Prospettive assistenziali, n. 123, luglio-settembre 1998

 

 

Interrogativi

 

 

PERCHÉ IL DOCUMENTO "LA SCUOLA CATTOLICA ALLE SOGLIE DEL TERZO MILLENNIO" IGNORA GLI HANDICAPPATI?

 

Nel n. 120 di Prospettive assistenziali avevamo rilevato con profonda amarezza che, in occasione dell'Assemblea ecclesiale regionale svoltasi a Torino il 12 ottobre 1997, i Vescovi piemontesi e della Valle d'Aosta, come risulta dal documento appositamente elaborato dagli stessi «a conclusio­ne di due anni di riflessione sulla realtà del Piemonte, sulla crisi che sta vivendo, sulle sue pro­blematiche e sul suo futuro possibile», si sono com­pletamente dimenticati delle persone con handicap.

Nemmeno una parola era stata rivolta al proble­ma del loro inserimento lavorativo, nonostante che nei confronti di questi soggetti l'attuale crisi econo­mica e sociale produca effetti ancora più devastan­ti di quelli provocati ai cittadini non colpiti da mino­razioni.

Ora, dobbiamo purtroppo constatare che analoga dimenticanza è stata compiuta nel lungo documen­to "La scuola cattolica alle soglie del terzo millen­nio", datato 27 dicembre 1997 e redatto dalla Congregazione per l'educazione cattolica.

L'omissione è particolarmente grave e preoccu­pante, in quanto gli alunni con handicap sono circa il 2% della popolazione scolastica e quindi in una percentuale non trascurabile nemmeno sotto il pro­filo quantitativo.

D'altra parte, l'inserimento scolastico degli allievi con handicap (e di quelli con problemi di disadatta­mento o disturbati sul piano psichico) è una delle cartine di tornasole utile per verificare l'attendibilità dell'affermazione contenuta nel documento in oggetto secondo cui la scuola cattolica è «un luogo di educazione integrale della persona attraverso un chiaro progetto educativo che ha il suo fondamento in Cristo; la sua identità ecclesiale e culturale, la sua missione di carità educativa; il suo servizio sociale, lo stile educativo che deve caratterizzare la sua comunità educante».

Purtroppo, oggi è ancora vero ciò che Salvatore Nocera, consigliere nazionale del Movimento apo­stolico ciechi, aveva denunciato alla VII Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli operatori sul tema "Le vostre mem­bra sono il corpo di Cristo - Le persone handicap­pate nella società", svoltosi a Roma il 19, 20 e 21 novembre 1992 e cioè che «purtroppo si constata che ancora molte scuole cattoliche rifiutano la fre­quenza ad alunni con handicap, invitando i genitori a iscriverli negli istituti speciali nei quali, pur con le

migliori prestazioni professionali, i bambini e i gio­vani perdono la ricchezza degli scambi relazionali con compagni non handicappati e vengono posti in un circuito di emarginazione che li escluderà dall'in­serimento sociale»?

 

 

PER QUALI MOTIVI LUCIANO PAVAROTTI VUOLE CREARE UN ISTITUTO IN LIBERIA?

 

Luciano Pavarotti ha dedicato il concerto, svoltosi a Modena il 9 giugno 1998 e trasmesso in diretta da TG1, alla costruzione in Liberia di un istituto per l'in­fanzia.

Ma si rende conto il Maestro delle conseguenze in Italia e all'estero della sua iniziativa? Da chi è stato così malamente consigliato?

Ancora una volta ripetiamo quanto è noto da oltre cinquant'anni agli esperti ed ai cittadini che si occu­pano dell'infanzia in difficoltà.

Le ricerche scientifiche dimostrano senza ombra di dubbio che il ricovero in istituto è sempre negati­vo per i bambini: le carenze si manifestano (salvo rarissime eccezioni) costantemente: I"`io" dei fan­ciulli istituzionalizzati si rinchiude sempre di più e diventa indifferente agli stimoli esterni.

Spesso è difficile distinguere fra un bambino sof­ferente per la mancanza di cure familiari ed il con­seguente ricovero in istituto di assistenza e un fan­ciullo colpito da handicap intellettivo.

Le nefaste conseguenze sui minori istituzionaliz­zati non compaiono solamente sullo sviluppo psi­chico, ma anche su quello fisico; spesso sono altre­sì rilevanti sul piano relazionale: numerose e gravi sono le manifestazioni antisociali delle persone che hanno trascorso in istituto una parte della loro infan­zia o della loro fanciullezza.

Lo sa Luciano Pavarotti che, per aiutare vera­mente i minori in difficoltà, negli ultimi decenni sono stati sperimentati idonei interventi alternativi al rico­vero, quali l'aiuto psico-sociale alle famiglie d'origi­ne, l'affidamento familiare, l'adozione nei casi di pri­vazione totale delle cure materiali e morali da parte dei genitori?

È stato informato sulla validità delle comunità alloggio di tipo familiare aventi al massimo 8-10 posti?

In Italia ci sono ancora 30-40 mila minori ricove­rati in istituto: chiediamo a Luciano Pavarotti un aiuto (non economico) per sottrarli all'attuale dele­teria emarginazione e per inserirli nel vivo del con­testo sociale.

 

 

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