contrasto con la legge e con i diritti fondamentali.

 

Bentivogli Franco - Settore anziani, immigrati, minori, fasce deboli, Fondazione italiana del volontariato, Roma; Breda Maria Grazia - Coordinatrice volontaria, Csa Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, Torino; Cangemi Antonino - Dirigente amministrativo, Addetto Ufficio di Gabinetto dell’Assessore alla Presidenza Regione Sicilia; Cozza Sac. Rino - Direttore Comunità Murialdo, Trento; Danieli Michela - Consulente segretaria organizzativa, Fondazione “Il nostro domani”, Onlus, Treviso; Fanali Annibale - Responsabile dipartimento salute mentale, Azienda Usl 5, Pisa; Fasolo Franco - Primario psichiatra, Direttore dipartimento di salute mentale, Azienda Ulss 15 “Alta Padovana”, Cittadella, Pd; Guglielmi Marina - Funzionario amministrativo programmazione servizi disabili, Regione Friuli Venezia Giulia, Direzione sanità e politiche sociali, Trieste; Hanau Carlo, Ricercatore economia sanitaria e docente di statistica e organizzazione sanitaria, Università di Bologna; Lippi Angelo, Responsabile area funzionale sociale, Azienda Usl 5, Zona Alta Val di Cecina, Volterra, Pi; Maragno Valeriano, Coordinatore e amministratore associazione Murialdo, Padova; Nannini Falchi Elisabetta - Presidente sezione Anffas, Associazione nazionale famiglie disabili intellettivi, Cagliari; Narni Mancinelli Mario - Direttore Fondazione “Camminiamo insieme”, Salerno; Nocera Salvatore - Consulente giuridico, Fondazione italiana volontariato e Fondazione “Camminiamo insieme”; Ragaini Fabio - Responsabile associazione “Gruppo solidarietà”, Moie di Maiolati, An; Sanavio Giancarlo - Presidente coordinatore Consorzio cooperative sociali, Selvazzano, Pd; Santone Giovanni - già Assessore alle politiche sociali, Comune di Padova; Scassellati Galetti Mariena - Presidente associazione “La bottega del possibile”, Torre Pellice, To; Nervo Sac. Giovanni - Presidente onorario Fondazione “Zancan”.

 

 

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