Prospettive assistenziali, n. 124, ottobre-dicembre 1998

 

 

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CHIESTO IL RISPETTO DELL'ACCORDO COLLETTIVO DEI MEDICI DI MEDICINA GENERALE PER GLI ANZIANI RICOVERATI IN RSA

 

Nel numero scorso avevamo riferito in merito alla polemica CSA - Medici di medicina generale sulle cure sanitarie per i degenti nelle RSA.

AI riguardo riportiamo l'interrogazione presentata il 2 luglio 1998 dal Sen. Natale Ripamonti al Ministro della sanità.

«Premesso che l'accordo collettivo dei medici di medicina generale riconosce al cittadino la libertà di scegliere il proprio medico di famiglia;

«da FIMMG (Federazione italiana medici medicina generale) di Torino con i suoi atti sembrerebbe pre­tendere di voler congelare tale diritto di scelta quan­do il paziente anziano cronico non autosufficiente viene ricoverato in una Residenza sanitaria assi­stenziale (RSA) e tale situazione è stata segnalata in particolare presso la RSA di Via Spalato 14 a Torino, dove ciascuno dei 68 pazienti è stato ille­galmente costretto a scegliere uno dei quattro medici di medicina generale convenzionati con l’'USL;

«inoltre, la FIMMG di Torino tende a voler dimo­strare agli utenti ed ai gruppi di volontariato che l'or­ganizzazione necessaria in una RSA è analoga a quella del singolo malato curato in casa senza dare l'impressione di tenere conto che una RSA è in realtà una struttura che ricovera anche 60-120 pazienti gravemente malati con una media di 2-3 patologie per ciascun soggetto;

«la presenza di un medico coordinatore a tempo pieno nelle RSA di 40-120 posti è validissima, ma non sufficiente a garantire una adeguata organizza­zione delle cure, nonostante ciò la FIMMG di Torino affermerebbe che nelle RSA sono sufficienti le pre­stazioni del medico di base;

«in riferimento a ciò, sembrerebbe che presso la RSA di Via Spalato a Torino non c'è nessuna copertura medica di notte e durante le 48 ore del sabato e della domenica e così durante il ponte del 1 ° maggio per tre giorni i pazienti non hanno potu­to farsi visitare dai medici loro imposti dalla USL;

«quando i medici non sono presenti o reperibili, conseguentemente, c'è un deleterio ricorso al Pronto Soccorso e ne consegue che i pazienti, già in gravi condizioni di salute, sono sballottati dalla RSA al Pronto Soccorso;

«si chiede di sapere:

«se si sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, relativi al non rispetto dei diritti dei malati anziani ricoverati in RSA da parte della FIMMG di Torino e la realtà specifica della RSA di Via Spalato a Torino;

«se non si ritenga di dover intervenire per garan­tire, a Torino e in tutte le situazioni analoghe esi­stenti sul territorio nazionale, il pieno rispetto dei diritti dei malati anziani riconoscendo loro la possi­bilità di scegliere liberamente il proprio medico curante e garantendo una adeguata organizzazione delle cure sanitarie eventualmente incrementando il personale medico nella RSA;

«quali misure si prevedono per garantire una effi­cace azione di prevenzione di situazioni gravemen­te lesive dei diritti dei malati ed in generale dei dirit­ti costituzionali dei cittadini malati».

 

 

UNA SCONCERTANTE INTESA FRA IL TRIBUNALE PER I MINORENNI E IL COMUNE DI ROMA

 

Solo nelle scorse settimane siamo venuti in pos­sesso dell'intesa sottoscritta in data 21 marzo 1997 dal Tribunale per i minorenni e dal Comune di Roma, nonché dall'Unione delle comunità di tipo familiare e dagli istituti educativo-assistenziali per i minori.

In primo luogo, non si può fare a meno di rilevare con molto sconcerto che le comunità di tipo familia­re sono messe sullo stesso piano degli istituti di ricovero. Infatti per le due strutture sono previste norme identiche: non è nemmeno ricordata la priorità dell'accoglienza in comunità alloggio e l'uti­lizzo degli istituti solamente quando non è attuabile la soluzione precedentemente indicata.

In secondo luogo, l'intesa non tiene conto delle disposizioni contenute nella legge 4 maggio 1983 n. 184 in base alle quali occorre che gli interventi siano prioritariamente rivolti al sostegno del nucleo di origine del minore; successivamente vanno valu­tate le possibilità di affidamento ad una famiglia o ad una persona singola o ad una comunità di tipo familiare.

Infine l'intesa ,non rispetta la norma della legge 184/1983 che stabilisce quanto segue: «Ove non sia possibile un conveniente affidamento familiare, è consentito il ricovero del minore in istituto di assi­stenza pubblico o privato, da realizzare di preferen­za nell'ambito della regione di residenza del minore stesso».

Perché non sono state rispettate le suddette disposizioni?

Perché non è stata specificata la capienza massi­ma delle comunità di tipo familiare?

Per quale motivo nell'intesa non c'è alcun riferi­mento alla localizzazione delle comunità alloggio e degli istituti al fine di facilitare - ovviamente quando non vi sono controindicazioni da parte del giudice minorile - i rapporti del minore con i suoi genitori e, se possibile, la prosecuzione della frequenza delle strutture sociali, ad esempio della scuola?

 

 

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