Prospettive assistenziali, n. 123, luglio-settembre 1998

 

 

Libri

 

 

PATRIZIA TACCANI, SERGIO TRAMMA, ANTONIA BARBIERI DOTTI, Gli anziani nelle strutture residenziali, La Nuova Scientifica, Roma, 1997, L. 26.000

Un altro volume, purtroppo, in cui non si riconosce la realtà delle cose e cioè che gli anziani malati cronici non autosufficienti sono persone malate che, non solo in quanto tali, ma anche in base alle norme vigenti e ad un fondamentale concetto di giustizia, hanno il diritto di essere curate secondo le modalità previste per tutti i cittadini malati. Ne deriva che la competenza è del Servizio sanitario nazionale, e non dell’assistenza sociale.

Per poter giustificare l’emarginazione degli anziani malati cronici non autosufficienti, è stato inventato (non vi sono leggi al riguardo) il cosiddetto settore socio-sanitario, fra l’altro dichiarato illegittimo dalla Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 10150 del 1996, settore in cui gli interventi sono gestiti dall’assistenza sociale con un supporto sanitario molto spesso insufficiente. Le condizioni di vita degli utenti di queste strutture di ricovero sono sovente scadenti, com’è dimostrato – fra l’altro – da numerose sentenze penali concernenti soprattutto maltrattamenti e violenze.

Per sostenere la competenza del settore socio-sanitario, gli Autori si richiamano alla inscindibilità (mai dimostrata) degli interventi sanitari e assistenziali.

Ammesso e non concesso che, per curare in modo adeguato gli anziani cronici non autosufficienti, non si possono separare gli interventi sanitari da quelli assistenziali, non si comprendono i motivi in base ai quali questa richiesta non sia avanzata per tutti gli altri malati, a cominciare dai bambini.

Inoltre, non si capisce perché l’auspicata integrazione non debba essere attuata considerando come principale la competenza del Servizio sanitario nazionale (a cui sono attualmente attribuiti i due terzi degli oneri) e come sussidiaria quelle dell’assistenza.

In questo modo verrebbero confermati i positivi diritti esigibili previsti dalle leggi sanitarie e si eliminerebbe la deleteria discrezionalità dell’assistenza, di cui le liste di attesa, anche di 3-4 anni per il ricovero in RSA, sono la triste conferma.

Ma, per realizzare il diritto alle cure sanitarie degli anziani cronici non autosufficienti secondo le forme praticate per tutti i soggetti (giovani, adulti e anziani) aventi le stesse patologie, occorre in primo luogo riconoscere pari dignità alle persone con malattie guaribili e ai soggetti con patologie invalidanti.

Infine, riteniamo che l’umanizzazione degli interventi sanitari non si ottenga demandandone le prestazioni al settore assistenziale, come sostengono gli Autori; occorre, invece, responsabilizzare tutti gli operatori pubblici e privati della sanità (e degli altri campi d’intervento) affinché assumano personalmente le valenze sociali che, fra l’altro, sono sempre inscindibilmente connesse con le attività di cura e di riabilitazione.

 

 

 

PIERRE CARNITI, Noi vivremo del lavoro..., Edizioni Lavoro, Roma, 1997, pp. 166, L. 15.000

Il libro offre interessanti spunti sulla drammatica mancanza di lavoro che investe tutta l’Europa.

Sono analizzati sia i diversi rimedi che di volta in volta vengono suggeriti (incentivi, sgravi, flessibilità, deregolamentazione...), sia gli aspetti negativi del lavoro nero e del doppio-triplo lavoro, ma ancora una volta non una parola è spesa per denunciare la disoccupazione che colpisce i giovani con handicap in grado di lavorare.

Anche il fenomeno “America” viene ridimensionato da Carniti, che rileva come negli Stati Uniti i milioni di posti di lavoro realizzati siano per la maggior parte precari o part-time, per cui si registra un aumento rilevante di poveri e delle disuguaglianze sociali.

L’Autore, preoccupato di sostenere la bontà del nostro sistema sociale, anche se non nega la necessità di cure (ad esempio nel settore delle pensioni), lancia alcune possibili strade percorribili in difesa del modello europeo toccando il nodo della riduzione dell’orario di lavoro e del potenziamento del “lavoro sociale”.

Carniti ritiene inderogabile il ruolo dello Stato per la tutela degli interessi della collettività (ambiente, istruzione, valorizzazione del patrimonio culturale, servizi sociali...), ma non esclude che lo Stato si avvalga della collaborazione di soggetti appartenenti alle imprese sociali (cooperative, associazioni...). Sono settori vitali dello Stato che – ad avviso dell’Autore – hanno aperto una nuova frontiera tanto sul fronte dell’occupazione che della qualità sociale delle risposte in termini di servizi offerti.

Anche i dati confermano che il “terzo sistema” tende ad espandersi e proprio per questo Carniti affronta la questione urgente della sua regolamentazione, in particolare la definizione degli ambiti e delle modalità di finanziamento e l’individuazione degli obiettivi.

 

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