Prospettive assistenziali, n. 121, gennaio-marzo 1998

 

 

ESPERIENZE DI ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE DA ALLOGGI E CASE DI ABITAZIONE

EUGENIA MONZEGLIO (*)

 

 

 

«Si può aiutare Mirko a ritrovare il sorriso», «Prigioniero del male della burocrazia» e «lo, murato vivo in casa»: sono i titoli che recentemente hanno illustrato i casi di due persone (un ragazzo di 13 anni con sindrome di tetraparesi spastica ed un adulto di 40 anni colpito da sclerosi multipla) che a causa della presenza di grosse barriere architettoniche, non possono condurre un’accettabile e dignitosa esistenza dovendo in tutto dipendere dall’aiuto altrui per poter uscire di casa.

La presenza di barriere fisiche (mancanza di ascensore) nei due casi sopra citati, impedisce l’esercizio di normali attività, cui ogni persona ha diritto e, nella fattispecie, determina l’impossibilità di seguire corsi di studio, di svolgere attività lavorative, di effettuare interventi riabilitativi, di partecipare ad attività ricreative, culturali e sociali in generale, di mantenere e sviluppare i rapporti interpersonali.

È evidente che la disponibilità di una casa, e di una casa adatta alle necessità delle persone con limitazioni fisiche, sensoriali, intellettive e pertanto accessibile, usufruibile, confortevole, è un elemento di fondo per la qualità della vita. Inoltre per le persone con disabilità o per gli anziani con problemi di ridotta autosufficienza e con compromissione delle capacità funzionali, la casa costituisce uno strumento indispensabile per prevenire il bisogno assistenziale ed il ricorso al ricovero in istituto.

La possibilità di vivere a casa propria, dotandola di tutti gli elementi necessari (attrezzature, ausili, impianti) per l’autonomia della persona e sopprimendo gli elementi di ostacolo (barriere architettoniche), serve anche a confutare un “luogo comune” e cioè che il ricorso all’istituzionalizzazione sia un’esigenza tecnica indispensabile per far fronte a situazioni di grave disabilità e di dipendenza.

Il sopraggiungere di gravi malattie, la perdita dell’autosufficienza, le limitazioni funzionali non devono essere motivazioni sufficienti a giustificare l’abbandono della propria casa e il ricovero in strutture assistenziali: anzi la casa diventa un luogo estremamente importante (anche sotto il profilo simbolico e affettivo) per l’anziano, il malato, il disabile.

Una delle azioni utili a garantire la permanenza nella propria casa è quella relativa ad interventi di adattamento della propria abitazione, sia questa di proprietà pubblica sia privata, e di abolizione delle barriere architettoniche. Tale tipo di interventi, indubbiamente indispensabile per chi ha problemi di disabilità, specie motoria, può risultare molto utile per prolungare la permanenza a casa dell’anziano malato cronico non autosufficiente e agevolando gli interventi sanitari a casa, ivi compresi quelli riabilitativi, e la spedalizzazione a domicilio.

Di seguito si riporta brevemente una serie di “casi” riferiti ad opere eseguite in alloggi nei quali vive una persona disabile. Il “campione” presentato è stato scelto tenendo conto di:

a) pluralità di modalità di convivenza:

- disabile in famiglia tradizionale, genitori e figlioli;

- più persone disabili conviventi;

- disabile da solo (famiglia monopersonale);

 b) diversi titoli di godimento dell’alloggio;

 c) diverse tipologie di alloggio (alloggio in edificio pluripiano, casa isolata unifamiliare);

 d) varietà di interventi effettuati nell’alloggio o nelle parti comuni dell’edificio.

Sembra importante non trascurare il problema, di certo non irrilevante, della convivenza della persona disabile con le altre persone del proprio nucleo familiare: infatti le opere fatte nell’alloggio devono tener presente le esigenze di tutti quanti in modo che l’alloggio sia fruibile e confortevole per tutti. Ad esempio, la soppressione del bidet nel locale dei servizi igienici può, in taluni casi, favorire l’accostamento al vaso della persona che usa la carrozzina, ma nel contempo può “danneggiare” gli altri componenti del nucleo familiare. Occorre quindi studiare la soluzione di equilibrio, che agevoli chi è più debole, senza però trascurare o sottovalutare le esigenze dei familiari.

 

Alcuni interventi attuati

1. Giovanna entra nell’alloggio assegnatole, situato al piano rialzato, attraverso un elevatore esterno, che mette in comunicazione la loggia della cucina con il marciapiede che circonda l’edificio. Per contenere l’ingombro dell’elevatore e per non intralciare il percorso esterno, che conduce a un livello parzialmente interrato dove si trovano le cantine dell’edificio, l’elevatore è stato studiato in modo tale da muoversi sia sul piano orizzontale sia su quello verticale. Infatti in posizione da fermo si sovrappone alla soletta della loggia, il cui lato esterno verso il vuoto è parzialmente delimitato dall’elemento verticale di protezione dell’elevatore, che in tal modo funge anche da parapetto della loggia (ringhiera formata da elementi verticali in ferro).

Quando Giovanna vuole uscire di casa, aziona, mediante telecomando, la piattaforma dell’elevatore che si sposta sul piano orizzontale fuori dalla soletta della loggia e successivamente si muove verticalmente per superare il dislivello tra loggia e marciapiede esterno.

2. Giovanni ha effettuato un intervento analogo: inserimento di un elevatore esterno (dotato di cabina chiusa e protetto dalle intemperie), che mette in comunicazione l’alloggio al piano rialzato con il percorso esterno che circonda l’edificio; l’intervento è necessario per permettere un buon livello di autonomia al figlio di Giovanni che si sposta usando una carrozzina.

In questo caso l’elevatore si muove solo verticalmente e dal piano strada consente di raggiungere il balcone, che è libero su due lati, mentre la loggia del caso precedente è uno spazio aperto ma “incassato” ovvero delimitato entro tre pareti.

3. Elena vive in un alloggio di edilizia privata,    situato al 5° piano: in esso ha effettuato alcune piccole modifiche interne, in quanto complessivamente sia le caratteristiche dell’alloggio sia quelle dell’edificio (ingresso, ascensore) garantiscono già una buona accessibilità.

Le modifiche edilizie (a parte quelle relative ad elementi di arredo come quelli della cucina) riguardano: l’inserimento di un sollevatore a soffitto, dotato di un’imbragatura avvolgente, installato nel locale bagno per permettere di entrare e di uscire dalla vasca in modo autonomo e con un buon livello di sicurezza e la sostituzione di alcune porte a battente (quelle della cucina, del servizio igienico, del ripostiglio) con porte a scorrimento laterale, che permettono dì risparmiare spazio in ambienti di dimensione ridotta e di contenere la quantità di movimenti necessari per l’accostamento alla porta e alla conseguente apertura e chiusura.

4. Vanni vive con moglie e figlio in una casa rurale unifamiliare di fine Ottocento. La casa si sviluppa su due livelli, il piano inferiore è collegato a quello superiore mediante una ripida scala ad un’unica rampa. Gli interventi riguardano l’inserimento di un servoscala, costituito da pedana montacarrozzella e, poiché la malattia - la sclerosi multipla - gli lascia scarsissima autonomia nei movimenti, è stato necessario dotare la casa di una serie di sollevatori-traslatori per il trasferimento dalla carrozzina al letto, agli apparecchi sanitari e viceversa.

5. Piercarlo ha effettuato alcuni interventi sia nell’alloggio (apertura della porta con telecomando) sia nelle parti comuni dell’edificio (chiamata ascensore con comando a distanza per evitare di dover azionare manualmente la bottoniera). Tali opere sono necessarie per venire incontro alle difficoltà motorie agli arti inferiori, che impongono l’uso della carrozzina elettrica, ed all’impossibilità di muovere con agilità gli arti superiori.

6. Roberto e Piero vivono in un alloggio al 1° piano di uno stabile IACP (Istituto Autonomo Case Popolari ora Agenzia territoriale per la casa), nel quale sono state apportate lievi modifiche edilizie (sostegni per usare il vaso nel locale dei servizi igienici), ma è stata curata la scelta dell’arredo, specie nel locale cucina, per agevolare le possibilità di movimento. Si sottolinea che l’alloggio, in cui vivono Roberto e Piero, è stato loro assegnato facendo ricorso a un’esperienza molto positiva iniziata sul finire degli anni settanta a Torino. La commissione per l’assegnazione degli alloggi dello IACP resi disponibili (i cosiddetti “alloggi di risulta”) ha disposto la destinazione di alcuni alloggi a disabili, privilegiando in particolare coloro che desiderano uscire dagli istituti di assistenza.

7. Simona entra nel suo alloggio dello IACP attraverso una breve rampa, di lunghezza e pendenza contenute, che raccorda la zona esterna a cortile con l’alloggio situato a un livello leggermente superiore rispetto a quello del cortile. Alcuni interventi edilizi nell’alloggio (inserimento di doccia a pavimento, sostituzione delle apparecchiature sanitarie, sostituzione di una porta tradizionale con una ripiegabile a libro), un’accorta scelta ed un attento posizionamento di arredi (in cucina, in camera da letto), di accessori e di elementi costruttivi (modalità facilitata di apertura/chiusura delle finestre) le consentono di vivere da sola, in quanto tali accorgimenti sono stati pensati e realizzati per andare incontro alle sue possibilità fisiche: ad esempio esigenza di muoversi sempre con la carrozzina, scarsa possibilità di presa frontale in altezza.

Le opere, prima elencate, di adeguamento dell’alloggio sono state fatte ricorrendo essenzialmente a due tipi di iniziative, una a livello locale, l’altra a livello nazionale.

Grande importanza rivestono pertanto le azioni  norma­tive e finanziarie che le pubbliche amministrazioni (Stato, Regioni, Comuni, Unità sanitarie locali) possono portare avanti per consentire l’adattamento di alloggi e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici residenziali.

 

Iniziative del Comune di Torino

Alcuni anni fa l’Amministrazione Comunale di Torino ha dato il via ad un’iniziativa volta ad agevolare la permanenza nella propria abitazione da parte di disabili e anziani.

A partire dal 1982 e con successive disposizioni sono stati emanati criteri e modalità per l’erogazione di sussidi economici per la copertura, totale o parziale, delle spese sostenute da persone disabili o da anziani per l’adeguamento dei loro alloggi, al fine di renderli accessibili e rispondenti alle loro esigenze sia mediante l’installazione di opportune apparecchiature (scivoli, elevatori, montascale, ecc.) idonee a superare le barriere architettoniche esistenti, sia mediante lavori di piccola e media ristrutturazione di alcuni locali dell’abitazione (ingresso, servizi igienici, ecc.). A titolo indicativo si citano due deliberazioni inerenti all’argomento: quella del 23.11.1982  n.  4147  ed  una  successiva  del  9.5.1986  n.  2993  con  relativo  manifesto del 9.3.1987 della Città di Torino, Assessorato per la casa, Avviso: “Erogazione di sussidi comunali ad handicappati per l’adattamento delle abitazioni”.

Più in dettaglio, l’Amministrazione Comunale ha disposto che:

- su richiesta delle persone interessate, venga effettuata l’esecuzione dei lavori di adeguamento dell’abitazione, senza onere per l’utente, se l’alloggio è di proprietà pubblica;

- sia permessa la concessione di un contributo per realizzare opere di adattamento dell’alloggio, nel caso in cui l’abitazione sia di proprietà privata.

L’erogazione del sussidio è finalizzata alla presenza di una serie di requisiti tra i quali si cita quello determinante: l’invalidità del soggetto beneficiario non inferiore al 67% accompagnata da menomazione agli arti inferiori o superiori oppure età superiore ai 65 anni, con ridotta autonomia per condizioni fisiche o per situazioni di isolamento.

Le modalità per la concessione del contributo finanziario consistono nella presentazione di:

- idonea documentazione comprovante le condizioni socio-economiche del beneficiario e del suo nucleo familiare;

- progetto (se necessario) delle opere da effettuare e preventivo delle spese da sostenere.

Le domande di sussidio vanno presentate alle sedi delle Circoscrizioni che le trasmettono al­l’Assessorato per la casa, corredate da un loro eventuale parere.

I progetti di adeguamento ed i preventivi allegati alle richieste di sussidio sono vagliati dal Settore tecnico dell’edilizia abitativa pubblica.

Per queste ultime operazioni l’Amministrazione comunale si avvale anche della collaborazione con tecnici esterni.

Un breve riepilogo degli interventi effettuati per l’adeguamento della casa a partire dal 1983 fornisce l’indicazione delle opere sostenute. Esse riguardano l’acquisto e l’installazione di montascale e sollevatori per carrozzina, di cingolato montascale, il rimborso dell’ascensore nel condominio in cui abita la persona disabile, la realizzazione di rampe di accesso, la posa di mancorrenti nelle parti comuni di un edificio ed una serie di modifiche interne all’alloggio. Queste ultime riguardano quasi sempre l’ambiente dei servizi igienici e consistono nell’installazione di maniglioni di appoggio, di attrezzi per poter fare il bagno (servo-bagno, barella-doccia) e per poter usare più agevolmente il vaso.

L’altra iniziativa che consente di adeguare l’alloggio ricorrendo a contributi economici erogati dallo Stato risale al 1989 ed è stata predisposta da una normativa statale (legge 9.1.1989, n. 13 “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”).

Tale legge è articolata in due parti, che interessano:

- le nuove costruzioni e le ristrutturazioni di edifici privati, ivi compresi quelli di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata. I progetti di nuove costruzioni e di ristrutturazione di interi edifici devono essere conformi alle prescrizioni tecniche previste dalla legge 13/1989 ed emanate con successivo decreto del Ministero dei lavori pubblici;

- le innovazioni da attuare negli edifici residenziali esistenti al fine di eliminare le barriere architettoniche presenti. La legge prevede agevolazioni per eliminare le barriere architettoniche: a tal fine istituisce presso il Ministero dei lavori pubblici il fondo speciale per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati.

Con il termine di “innovazioni” si intende l’attuazione di tutte quelle opere che eliminano ostacoli edilizi, consentono di superare barriere e permettono lo svolgimento delle normali attività quotidiane. Qualora non sia possibile realizzare solo opere “edilizie” di modifica dell’alloggio o dell’edificio abitativo, si può ricorrere all’inserimento di “strutture mobili” (ausili di vario tipo ivi compresi elevatori, montascale).

La costituzione del fondo speciale è finalizzata alla concessione di contributi a fondo perduto per i “portatori di menomazioni o limitazioni funzionali permanenti” che avanzino richiesta per opere di adeguamento all’interno dell’alloggio o nelle parti comuni dell’edificio di abitazione.

 

Richiesta dei contributi statali

Le procedure per la richiesta di contributo consiste nella presentazione della domanda (entro il 1° marzo di ogni anno), rivolta al Sindaco del Comune dove è ubicato l’edificio, nel quale si devono eseguire i lavori di adattamento. La domanda deve essere corredata da una serie di documenti (attestanti l’handicap, il grado di invalidità, l’ubicazione dell’edificio, ecc.), tra cui la descrizione dei lavori da effettuare ed il preventivo della spesa da sostenere.

Successivamente l’Amministrazione comunale svolge gli accertamenti sull’ammissibilità della domanda relativamente a: documentazione necessaria, requisiti del richiedente, inesistenza delle opere, non inizio lavori, congruità della spesa preventivata.

Entro 30 giorni (ovvero entro il 31 marzo), sulla base delle domande presentate e ritenute ammissibili, si stabilisce il fabbisogno complessivo del Comune, che trasmette l’elenco delle domande ammesse alla Regione presso il Servizio opere pubbliche e difesa del suolo della propria provincia.

L’istruttoria di competenza dei Servizi regionali decentrati Opere pubbliche e difesa del suolo è volta a definire il fabbisogno regionale.

Chi ha richiesto il contributo, è informato dell’esito della domanda, presentata al Comune, a seguito della trasmissione del fabbisogno da parte del Comune al già citato Servizio opere pubbliche e difesa del suolo della Provincia.

Dopo la definizione del proprio fabbisogno, la Regione invia al Ministero dei lavori pubblici la richiesta di partecipare alla ripartizione del fondo per l’eliminazione delle barriere architettoniche.

La concreta erogazione del contributo, a chi ne ha fatto richiesta, avviene dopo l’esecuzione delle opere ed in base a fatture debitamente quietanzate, pertanto il richiedente comunica al Sindaco la conclusione dei lavori con trasmissione delle fatture.

Le opere che si possono effettuare riguardano:

- le parti comuni dell’edificio residenziale, sia interne sia esterne (ad esempio: realizzazione di percorsi attrezzati e installazione di dispositivi           di segnalazioni per favorire la mobilità dei ciechi, modifica dell’ampiezza delle porte di accesso, inserimento di servoscala);

- le parti dell’edificio residenziale di esclusiva proprietà o godimento del disabile (ovvero l’alloggio).

La proposta di modifiche alle parti comuni di un edificio residenziale privato con pluralità di proprietari (condominio) volte all’eliminazione o al superamento di barriere architettoniche, deve essere adottata dall’assemblea condominiale.

Tuttavia nell’ipotesi in cui il condominio non approvi l’innovazione ipotizzata nelle parti comuni dell’edificio o non si pronunci entro tre mesi, la persona disabile può procedere, autonomamente ed a proprie spese all’esecuzione dell’opera, anche in assenza di parere favorevole del condominio.

È importante precisare che:

- al fine dell’accoglimento della domanda di contributo per opere di eliminazione delle barriere architettoniche nelle parti comuni dell’edificio e nell’alloggio, tali opere non devono essere già state realizzate e neppure devono essere in corso di esecuzione;

- può essere presentata, da parte di una stessa persona disabile, più di una domanda di contributo. Infatti ogni contributo è concesso in relazione ad una singola opera o ad un insieme di opere, purché funzionalmente connesse tra di loro. Col termine di “opere funzionalmente connesse” si intende una pluralità di interventi fatti sullo stesso edificio o alloggio, volti a rimuovere più barriere ostacolanti una stessa funzione. Ad esempio, se la funzione ostacolata è l’accesso al proprio alloggio, in una stessa domanda si può richiedere la sostituzione del portoncino d’ingresso (se troppo stretto), l’inserimento del servoscala (se la scala è priva di ascensore adeguato), la sostituzione della porta d’accesso dell’alloggio. Se le barriere presenti ostacolano più funzioni (ad esempio presenza di alcuni gradini prima di arrivare all’ascensore, servizio igienico non usufruibile nell’alloggio), si possono presentare più domande di contributo (ad esempio, una domanda per inserire un servoscala per superare il dislivello prima di giungere all’ascensore, un’altra domanda per modificare il proprio servizio igienico);

- l’erogazione del contributo a fondo perduto avviene concedendo una somma pari alla spesa effettivamente sostenuta per costi sino a L.5 milioni; per costi eccedenti tale cifra, viene dato un contributo in percentuale;

- i contributi erogati con la legge 13/1989 sono cumulabili con altri concessi a qualsiasi titolo per la realizzazione  della  stessa  opera,  fermo  restando  che   l’importo  complessivo  dei  contributi non può superare la spesa effettivamente sostenuta;

- le domande presentate dagli invalidi totali sono prioritarie per l’attribuzione del finanziamento anche se presentate successivamente a quelle degli invalidi parziali. Le domande degli invalidi totali non soddisfatte nell’anno per insufficienza di fondi sono valide per gli anni successivi.

 

Contributi richiesti nella Regione Piemonte

Nella Regione Piemonte le richieste di contributi presentate dagli invalidi totali dal 1989 al 1995 sono state tutte soddisfatte. A partire dall’anno 1992 e fino al 1995 la Regione Piemonte ha integrato le risorse assegnate alla Regione dal Ministero dei lavori pubblici.

Dall’esame delle domande di contributi presentate dal 1989 al 1996 emergono:

- la consistenza quantitativa delle domande (1);

- la consistenza qualitativa delle domande (ad esempio domande presentate da invalidi totali, da invalidi parziali);

- la tipologia degli interventi richiesti, suddivisi in due categorie:

A) opere di accesso relative all’edificio o alla singola unità immobiliare;

B) opere per la fruibilità e visitabilità dell’alloggio.

Le opere del tipo A comprendono: rampe di accesso, inserimento di servoscala o di elevatore, ampliamento porte di ingresso, adeguamento percorsi orizzontali esterni, ecc.

Le opere di tipo B comprendono essenzialmente l’adeguamento di percorsi orizzontali e verticali interni all’alloggio e la sistemazione di bagni, cucine, camere.

 

Conclusioni

L’analisi comparata di alcune realizzazioni di adeguamento dell’alloggio, effettuate ricorrendo all’iniziativa del Comune di Torino e alla legge n. 13 del 1989, ha permesso di sottolineare alcune ricorrenti modalità di comportamento nell’affrontare il problema dell’adattamento dell’abitazione.

Si possono pertanto evidenziare le seguenti modalità:

1. interventi di tipo squisitamente “edilizio” volti all’abbattimento delle barriere architettoniche (eliminazione di gradini, costituzione di scivoli o di brevi rampe, ampliamento di un varco, soppressione di porte, ampliamento di un vano ad esempio del locale bagno, sostituzione di apparecchi sanitari, realizzazione di docce a filo pavimento, ecc.);

2. interventi di lieve entità (comportanti irrilevanti o addirittura inesistenti opere edilizie) ma di grande efficacia (ad esempio la sostituzione di porte a battente con porte a scorrimento laterale o a libro);

3. interventi volti a favorire o permettere la mobilità con attrezzature particolari (elevatori di vario tipo, sollevatori, traslatori, in alcuni casi presenti in commercio nella produzione di serie, in altri casi studiati e realizzati sulla base delle necessità della singola persona disabile);

4. interventi di inserimento di ausili (ad esempio maniglioni);

5. interventi per il controllo ambientale (ad esempio comandi a distanza) talora ricorrendo anche a tecnologie sofisticate.

Sovente è stata effettuata un’integrazione tra i vari interventi; inoltre dall’analisi e dalla valutazione delle richieste di finanziamenti (sia quelle relative all’iniziativa del Comune di Torino sia quelle della legge 13/1989) non emerge quasi mai la complessità e l’interrelazione tra i vari interventi, né compaiono tutte quelle opere e quegli accorgimenti (ad es. scelta dell’arredo, posizionamento dei mobili, attrezzature di vario tipo) attuati per rendere utilizzabile l’alloggio in condizione di autonomia e facilitando contemporaneamente il lavoro di chi assiste.

Inoltre dall’esperienza diretta di chi ha fatto domanda per l’adeguamento dell’alloggio (sia ricorrendo all’iniziativa del Comune di Torino sia seguendo l’iter della legge 13/1989) emerge una serie di problemi che si analizzano di seguito in modo sintetico:

1) necessità di poter disporre di una struttura di riferimento cui rivolgersi per informazioni e suggerimenti;

2) esigenze di poter accedere, in maniera diffusa e non episodica e saltuaria, a consulenze tecniche diversificate nei confronti delle opere da effettuare siano esse di tipo edilizio o relative a modifiche impiantistiche o relative all’inserimento di ausili ed attrezzature;

3) problema dell’onerosità della consulenza da parte di un tecnico per predisporre il preventivo da allegare alla domanda di contributo. Pur non essendo richiesto che la descrizione delle opere e il loro preventivo siano eseguiti da un tecnico o da un esperto (cfr. il punto 4 della Circolare del Ministero dei lavori pubblici del 22.6.1989,  n.  1 669/U.L.), spesso risulta necessario, per definire tale preventivo,  ricorrere ad un tecnico, la cui consulenza non è prevista sia rimborsata con i fondi della legge 13/1989;

4) presenza di diatribe tra Comune e USL nei confronti della fornitura di ausili. Ad esempio, per la dotazione di ausili, il tecnico del Comune (ma quale tecnico?) deve certificare l’assoluta esigenza di ricorrere all’ausilio non potendosi effettuare opere edilizie atte ad eliminare le barriere architettoniche e ad agevolare la persona disabile;

5) difficoltà a far accettare le opere di adeguamento da parte dei condomini e dei vicini (nei casi di abitazioni unifamiliari) che in molti casi cercano in ogni modo di ostacolare la realizzazione di tali opere;

6) problema relativo alla necessità di dover anticipare l’onere della spesa sostenuta per le opere di adeguamento e di dover attendere il successivo rimborso parziale o totale.

Al di là dei problemi che restano ancora aperti (insufficienza dei finanziamenti, difficoltà per gli invalidi parziali ad accedere ai contributi), sembra giusto sottolineare gli aspetti positivi delle due iniziative, una comunale l’altra statale alle quali si aggiungono altre iniziative a livello locale. Sembra interessante ricordare la legge regionale della Valle d’Aosta n. 48 del 31.10.1995 “Norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche per favorire la vita di relazione delle persone disabili”, nella quale sono previsti tra l’altro, anche interventi finanziari per l’eliminazione ed il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati cui possono accedere le persone disabili (cfr. articoli 3 e 4 della legge 5.2.1992, n. 104), gli ultrasessantacinquenni in stato di grave disagio fisico e sociale, i condomini ove risiedono le sopracitate categorie di beneficiari.

 

 

(*) Docente del Dipartimento “Casa-città” del Politecnico di Torino.

(1)        Ad esempio: numero domande presentate; numero Comuni interessati; percentuale domande per Comune; media di domande per Comune; costo totale degli interventi; costo medio per domanda; contributo totale richiesto; contributo medio per Comune; contributo medio per domanda.

 

 

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