Prospettive assistenziali, n. 129, gennaio-marzo 2000

 

I sindacati dei pensionati si agitano, ma non vogliono ancora capire

che gli anziani cronici non autosufficienti sono persone malate

 

Il 10 febbraio 2000 i Sindacati dei pensionati CGIL, CISL e UIL della Lombardia hanno tenuto una manifestazione di protesta contro l’aumento delle rette delle case di riposo e delle RSA, residenze sanitarie assistenziali.

Il Segretario generale dei pensionati della CISL della Lombardia, Arnaldo Chianese, ha affermato che «ogni anno in Lombardia vengono prelevate abusivamente 5 milioni e mezzo di lire dalle tasche dei ricoverati nelle case di riposo o da quelle dei loro parenti per pagare le cure sanitarie. È uno sfruttamento iniquo e immorale nei confronti di chi non è in grado di far valere i propri diritti. Come se questo non bastasse ora si aumentano le rette con percentuali che arrivano fino al 30 per cento. Quello a cui stiamo assistendo in questi ultimi mesi è assolutamente inaccettabile. Siamo in presenza di una sorta di alleanza tra le direzioni delle residenze sanitarie assistite e la Giunta lombarda che non promuove soluzioni alternative all’istituzionalizzazione degli anziani, lasciando l’assistenza domiciliare in posizione di assoluta marginalità» (1).

Premesso che in Lombardia sono 42 mila gli anziani ricoverati nelle case di riposo e nelle RSA (gestite anch’esse dal settore dell’assistenza sociale come se i ricoverati non fossero dei malati ma dei “poveri inabili”), nel volantino distribuito dai Sindacati dei pensionati CGIL, CISL e UIL in occasione della manifestazione del 10 febbraio 2000, viene rilevato che «spesso è ancora la famiglia a dover integrare costi elevati e servizi insufficienti e scadenti» e che «i risparmi di una vita e intere liquidazioni maturate in decine di anni di lavoro vengono rapidamente bruciati da uno-due anni di ricovero in RSA (ex case di riposo), riversando poi sui figli, spesso a loro volta anziani, costi pesantissimi».

Con queste asserzioni i Sindacati dei pensionati continuano ad avallare l’espulsione dei vecchi malati dalla competenza del Servizio sanitario nazionale accettando quindi, ad esempio, che un ottantenne malato di cancro sia ricoverato in una casa di riposo e trattato in modo completamente diverso rispetto ad un cinquantenne, colpito dalla stessa patologia, degente in ospedale.

Acconsentono, infatti, che gli anziani malati cronici siano considerati come soggetti non malati, quando è ovvio a tutte le persone fornite di raziocinio e in buona fede che si tratta di individui malati, anzi così gravemente malati da subire anche la perdita dell’autosufficienza a causa delle patologie invalidanti da cui sono stati colpiti.

Nel volantino distribuito in occasione della citata ma­nifestazione del 10 febbraio 2000, non c’è nemmeno una parola rivolta alla sacrosanta ed evidentissima rivendicazione del diritto alle cure sanitarie gratuite e senza limiti di durata, diritto sancito, lo ri­cordiamo per l’ennesima volta, fin dal 1955 a seguito dell’entrata in vigore della legge 692, approvata dal Parlamento su benemerita richiesta dei sinda­-cati.

Nella manifestazione del 10 febbraio scorso CGIL, CISL e UIL non hanno contestato il pagamento delle rette da parte degli utenti e nemmeno la richiesta, certamente illegale, del versamento di contributi economici da parte dei congiunti degli assistiti maggiorenni: si sono limitati a protestare contro l’eccessivo ammontare degli importi.

Infatti le richieste presentate dai Sindacati dei pensionati sono state le seguenti:

– sospensione dell’aumento delle rette fino all’introduzione di nuovi meccanismi di finanziamento;

– copertura delle spese di rilevanza sanitaria da parte del fondo sanitario;

– attivazione di incontri tra Sindacati, Regione e RSA per definire una strategia sulla non autosufficienza e una trasparente politica delle rette, predisponendo strumenti quali il bilancio tipo, il regolamento d’accesso e la carta dei diritti dell’ospite.

È già un passo avanti l’individuazione, da parte dei Sindacati dei pensionati CGIL, CISL e UIL, del problema delle rette che finora sono state imposte abusivamente dai Comuni e dalle ASL con il totale disinteresse dei Sindacati stessi, i quali, spesso, hanno addirittura appoggiato, come nel caso della legge della Regione Emilia-Romagna 3 febbraio 1994 n. 5, l’espulsione dei vecchi malati dalla sanità (i cui servizi sono gratuiti) all’assistenza (le cui prestazioni sono in tutto o in parte sempre a carico del soggetto interessato).

Nel frattempo, proprio a causa dell’esosità delle rette, molte famiglie sono state costrette a sborsare anche decine di milioni, mettendo anche a repentaglio la sopravvivenza economica dei congiunti degli anziani malati cronici (2).

Inoltre, com’è noto, molto sovente la qualità delle prestazioni fornite dalle strutture assistenziali di ricovero è pessima (3).

 

I Sindacati dei pensionati ed i malati di Alzheimer

Recentemente a Cesena, la FNP, Federazione nazionale dei pensionati CISL, ha organizzato un convegno sul tema “Alzheimer, come affrontarlo”. Poiché da tutti è usata la terminologia “malati di Alzheimer”, è sperabile che in questo caso i Sindacati dei pensionati capiscano che occorre rivendicare la competenza e l’intervento del Servizio sanitario nazionale per le cure domiciliari, l’apertura di centri diurni (4) e la realizzazione delle residenze sanitarie.

 

 

 

(1) Cfr. “Stop agli aumenti nelle case di riposo”, Conquiste del lavoro, 12 febbraio 2000.

(2) “La drammatica esperienza del figlio di una anziana malata cronica non autosufficiente”, Prospettive assistenziali, n. 119, luglio-settembre 1997.

(3) Cfr. “Per curare l’anziana madre malata cronica non bastano l’affetto e il denaro delle figlie”, ibidem, n. 117, gennaio-marzo 1997.

(4) Cfr. Anna Maria Gallo, “I centri diurni sanitari per i malati di Alzheimer: un’altra conquista del volontariato dei diritti”, ibidem, n. 127, luglio-settembre 1999.

 

www.fondazionepromozionesociale.it