Prospettive assistenziali, n. 123, luglio-settembre 1998

 

 

disposizioni sul reddito minimo di inserimento

 

 

Riportiamo il testo integrale del decreto legislativo 18 giugno 1998 n. 237 “Disciplina dell’introduzione in via sperimentale, in talune aree, dell’istituto del reddito minimo di inserimento, a norma dell’articolo 59, commi 47 e 48, della legge 23 dicembre 1997, n. 449”.

 

Art. 1 (Istituto del reddito minimo di inserimento)

1. Il reddito minimo di inserimento, introdotto in via sperimentale, è una misura di contrasto della povertà e dell’esclusione sociale attraverso il sostegno delle condizioni economiche e sociali delle persone esposte al rischio della marginalità sociale ed impossibilitate a provvedere per cause psichiche, fisiche e sociali al mantenimento proprio e dei figli.

2. Il reddito minimo di inserimento è costituito da interventi volti a perseguire l’integrazione sociale e l’autonomia economica dei soggetti e delle famiglie destinatari, attraverso programmi personalizzati, e da trasferimenti monetari integrativi del reddito.

 

Art. 2 (Durata e obiettivi della sperimentazione)

1. La durata della sperimentazione non può essere superiore a due anni dalla data di effettivo avvio in ognuno dei comuni individuati ai sensi dell’articolo 4. Essa termina comunque il 31 dicembre 2000.

2. Obiettivi della sperimentazione sono:

a) verificare l’efficacia di una misura quale il reddito minimo di inserimento ai fini del superamento, in contesti differenziati, del bisogno economico e della marginalità sociale dei soggetti privi di reddito e delle persone a loro carico;

b) verificare l’idoneità e gli effetti della mobilitazione delle risorse a livello locale finalizzati all’inserimento dei soggetti deboli;

c) verificare la messa in opera degli strumenti di controllo del reddito;

d) individuare strumenti di verifica in itinere e di valutazione finale delle attività di integrazione.

 

Art. 3 (Titolarità dell’attuazione

della sperimentazione)

1. La titolarità dell’attuazione della sperimentazione, in ogni sua fase, è del comune nel cui territorio la sperimentazione stessa si svolge. Pertanto il comune:

a) definisce le modalità di presentazione della domanda, prevedendo un termine non superiore a sessanta giorni per la risposta;

b) stabilisce le modalità di verifica e di controllo successivo della sussistenza dei requisiti, nel rispetto dei principi stabiliti dal presente decreto;

c) procede al controllo e alla verifica della attuazione, con riferimento tanto agli obblighi dei beneficiari che alle responsabilità dei soggetti che cooperano per la realizzazione dei programmi di integrazione sociale;

d) individua il responsabile del programma di integrazione sociale di cui all’articolo 9;

e) riferisce al Ministro per la solidarietà sociale sulla sperimentazione e sui costi legati all’attuazione, con riferimento sia alle erogazioni monetarie che ai costi di gestione e di realizzazione dei programmi di integrazione sociale. A tal fine cura la tenuta di una adeguata documentazione, con particolare riferimento ai soggetti beneficiari, agli interventi promossi, alla loro durata, alle singole modalità di cessazione ovvero ai motivi della permanenza.

2. Il comune prevede inoltre che il servizio sociale, anche su iniziativa di enti e organizzazioni di volontariato e del privato sociale, possa provvedere d’ufficio all’inoltro della domanda, in sostituzione dei soggetti impossibilitati o incapaci a farlo.

 

Art. 4 (Modalità per l’individuazione delle aree

territoriali in cui effettuare la sperimentazione)

1. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, sentite la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e la Conferenza Stato-città e autonomie locali, sono individuati i comuni, singoli o associati, nei quali è realizzata la sperimentazione.

2. L’individuazione è effettuata tenuto conto:

a) dei livelli di povertà;

b) della diversità delle condizioni economiche, demografiche e sociali;

c) della varietà delle forme di assistenza già attuate dai comuni;

d) della necessità di una adeguata distribuzione sul territorio nazionale dei comuni che effettuano la sperimentazione, al fine di garantire la effettiva rappresentatività dell’intero territorio nazionale;

e) della disponibilità del comune a partecipare alla sperimentazione, anche con riferimento a quanto previsto all’articolo 5.

 

Art. 5 (Finanziamento)

1. Il costo della sperimentazione del reddito minimo di inserimento per la parte dei trasferimenti monetari integrativi del reddito grava per una quota non inferiore al novanta per cento sul Fondo per le politiche sociali, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo con il decreto di cui all’articolo 59, comma 46, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e fino al 10 per cento sui comuni che effettuano la sperimentazione, tenuto conto della capacità di spesa e dell’entità del bilancio comunale. Il riparto è effettuato con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, sentita la conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sulla base della valutazione dei costi del progetto presentato dal comune nei termini e con le modalità stabilite dal decreto di cui all’articolo 4, comma 1.

2. I costi di gestione relativi alla organizzazione del servizio, inclusi quelli relativi alla predisposizione e realizzazione dei programmi di integrazione sociale, sono a carico dei comuni.

 

Art. 6 (Accesso al reddito minimo di inserimento)

1. Il reddito minimo di inserimento è destinato alle persone in situazione di difficoltà ed esposte al rischio della marginalità sociale.

2. Ai fini dell’accesso al reddito minimo di inserimento i soggetti destinatari debbono essere privi di reddito ovvero con un reddito che, tenuto conto di qualsiasi emolumento a qualunque titolo percepito e da chiunque erogato, non sia superiore alla soglia di povertà stabilita in L. 500.000 mensili per una persona che vive sola. In presenza di un nucleo familiare composto da due o più persone tale soglia di reddito è determinata sulla base della scala di equivalenza allegata al presente decreto legislativo.

3. Entro i limiti delle risorse destinate alla sperimentazione, il reddito minimo di inserimento è destinato prioritariamente alle persone che hanno a carico figli minori o figli con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

4. I soggetti destinatari debbono altresì essere privi di patrimonio sia mobiliare sotto forma di titoli di Stato, azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni di investimento e depositi bancari, che immobiliare fatta eccezione per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale se posseduta a titolo di proprietà, il cui valore non può eccedere la soglia indicata dal comune.

5. Il reddito minimo di inserimento è erogato al destinatario per un anno, e può essere rinnovato previa verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi.

6. La situazione reddituale è definita dalla somma dei redditi riferiti al nucleo familiare composto dal richiedente, dalle persone con le quali convive e da quelle considerate a suo carico ai fini IRPEF. I redditi da lavoro, al netto di ogni ritenuta, sono considerati per il 75 per cento.

7. Con una dichiarazione sottoscritta a norma della legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modificazioni ed integrazioni, il richiedente attesta il possesso dei requisiti e delle condizioni per l’ammissibilità previsti dal presente decreto alla data di presentazione della domanda. Alla dichiarazione è allegata copia dell’ultima dichiarazione dei redditi, qualora presentata.

 

Art. 7 (Requisiti)

1. Possono inoltrare domanda di ammissione al reddito minimo di inserimento i soggetti indicati all’articolo 6 che alla data di entrata in vigore del presente decreto siano legalmente residenti da almeno dodici mesi, ovvero, se cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea o apolidi, da almeno tre anni, in uno dei comuni che effettuano la sperimentazione.

2. Ai soggetti in età lavorativa, non occupati ed abili al lavoro, sono richieste la disponibilità a frequentare corsi di formazione professionale e la disponibilità al lavoro, da documentare attraverso l’iscrizione all’ufficio di collocamento. Il requisito dell’iscrizione non è temporaneamente richiesto:

a) per coloro che sono impegnati in attività di recupero scolastico o di formazione professionale;

b) per coloro che attendono alla cura di figli in età inferiore a tre anni o di persone con handicap in situazione di gravità accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

c) per coloro che sono impegnati in programmi di recupero terapeutico, certificato ed incompatibile con l’attività lavorativa.

 

Art. 8 (Integrazione del reddito)

1. L’ammontare del trasferimento monetario integrativo del reddito è pari alla differenza tra la soglia di L. 500.000 mensili per l’anno 1998, di L. 510.000 mensili per l’anno 1999 e di L. 520.000 mensili per l’anno 2000 e il reddito mensile percepito, come determinato ai sensi dell’articolo 6. In presenza di un nucleo familiare composto da due o più persone la soglia è determinata sulla base delle scale di equivalenza allegate al presente decreto.

2. L’integrazione del reddito ha inizio dalla data di accoglimento della domanda. Essa non è cedibile, né sequestrabile, né pignorabile ed ai fini fiscali è equiparata alla pensione sociale di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni ed integrazioni.

3. Nel definire la prestazione, il comune opera in modo da avere le maggiori garanzie che il trasferimento monetario sia effettivamente destinato a superare le concrete situazioni di povertà. In particolare, qualora sussistano situazioni di conflitti familiari accertate dai servizi sociali, il comune può erogare la prestazione a persona diversa dal capofamiglia o da chi ha presentato la domanda, individuando, sentiti i componenti, la persona che maggiormente garantisce l’effettivo utilizzo della prestazione a beneficio di tutto il nucleo familiare.

 

Art. 9 (Interventi di integrazione sociale)

1. Gli interventi di integrazione sociale di cui all’articolo 1 hanno lo scopo di favorire il superamento dell’emarginazione dei singoli e delle famiglie attraverso la promozione delle capacità individuali e dell’autonomia economica delle persone. A tali fini il comune, entro trenta giorni dalla data di accoglimento della domanda, elabora, anche in relazione agli interventi previsti nell’ambito delle politiche attive del lavoro, i programmi di integrazione sociale personalizzati, tenendo conto delle caratteristiche personali e familiari dei soggetti e concordando con gli stessi il contenuto e gli impegni derivanti dall’attuazione del programma. Ove presente la famiglia, il programma coinvolge tutti i componenti.

2. I programmi di integrazione sociale:

a) sono orientati al recupero, alla promozione e allo sviluppo di capacità personali e alla ricostruzione di reti sociali; per i minori il programma include in primo luogo l’assolvimento dell’obbligo scolastico e successivamente la formazione professionale;

b) sono coordinati con le altre prestazioni derivanti dall’accesso ad altri servizi sociali da parte dei destinatari.

 

Art. 10 (Obblighi dei soggetti destinatari)

1. I soggetti ammessi al reddito minimo di inserimento hanno l’obbligo di:

a) comunicare tempestivamente al comune ogni variazione, anche derivante dalla mutata composizione familiare, delle condizioni di reddito e di patrimonio dichiarate al momento della presentazione della domanda e comunque confermare ogni sei mesi il persistere delle condizioni stesse. I servizi sociali assicurano l’assistenza necessaria all’adempimento dell’obbligo per i soggetti più deboli e comunque per quelli di cui all’articolo 3, comma 2;

b) rispettare gli impegni assunti con l’accettazione del programma di integrazione sociale;

c) per i soggetti di cui all’articolo 7, comma 2, accettare l’eventuale offerta di lavoro anche a tempo determinato che dovessero ricevere, nell’ambito delle disposizioni vigenti in materia di tutela del lavoro.

2. Il comune sospende o riduce, anche gradualmente e temporaneamente, le prestazioni di reddito minimo di inserimento sulla base della gravità della violazione degli obblighi e tenuto conto delle condizioni del soggetto inadempiente. La non ottemperanza dell’obbligo di cui al comma 1, lettera c), comporta la revoca della prestazione di reddito minimo di inserimento. In ogni caso il comune tiene conto delle situazioni famigliari, con particolare riferimento alla presenza dei minori.

3. I beneficiari le cui dichiarazioni risultino mendaci, oltre ad incorrere nelle sanzioni penali previste dalle leggi vigenti, sono tenuti alla restituzione delle somme indebitamente percepite, che il comune riutilizza per gli stessi fini.

 

Art. 11 (Accertamenti e verifiche)

1. Con la dichiarazione di cui all’articolo 6, comma 5, il richiedente dichiara altresì di avere conoscenza che nel caso di ammissione al reddito minimo di inserimento possono essere eseguiti controlli diretti ad accertare la veridicità delle informazioni fornite, con riferimento sia alla situazione economica che a quella familiare.

2. Il comune effettua i controlli di cui al comma 1 e provvede ad ogni adempimento conseguente alla non veridicità dei dati dichiarati. A tal fine i comuni possono avvalersi dei dati informativi a disposizione degli enti erogatori di prestazioni previdenziali e assistenziali e degli uffici del Ministero delle finanze, ai quali possono chiedere ulteriori accertamenti.

 

Art. 12 (Diritti dei soggetti)

1. I richiedenti la cui domanda non è stata accolta possono, entro trenta giorni, ricorrere al sindaco. Possono altresì ricorrere al sindaco nel medesimo termine coloro che sono incorsi in un provvedimento di decadenza o di sospensione o di riduzione del reddito minimo di inserimento. Di tale facoltà è data informazione al momento della presentazione della domanda.

2. Il sindaco, sentiti i soggetti interessati, decide entro trenta giorni dalla data di ricevimento del ricorso.

 

Art. 13 (Valutazione dell’efficacia

della sperimentazione)

1. La valutazione tecnica della sperimentazione è compiuta sia sulle modalità di svolgimento che sui risultati. A tali fini, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo e previa procedura di selezione preceduta da apposito bando, il Ministro per la solidarietà sociale affida l’incarico per la valutazione ad idoneo ente o società.

2. L’incarico ha principalmente per oggetto:

a) gli aspetti relativi alle modalità di realizzazione della sperimentazione ed i relativi costi, anche in comparazione fra i diversi contesti;

b) gli effetti del reddito minimo di inserimento con riguardo agli obiettivi, con particolare riferimento all’effettivo contrasto della povertà e dell’esclusione sociale e alla promozione dell’integrazione sociale e dell’autonomia economica delle persone e delle famiglie, in situazioni di contesto differenziate;

c) le indicazioni derivanti dalla sperimentazione, nella prospettiva di una generalizzazione dell’istituto all’intero territorio nazionale, con riferimento ai benefici, alle modalità della sua organizzazione ed ai costi.

3. Agli oneri derivanti dall’affidamento dell’incarico di valutazione è destinata una somma non superiore allo 0,3% dello stanziamento del Fondo per le politiche sociali destinato all’introduzione sperimentale del reddito minimo di inserimento per gli anni 1998, 1999 e 2000.

 

Art. 14 (Commissione di indagine sulla povertà e sull’emarginazione)

1. La commissione di indagine sulla povertà e sull’emarginazione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri esamina annualmente l’attuazione della sperimentazione sulla base dei documenti predisposti dal Dipartimento per gli affari sociali, dai comuni coinvolti e dall’ente o società incaricato della valutazione ed esprime pareri e suggerimenti.

2. La commissione inoltre, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, cura la specificazione degli obiettivi di valutazione, di cui all’articolo 13, comma 2.

3. Per lo svolgimento dei compiti indicati ai commi 1 e 2, la commissione di indagine sulla povertà e sull’emarginazione è affiancata da una commissione nominata dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, composta da dieci esperti, cinque dei quali designati dai rappresentanti delle regioni e cinque designati dai rappresentanti dei comuni.

 

Art. 15 (Relazione al Parlamento)

1. Il Ministro per la solidarietà sociale, entro il 30 giugno 2001, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le organizzazioni sindacali, presenta al Parlamento una relazione sull’attuazione della sperimentazione e sui risultati conseguiti.

 

 

Allegato

La scala di equivalenza:

Numero dei componenti                           Parametro

1 .............................................................       1,00

2 .............................................................       1,57

3 .............................................................       2,04

4 .............................................................       2,46

5 .............................................................       2,85

Maggiorazione di 0,35 per ogni ulteriore componente.

Maggiorazione di 0,2 in caso di assenza del coniuge e presenza di figli minori.

Maggiorazione di 0,5 per ogni componente con handicap di cui all’art. 3, comma 3, della legge n. 104/1992 o di invalidità superiore al 66%.

Maggiorazione di 0,2 per nuclei familiari con i figli minori in cui entrambi i genitori svolgano attività di lavoro o di impresa.

 

 

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