Prospettive assistenziali, n. 127, luglio-settembre 1999

 

 

un preoccupante decreto sugli oneri economici a carico delle famiglie con congiunti handicappati o malati cronici non autosufficienti

 

 

Dagli anni ’60 Prospettive assistenziali, insieme all’ANFAA - Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie, all’ULCES - Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale e al CSA - Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, opera per il riconoscimento della priorità degli interventi domiciliari.

Segnaliamo, fra le altre, le iniziative riguardanti gli aiuti psico-sociali alle famiglie in difficoltà, l’adozione, l’affidamento a scopo educativo, l’aiuto domestico, l’assistenza domiciliare integrata, l’ospedalizzazione a domicilio, le comunità alloggio di tipo parafamiliare per minori, adulti handicappati, malati psichiatrici e altri soggetti.

Nello stesso tempo è stata sollecitata l’istituzione delle indispensabili strutture diurne per i malati di Alzheimer (gestite dalla sanità) e per i soggetti con gravi handicap intellettivi (promosse dall’assistenza).

Perseguendo la linea della priorità degli interventi domiciliari, abbiamo anche sostenuto che era non solo illegale, ma anche contrario ai principi più elementari della solidarietà, pretendere contributi economici dai congiunti di assistiti e di malati maggiorenni, fermo restando l’obbligo per gli utenti dell’assistenza di partecipare alle spese sulla base dei loro redditi e dei loro beni (1).

La nostra incessante pressione sulle autorità e alcuni provvedimenti della magistratura hanno confermato che le leggi vigenti non consentono agli enti pubblici di pretendere contributi economici dai parenti, compresi quelli tenuti agli alimenti, di assistiti maggiorenni. Al riguardo, in questo numero riportiamo una recente nota del Ministero dell’interno.

Adesso temiamo che tutto venga rimesso in discussione. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 221 del 7 maggio 1999, emanato su proposta del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri della solidarietà sociale, dell’interno, del tesoro e del lavoro, si presenta una situazione del tutto nuova.

Riportiamo integralmente il testo del decreto e la presa di posizione del Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, riservandoci di ritornare al più presto sull’argomento.

 

Documento del Comitato per la difesadei diritti degli assistiti

 

In gravissimo pericolo la situazione economica delle famiglie con congiunti handicappati non autonomi o pazienti psichiatrici o malati di Alzheimer o anziani cronici non autosufficienti che frequentano centri diurni o sono ricoverati presso strutture assistenziali

Mentre le Autorità parlano di riforma dello Stato sociale per aiutare le persone più deboli, il Governo ha emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 maggio 1999 n. 221, in cui è previsto che i Comuni possano imporre contributi economici ai congiunti degli assistiti (handicappati e pazienti psichiatrici con limitata o nulla autonomia, malati di Alzheimer, anziani cronici non autosufficienti, ecc.) che frequentano centri diurni o sono ricoverati in istituti o presso comunità alloggio o richiedono altri interventi: servizi di aiuto personale, assistenza economica o domiciliare, ecc.

Prima dell’emanazione del sopra citato decreto, la legge non consentiva agli enti pubblici (Comuni, Province, ASL, ecc.) di pretendere contributi economici dai parenti di assistiti maggiorenni.

Adesso, dopo l’approvazione del suddetto decreto n. 221/1999, i Comuni possono obbligare i parenti conviventi (e non solo essi) al pagamento di tutte o di parte delle spese sostenute per l’assistenza dei loro congiunti non autosufficienti e con scarsi mezzi economici.

Per la definizione dei contributi, i Comuni devono calcolare non solo i redditi dei familiari e dei conviventi dell’assistito, ma anche i loro patrimoni immobiliari (alloggi, negozi, terreni, ecc.) e mobiliari (depositi bancari e postali, azioni, titoli di Stato, ecc.).

Un esempio. - Contributi che possono essere richiesti dal Comune per il ricovero di un handicappato intellettivo grave:

– Retta di L. 250 mila al giorno      = L. 7,5 milioni mensili

– Importo a carico del ricoverato

(pensione, più assegno di accom-

pagnamento, meno quote per

spese personali)                               = L. 1,0      »           »

– Minimo vitale dei due genitori

(l’importo è definito discrezional-

mente da ciascun Comune. La

legge non stabilisce alcun limite

minimo)                                              = L. 1,5      »           »

                                                              ––––––––––––––––––

– Somma che potrebbe essere

richiesta ogni mese ai genitori

in possesso di sufficienti redditi

e/o di beni immobili e mobili         = L. 5,0 milioni al mese

Analoghi sono i calcoli e le richieste di contributo che possono essere fatte ai familiari ed ai conviventi per i servizi di aiuto personale riguardanti le persone con gravi handicap e per le prestazioni di assistenza economica o domestica per i soggetti ed i nuclei familiari in difficoltà.

Le nuove disposizioni del decreto 221/1999 si applicano anche ai parenti e conviventi dei malati di Alzheimer, dei dementi senili, dei pazienti psichiatrici con limitata o nulla autonomia e degli anziani malati cronici non autosufficienti per i quali i loro congiunti non hanno rivendicato nei confronti degli ospedali e delle ASL, Aziende sanitarie locali, il diritto, sancito dalle leggi vigenti fin dal 1955, alle cure sanitarie gratuite e senza limiti di durata, compresa la degenza presso strutture sanitarie pubbliche o private.

Mai dall’Unità d’Italia (1861) ad oggi erano state approvate disposizioni così persecutorie per le famiglie con congiunti handicappati o malati.

È molto comodo per il Governo (e per i partiti ed i sindacati) parlare di nuovo Stato sociale, di solidarietà, di priorità delle esigenze della fascia più debole della popolazione e poi obbligare i parenti ed i conviventi a pagare le spese (spesso rilevanti) occorrenti per assicurare condizioni accettabili di vita alle persone ed ai nuclei familiari in gravi difficoltà economiche e sociali perché colpiti da handicap e/o da malattie invalidanti e/o per il cattivo funzionamento dei servizi primari (sanità, casa, ecc.) e/o per altri motivi sociali.

Per evidenti motivi di giustizia e di solidarietà sociale, lo Stato, le Regioni, i Comuni e le ASL dovrebbero aiutare (e non tartassare sul piano economico) le famiglie con congiunti malati o handicappati, già tanto duramente provate a causa della gravità delle condizioni di salute dei loro parenti e delle carenze, spesso vistose, dei servizi.

Non va nemmeno dimenticato che i familiari di handicappati e di pazienti psichiatrici con limitata o nulla autonomia, di malati di Alzheimer e di altre forme di demenza senile e di anziani cronici non autosufficienti sono quasi sempre costretti a versare cifre rilevanti – il più delle volte in nero – per attività di sorveglianza, visite specialistiche, medicinali non forniti dal Servizio sanitario nazionale, accompagnamenti, imboccamento ai pasti, ecc.

Oggi l’80% circa dei suddetti soggetti non autonomi vive in famiglia spesso senza nemmeno ricevere le prestazioni dovute per legge dai servizi pubblici.

Decine di migliaia sono le persone costrette a rivolgersi all’assistenza perché disoccupate o sottoccupate o con pensioni da fame (importi mensili della pensione di inabilità, di quella sociale, dell’assegno sociale e della minima INPS rispettivamente di L. 395.060, 504.400, 615.800 e 709.500) o illegalmente espulse dal Servizio sanitario nazionale perché colpite da malattie invalidanti o escluse dal beneficio degli affitti ridotti dell’edilizia economica e popolare per la mancata realizzazione delle abitazioni o bisognose per altri gravi motivi indipendenti dalla loro volontà.

Sarebbe gravemente immorale e incivile se lo Stato, le Regioni, i Comuni e le ASL continuassero ad ignorare le esigenze vitali dei cittadini più deboli ed a scaricare – ancora di più di quanto purtroppo già si verifica attualmente – responsabilità ed oneri economici ai loro congiunti ed ai loro conviventi.

Le nostre richieste:

1. L’utente dei servizi assistenziali deve contribuire al pagamento delle prestazioni ricevute non solo in base, come avviene oggi, ai suoi redditi personali, ma anche in relazione ai suoi patrimoni immobiliari (alloggi, negozi, ecc.) e mobiliari (azioni, titoli di Stato, ecc.).

2. Per quanto riguarda le spese di degenza delle persone colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza, pur essendo stato stabilito dalle leggi ancora vigenti – anche in considerazione dei contributi previdenziali aggiuntivi versati dal 1955 dai lavoratori e dai datori di lavoro a seguito dell’estensione senza limiti di durata ai malati cronici delle cure ospedaliere e sanitarie – si accetta che venga previsto il pagamento a carico dell’utente di una quota non superiore a L. 50 mila al giorno, calcolata esclusivamente sulla base dei redditi pensionistici degli utenti stessi.

3. Conferma delle attuali disposizioni (art. 433 e seguenti del codice civile) che attribuiscono alle persone con difficoltà economiche (e ai loro tutori) la facoltà di richiedere gli alimenti ai loro congiunti, facoltà che riconosce in concreto alle famiglie piena autonomia sulle loro decisioni interne e che attribuisce alla magistratura il compito di derimere gli eventuali contrasti.

4. Emanazione dei provvedimenti necessari per vietare che il decreto 221/1999 venga applicato nei confronti dei parenti e dei conviventi degli assistiti anche al fine di evitare che i Comuni ricattino i parenti imponendo, come in alcuni casi sta già capitando, la sottoscrizione di impegni economici quale condizione per disporre l’assistenza, ricoveri compresi.

 

Testo del decreto n. 221/1999 (*)

Art. 1

Ambito di applicazione dei criteri unificati

di valutazione della situazione economica

1. Le disposizioni del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, si applicano, in via sperimentale per un periodo di tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai fini dell’accesso alle rpestazioni o servizi sociali o assistenziali erogati dalle amministrazioni pubbliche, non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche autonomamente stabilite dagli stessi enti erogatori.

2. Restano escluse dall’ambito applicativo, l’integrazione al minimo, la maggiorazione sociale delle pensioni, l’assegno e la pensione sociale e ogni altra prestazione previdenziale, nonché la pensione e l’assegno di invalidità civile e le indennità di accompagnamento e assimilate.

 

Art. 2

Criteri di calcolo dell’indicatore

della situazione economica equivalente

1. Ai fini dell’accesso alle prestazioni agevolate rileva l’indicatore della situazione economica equivalente, determinato con riferimento all’intero nucleo familiare quale risulta alla data di presen­tazione della dichiarazione sostitutiva di cui all’articolo 6.

2. Ai fini del presente decreto il nucleo familiare di cui al comma 1 è composto dal richiedente la prestazione agevolata, dai componenti la famiglia anagrafica ai sensi dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, e dai soggetti considerati a suo carico ai fini IRPEF.

3. L’indicatore della situazione economica equivalente è calcolato come rapporto tra l’indicatore della situazione reddituale, determinato dalla somma degli elementi reddituali indicati nell’articolo 3, e il parametro corrispondente alla specifica composizione del nucleo familiare, desunto dalla scala di equivalenza riportata nella tabella 2 del decreto legislativo n. 109 del 1998.

4. Gli enti erogatori possono stabilire anche la rilevanza di elementi patrimoniali mobiliari e immobiliari, di cui all’articolo 4. In tal caso l’indicatore della situazione economica equivalente è dato dalla somma tra l’indicatore della situazione reddituale e l’indicatore della situazione patrimoniale, rapportata al parametro desunto dalla scala di equivalenza riportata nella tabella 2 del decreto legislativo n. 109 del 1998.

5. Gli enti erogatori in relazione a particolari prestazioni possono, ai sensi dell’articolo 59, comma 52, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, assu­mere come unità di riferimento una composizione del nucleo familiare diversa da quella definita al comma 2.

6. Gli enti erogatori disciplinano, nell’ambito della propria autonomia, le procedure atte a tener conto, ai fini dell’accesso alla prestazione agevolata, di rilevanti variazioni della situazione economica verificatesi successivamente al periodo cui è riferita l’ultima dichiarazione dei redditi presentata.

Art. 3

Criteri di valutazione della situazione reddituale

1. L’indicatore della situazione reddituale è determinato sommando, per ciascun componente del nucleo familiare:

a) il reddito complessivo risultante dall’ultima dichiarazione presentata ai fini delle imposte sui redditi delle persone fisiche, al netto dei redditi agrari relativi alle attività indicate dall’articolo 2135 del codice civile svolte, anche in forma associata, dai soggetti produttori agricoli titolari di partita IVA, obbligati alla presentazione della dichiarazione ai fini dell’IVA. In caso di esonero dall’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi vanno assunti i redditi imponibili ai fini IRPEF risultanti dall’ultima certificazione consegnata dai soggetti erogatori;

b) i redditi di lavoro prestato nelle zone di frontiera e in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

c) i proventi derivanti da attività agricole, svolte anche in forma associata, per le quali sussiste l’obbligo alla presentazione della dichiarazione IVA; a tal fine va assunta la base imponibile determinata ai fini dell’IRAP, al netto dei costi del personale a qualunque titolo utilizzato;

d) il reddito figurativo delle attività finanziarie, determinato applicando il tasso di rendimento medio annuo dei titoli decennali del Tesoro al complessivo patrimonio mobiliare del nucleo familiare individuato secondo quanto indicato nei successivi commi 2, 3 e 4.

2. Ai fini della determinazione del patrimonio mobiliare devono essere considerate le componenti di seguito specificate, possedute alla data del 31 dicembre dell’anno precedente alla presentazione della dichiarazione sostitutiva di cui all’articolo 6:

a) depositi e conti correnti bancari e postali, per i quali va assunto il valore del saldo contabile attivo, al netto degli interessi, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente alla presentazione della dichiarazione sostitutiva di cui all’articolo 6;

b) titoli di Stato, obbligazioni, certificati di deposito e credito, buoni fruttiferi ed assimilati, per i quali va assunto il valore nominale delle consistenze alla data di cui alla lettera a);

c) azioni o quote di organismi di investimento collettivo di risparmio (O.I.C.R.) italiani o esteri, per le quali va assunto il valore risultante dall’ultimo prospetto redatto dalla società di gestione alla data di cui alla lettera a);

d) partecipazioni azionarie in società italiane ed estere quotate in mercati regolamentati, per le quali va assunto il valore rilevato alla data di cui alla lettera a) ovvero, in mancanza, nel giorno antecedente più prossimo;

e) partecipazioni azionarie in società non quotate in mercati regolamentati e partecipazioni in società non azionarie, per le quali va assunto il valore della frazione del patrimonio netto, determinato sulla base delle risultanze dell’ultimo bilancio approvato anteriormente alla data di presentazione della dichiarazione sostitutiva di cui all’articolo 6, ovvero, in caso di esonero dall’obbligo di redazione del bilancio, determinato dalla somma delle rimanenze finali e dal costo complessivo dei beni ammortizzabili, al netto dei relativi ammortamenti, nonché degli altri cespiti o beni patrimoniali;

f) masse patrimoniali, costituite da somme di denaro o beni non relativi all’impresa, affidate in gestione ad un soggetto abilitato ai sensi del decreto legislativo n. 415 del 1996, per le quali va assunto il valore delle consistenze risultanti dall’ultimo rendiconto predisposto, secondo i criteri stabiliti dai regolamenti emanati dalla Commissione nazionale per le società e la borsa, dal gestore del patrimonio anteriormente alla data di cui alla lettera a);

g) altri strumenti e rapporti finanziari per i quali va assunto il valore corrente alla data di cui alla lettera a), nonché contratti di assicurazione mista sulla vita e di capitalizzazione per i quali va assunto l’importo dei premi complessivamente versati a tale ultima data; sono esclusi i contratti di assicurazione mista sulla vita per i quali alla medesima data non è esercitabile il diritto di riscatto;

h) imprese individuali per le quali va assunto il valore del patrimonio netto, determinato con le stesse modalità indicate alla precedente lettera e).

3. Per i rapporti di custodia, amministrazione, deposito e gestione cointestati anche a soggetti appartenenti a nuclei familiari diversi, il valore delle consistenze è assunto per la quota di spettanza.

4. Il modello di dichiarazione sostitutiva di cui all’articolo 4, comma 6, del decreto legislativo n. 109 del 1998 individua classi di valore della consistenza del complessivo patrimonio mobiliare del nucleo familiare; ai fini del calcolo dell’indicatore della situazione economica equivalente il valore del complessivo patrimonio mobiliare del nucleo familiare di cui al comma 2 è assunto per un importo pari alla classe di valore più vicina per difetto all’effettiva consistenza del patrimonio stesso.

5. Dal valore dell’indicatore della situazione reddituale, come determinata ai sensi del comma 1, si detrae l’importo di L. 2.500.000 se il nucleo familiare risiede in un’abitazione locata. Tale detrazione è elevata a L. 3.500.000 qualora i componenti del nucleo stesso non posseggano nel comune di residenza immobili adibiti ad uso abitativo o residenziale, ovvero posseggano, nel comune di residenza, quote di immobili utilizzati a titolo gratuito esclusivamente da altri.

 

Art. 4

Criteri di valutazione della situazione patrimoniale

1. Gli enti erogatori possono integrare l’indicatore della situazione reddituale, come definito dall’articolo 3, comma 1, con la situazione patrimoniale di ciascun componente del nucleo familiare, considerando a tal fine i seguenti valori patrimoniali:

a) il valore dei fabbricati e terreni edificabili ed agricoli, intestati a persone fisiche diverse da imprese, quale definito ai fini ICI al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione della dichiarazione sostitutiva di cui all’articolo 6, indipendentemente dal periodo di possesso nel periodo d’imposta considerato. Dal valore complessivo così determinato si detrae l’ammontare dell’eventuale debito residuo alla stessa data del 31 dicembre per mutui contratti per l’acquisto di tali immobili o per la costruzione dei predetti fabbricati;

b) il valore del patrimonio mobiliare determinato secondo i criteri di cui all’articolo 3, commi 2, 3 e 4.

2. I valori patrimoniali di cui alle lettere a) e b) del comma 1 rilevano in capo alle persone fisiche titolari di diritti di proprietà o reali di godimento.

3. Dalla somma dei valori del patrimonio mobiliare ed immobiliare si detrae, fino a concorrenza, una franchigia pari a lire 50 milioni, elevata a lire 70 milioni qualora il nucleo familiare risieda in una abitazione di proprietà.

4. L’importo così determinato è moltiplicato per lo specifico coefficiente stabilito dall’ente erogatore, entro il valore massimo di 0,20.

5. Gli enti erogatori possono stabilire coefficienti di valutazione differenziati rispettivamente per la componente mobiliare ed immobiliare.

 

Art. 5

Scala di equivalenza

1. Ai fini dell’applicazione della maggiorazione dello 0,5 prevista nella tabella 2 del decreto legislativo n. 109 del 1998, i mutilati e gli invalidi di guerra e gli invalidi per servizio appartenenti alle categorie dalla 1ª alla 5ª si intendono equiparati agli invalidi con riduzione della capacità lavorativa superiore al 66%.

2. Ai fini dell’applicazione della maggiorazione dello 0,2 prevista nella predetta tabella 2, si considerano attività di lavoro o di impresa le attività che danno luogo a redditi di lavoro dipendente o assimilati, di lavoro autonomo o d’impresa ai sensi, rispettivamente, degli articoli 46, comma 1, 47, comma 1, lettere a), g), ed l), 49, commi 1 e 2, lettere a) e c), e 51 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni e integrazioni.

 

Art. 6

Dichiarazione sostitutiva

1. La determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente è effettuata sulla base dei dati forniti mediante dichiarazione sostitutiva resa ai sensi degli articoli 2 e 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15 e successive modificazioni e integrazioni, e degli articoli 1 e 2 del decreto del Presidente della Repubblica 24 ottobre 1998, n. 403, concernente la situazione reddituale e patrimoniale del richiedente la prestazione agevolata, nonché quella di tutti i componenti il nucleo familiare.

2. Nella dichiarazione sostitutiva devono essere indicati i valori utili alla determinazione della situazione reddituale individuati dall’articolo 3, nonché i valori relativi al patrimonio di cui all’articolo 4 e le informazioni necessarie alla applicazione delle detrazioni e delle franchigie spettanti. Sono altresì da indicare i codici identificativi degli intermediari finanziari e degli altri soggetti con i quali sono intrattenuti rapporti di custodia, amministrazione, deposito e gestione.

3. Nella predetta dichiarazione sostitutiva il richiedente attesta di avere conoscenza che, nel caso di erogazione della prestazione, possono essere eseguiti controlli da parte della Guardia di finanza presso gli istituti di credito o altri intermediari finanziari, al fine di accertare la veridicità delle informazioni fornite.

4. La dichiarazione sostitutiva, redatta conformemente al modello-tipo di cui all’articolo 4, comma 6, del decreto legislativo n. 109 del 1998, è presentata ai comuni o ai centri di assistenza fiscale ovvero direttamente all’amministrazione pubblica alla quale è richiesta la prima prestazione dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

5. In via transitoria fino alla completa attuazione delle disposizioni previste dall’art. 4, comma 5, del decreto legislativo n. 109 del 1998, gli enti presso i quali è stata presentata la dichiarazione sostitutiva rilasciano un’attestazione provvisoria riportante il contenuto della dichiarazione e gli elementi informativi necessari per il calcolo della situazione economica equivalente da parte degli enti erogatori le prestazioni agevolate richieste.

 

Art. 7

Revoca dei benefici concessi

1. Nell’ambito dei controlli di cui all’articolo 4, comma 7, del decreto legislativo n. 109 del 1998, le convenzioni da stipulare assicurano che in caso di omessa o infedele dichiarazione dei redditi gli enti erogatori conseguano idonea notizia per i provvedimenti di competenza ai fini dell’eventuale revoca dei benefici concessi.

 

 

 

 

(1) Per quanto riguarda gli anziani cronici non autosufficienti, compresi i malati di Alzheimer, pur prevedendo le leggi vigenti la gratuità della degenza, è stata da noi accettato il versamento da parte dell’utente ricoverato in RSA o altre strutture di una quota massima di 50 mila lire al giorno.

(*) Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 maggio 1999 n. 221 “Regolamento concernente le modalità attuative e gli ambiti di applicazione dei criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni agevolate”. Il decreto è stato pubblicato sul n. 161 della Gazzetta Ufficiale del 12 luglio 1999.

Precisiamo che, ai sensi dell’art. 4 del DPR 223/1989 «Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso Comune».

 

 

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