Prospettive assistenziali, n. 119, luglio-settembre 1997

 

 

RICHIESTA DI MODIFICHE DELLA LEGGE-QUADRO SULL'HANDICAP

 

 

In data 12 maggio 1997 le seguenti organizzazio­ni: AIAS, AISM, ANFFAS, Associazione Papa Giovanni XXIII, Associazione Persone Down, Associazione Willy, ASVAP 5, GRH, Lega per il dirit­to al lavoro, Lega per l'emancipazione, LILA di Casale sul Sile (TV), Medicina Democratica, ULCES e UTIM hanno indirizzato all'On. Livia Turco, Ministro per la solidarietà sociale, la seguente lette­ra: «Si invia la presente proposta di modifica degli artt. 9 e 10 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 "Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione socia­le e i diritti delle persone handicappate" al fine di sol­lecitare la Sua attenzione sulla necessità e l'urgen­za di una legge che renda obbligatorio per gli enti locali l'istituzione di quanto è stato previsto nella legge su citata solo come facoltativo.

«Sono passati più di cinque anni dall'entrata in vigore della legge 104/1992 e, a tutt'oggi, si registra nel nostro territorio una grande carenza dei servizi indispensabili per le persone handicappate con limi­tata o nulla autonomia.

«Salvo rare eccezioni vi è infatti un livello di pre­stazioni insufficienti e disomogenee che richiedono un preciso impegno da parte del Ministero della soli­darietà sociale.

«Confidiamo pertanto in una Sua attenta valuta­zione del nostro contributo, che speriamo di poter commentare in un incontro».

 

 

TESTO DELLE PROPOSTE DI MODIFICA DELLA LEGGE 104/1992 (*)

 

La legge 104/92 "Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handi­cappate" introduce due importanti temi e precisa­mente:

- il servizio di aiuto personale (art 9);

- gli interventi a favore di persone con handicap in "situazione di gravità" (art 10) (1).

Come tutti ormai sanno, la legge quadro non pre­vede però l'obbligatorietà della istituzione dei servi­zi di cui sopra da parte degli Enti locali preposti. Ne consegue che sono enormi le disparità di offerta di servizi esistenti sul territorio nazionale, con maggior ricorso al ricovero in istituto, come unica soluzione possibile, laddove la famiglia e la persona handi­cappata non possono usufruire di centri diurni assi­stenziali o di un servizio di aiuto alla persona.

Per tali ragioni le Associazioni firmatarie chiedono alla Commissione affari sociali la seguente legge di modifica:

 

Art. 1 - Prestazioni di sostegno alla singola per­sona o al nucleo familiare

Gli articoli 9 e 10 della legge 104/1992 sono così modificati:

1.1 - Assistenza economica, finalizzata ad assi­curare il minimo vitale alle persone handicappate che, non potendo accedere ad una vita lavorativa, non dispongano di un reddito sufficiente per vivere autonomamente. Per la determinazione del minimo vitale, non si tiene conto dell'indennità di accompa­gnamento.

1.2 - Assistenza domiciliare e personale, attua­ta mediante la creazione di servizi specifici attraver­so la concessione al soggetto handicappato di un contributo economico. II servizio di assistenza domi­ciliare e di aiuto personale vanno assicurati ogni qualvolta sia possibile (attraverso la loro erogazio­ne) prevenire o sostituire la richiesta di ricovero della persona handicappata, che, a causa della mancanza di autonomia e autosufficienza persona­le non potrebbe altrimenti continuare a vivere a casa propria.

Qualora l'Ente locale non sia in grado di erogare i servizi di assistenza domiciliare e di aiuto personale (in proprio o in convenzione) transitoriamente, e comunque fino alla loro istituzione, viene assicurato alla persona handicappata un contributo tenuto conto dei bisogni determinati dal grado di autonomia e autosufficienza accertati dalla commissione di cui all'art. 3 della legge 104/92, può essere corrisposto fino ad un importo pari ai 2/3 di una retta di ricovero mediamente versata dall'Ente locale per il ricovero in una struttura residenziale assistenziale.

Priorità che sarà data ai soggetti aventi un reddito inferiore al livello del minimo vitale che dovrà esse­re stabilito dalle Regioni entro e non oltre 90 giorni dall'approvazione delle presenti norme.

 

Commento punti 1.1 e 1.2

1.1 - In assenza di una legge quadro sull'assistenza si assume a riferimento l'art. 38 della Costituzione - secon­do comma - in base al quale lo Stato deve assicurare assistenza solo agli inabili e sprovvisti di mezzi di sussi­stenza. Si auspica la definizione a livello nazionale (legge di riforma dell'assistenza), dell'importo del mini­mo vitale e dei criteri di definizione dello stesso che dovranno essere stabiliti con normativa regionale, ma in modo tale da assicurare condizioni di vita dignitosa a chi è sprovvisto - temporaneamente o definitivamente - dei mezzi di sussistenza.

È compito dei servizi assistenziali accertare redditi e patrimoni degli utenti, che richiedono gli interventi di cui sopra, avvalendosi di tutti gli strumenti di accertamento di cui hanno facoltà.

1.2 - In specifico per quanto riguarda il servizio di aiuto alla persona, i riferimenti assunti sono i seguenti:

a) viene previsto anche l'opportunità di erogare un contributo, in sostituzione del servizio di aiuto alla per­sona, laddove ciò non sia facilmente organizzabile da parte dell'ente pubblico, in proprio o avvalendosi del supporto di enti convenzionati. La verifica spetta sempre ai servizi socio-assistenziali, che elaborano il progetto, d'intesa con il diretto interessato o con i familiari (anche adottivi o affidatari) o con eventuali terze persone;

b) si prevede l'erogazione del contributo fino ai due terzi di una retta di ricovero in istituto o in comunità, in quanto mantenere I'handicappato a domicilio rappre­senta di per sé, un notevole risparmio economico per l'Ente locale, che deve tuttavia assicurare mezzi ade­guati per poter davvero permettere all'interessato di restare a casa propria.

 

Art. 2 - Interventi di sostituzione, anche solo temporanea, del nucleo familiare ove le iniziative previste al punto precedente risultino assoluta­mente impraticabili

 

2.1 - Segnalazione all'autorità giudiziaria per minori handicappati privi di assistenza materiale e morale da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi, compresi quelli ricoverati in istituti di assistenza: si rimanda a quanto previsto dalla legge 184/1983. Gli enti di volontariato e di patronato, non­ché le altre organizzazioni di tutela della popolazio­ne e/o di specifiche categorie, sono obbligati a segnalare le persone che necessitano di urgenti interventi assistenziali essendo privi dei mezzi necessari per vivere. La segnalazione deve essere fatta immediatamente e per iscritto al Sindaco del luogo in cui il soggetto bisognoso si trova. Per le persone minorenni o maggiorenni colpite da malat­tie croniche e da non autosufficienza è tenuto ad intervenire, senza limiti di durata, il servizio sanitario nazionale.

2.2 - Affidamenti familiari e inserimenti presso famiglie. Per i minori e adulti handicappati in situa­zione di difficoltà non risolvibili con gli interventi di cui ai punti precedenti e con altre prestazioni psico/sociali, gli Enti locali assicurano la diffusione dell'affidamento familiare.

2.3 - Inserimenti in appartamenti protetti con un massimo di 4 posti per appartamento, per soggetti handicappati in grado di autogestirsi con l'appoggio saltuario di idoneo personale, sempre che i soggetti interessati non scelgano l'assegnazione di alloggi individuali dell'edilizia economica e popolare.

2.4 - Inserimenti in comunità alloggio o in case famiglia aventi una capienza massima di 8 posti, non accorpate tra loro ed inserite in normali contesti sociali ed abitativi. II fabbisogno presunto è di alme­no 1 comunità ogni 30.000 abitanti, tenuto conto delle specificità del singolo territorio.

Per l'attuazione del presente punto si rimanda tra l'altro a quanto previsto dal primo comma dell'art. 4 della legge 17 febbraio 1992, n. 179 "Norme per l'e­dilizia residenziale pubblica"; all'art. 31 della legge 104/1992; agli stanziamenti previsti dall'art. 42 della legge 104/1992.

2.5 - Inserimento in case famiglie ovvero comu­nità di tipo familiare guidate da figure stabili di riferi­mento - coppia di coniugi o volontari a tempo pieno - nelle quali possono trovare una risposta individua­lizzata persone di età e condizione psicofisiche ete­rogenee accolte secondo il criterio della paternità e maternità responsabile.

2.6 - Pronto intervento. Vanno previsti sia nelle comunità alloggio che nelle case famiglia alcuni posti (1-2) per interventi di pronta accoglienza come supporto temporaneo alle famiglie, e ai disabili che vivono da soli, in momenti di particolare difficoltà.

 

Commento punti 2.3 - 2.4:

Il primo comma dell'art. 4 della legge 17 febbraio 1992 n. 179 stabilisce quanto segue:

«Le Regioni, nell'ambito delle disponibilità loro attri­buite, possono riservare una quota non superiore al 15% dei fondi di edilizia agevolata e sovvenzionata per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione di problemi abitativi di particolari categorie sociali indivi­duate, di volta in volta, dalle Regioni stesse. Per tali interventi i requisiti oggettivi e soggettivi sono stabiliti dalle Regioni, anche in deroga a quelli previsti dalla legge 5 agosto 1978 n. 457, e successive modificazio­ni». .

Ne consegue che dovrebbero proprio essere le Regioni a stabilire i criteri per la costruzione e assegna­zione degli alloggi e prevedere, ad esempio, che l'ero­gazione dei contributi stessi (oggi previsti per gli enti e istituti statali, assicurativi, bancari...) siano destinati anche alle Associazioni che concorrono alla realizzazio­ne delle strutture di cui sopra.

Si rammentano inoltre i patrimoni IPAB (e di tutti gli Enti assistenziali disciolti), che possono essere ricon­vertiti e impiegati per l'acquisto di alloggi da destinare a comunità alloggio o appartamenti...

 

Art. 3 - Inserimenti in centri diurni socio-assi­stenziali

 

I centri diurni socio-assistenziali a valenza educa­tiva, perseguono lo scopo di favorire la vita di rela­zione di persone con grave handicap intellettivo (con età non inferiore ai quindici anni), che a causa delle loro condizioni fisiche e intellettive non sono in grado di svolgere con continuità attività lavorative proficue.

Hanno accesso ai centri diurni anche i soggetti, con deficit intellettivi pluriminorati.l centri diurni socio-assistenziali sono aperti per almeno 5 giorni alla settimana, e per un monte ore complessiva­mente non inferiore a 40. II centro è aperto 12 mesi. II fabbisogno presunto è di almeno 1 centro diurno ogni 30.000 abitanti.

In considerazione della gravità dei soggetti inseri­ti nei centri diurni assistenziali, la capienza ottimale è di 20 utenti articolati in nuclei di attività, che consi­derano le diverse autonomie dei soggetti frequen­tanti.

Nei centri diurni assistenziali non vengono inseriti soggetti con handicap psichici (ad es. psicotici) di competenza del settore sanitario.

Commento

Si fa presente che, laddove sono stati diffusi i centri diurni assistenziali sono diminuiti sensibilmente i ricove­ri in istituto di handicappati intellettivi in situazione di gravità o, in ogni caso, sono stati di molto ritardate le richieste da parte dei familiari.

L'istituzione dei centri diurni rappresenta quindi un investimento sia in termine di risorse umane (I'handi­cappato resta maggiormente in famiglia), sia di risorse per l'Ente locale (il centro diurno costa decisamente meno del ricovero).

Risorse: art. 42, L. 104/92; fondi Unione Europea; IPAB e altri enti disciolti.

 

Art. 4 - Obblighi dei Comuni

 

4.1 - Obblighi dei Comuni - I Comuni, singoli o associati, nell'ambito delle competenze in materia di servizi socio-assistenziali, loro attribuiti dalla Legge 8 giugno 1990 n. 142, devono entro e non oltre 24 mesi dall'entrata in vigore della presente legge isti­tuire i servizi di cui agli artt. 1-2-3.

 

Art. 5 - Norme relative alla contribuzione degli assistiti ai servizi socio-assistenziali

 

Si rimanda a quanto previsto dall'art. 433 e segg. del codice civile per cui spetta esclusivamente all'assistito chiedere contributi economici ai propri parenti; in caso di controversia fra i congiunti, solo il giudice può stabilire se i contributi devono essere versati dai parenti ed il loro eventuale importo.

Ciò premesso è stabilito quanto segue:

• divieto agli enti pubblici di richiedere ai parenti di assistiti maggiorenni il pagamento di contributi per prestazioni assistenziali;

• gratuità delle prestazioni per i soggetti handicap­pati maggiorenni frequentanti i centri diurni e aventi un reddito non superiore al minimo vitale (si ram­menta che l'indennità di accompagnamento non è considerata reddito ai fini del computo);

• pagamento da parte dei soggetti ricoverati a tempo pieno delle rette di ricovero, in base al proprio reddito personale. In questo caso l'indennità di accompagnamento spetta all'ente che ricovera, che deve ovviamente provvedere alle necessità del sog­getto.

 

Commento

Com'è stato affermato dal teologo don Giannino Piana (2) «.., il problema dell'handicap non può essere delegato esclusivamente alla famiglia: reclama l'assun­zione di precise responsabilità sociali, soprattutto da parte di chi, all'interno della società è deputato alla pre­stazione dei servizi socio-assistenziali».

Sulla base quindi di un forte richiamo etico si ritiene che:

a) il figlio handicappato maggiorenne debba risponde­re esclusivamente in base al proprio reddito personale (da lavoro, da patrimonio, da pensione...);

b) la famiglia, che continua ad accoglierlo, svolge un compito considerevole, che produce un notevole rispar­mio alla collettività e un indiscusso vantaggio alla per­sona handicappata;

c) nel caso in cui il soggetto handicappato maggio­renne usufruisca di un servizio assistenziale diurno (Centro diurno) concorrerà dunque alle spese eventuali solo se in possesso di un adeguato reddito personale (o di beni). Qualora si tratti però della sola pensione di invalidità (circa 390.000 lire al momento attuale - 1.1.1997) è evidente che nulla sarà dovuto all'Ente che offre il servizio, in quanto, con questa cifra irrisoria, egli non riesce nemmeno ad assicurarsi tutto ciò che gli occorre per vivere: vitto, alloggio, indumenti...

d) se I'handicappato maggiorenne è ricoverato in una struttura residenziale (comunità alloggio, istituto di rico­vero assistenziale) contribuisce al pagamento della retta:

• con il proprio reddito da lavoro (o con il proprio patri­monio);

• con il versamento della pensione d'invalidità e del­l'indennità d'accompagnamento se inabile al lavoro; in questo caso sarà lasciato al soggetto una piccola somma perle sue piccole necessità.

Da quanto sopra risulta ingiustificata la richiesta avan­zata da molti Enti locali ai familiari di handicappati mag­giorenni assistiti, di contribuzione al pagamento della retta o di parte dei servizi (mensa, trasporto...).

Per il ruolo svolto dalla famiglia la società non solo non deve chiedere, ma, anzi, dovrebbe cominciare a riconoscere il sacrificio a cui - volontariamente - (3) queste famiglie si rendono disponibili.

Inoltre, si richiamano gli artt. 433 e segg. del Codice Civile, le sole norme vigenti che regolamentano la mate­ria degli alimenti, materia che nessuna Regione può modificare, con proprie leggi, in quanto non fa parte dei loro poteri. In base alle norme sopra richiamate i com­portamenti attualmente adottati dagli Enti Locali non possono che essere ritenuti illegittimi.

 

 

 

 

(*) II presente testo si è ispirato al documento "Handicappati e società: principi e proposte da cui ripartire con il prossimo Parlamento", pubblicato sulla rivista "Prospettive assistenziali" n. 112, ottobre/dicembre 1995, che può essere richiesto alla segre­teria del Gruppo nazionale "Handicappati e Società", c/o M.G. Breda, Via Artisti 36, 10124 Torino, tel. 011-812.44.69, fax 011­812.25.95.

(1) Per situazione di gravità si intende quanto indicato nella stessa legge all'art. 3.3: «Qualora la minorazione, singola o plu­rima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale perma­nente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situa­zioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici».

 (2) Relazione tenuta all'incontro/dibattito "Perché non devono essere versati contributi dai parenti di handicappati intellettivi maggiorenni ricoverati o assistiti da enti pubblici: aspetti etici e giuridici" (Tarino, 16.10.1993). Cfr. Prospettive assistenziali, n. 106, aprile-giugno 1994.

(3) Si tenga presente che il genitore non ha alcun obbligo giu­ridico di tenere presso di sé un handicappato adulto non autosuf­ficiente, mentre ai sensi del regio decreto 19 novembre 1889 n. 6535 e del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (regio decreto 18 giugno 1931 n. 773) i Comuni sono obbligati ad assi­stere le persone che «per insanabili difetti fisici od intellettuali non possono procacciarsi il modo di assistenza».

 

 

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