Prospettive assistenziali, n. 120, ottobre-dicembre 1997

 

 

NO ALL'ORFANOTROFIO CHE L'ANTONIANO VUOLE COSTRUIRE IN BOLIVIA

 

 

Mentre il CNCA, Coordinamento nazionale comu­nità di accoglienza, presenta al convegno di Roma il documento "Istituti mai più" (cfr. l'articolo preceden­te), I'Antoniano di Bologna vuole costruire in Bolivia un nuovo internato per l'infanzia di ben 100 posti.

AI riguardo, riportiamo le lettere dell'ANFAA, Associazione nazionale famiglie adottive e affidata­rie, e dell'Antoniano.

Da parte nostra chiediamo a coloro che intendono creare nuove strutture di ricovero assistenziale in Italia e all'estero perché, sempre che sia accertato che le esigenze dei minori non possono essere risol­te aiutando le famiglie d'origine o disponendo l'affi­do familiare o provvedendo all'adozione, non si orientino verso l'istituzione di comunità alloggio di 8­10 posti sparse sul territorio.

In questo modo, a nostro avviso, le risposte al bisogno sono più immediate, si collocano dove le famiglie vivono, possono essere utilizzate anche per ricoveri a tempo parziale, costituiscono un positivo riferimento per la comunità locale anche in relazione alle alternative assistenziali praticabili e all'utilizzo dei servizi, ad esempio quelli sanitari e scolastici. Restiamo in attesa di precisazioni.

Nella replica dell'Antoniano è sconcertante la tota­le assenza di riferimenti alle numerose ricerche scientifiche sulle nefaste conseguenze della caren­za di cure familiari, ricerche che sono state effettua­te negli ultimi 50 anni e mai contestate dagli esper­ti.

Mentre alcune iniziative dell'Antoniano sono posi­tive (ad esempio la creazione di scuole e di ospeda­li, e la ricostruzione di un villaggio), desta vivissime preoccupazioni la decisione di creare un istituto in Bolivia (o in un altro luogo).

In un recente studio dell'UNICEF (1) è stato «messo in luce che i bambini raccolti anche amore­volmente, messi assieme in un orfanotrofio o in un centro di recupero, e magari anche contattati da psi­cologi o psichiatri che avevano forzatamente tirato fuori le esperienze della loro tragedia, parevano non guarire mai (..). A1 contrario, i risultati migliori - e questo lo dobbiamo vagliare a fondo per esserne assolutamente sicuri - li abbiamo riscontrati laddo­ve il bambino è stato reintegrato il più presto possi­bile nella sua famiglia, grazie ai programmi di family reunification. Spesso i bambini avevano perso il contatto con i loro genitori durante gli esodi di massa dei profughi, oppure avevano soltanto uno dei due genitori (..). Un decimo di quello che si spende per mantenere un bambino in un istituto, può bastare con 5-6 bambini».

 

1. Prima lettera dell'ANFAA (2)

 

«Come associazione che da anni si batte "dalla parte dei bambini" siamo rimasti veramente esterre­fatti per la raccolta di fondi, da destinare alla costru­zione di un orfanotrofio in Bolivia, promossa dalla trasmissione televisiva "Serata gemelli", condotta da Fabrizio Frizzi il 29 maggio, in diretta dall Antoniano di Bologna.

«Tutte le ricerche scientifiche condotte in Italia e all'estero hanno da tempo dimostrato i notevoli danni (spesso irreversibili) che subiscono i bambini internati negli istituti, tanto più gravi quanto più pre­coce e prolungato è il loro ricovero. Ogni bambino per crescere armonicamente ha infatti bisogno di una famiglia; il nucleo familiare è insostituibile per­ché solo in un ambito di relazioni affettive il bambi­no acquista la propria identità, la sicurezza di sentir­si amato, la fiducia in se stesso e negli altri. Ecco perché da tempo vengono proposte e attuate forme alternative di assistenza all'infanzia, quali l'affida­mento familiare e l'adozione (quest'ultima quando lo stato di abbandono morale e materiale del minore sia diventato definitivo e insanabile).

Molto opportunamente la legge italiana (legge 4 maggio 1983 n. 184) dispone, in primo luogo, che il minore ha diritto di essere educato nell'ambito della propria famiglia. Quando l'ambiente familiare non è idoneo, lo stesso ha il diritto prioritario di esse­re affidato ad un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola o ad una comunità di tipo familiare. Il ricovero in istituto viene all'ultimo posto nella scala degli interventi assisten­ziali.

«Gli stessi documenti vaticani (Decreto sull'apo­stolato dei laici, "Familiaris consortio”) raccomanda­no l'adozione e l'affidamento familiare.

«Qualcuno potrebbe pensare che quello che è giusto per i ragazzi italiani possa non esserlo per quelli del terzo mondo. Pensare questo significhe­rebbe ammettere che ci sono ragazzi di serie "A" e ragazzi di serie "8" e negare il principio della pari dignità di tutti i minori, italiani e stranieri. Mons. Giovanni Nervo, per molti anni responsabile della Caritas italiana, ha scritto: "La comunità civile ed ecclesiale, che ad un bambino senza famiglia non sa dare altro che un istituto, è poco civile e poco cri­stiana: è disumana". La nostra esperienza di fami­glie adottive e affidatane non può che confermare la verità di questo pensiero».

2. La risposta dell'Antoniano (3)

 

«Riceviamo la Sua lettera del 30 maggio u.s - indirizzata anche al Presidente della Rai e al Direttore di Raiuno -, esprimente deplorazione e giudizio negativo per "la raccolta di fondi, da desti­nare alla costruzione di un orfanotrofio in Bolivia, promosso dalla trasmissione televisiva 'Serata gemelli', condotta da Fabrizio Frizzi il 29 maggio, in diretta dall'Antoniano di Bologna".

«Desideriamo sottoporLe tutti gli elementi di valu­tazione sull'argomento;

1) L'Antoniano concorda pienamente sul principio che il nucleo familiare garantisce al meglio la cresci­ta e la formazione del bambino. Riteniamo invece opinabile il giudizio tout-court negativo sugli "istituti". Concordiamo con la Sua affermazione: II ricovero in istituto viene all'ultimo posto nella scala degli inter­venti assistenziali. Questo significa - mi pare - che gli "istituti" anche per Lei hanno un posto - sia pure l'ultimo - nelle realtà positive.

2) La sottoscrizione lanciata nel novembre scorso durante il 39° Zecchino d'Oro riguarda una situazio­ne in cui non c'é alternativa alla soluzione dell’“isti­tuto”. Lei, signor Vice-Presidente, ha avuto telefoni­camente da Madre Nazarena Di Paolo, Superiora generale delle benemerite Suore della dottrina cri­stiana che si occupano dell'iniziativa, tutte le infor­mazioni relative al caso, che noi del resto abbiamo avuto occasione di rendere pubbliche da novembre ad oggi, negli interventi televisivi e in altre sedi. Riteniamo, con la costruzione della "Casa de la son­risa di Mariele" - che sta alacremente proseguendo e che sarà ultimata prima della fine dell'anno -, di dare a cento bambini l'unica possibilità di sfuggire all'abbandono sulla strada. D'altra parte, le Suore della dottrina cristiana continueranno nel loro sforzo per fare arrivare i bambini più piccoli nel seno di famiglie normali (in Italia sono riuscite a concretare parecchie adozioni) e a preparare e ad avviare al lavoro - di conseguenza alla prospettiva di una famiglia propria - i più grandi, per i quali l'adozione è praticamente impossibile.

3) Mi fa piacere ricordare a Lei, che si occupa meritoriamente dei problemi del bambino e della famiglia, le iniziative realizzate negli anni preceden­ti dall'Antoniano ("Fiori di solidarietà dello Zecchino d'Oro'):

1 - BANGLADESH (1991 - 34° Zecchino d'Oro) - Scuola elementare-media "Zecchino d'Oro", per 300 ragazzi, nella parrocchia di Shelabunia, diocesi di Khulna, gestita dai Padri Missionari Saveriani di Parma (la sottoscrizione ha potuto finanziare la costruzione di un'altra scuola a Khulna, gestita dalla Diocesi, nonché una campagna di vaccinazione-­base polivalente di cui hanno beneficiato 50.000 bambini).

2 - EX JUGOSLAVIA (Croazia) (1992 - 35' Zecchino d'Oro). Centro di accoglienza con presidio medico "Zlatni cekin" (Zecchino d'Oro), perla cura e la riabilitazione di bambini colpiti da lesioni o traumi in conseguenza della guerra, 60 posti fissi, più inter­venti giornalieri per esterni. 1400 mq. di superficie, cubatura 44800 metri. Gestione del complesso: Provincia dei Frati Minori del luogo.

3 - BRASILE (1993 - 36° Zecchino d'Oro) - Casa di prima accoglienza "Zecchino d'Oro" per "meninos de rua" nella città di Niteròi (servizio sociale e peda­gogico, ambulatorio medico e dentistico, panetteria­biscottificio). Opera gestita dall'Associarao Beneficente Sao Martinho (Padri Carmelitani e Suore Salesiane Figlie di Maria Ausiliatrice).

4 - BRASILE (1993 - 36° Zecchino d'Oro) - Villaggio agricolo con scuola agricola "San Francesco" a Inoa-Maricà (Rio de Janeiro) per "meninos de rua". Gestione: Associarao Beneficente Sao Martinho (Padri Carmelitani e Suore Salesiane Figlie di Maria Ausiliatrice).

5 - RUANDA (1994 - 37° Zecchino d'Oro) - Ricostruzione di 350 case del villaggio di Kiwumu e della zona circostante (Diocesi di Kabgayi). l lavori e le operazioni di reinsediamento delle famiglie super­stiti della guerra civile riparate nei campi profughi in Uganda sono stati condotti in collegamento con la "Caritas" diocesana di Kabgayi.

6 - RUANDA (1994 - 37° Zecchino d'Oro) - Ricostruzione a Byimana (Diocesi di Kabgayi) della Scuola Professionale "Notre Dame de Lourdes", fre­quentata da 524 ragazze. Referente dell'Antoniano nella ricostruzione: la "Caritas" diocesana di Kabgayi.

7 - ITALIA (1994 - 37° Zecchino d'Oro) - A segui­to della disastrosa alluvione del novembre 1994 nella Provincia di Asti, lo Zecchino d'Oro indirizzò l'i­niziativa di solidarietà - oltre che al Ruanda - anche al Piemonte. Ricostruzione della scuola materna "Borgo Tanaro" di Asti, per 50 bambini. Gestione: Parrocchia-Suore domenicane. Contemporanea­mente - un pensiero anche per i nonni! - fu "girata" al Comune di Rocchetta Tanaro (Asti) la somma di cento milioni (corrispondente al "Premio della Bontà Notte di Natale", assegnato dal Gruppo dolciario ita­liano all'Antoniano) quale contributo per la ricostru­zione della Casa di riposo "Stefanine".

8 - CONGO (1995 - 38° Zecchino d'Oro) - Costruzione di un ospedale pediatrico nella città di Makoua (130 letti) destinato a consultazioni e cure per bambini, consultazioni prenatali, vigilanza e cre­scita dei lattanti, vaccinazione delle madri e dei bambini nei villaggi, assistenza al parto, sorveglian­za sanitaria di bambini in situazione di povertà, rico­veri, educazione per la salute. Intitolato alla memo­ria di Mariele Ventre, l'ospedale si costituisce come un vero e proprio Centro per la salute del bambino, in una zona all'estremo nord del Congo. Responsabilità e gestione del Centro: Suore della Croce di Strasburgo, comunità che opera nel conte­sto della Missione di Makoua dei Frati minori delle Province italiane. Presso l'Ospedale Wariele Ventre"- sempre intitolato a lei - è in costruzione il Villaggio dei Catechisti, gestito dalle suore Missionarie della Dottrina Cristiana dell'Aquila.

9 - TANZANIA (1995 - 38° Zecchino d'Oro) - Costruzione a Namanga del collegio-scuola profes­sionale "Mariele School" per 50 bambine-ragazze. "Mariele School" è gestita dalle Suore dell'Istituto della carità dell'Immacolata Concezione di Ivrea, nell'ambito delle attività della Diocesi di Arusha.

10 - BOLIVIA (1996 - 39° Zecchino d'Oro) - Costruzione a Santa Cruz de la Sierra della "Casa de la sonrisa de Mariele", complesso che ospiterà (abitazione-scuola) 100 bambini e ragazzi senza famiglia in attesa di adozione o in formazione per il lavoro. La sottoscrizione e i lavori sono in corso. Il complesso sarà ultimato entro il novembre 1997 e sarà inaugurato nel contesto del 40* Zecchino d'Oro 1997. La gestione della "Casa de la sonrisa de Mariele" è a cura delle suore Missionarie della dot­trina cristiana dell'Aquila.

«Lei noterà che l'aiuto al bambino nel contesto della famiglia è una costante di queste iniziative. «Spero di essere riuscito a chiarirLe quanto desi­derava Le fosse chiarito. Lei ha ragione ad afferma­re che non debbono esserci bambini di serie "A" e bambini di serie "8'; tuttavia bisogna prendere coscienza che di fatto questo c'è. Il bambino che nasce e viene abbandonato nella foresta o quello abbandonato recentemente in un pozzo nero di Santa Cruz de la Sierra, non ha certo le stesse for­tune del bambino che vive in una famiglia italiana. I principi sono giusti e dobbiamo batterci perché ven­gano riconosciuti, ma questi diventano veri solo quando si incarnano nel solco umano estendendo i loro benefici a tutti. Oggi purtroppo, nonostante il cammino di diritti e di ideali e nonostante l'impegno per una vera "civiltà dell'amore'; esistono ancora bambini fortunati e bambini meno fortunati.

«L’Antoniano - grazie anche alla preziosa colla­borazione della RAI - con le sue iniziative, vuole seminare gioia nel solco dei primi e speranza in quello dei secondi con gesti concreti di solidarietà e di fratellanza che aiutano a camminare gli uni e gli altri nell'unica via dell'amore».

 

3. La replica dell'ANFAA

 

«La ringrazio per la Sua gentile e documentata replica, che mi permette di meglio chiarire il punto di vista dell'associazione, in merito al problema della istituzionalizzazione dei minori.

«Le ricerche scientifiche condotte nell'arco degli ultimi 50 anni da J. Bowlby M. Soulé, R. Spitz ed altri hanno dimostrato i gravi ritardi che la carenza di cure familiari provoca nella crescita dei bambini. Ogni bambino per poter raggiungere uno sviluppo psico-fisico equilibrato ha infatti bisogno di cure con­tinue e personalizzate, che solo l'ambiente familiare (pur nelle sue diverse caratterizzazioni a seconda dei vari contesti culturali e sociali) è in grado di garantire. Secondo noi, l'azione delle autorità, delle associazioni e dei gruppi di volontariato, anche di quelli operanti nel terzo mondo, dovrebbe privilegia­re la promozione del diritto di ogni minore a cresce­re in una famiglia, sostenendo e aiutando anche economicamente i nuclei in difficoltà ed avviando iniziative tese a favorire la crescita di una cultura di solidarietà e di accoglienza dei bambini soli da parte della comunità locale.

«Partendo da questi principi riteniamo che non possano essere sostenute e condivise quelle inizia­tive dirette a finanziare la costruzione di nuovi istitu­ti di ricovero. In un ambito circoscritto, che non può fornire modelli familiari né affetti personalizzati, i bambini sono costretti a trascorrere la parte formati­va della loro esistenza, la vita emotiva e relazionale, il gioco, il tempo libero. Più l'istituto è grande, più favorisce la concentrazione di minori provenienti da zone lontane ed ostacola e interrompe i rapporti del bambino con i genitori o con gli altri membri della famiglia.

«Qualsiasi soluzione che preveda l'emarginazione e la segregazione non può essere una risposta ade­guata alle esigenze fondamentali di ogni bambino, indipendentemente dalla cultura e dalla etnia cui egli appartiene.

«Neppure la drammaticità e l'emergenza delle situazioni di molti paesi del sottosviluppo possono giustificare la riproposizione di interventi diretti al ricovero in istituto. Per lo stesso motivo per cui non è lecito aiutare quei Paesi inviando generi alimenta­ri scadenti e farmaci scaduti.

«Recentemente 1'ANFAA ha collaborato all'orga­nizzazione del convegno europeo "Bambini senza famiglia e adozione: esigenze e diritti" (Milano, 15­16 maggio 1997). In quell'occasione la Prof.ssa Paola Di Blasio, ordinaria di psicologia presso l'Università cattolica, ha riferito sulle conseguenze, per lo sviluppo del bambino, delle carenze di cure affettive. Noi pensiamo che un centro autorevole come ]'Università del Sacro Cuore, se interpellato, avrebbe potuto documentare scientificamente l'op­portunità o meno di costruire un grosso istituto, destinato a ospitare 100 minori. Una simile consu­lenza è stata richiesta?

«Secondo noi le alternative all'istituto sono sem­pre possibili. Gli studi condotti sul problema sugge­riscono infatti di creare comunità-alloggio o case­famiglia per 8-10 ragazzi che riproducano il clima familiare, che siano costruite in modo sparso ed inserite nelle varie realtà territoriali. Le micro-comu­nità non provocano isolamento psico-sociale, e con­fermano il valore insostituibile della famiglia (mentre l'istituto ne è la negazione visibile). Esse costitui­scono un riferimento privilegiato per gli interventi di affidamento familiare e soprattutto aiutano la fami­glia, se esiste, a riprendere gradualmente il proprio figlio, anche per qualche ora (alla notte, nei giorni festivi).

«Un secondo e connesso ordine di ragioni, che milita a favore degli interventi alternativi al ricovero in istituto, è che essi non richiedono una forte con­centrazione di investimenti e sono quindi di gran lunga meno onerosi.

«Queste idee hanno acquistato consistenza e vengono largamente accettate in ambito internazio­nale. Del resto alcune iniziative dell'Antoniano, fra quelle da Lei elencate, si sono mosse in questa giu­sta direzione.

«A Roma, il prossimo 25 giugno, si terrà un con­vegno dal titolo significativo: "Istituti mai più". Il Coordinamento nazionale comunità di accoglienza - CNCA ha predisposto per questa occasione un documento dai forti contenuti ("La tutela dei minori a rischio di allontanamento dalla famiglia di origine”). In esso viene affermato il "dovere" di procedere alla chiusura degli istituti e si invita il mondo istituziona­le affinché questa scelta sia percorsa in tempi brevi.

«Piuttosto che fare una frettolosa spigolatura del documento preferiamo allegarLe il testo completo. «Siamo certi che questa lettera, mossa non da intenti polemici ma da un serio ed equilibrato atteg­giamento, verrà compresa nella sua giusta luce. Speriamo che essa possa essere da Lei condivisa».

 

 

(1) Cfr. Gabriele Colleoni, "Per tutta la vita", Narcomafie, aprile 1997

(2) La lettera è stata inviata in data 30 marzo 1997 da Fabrizio Papini, Vice Presidente nazionale dell'ANFAA, ai Padri dell'Antoniano di Bologna, a Enzo Siciliano - Presidente della RAI e a Giovanni Santillo - Direttore di RAI-UNO.

(3) La risposta del 2 giugno 1997 è firmata da P. Bernardo Rossi, Direttore dell'Antoniano.

(4) Lettera deltll giugno 1997 a cui I'Antoniano non ha rispo­sto.

 

 

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