Prospettive assistenziali, n. 127, luglio-settembre 1999

 

 

Volontari pro emarginazione?

 

Nel numero scorso avevamo commentato l’articolo di Danilo Angelelli “Senza pelle” apparso sul n. 2/1999 della Rivista del volontariato ed avevamo posto ai volontari, che operano nella clinica Villa Rosa di Viterbo in cui sono ricoverati 135 pazienti psichiatrici, i seguenti interrogativi:

1. «Vi sembra che una struttura di 135 posti sia idonea sotto i profili terapeutici e sociali?»;

2. «Quali sono state le iniziative assunte dai volontari per la istituzione di centri diurni di risocializzazione, di comunità alloggio di 8-10 posti al massimo e degli altri indispensabili servizi domiciliari e ambulatoriali?».

 

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In risposta alle nostre domande abbiamo ricevuto la seguente lettera da parte di Danilo Angelelli:

«Una struttura di 135 posti non è idonea se a tutti i pazienti viene riservato lo stesso trattamento. Ma a Villa Rosa si elaborano percorsi terapeutici diversificati, personalizzati. Da un punto di vista sociale, poi, con l’aiuto dei volontari – che certo non possono e non devono sostituirsi al personale sanitario, ma laddove è possibile affiancarlo – la struttura offre tutti quei servizi capaci di far vivere l’ospite nel modo più sereno possibile.

«I volontari della clinica sono rimasti alquanto perplessi per le vostre critiche e, pur ponendosi il problema dell’assenza di strutture intermediarie sul territorio, ricordano che il loro compito primario non è quello. Tuttavia, nell’articolo in questione il presidente Vito Ferrante sottolineava la mancanza di cultura nei confronti del disagio mentale, per il quale nella provincia di Viterbo esistono solamente sei posti letto, e denunciava l’inesistenza di strutture alternative alla lunga degenza: day-hospital, centri diurni integrati, comunità terapeutiche semi-residenziali o residenziali, case-famiglia, cooperative sociali integrate.

«Queste poche righe non hanno ovviamente alcuna pretesa di esaustività, ma sono ben felice di sapere che il dibattito continua, poiché il gruppo di volontari vi ha recentemente inviato una lettera particolareggiata che, mi auguro, rappresenti solo l’inizio di un fattivo scambio di idee.

«Vorrei ricordare inoltre che nell’articolo ho parlato ampiamente degli stimoli che giorno dopo giorno vengono offerti ai pazienti, quindi non credo di aver veicolato l’idea di un volontariato sinonimo di assistenzialismo tout court. Volontariato significa promozione della persona con cui si stabilisce una relazione e, vi assicuro, alla clinica Villa Rosa provano a metterla in pratica.

«Vi ringrazio comunque per avermi fornito, con la vostra richiesta di precisazioni, ulteriori strumenti di crescita in questa mai abbastanza meritata opportunità di raccontare storie in cui credo fortemente».

 

Le nostre precisazioni

Premesso che finora non abbiamo ricevuto alcuna lettera dai giovani che operano a Villa Rosa, riteniamo sia estremamente preoccupante l’affermazione di Danilo Angelelli secondo cui il compito primario dei volontari non è quello di promuovere l’istituzione dei servizi indispensabili per i pazienti psichiatrici.

Anche se fosse vero che a Villa Rosa venissero elaborati «percorsi terapeutici diversificati, personalizzati» per tutti i 135 ricoverati, per l’acquisizione della massima autonomia possibile e il loro reinserimento sociale è assolutamente necessaria la predisposizione di servizi territoriali intermedi.

Se non vengono creati, ne consegue che per forza di cose i centri residenziali possono solo assicurare trattamenti più umani, ma quasi mai sufficienti per consentire le dimissioni.

Ovviamente, le suddette strutture territoriali sono necessarie anche per tutte le altre persone attualmente malate o che lo diventeranno in futuro.

Pertanto, l’intervento dei volontari, a Villa Rosa o in altre analoghe situazioni, per essere valido non può avere solo contenuti consolatori, ma deve essere incentrato sugli interventi indispensabili per il rispetto delle esigenze delle persone in difficoltà.

 

 

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