Prospettive assistenziali, n. 123, luglio-settembre 1998

 

 

COME ABBIAMO PROCURATO UN RICOVERO D’EMERGENZA A UN NOSTRO CONGIUNTO COLPITO DA GRAVE HANDICAP INTELLETTIVO

 

Nello scorso numero di Prospettive assistenziali abbiamo riferito in merito all’esperienza dei familiari della signora C.M. che, con la consulenza dell’ASVAP di Como e del CSA di Torino, hanno ottenuto dall’Azienda USL di Lecco la degenza gratuita della loro congiunta, affetta da una seria malattia mentale non curabile a domicilio (1).

Presentiamo ora il resoconto delle iniziative assunte da A.D. e G.D., con l’appoggio dell’UTIM (Unione per la tutela degli insufficienti mentali) e del CSA di Torino, iniziative che avevano l’obiettivo di ottenere una sistemazione d’emergenza per P.D., figlio di A.D. (che esercita anche le funzioni di tutore) e fratello di G.D.

Ancora una volta, è stato confermato che i Comuni sono obbligati a provvedere al ricovero dei cittadini colpiti da handicap intellettivo quando, a causa della loro limitata o nulla autonomia, devono essere assistiti.

 

Le esperienze di A.D. e G.D.

1. In data 29 gennaio 1998 A.D. tramite fax invia al CISA, Consorzio intercomunale socio-assistenziale dei Comuni di Candiolo, Nichelino, None e Vinovo, la seguente lettera: «Io sottoscritto A.D., residente in ......, Via ......, n. ..., padre, nonché tutore, di P.D. con me unico convivente, avendo la necessità di essere ricoverato in ospedale per le gravi condizioni di salute in cui verso, chiedo urgentemente il ricovero di mio figlio nella comunità alloggio».

2. Non avendo ricevuto risposta, A.D. scrive nuovamente al CISA il 2 febbraio 1998 nei seguenti termini: «Questa mia a seguito della precedente datata 29 gennaio 1998. Si fa presente che, nonostante l’urgenza manifestata con la precedente lettera, a tutt’oggi non ho avuto alcuna risposta da parte vostra in merito alla mia richiesta di ricovero di mio figlio P.D. nella comunità alloggio. Ciononostante, viste le necessità di cure urgentissime, sono già stato ricoverato presso una casa di cura e faccio presente che momentaneamente l’altro mio figlio G.D. si è fatto carico di assistere P.D. pur non avendo alcun dovere di farlo. Sollecito dunque una risposta (scritta) in merito alla richiesta avanzata».

3. In data 10 febbraio 1998 interviene l’UTIM, Unione per la tutela degli insufficienti mentali, che invia al Presidente e al Direttore del CISA il seguente fax: «Codesta associazione ha ricevuto segnalazione del caso del sig. A.D., residente in ..., Via ..., n. ..., padre, nonché tutore, di P.D. Il sig. A.D., vista la necessità di un proprio ricovero in ospedale, in data 29.01.98 ha fatto presso di voi richiesta scritta di un urgente ricovero nella Comunità alloggio del proprio figlio (unico convivente) P.D.

«A tutt’oggi, 10.02.98, nonostante il sig. A.D. abbia comunque dovuto essere ricoverato, viste le sue gravi condizioni di salute; nonostante un ulteriore fax pregando una risposta sollecita; nonostante che l’altro figlio G.D., pur non avendo alcun obbligo, si sia fatto carico di assistere momentaneamente il fratello P.D., non c’è stata la benché minima risposta da parte vostra.

«Questo atteggiamento ci appare inverosimile e vergognoso oltretutto da parte dell’Ente pubblico preposto a dare il servizio di cui sopra richiesto.

«Chiediamo urgentemente, a breve giro di ore, una risposta in merito».

4. Non essendo pervenuta alcuna risposta, l’UTIM spedisce il giorno dopo il seguente fax urgentissimo: «Privi di riscontro al nostro fax del 10.2.98 col quale chiediamo di farVi carico con urgenza della sistemazione della persona in oggetto, Vi informiamo che, qualora la situazione non venga definita entro la giornata odierna, consiglieremo al nostro associato di ricorrere alla Pubblica sicurezza ai sensi degli articoli 154 e 155 del testo unico dando la più ampia diffusione al fatto» (2).

5. Il giorno successivo, il CISA invia all’UTIM e al sig. A.D. la seguente lettera: «Lo scrivente servizio ha esaminato la situazione della comunità di Via Amendola; in questo momento detta struttura non consente un ulteriore inserimento. Pertanto una soluzione, in considerazione del soggetto disabile, già seguito presso il domicilio del padre e sostenuto da contributo dello scrivente servizio, si ritiene possa essere nell’attesa di soluzioni alternative, perseguita. Detta soluzione è da intendersi ovviamente, di emergenza, in attesa di struttura idonea che si renda disponibile ad ospitare il soggetto: il Servizio sociale dello scrivente Ente si è attivato in tal senso e confida di poter addivenire ad una proposta soddisfacente e funzionale».

6. Nella stessa giornata il CISA informa telefonicamente il sig. G.D. che il giorno seguente gli educatori della suddetta comunità l’avrebbero contattato per decidere sulle modalità del ricovero.

Sabato 14 e domenica 15 febbraio nessuno si fa vivo.

Nella prima mattinata di lunedì 16 febbraio G.D. telefona al CISA per chiedere spiegazioni. Gli rispondono che è stato individuato un posto in una comunità alloggio di un comune posto a 20 km. da Nichelino e che ci sono due nodi da sciogliere: in primo luogo, per essere accolto, A.D. deve continuare a frequentare il centro diurno di Nichelino, problema che viene risolto nello stesso giorno, garantendo altresì il trasporto giornaliero dalla comunità alloggio a Nichelino e viceversa con oneri a carico del CISA.

Un altro problema riguarda la richiesta avanzata dagli operatori della comunità alloggio di Collegno di accettare l’utente – come da prassi consolidata – solo dopo averlo conosciuto direttamente.

7. L’incontro fra P.D. e gli operatori della comunità alloggio ha luogo il 18 febbraio pomeriggio e l’inserimento si realizza il giorno successivo e cioè giovedì 19 febbraio 1998.

In totale sono stati necessari 21 giorni! (3).

 

Alcune considerazioni sul “Dopo di noi”

Com’è noto, rilevanti sono gli oneri economici per l’istituzione di una Comunità alloggio. Per una struttura di 8 posti si può calcolare che, mediamente, essi ammontino a L. 500 milioni (acquisto dei locali, loro adattamento, mobili, ecc.).

Ma – e questo è il problema di fondamentale importanza – i costi gestionali sono ancora più gravosi. Calcolando una retta di 250 mila al giorno (che è quella praticata a Torino dalle cooperative convenzionate con il Comune di Torino), si arriva a ben 730 milioni all’anno!

Dunque, la preoccupazione maggiore non è quella, pur considerevole, del denaro occorrente per la creazione della comunità alloggio, ma una attenzione particolarissima deve essere rivolta alle spese di gestione.

Al riguardo non comprendiamo per quali motivi l’ANFFAS, le associazioni di difesa dei diritti degli handicappati, i gruppi di volontariato e le altre organizzazioni sociali e culturali, non abbiano finora accolto l’invito nostro e dell’UTIM di promuovere una campagna «diretta ad ottenere dai Comuni singoli o associati la creazione di comunità alloggio aventi al massimo 10 posti, inserite in modo sparso nel normale contesto abitativo per tutte le persone con handicap minorenni o adulte che necessitano di questa modalità di intervento» (4).

Sono forse in grado di sostenere di tasca loro gli oneri sopra indicati?

 

 

 

(1) Cfr. “Ottenuto il rispetto delle leggi sulla degenza gratuita dei malati psichiatrici”, Prospettive assistenziali, n. 121, gennaio-marzo 1998.

(2) L’art. 154 dell’ancora vigente regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 “Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza” stabilisce quanto segue: «Le persone riconosciute dalle autorità locale di pubblica sicurezza inabili a qualsiasi proficuo lavoro e che non abbiano mezzi di sussistenza né parenti tenuti per legge agli alimenti e in condizioni di poterli prestare sono proposte dal prefetto, quando non sia possibile provvedere con la pubblica beneficenza, al Ministro dell’interno per il ricovero in un istituto di assistenza o beneficenza del luogo o di altro Comune.

«Il Ministro può autorizzare il prefetto a disporre il ricovero dell’inabile in un istituto di assistenza o beneficenza.

«Per il rimborso delle spese di ricovero si applicano le norme stabilite per il domicilio di soccorso.

«Quando il Comune e le istituzioni pubbliche di assistenza o beneficenza del domicilio di soccorso non sono in condizioni di provvedere in tutto o in parte, le spese sono in tutto o in parte a carico dello Stato».

«A sua volta l’art. 155 recita: «I congiunti di un mendicante inabile al lavoro e privo di mezzi di sussistenza, tenuti per legge agli alimenti e in condizioni di poterli prestare, sono diffidati dall’autorità locale di pubblica sicurezza ad adempiere al loro obbligo.

«Decorso il termine all’uopo stabilito nella diffida, l’inabile al lavoro è ammesso di diritto al beneficio del gratuito patrocinio per promuovere il giudizio per gli alimenti».

Si tenga presente che ai sensi dell’art. 2 dell’ancora vigente regio decreto 19 novembre 1889 n. 6535: «Sono considerate come inabili a qualsiasi lavoro proficuo le persone dell’uno e dell’altro sesso, le quali per infermità cronica o per insanabili difetti fisici o intellettuali non possono procacciarsi il modo di sussistenza.

La legge ritiene come inabili i fanciulli che non hanno compiuto i dodici anni» (ora quindici anni).

(3) Segnaliamo che G.D. si è anche rivolto ai Difensori civici della Regione Piemonte e della Provincia di Torino.

(4) Cfr. «L’ANFFAS, le leggi vigenti e il “Dopo di noi”», Prospettive assistenziali, n. 115, luglio-settembre 1996.

 

 

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