Prospettive assistenziali, n. 129, gennaio-marzo 2000

 

Il progetto obiettivo “tutela della salute mentale”:

un altro diritto di carta per i malati

 

Sulla Gazzetta ufficiale n.274 del 22 novembre 1999 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999 «Approvazione del progetto obiettivo “Tutela della salute mentale 1998-2000”». Si tratta di uno dei numerosi documenti previsti dal Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000 (1).

Numerose sono le affermazioni condivisibili, in primo luogo quella secondo cui per attuare in modo corretto gli interventi di cura e riabilitazione dei disturbi mentali gravi, «da cui possono derivare disabilità tali da compromettere l’autonomia e l’esercizio dei diritti di cittadinanza, con alto rischio di cronicizzazione e di emarginazione sociale», le azioni più opportune devono prevedere «il coinvolgimento delle famiglie nella formulazione e nella attuazione del piano terapeutico». Al riguardo, è precisato quanto segue: «Si sottolinea che tale coinvolgimento deve essere ovviamente volontario e che la responsabilità dell’assistenza è del servizio e non della famiglia».

Una precisazione che dovrebbe essere ricordata dai familiari ai numerosi amministratori di Comuni e ASL ed agli operatori sanitari e sociali che illegittimamente scaricano responsabilità e competenze sui congiunti dei malati.

Per quanto riguarda gli altri contenuti del progetto obiettivo sulla tutela della salute mentale, ripetiamo quanto scriviamo da anni e cioè che se si vuole veramente che i servizi funzionino non è sufficiente che vengano approvati documenti indirizzati alle Regioni, alle USL, ai Comuni e al relativo personale.

Infatti, anche per il fatto che i suddetti atti non sono omologati da nessuna legge, i cittadini non hanno alcun strumento per costringere gli enti a darne attuazione.Èperciò facile per le istituzioni (ma è fuorviante per i malati) scrivere sulla carta che sono previsti servizi psichiatrici aperti 24 ore su 24, centri di risocializzazione, comunità alloggio, ecc. e poi non dare alcuna possibilità giuridica ai malati e ai loro congiunti di agire nei confronti delle istituzioni inadempienti.

Come abbiamo scritto nel n.125 di Prospettive assistenziali, un primo passo per una programmazione seria e concreta, e non declamatoria come avviene attualmente, dovrebbe consistere nell’approvazione tempestiva (2) del Piano sanitario nazionale con una legge, e non più con la semplice votazione di un ordine del giorno da parte del Parlamento, in modo che le Regioni e le USLsiano obbligate a rispettare le disposizioni.Per i cittadini dovrebbero essere previste le misure necessarie affinché possano agire contro le inadempienze.

I piani programmatici, inoltre, non dovrebbero ripetere le disposizioni contenute nella legge istitutiva del servizio sanitario nazionale e nelle successive modificazioni e integrazioni, con il rischio evidente di introdurre norme differenti e quindi provocare confusioni interpretative.Essi dovrebbero precisare quali sono i nuovi servizi e le nuove strutture che devono obbligatoriamente essere istituiti, i tempi di realizzazione ed i fondi messi a disposizione per le spese di interventi e per i costi di gestione.

Altrimenti, come sta succedendo da troppi anni, si producono inultimente quintali di carta, si mobilitano dispendiosi gruppi di lavoro, si costituiscono sterili commissioni, si illudono i malati, i loro familiari, i volontari e le altre persone coinvolte.

Com’è ovvio, la questione non riguarda solamente il settore della salute mentale, ma concerne tutte le attività sanitarie e sociali.

A causa della politica di emarginazione praticata da numerose amministrazioni con il beneplacito degli operatori ed anche per l’estrema difficoltà di intervenire da parte dei pazienti, dei loro tutori e delle organizzazioni di difesa dei diritti dei più deboli, mentre vengono scritte frasi bellissime sul rispetto della dignità del soggetto psichiatrico, essi vengono d’imperio trasferiti dalla sanità all’assistenza e passano così dalla condizione di malati da curare a quella di poveretti da custodire.

Come abbiamo segnalato nello scorso numero, la Regione Piemonte ha deciso alcuni mesi or sono di dimettere dai servizi sanitari ben 550 persone, tutte con più di vent’anni di ricovero in strutture manicomiali (3).

È significativo ricordare che nel campo economico il Parlamento ha approvato e approva leggi che indicano in modo preciso i diritti dei cittadini e gli obblighi degli enti (4).

Al riguardo si segnala per la sua precisione e completezza l’art.29 del decreto legislativo n.669 del 1996 concernente “Contributo per l’acquisto di autoveicoli nuovi a fronte della rottamazione di analoghi beni usati”, sperando che in futuro il Parlamento e il Governo abbiano per i malati la stessa attenzione dimostrata per le auto usate.

 

 

Testo dell’art.29 del D.L. 669/1996

1.Alle persone fisiche che acquistano in Italia, anche in locazione finanziaria, un veicolo nuovo di fabbrica e che consegnano per la rottamazione un veicolo immatricolato in data anteriore al 1° gennaio 1987 o che nel periodo di vigenza dell’agevolazione superi i dieci anni dalla data di immatricolazione è riconosciuto un contributo statale fino a lire unmilionecinquecentomila per i veicoli di cilindrata fino a 1300 centimetri cubici e fino a lire due milioni per i veicoli di cilindrata superiore sempre che sia praticato dal venditore uno sconto almeno pari alla misura del contributo.Il contributo è corrisposto dal venditore mediante compensazione con il prezzo di acquisto.

2.Il contributo spetta per gli acquisti effettuati tra il 7 gennaio 1997 e il 30 settembre 1997 e risultanti da contratto stipulato dal venditore e dall’acquirente nello stesso periodo, a condizione che: a) il veicolo acquistato sia un’autovettura o un autoveicolo per trasporto promiscuo di cui all’art. 54, comma 1, lettera a) e c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, non immatricolato in precedenza; b) il veicolo consegnato per la rottamazione sia un’autovettura o un autoveicolo per il trasporto promiscuo, di cui all’art.54, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e che sia intestato, da data anteriore al 30 giugno 1996, allo stesso soggetto intestatario del veicolo nuovo o ad uno dei familiari conviventi alla data di acquisto del veicolo nuovo, ovvero, in caso di locazione finanziaria del veicolo nuovo, che sia intestato al soggetto utilizzatore del suddetto veicolo o a uno dei predetti familiari; c) nell’atto di acquisto sia espressamente dichiarato che il veicolo consegnato è destinato alla rottamazione e siano indicate le misure dello sconto praticato e del contributo statale di cui al comma precedente.

3. Entro quindici giorni dalla data di consegna del veicolo nuovo, il venditore ha l’obbligo di consegnare il veicolo usato ad un demolitore e di provvedere direttamente o tramite delega alla richiesta di cancellazione per demolizione al pubblico registro automobilistico.

3-bis. I veicoli usati, di cui al comma 3, non possono essere rimessi in circolazione e vanno avviati o alle case costruttrici o ai centri appositamente autorizzati, anche convenzionati con le stesse al fine della messa in sicurezza, della demolizione, del recupero di materiali e della rottamazione.

4. Le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsano al venditore l’importo del contributo e recuperano detto importo quale credito di imposta per il versamento delle ritenute dell’imposta sul reddito delle persone fisiche operate in qualità di sostituto d’imposta sui redditi da lavoro dipendente, dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche, dell’imposta locale sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, dovute anche in acconto per l’esercizio in cui viene richiesto al pubblico registro automobilistico l’originale del certificato di proprietà e per i successivi.

5.Fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata emessa la fattura di vendita, le imprese costruttrici o importatrici conservano la seguente documentazione, che deve essere ad essi trasmessa dal venditore:

a) copia della fattura di vendita e dell’atto di acquisto;

b) copia del libretto e della carta di circolazione e del foglio complementare o del certificato di proprietà del veicolo usato; in caso di loro mancanza copia dell’estratto cronologico;

c) copia della domanda di cancellazione per demolizione del veicolo usato e originale del certificato di proprietà rilasciato dal pubblico registro automobilistico;

d) certificato dello stato di famiglia, nel caso previsto dal comma 2, lettera b).

5-bis. Fuori dell’ipotesi disciplinata dal comma 3, per l’annotazione nel pubblico registro automobilistico della cessazione della circolazione dei veicoli di cui all’art. 54, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, immatricolati in data anteriore al 1° gennaio 1987 ed intestati a persone fisiche, non è dovuta l’imposta di bollo e gli emolumenti in favore dell’Automobile Club d’Italia sono a carico del bilancio dello Stato, se la richiesta della formalità è presentata nel periodo compreso fra la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ed il 31 dicembre 1998.Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sono stabilite le modalità di corresponsione di detti emolumenti.Per conseguire i benefici indicati nel primo periodo il richiedente la formalità deve espressamente dichiarare, nel relativo modello, di non fruire del contributo statale di cui al comma 1; in caso di falsa dichiarazione i predetti benefici sono revocati di diritto.

6. Con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il Ministro delle finanze, possono essere emanate disposizioni di attuazione del presente articolo.

7.All’onere derivante dalle disposizioni di cui al presente articolo, valutato per l’anno 1997 in lire 160 miliardi, si fa fronte mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno finanziario medesimo, all’uopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.Il predetto importo è iscritto su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero delle finanze per il successivo riversamento agli appropriati capitoli dell’entrata.

8. Con provvedimenti legislativi di variazioni di bilancio, gli eventuali miglioramenti del saldo netto da finanziare derivanti nel triennio 1997-1999 dalle maggiori entrate accertate in connessione con le maggiori vendite realizzate per effetto delle disposizioni di cui al presente articolo potranno, in deroga alla vigente normativa contabile, essere acquisiti a reintegrazione dell’accantonamento di cui al comma 7.

 

 

 

(1) Una sintesi del Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000 è stata riportata sul n. 125 di Prospettive assistenziali. Il piano prevede l’emanazione da parte del Ministero della sanità di 7 progetti obiettivo (salute mentale, anziani, AIDS, ecc.), di ben 19 linee guida (per la riabilitazione, per le cure ai pazienti terminali, ecc.), di 11 documenti di indirizzo (medicina termale, forme integrative, ecc.) e di altri 8 documenti di approfondimento (liste di attesa, acquisti e prezzi, ecc.), nonché di 14 linee guida cliniche (mal di schiena, asma bronchiale, ecc.).

(2) Ricordiamo che il Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000 è stato pubblicato con un anno di ritardo rispetto all’inizio della sua validità; a sua volta il ritardo del progetto obiettivo sulla salute mentale è addirittura di due anni.

(3) Cfr.l’editoriale del n.128 di Prospettive assistenziali, “Il testo di legge sui servizi sociali calpesta le esigenze dei più deboli e ignora la prevenzione dell’emarginazione” e l’articolo “I giudici tutelari non difendono il diritto alle cure sanitarie dei pazienti psichiatrici e degli anziani cronici”.

(4) Com’è precisato nel volume “A scuola di diritti - Come difendersi da inadempienze e abusi della burocrazia socio-sanitaria”, di R.Carapelle e F.Santanera, UTETLibreria, Torino, 1997, le leggi per essere valide devono indicare in modo preciso i soggetti aventi diritto, gli enti tenuti a provvedervi, i contenuti degli interventi, le modalità di erogazione delle prestazioni, i tempi ed il luogo in cui gli interventi vengono forniti, le questioni relative ai costi.

 

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