Prospettive assistenziali, n. 132, ottobre-dicembre 2000

 

 

Il comportamento pilatesco dell’ex prefetto di torino nei confronti dei comuni che illegittimamente pretendono contributi economici dai parenti di assistiti maggiorenni

 

 

Da molte decine di anni, i Comuni e le Province e, da qualche lustro anche le Asl, sottraggono illegalmente somme, spesso rilevanti, ai cittadini.

I lettori di Prospettive assistenziali conoscono una parte delle iniziative intraprese per ottenere il rispetto delle leggi vigenti.

La soluzione della questione avrebbe potuto – e potrebbe ancora oggi – essere molto semplice: era ed è sufficiente l’intervento dei Prefetti (1).

Ecco come si è svolta la vicenda con l’ex Prefetto di Torino.

1. Il Presidente dell’Associazione promozione sociale ha scritto in data 5 ottobre 1998 al Prefetto di Torino, Dr. Mario Moscatelli, una lettera, la cui prima parte (2) era così redatta: «Desidero informarLa che i Comuni del Piemonte, in violazione alle leggi vigenti, continuano a pretendere, spesso sotto forma di ricatto (o firmate l’impegno o il vostro congiunto non verrà assistito), contributi economici dai parenti di assistiti maggiorenni. Al riguardo unisco la nota del CSA, Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti del 29 settembre 1998 (3).

«Segnalo, altresì, alla Sua attenzione che, richiedendo ai congiunti di un assistito maggiorenne di presentare la documentazione concernente la propria situazione economica, l’ente pubblico compie due gravissime violazioni della riservatezza personale e familiare:

a) di coloro che richiedono l’assistenza. Infatti ai congiunti viene segnalata la loro incapacità economica a provvedere da se stessi alle proprie esigenze (redditi insufficienti per garantire il minimo indispensabile per vivere oppure per corrispondere la retta di ricovero in istituti, ecc.);

b) dei parenti stessi, ai quali viene richiesto di segnalare le proprie condizioni finanziarie».

2. A seguito di un sollecito inviato dall’Asso­ciazione promozione sociale in data 4 gennaio 1999, il Prefetto di Torino indirizza la seguente lettera del 26 gennaio 1999 al Ministero dell’interno, Direzione servizi civili, Ufficio studi e affari legislativi, lettera che viene inviata per conoscenza al Sindaco di Santena e all’Associazione promozione sociale: «È prassi da parte di alcuni Comuni chiedere ai parenti tenuti per legge all’obbligo degli alimenti (art. 438 c.c.) il versamento di contributi economici di integrazione delle rette di ricovero dei congiunti anziani o colpiti da handicap presso le strutture socio-assistenziali.

«Da parte dell’Associazione promozione sociale di Torino è stato asserito che tale pretesa sarebbe illegittima anche alla luce di quanto precisato dall’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte nell’unita nota ed è stato chiesto allo scrivente di intervenire presso i Sindaci dei Comuni della provincia affinché vengano escluse richieste in tal senso.

«Poiché si tratta di questione assai controversa rispetto alla quale sono stati espressi pareri di segno contrario da parte di alcune Amministrazioni tornerà gradito conoscere con sollecitudine l’avviso di codesto Ministero al riguardo».

3. Il Presidente dell’Associazione promozione sociale indirizza in data 3 febbraio 1999 al Prefetto di Torino la seguente nota: «Purtroppo non posso fare altro che prendere atto della Sua lettera del 26 u.s., prot. GAB 9300467 indirizzata al Ministero dell’interno, Direzione servizi civili, Ufficio studi e affari legislativi, ma non riesco a comprendere i motivi in base ai quali Lei non ritiene sufficienti o non più validi il parere espresso dal Direttore generale dei servizi civili del Ministero dell’interno, emesso il 27 dicembre 1993, prot. 12287/70 e confermato dalle note della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15 aprile 1994, prot. DAS/4390/1/H/795 e del 29 luglio 1997, prot. DAS/247/UL/1/H/795, pareri e note che erano esplicitamente richiamati nel promemoria allegato alla lettera che Le avevo inviato il 5 ottobre 1998.

«Colgo l’occasione per segnalare alla Sua attenzione che nella sopra citata mia lettera del 5 ottobre 1998 facevo anche presente che, richiedendo ai congiunti di un assistito maggiorenne di presentare la documentazione concernente la propria situazione economica, l’ente pubblico viola la riservatezza personale e familiare sia di coloro che si rivolgono all’assistenza, sia dei parenti.

«Confidando in una sollecita Sua definizione della questione che riguarda richieste per centinaia di milioni, a mio avviso avanzata illegittimamente, da parte di quasi tutti i Comuni, le Province e le Asl, porgo cordiali saluti».

4. Ecco la replica del Prefetto di Torino, datata 30 marzo 1999: «Si fa riferimento alla lettera della S.V. concernente la problematica in oggetto. Al riguardo si precisa che con la nota indirizzata al Ministero dell’interno in data 26.1.1999 questa Prefettura ha inteso chiedere parere non già in merito alla possibilità da parte dei Comuni di rivalersi sui parenti tenuti per legge all’obbligo degli alimenti degli oneri sostenuti per il ricovero dei loro congiunti ricoverati presso le strutture socio-assistenziali – in merito alla quale si sono già espressi negativamente il Dipartimento per gli affari sociali e il Ministero dell’interno – bensì sulla diversa questione, evidenziata da codesta Associazione, della prassi che sarebbe seguita da diversi Enti locali di subordinare i ricoveri nelle immediate strutture al pagamento da parte dei parenti interessati di una quota delle rette di ricovero al pagamento della integrazione medesima.

«Questa Prefettura ha comunque provveduto ad evidenziare al Ministero dell’interno la questione, sollevata dalla S.V., relativa alla presunta violazione della “privacy” determinata dalla richiesta ai parenti da parte della Amministrazione comunale della documentazione comprovante la propria situazione reddituale».

5. In data 10 giugno 1999 il Prefetto di Torino informa l’Associazione promozione sociale che «questa Prefettura nulla può aggiungere alle condizioni già espresse in precorsa corrispondenza afferente la tematica in questione. Ulteriori chiarimenti potranno venire richiesti al Comune di Santena e al Consorzio socio-assistenziale di Chieri ai quali compete la materia di che trattasi».

Al riguardo, va ricordato che nella lettera inviata dall’Associazione promozione sociale in data 5 ottobre 1998 era stato richiesto l’intervento del Prefetto di Torino non solo nei confronti del Sindaco di Santena, ma anche e soprattutto nei riguardi degli altri 270 Comuni del Piemonte.

6. All’evidente tentativo del Prefetto di Torino di non agire, il Presidente dell’Associazione promozione sociale reagisce con la seguente missiva del 23 giugno 1999: «Sono molto sorpreso e amareggiato per quanto Lei mi ha scritto nella lettera Gab 9300467 del 10 u.s. Se ho capito bene, Lei non intende intervenire presso i Comuni di Santena e gli altri enti pubblici (Comuni, Consorzi di Comuni, Comunità montane, ecc.) perché non violino le leggi vigenti.

«Ma con quali strumenti legali posso agire io? Non compete a Lei obbligare le istituzioni ad applicare le leggi? Non sono gli enti pubblici che devono dare il buon esempio ai cittadini? Che cosa di nuovo posso dire e fare nei confronti dei Comuni e delle Asl che violano le leggi, approfittando – il che è molto inquietante – delle condizioni di bisogno, urgenza e debolezza degli assistiti e dei loro congiunti?

«Anche Lei ha ricevuto la nota del Direttore generale del Ministero dell’interno, Ufficio studi e affari legislativi dell’8 u.s., prot. n. 190 e 412 B.5 che conferma l’inesistenza di leggi che consentono agli enti pubblici di pretendere contributi economici dai parenti di assistiti maggiorenni.

«Spero, dunque, che Lei voglia assumere i necessari urgentissimi provvedimenti  perché abbia termine quanto Le avevo scritto il 5 ottobre 1998 e cioè che “i Comuni del Piemonte, in violazione alle leggi vigenti, continuano a pretendere, spesso sotto forma di ricatto (o firmate l’impegno o il vostro congiunto non verrà assistito) contributi economici dai parenti di assistiti maggiorenni”.

«Nel contempo, confido nel Suo interessamento affinché il Sindaco di Santena finalmente applichi le norme in vigore».

7. Il Presidente dell’Associazione promozionale sociale scrive nuovamente al Prefetto di Torino in data 16 agosto 1999: «Ho preso atto con vivissima soddisfazione dell’ottimo risultato ottenuto dalla Sua lettera del 1° luglio u.s., n. Gab 9300467, indirizzata al Sindaco di Santena, avendo il Sindaco suddetto impartito agli uffici disposizioni affinché si astengano dal richiedere ai parenti di assistiti maggiorenni contributi economici, come risulta dalla nota dello stesso Sindaco del 20 luglio 1999, prot. 10138/DRSA/usg.

«Ciò premesso, rinnovo l’istanza che Le avevo rivolto in data 5 ottobre 1998, confermata il 4 gennaio e il 23 giugno 1999, di intervenire presso gli altri Comuni della Provincia che, come Le avevo scritto, “in violazione alle leggi vigenti, continuano a pretendere, spesso sotto forma di ricatto (o firmate l’impegno o il vostro congiunto non verrà assistito), contributi economici dai parenti di assistiti maggiorenni”. Fra i suddetti Comuni c’è anche quello di Torino».

8. Non avendo ricevuto alcuna risposta alle precedenti lettere, il Presidente dell’Associazione promozione sociale sollecita nuovamente l’intervento del Prefetto di Torino con la sottoriportata lettera del 13 dicembre 1999: «In data 5 ottobre 1998 e 4 gennaio, 23 giugno e 16 agosto 1999 Le avevo scritto informandoLa che “i Comuni del Piemonte, in violazione alle leggi vigenti, continuano a pretendere, spesso sotto forma di ricatto (o firmate l’impegno o il vostro congiunto non verrà assistito), contributi economici dai parenti d’assistiti maggiorenni”.

«Al riguardo avevo unito una nota del CSA, Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, che allego nuovamente alla presente.

«Poiché è trascorso più di un anno e non mi risulta che Lei abbia assunto iniziative al riguardo, ad esclusione del Comune di Santena, Le chiedo nuovamente di voler intervenire con la massima urgenza affinché cessi al più presto la scandalosa situazione per cui i Comuni, compreso quello di Torino, approfittando della non conoscenza delle leggi da parte dei cittadini e della loro condizione di indilazionabile bisogno, sottraggono illegalmente ai parenti degli assistiti risorse economiche, spesso di importo rilevante».

9. Un’altra sollecitazione è inviata dal Presidente dell’Associazione promozione sociale il 14 febbraio 2000 come risulta dalla seguente lettera: «Non avendo finora ricevuto nessuna comunicazione alle mie lettere del 6 e del 13 dicembre u.s., di cui unisco fotocopia, mi permetto sollecitare un Suo riscontro».

10. Non essendo pervenuto alcun riscontro, il Presidente dell’Associazione promozione sociale indirizza al Prefetto in data 12 aprile 2000 il seguente scritto: «Sono molto preoccupato, per quanto riguarda gli aspetti etico-sociali, di dover constatare che Lei non ha ancora risposto alle mie lettere del 6 e del 13 dicembre 1999, nonché a quella del 14 febbraio 2000 (allegati 1, 2 e 3).

«È allarmante dover sollecitare più volte la S.V. per chiedere (e spero ottenere) che vengano rispettate le leggi vigenti, leggi che non consentono agli enti pubblici (Comuni, Consorzi di Comuni, Comunità montane, Province, Asl, ecc.) di pretendere contributi economici dai parenti, compresi quelli tenuti agli alimenti, di assistiti maggiorenni.

«La mia prima segnalazione alla S.V. di violazione delle norme vigenti in materia risale addirittura al 5 ottobre 1998 (allegato 4).

«In sostanza, ai Comuni singoli e associati viene consentito di continuare ad ingannare i congiunti delle persone colpite da handicap invalidanti o da malattie croniche. Invece di esprimere atti concreti di solidarietà ai suddetti cittadini, quasi sempre i Comuni ed i loro Consorzi sottraggono agli stessi denaro, spesso di importo non indifferente.

«Confido, pertanto, nel Suo intervento affinché venga posta la parola fine alla sopra descritta illegalità, facendo presente che le contribuzioni economiche vengono sovente imposte con odiosi ricatti: se non firmate l’impegno di pagare, il vostro congiunto non verrà ricoverato.

«Inoltre, sollecito nuovamente il Suo intervento nei confronti del Sindaco di Santena. Al riguardo spero che la delibera comunale in base alla quale venivano richiesti i contributi ai parenti di assistiti maggiorenni sia stata modificata nel rispetto delle vigenti disposizioni. Per poterne valutare i contenuti, gradirei ricevere copia del suddetto provvedimento.

«Ai sensi e per gli effetti della legge 241/1990, chiedo gentilmente di ricevere una Sua risposta scritta alla mia presente lettera-esposto».

11. Finalmente il Prefetto risponde il 4 maggio 2000 nei seguenti termini: «Si fa riferimento alla problematica di cui all’oggetto portata all’attenzione dello scrivente da parte della S.V.

Al riguardo si fa presente che l’espresso richiamo alla legge 7 agosto 1990 n. 241 non rileva in quanto non sussiste nel caso in ispecie alcun procedimento amministrativo a fondamento dell’obbligo per questa Prefettura di conclusione dello stesso con un provvedimento.

«Né lo scrivente, qualora anche rilevasse estremi di disapplicazione di norme di legge da parte dell’ente locale, può sostituirsi ai competenti organi giudiziari ai quali vanno indirizzate eventuali denunce nei confronti degli organi e dei responsabili dei procedimenti amministrativi i quali sono chiamati a rispondere personalmente delle violazioni commesse nell’esercizio delle loro funzioni.

«La questione di che trattasi presenta inoltre aspetti di complessa definizione poiché, tra l’altro, si inserisce in un quadro normativo in materia assistenziale in continua evoluzione.

«Come noto la riforma dell’assistenza ha trasferito l’esercizio delle funzioni assistenziali ai Comuni che le esercitano in proprio ovvero tramite la costituzione di Consorzi socio-assistenziali attraverso appositi regolamenti che disciplinano l’effettuazione delle prestazioni a favore degli utenti e le modalità di contribuzione.

«La mancanza di una chiara normativa regionale di indirizzo ha fatto sì che in ambiti territoriali diversi siano previste varie condizioni di concorso ai costi dei servizi assistenziali erogati dall’ente locale.

«A ciò aggiungasi le innovazioni estremamente significative previste dal c.d. “riccometro” introdotto dal decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 190, il cui testo definitivo è stato approvato solo il 3 maggio scorso, che ha individuato in via sperimentale criteri unificati di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche.

«Per le considerazioni che precedono non pare allo scrivente decisivo per fare definitiva luce sulla questione il richiamo fatto ai pareri n. 12287/70 in data 27.12.1993 e DAS/4390/1/H/795 del 22.4.1994 rispettivamente del Ministero dell’interno e del Ministro degli affari sociali che, anche se portati a conoscenza degli enti locali non sarebbero concludenti attesa la sottolineata evoluzione del quadro normativo in materia assistenziale.

«Per quanto concerne gli aspetti di competenza di questa Prefettura si ritiene di nulla dover ulteriormente aggiungere sulla problematica».

12. Alla suddetta lettera il Presidente dell’Associa­zione promozione sociale replica in data 22 maggio 2000 come segue: «Sono esterrefatto per quanto mi ha scritto il 4 u.s. Dunque, i Comuni sottraggono illegalmente somme, spesso ingenti ai cittadini in difficoltà a causa delle esigenze dei loro congiunti colpiti da malattie invalidanti e da non autosufficienza o da handicap gravi e gravissimi.

«Sovente i contributi economici sono imposti con ricatto: o firmate o non forniamo le prestazioni al vostro congiunto.

«Di fronte a questa allarmante situazione, Lei mi segnala che non intende prendere alcun provvedimento, nonostante che la Sua competenza in merito sia comprovata dal Suo intervento estremamente positivo del 1° luglio 1999, prot. GAB 9300467 nei confronti del Sindaco di Santena.

«Insisto nuovamente in un Suo intervento che mi auguro sollecito in modo che vengano rispettate dai Sindaci le norme vigenti che non consentono agli enti pubblici di pretendere contributi dai parenti di assistiti maggiorenni.

«Mi sembra assolutamente inaccettabile che Lei sostenga adesso, contrariamente a quanto aveva fatto nei confronti del Sindaco di Santena, di non ritenere decisivi i pareri del Ministero dell’interno n. 12287/70 del 27.12.1993 e del Ministero degli affari sociali del 22.4.1994 prot. DAS/4390/1/H/795.

«Al riguardo, Le ricordo che, come nella nota allegata alla lettera che Le avevo inviato il 5 ottobre 1998 oltre ai pareri sopra citati, il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri si è anche pronunciato, conformemente ai sopra citati pareri, in data 28 ottobre 1995, prot. DAS/13811/1/H/795 e il 29 luglio 1997, prot. DAS/247/UL/1/H/795.

«Inoltre, cfr. la Sua citata lettera del 1° luglio 1999, GAB 9300467, il Ministero dell’interno ha fornito una ulteriore conferma al parere del 1993 con la nota n. 190 e 412 B.5 dell’8 giugno 1999.

«Infine preciso che nel decreto legislativo (riccometro) approvato dal Consiglio dei Ministri il 3 maggio scorso è confermato in modo esplicito (cfr. l’art. 2, comma 6) che i Comuni non possono sostituirsi alla persona interessata per la richiesta di contributi ai congiunti.

«Confidando nel Suo intervento affinché cessino i gravi abusi praticati dai Comuni, sollecito altresì una risposta alla mia lettera del 6 dicembre 1999 di cui unisco fotocopia».

13. Il Prefetto di Torino insiste sulla sua posizione pilatesca, indirizzando in data 20 giugno 2000 la seguente nota al Presidente dell’Associazione promozione sociale: «Con riferimento alla suindicata nota si ritiene di nulla dover aggiungere rispetto a quanto comunicato con la lettera p.n. del 4.5.2000.

«Si ribadisce che i Comuni sono enti locali autonomi le cui scelte non possono essere vincolate pur nel rispetto delle vigenti normative.

«Eventuali violazioni di legge devono essere denunciate alla competente autorità giudiziaria».

14. Il Presidente dell’Associazione promozione sociale replica con la seguente nota del 28 giugno 2000: «In merito alla Sua lettera del 20 u.s., n. Gab 9300467, non posso che constatare che Lei ritiene che esuli dai Suoi compiti anche il semplice invio ai Comuni, alle Province e alle Asl delle note emanate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell’interno fin dal 1993, note richiamate nella mia lettera del 22.5.2000.

«Non mi sembra che la suddetta iniziativa, peraltro da Lei attuata nei confronti del Comune di Santena, violi l’autonomia dei Comuni.

«Credo, inoltre, che sarebbe molto meglio che le Autorità, in particolare i Prefetti, invece di segnalare che le “eventuali violazioni di legge devono essere denunciate alla competente autorità giudiziaria”, agissero a scopo preventivo di modo che – per quanto possibile – gli enti pubblici non solo non violino le leggi, ma non danneggino nemmeno i cittadini, in particolare quelli che non hanno i mezzi econmici e le capacità culturali di avviare cause legali».

15. Essendo andato in pensione il Prefetto di Torino, Dr. Mario Moscatelli, il Presidente dell’Associazione promozione sociale ha scritto al nuovo Prefetto, Dr. Achille Catalani il 18 settembre 2000 avanzando le stesse richieste fatte al suo predecessore.

In data 30 settembre 2000 il Dr. Catalani ha concesso un colloquio al Presidente dell’Associazione promozione sociale, ma non ha assunto alcun impegno in merito ai contributi economici illegittimamente pretesi da numerosi Comuni e Consorzi ai parenti di assistiti maggiorenni.

 

Conclusioni

Dal resoconto dello scambio di lettere fra il Presidente dell’Associazione promozione sociale e il Prefetto di Torino emergono le gravissime difficoltà che si incontrano quando si opera per la difesa dei diritti delle persone più deboli.

Occorrerebbe che, come il CSA aveva invano richiesto al Ministro Livia Turco, fosse prevista per legge la possibilità per gli utenti e le organizzazioni di volontariato di poter presentare ricorsi alla autorità giudiziaria con procedura facilitata e gratuita nei casi in cui gli enti pubblici violino le disposizioni in vigore.

 

 

(1) Lunghe ed estremamente dispendiose sarebbero le iniziative da intraprendere nei riguardi di ciascuno degli 8.100 Comuni italiani, iniziative che, se i Comuni – come quasi sempre avviene – insistono nel violare la legge, possono avere un esito positivo solo mediante il ricorso all’autorità giudiziaria.

(2) Nella seconda parte della lettera veniva segnalato il comportamento del Comune di Santena (Torino) che non intendeva aderire alla richiesta avanzata dalla tutrice, madre di una ragazza maggiorenne gravemente handicappata, di integrare la retta di ricovero in istituto. L’intervento del Prefetto di Torino ha indotto il Comune di Santena a provvedere al pagamento delle quote di sua competenza, anche se finora non ha voluto corrispondere le somme relative agli arretrati.

(3) Alla lettera del 5 ottobre 1998 era allegata la seguente nota: «1. I Comuni, le Usl e le Province continuano a fornire false informazioni asserendo, contrariamente al vero, che gli enti pubblici possono pretendere contributi economici dai parenti di assistiti maggiorenni. Questa pretesa è infondata, come risulta dalle note del Direttore generale del Ministero dell’interno del 27 dicembre 1993, prot. 12287/70 e del Capo dell’Ufficio legislativo del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15 aprile 1994, prot. DAS/4390/1/H/795, del 28 ottobre 1995, prot. DAS/13811/1/H/795 e del 29 luglio 1997, prot. DAS/247/UL/1/H/795, dal parere fornito in data 18 settembre 1996, prot. 2667/1.3.16 dal Direttore del Servizio degli affari giuridici della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dalla risposta fornita dall’Assessore all’assistenza della Regione Piemonte in data 7 marzo 1996 ad una interrogazione, dai provvedimenti assunti dal Coreco di Torino in data 13 dicembre 1995 n. 36002, 1° agosto 1996, n. 11004/96 bis e 31 luglio 1997 n. 9152/97 bis e dalla sentenza della Prima Sezione civile del Tribunale di Verona del 14 maggio 1996 pubblicata sul n. 1/1997 di “Famiglia e diritto”. Infatti, in base alle leggi vigenti, gli alimenti possono essere richiesti SOLO da chi versa in stato di bisogno (cfr. l’art. 438 del codice civile) o dal suo tutore; non esistono leggi che consentano agli enti pubblici di sostituirsi alla persona avente diritto agli alimenti.

«2. La illegittimità della suddetta pretesa è ancora più grave ove si consideri che l’ente pubblico non solo si arroga un diritto che non ha, ma pretende anche di determinare l’importo che do­vrebbe essere versato dai congiunti, arrivando addirittura a sostituirsi al giudice. Infatti il 3° comma dell’art. 441 del codice civile stabilisce quanto segue: “Se gli obbligati non sono concordi sulla misura, sulla distribuzione e sul modo di somministrazione degli alimenti, provvede l’autorità giudiziaria secondo le circostanze”.

«3. Rispettando le norme vigenti, i competenti organi centrali dello Stato, per la concessione delle pensioni sociali e di invalidità e per l’integrazione al minimo delle pensioni Inps non hanno mai tenuto conto dei redditi dei parenti.

«4. Per quanto riguarda la sentenza della Corte di Cassazione n. 481/1998, occorre rilevare che la Corte stessa è incorsa in un clamoroso errore. Infatti, ha considerato come ancora in vigore la legge 1580 del 1931 (che riguardava la rivalsa delle spese di spedalità e manicomiali e non quelle di ricovero in istituti di assistenza), quando con la sentenza 7989 del 1994 la medesima Corte di Cassazione aveva riconosciuto che la legge 1580/1931 era operante solamente “prima dell’attuazione della riforma sanitaria”.

«5. Si riporta il parere formulato dal Difensore civico della Regione Piemonte nella relazione dell’attività svolta nel 1997: “Nell’ambito dei problemi affrontati merita un cenno particolare quello relativo ai contributi economici richiesti ai parenti degli assistiti da parte di strutture socio-sanitarie assistenziali attraverso il richiamo all’obbligo alimentare. Lo scrivente ha, a questo proposito, rilevato che l’obbligo patrimoniale può essere imposto solo dalla legge (art. 23 Costituzione) e che la normativa vigente non prevede rivalse di sorta nei confronti dei parenti da parte dell’ente che ha erogato l’assistenza. Questo Difensore civico ha rilevato che la prassi, talvolta seguita, del ricorso alla normativa concernente l’obbligo alimentare non è condivisibile, ponendo in evidenza che i soggetti dell’obbligazione alimentare sono, da un lato, l’avente diritto (che non può certo identificarsi con l’ente pubblico) e, dall’altro, l’obbligato, per cui la relativa azione è proponibile solo nell’ambito di questi soggetti. È stata quindi esclusa la proponibilità da parte dell’ente pubblico dell’azione di regresso nei confronti dei coobligati agli alimenti; prestazioni assistenziali ed obblighi alimentari, infatti, rispondono a presupposti diversi, non sussidiari gli uni rispetto agli altri, costituiti, da un lato, dall’obbligo preminente per lo Stato di garantire l’assistenza e, quindi, la salute e, dall’altro, dall’esigenza, circoscritta all’ambito familiare, di provvedere l’avente diritto dei mezzi di sussistenza, ove il soggetto non sia in grado di procurarseli con il proprio lavoro.

“È stato escluso che possa ipotizzarsi un ingiustificato arricchimento per il parente tenuto alla corresponsione degli alimenti, finché questi non vengano richiesti dall’avente diritto e sia conseguentemente sorto l’obbligo del pagamento. La proponibilità dell’azione surrogatoria è stata infine esclusa per la considerazione che tale mezzo processuale ha carattere sussidiario ed ha come presupposto il mancato esercizio di azioni di cui il debitore trascuri la proposizione. Si è ancora rilevato che la proposizione dell’azione surrogatoria è esclusa dal legislatore nei confronti di azioni, come quella alimentare, che hanno una precisa connotazione personalistica e non sono perciò esercitabili da terzi, facendo, peraltro, sempre salva l’ipotesi di accordi convenzionali fra le parti interessate e, quindi, la volontaria assunzione del correlativo obbligo di contribuire al pagamento da parte dei famigliari degli assistiti”.

«6. In merito ai contributi economici, si vedano il volume di Massimo Dogliotti, Doveri familiari e obbligazione alimentare, Giuffrè Editore, Milano, 1994, e le note a sentenza di Massimo Dogliotti e Pietro Rescigno riportate su Giurisprudenza italiana, ottobre 1993, pag. 679 e seguenti».

 

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