Prospettive assistenziali, n. 127, luglio-settembre 1999

 

Specchio nero

 

 

Nuove strutture Ghetto volute dalle diocesi di susa e DI torino

 

1. Riportiamo la lettera inviata il 12 maggio 1999 dal CSA al Vescovo di Susa, al Sindaco di Brozolo, all’Assessore alla sanità e all’assistenza della Regione Piemonte, nonché al Presidente ed ai Componenti della Commissione Sanità e Assistenza del Consiglio regionale piemontese, in merito alla decisione della Diocesi di Susa di ristrutturare la cascina Monardera di Brozolo (Comune avente solo 1.300 abitanti) per raggrupparvi una casa di riposo per 120 anziani, una struttura per il recupero di handicappati, una comunità per l’accoglienza di 6 minori e un ambulatorio. La spesa è prevista in 12 miliardi e mezzo.

Siamo profondamente indignati per l’iniziativa della diocesi di Susa, che ha scelto di far “rivivere la cascina Monardera”, calpestando i diritti delle persone che con la sua scelta finiranno per essere emarginate e private delle opportunità reali di vita all’interno della comunità locale. È gravissimo che si abbia il coraggio di proporre, ancora oggi, la concentrazione in nuovi ghetti, di persone che presentano bisogni e richieste profondamente diversi.

Gli anziani, è noto ormai a tutti – meno che alla diocesi di Susa – preferiscono restare a casa propria il più a lungo possibile e, quando la famiglia è disponibile e sostenuta dai servizi sanitari, vogliono anche morire nel proprio letto, benché malati e non più autosufficienti. È quindi assolutamente anacronistico proporre “una casa di riposo”.

Tuttavia, il fatto che più ci fa rabbrividire è pensare di realizzare un “complesso assistenziale flessibile” (si veda la definizione riportata nell’articolo pubblicato su La Stampa dell’11.5.99 “Una struttura d’assistenza nella cascina Monardera”), perché vi sia posto, oltre che per gli anziani, anche per giovani handicappati addirittura in grado di lavorare e, quindi, con pieno diritto ad una vita “normale” e si osi pensare di ricoverare anche sei minori.

La Chiesa parla sempre del valore della famiglia, ma la Diocesi di Susa è solo capace di proporre soluzioni che favoriscono lo sradicamento dalla propria famiglia e dal proprio ambiente di vita.

Nessun finanziamento pubblico dovrà essere erogato a questo progetto e nessuna autorizzazione a funzionare come RAF (residenza assistenziale flessibile) dovrà essere emessa dalla Regione Piemonte. Il CSA ha già da tempo paventato l’utilizzo delle strutture “flessibili” proprio come anticipazione di “contenitori” buoni per qualunque persona non in grado di difendersi e in situazione di difficoltà.

Questo è purtroppo un altro esempio, che conferma che i nostri timori erano e sono fondati.

Si chiede quindi che l’Assessorato regionale all’assistenza intervenga per far rispettare i diritti delle persone in difficoltà o malate, impedendo che siano concentrate tutte in un’unica struttura-ghetto.

Chiediamo altresì al Comune di Bruzolo di ritirare la convenzione con la Diocesi di Susa, e di utilizzare le sue risorse per favorire gli interventi a domicilio dei suoi anziani, di promuovere servizi di affidamento per i sei minori, di attivarsi per il rispetto del diritto al lavoro dei suoi cittadini handicappati con capacità lavorative, affinché siano assunti presso aziende pubbliche, private o cooperative sociali.

2. In data 25.6.1999 il CSA ha indirizzato all’Arcivescovo e all’Opera diocesana per la preservazione della fede di To­rino, all’Assessore alla sanità e assistenza della Re­gio­ne Piemonte, al Presidente ed ai Componenti della IV Com­missione del Consiglio regionale, al Presidente e al Di­rettore del Consorzio dei servizi socio-assistenziali di Chie­ri e al Direttore generale dell’ASL 8 la seguente lettera:

Abbiamo appreso dal Bollettino ufficiale della Regione Piemonte, supplemento al n. 24 del 16 giugno u.s., che è stato approvato il progetto definitivo dei lavori di ristrutturazione dell’immobile “Eremo dei Camaldolesi” dell’Ente Opera diocesana di Torino, per destinarlo a RA (residenza assistenziale per anziani autosufficienti), RAF (residenza assistenziale flessibile per anziani parzialmente non autosufficienti), RSA (residenza sanitaria assistenziale) per anziani malati cronici non autosufficienti.

Come abbiamo già più volte in questi anni denunciato, si tratta di una emarginazione inaccettabile degli anziani che vi saranno ricoverati allo scopo evidente di salvaguardare il tornaconto economico del proprietario dell’Eremo. Inoltre, recuperare l’Eremo significherebbe legalizzare le gravi irregolarità edilizie compiute dalla Curia di Torino con la costruzione di ben 5.700 metri quadrati in più di quelli concessi dalla licenza edilizia.

L’ex ospedale sorge in una zona scomodissima per i torinesi e non facilmente accessibile per gli abitanti del Consorzio del Chierese. Con gli enormi costi di ristrutturazione (circa 10 miliardi) si possono realizzare – se necessarie – piccole RSA nel territorio dell’ASL 8 facilmente raggiungibili dai familiari degli anziani malati cronici non autosufficienti.

Assolutamente contraria al rispetto dei bisogni degli anziani è anche la programmazione di RA, residenze assistenziali (già case di riposo) e di RAF (residenze assistenziali flessibili).

Le prime, fortunatamente non sono richieste dagli anziani che, fin che possono, restano al proprio domicilio. È dunque obbligo degli Enti locali adoperarsi perché siano invece assicurati gli interventi domiciliari alternativi al ricovero e destinare a tali servizi le risorse disponibili, anziché sprecarle nella costruzione di “case di riposo”.

Per quanto riguarda invece le RAF, auspichiamo che siano abolite dalla nuova delibera che la Regione, assessorato alla sanità, dovrebbe approvare il più in fretta possibile, per porre fine ad una situazione che ha ampiamente dimostrato che non esistono anziani malati cronici non autosufficienti che non abbiano bisogno di cure e prestazioni medico-infermieristiche diverse da quelle previste per le RSA, residenze sanitarie assistenziali.

Anche in questo campo, tuttavia, ricordiamo che, anziché finanziarie la ristrutturazione dell’Eremo di  Pecetto – struttura del tutto inadeguata per i bisogni dei cittadini – la Regione, assessorato alla sanità, potrebbe investire nell’aumento della quantità e qualità dei servizi sanitari domiciliari e dei centri diurni per malati di Alzheimer e altre demenze.

Mentre confidiamo che il Presidente e il Direttore del Consorzio chierese e il Direttore dell’ASL intervengano per chiarire che non utilizzeranno mai tale struttura per i loro cittadini anziani, preferendo soluzioni che rispettino il loro diritto a permanere il più possibile nel proprio ambiente, consigliamo al limite di destinare l’Eremo al ricovero dei religiosi anziani.

 

 

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