Prospettive assistenziali, n. 119, luglio-settembre 1997

 

 

Editoriale

 

CGIL, CISL E UIL NEGANO LO STATO DI MALATTIA DEGLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI

 

 

Nella lettera inviata il 30 luglio 1997 al CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, Sergio Cofferati, Segretario generale della CGIL, scrive - incredibile ma vero - che «essere anziani cronici non è una malattia» (1).

Prima di riferire in merito alle allarmanti posizioni dei Sindacati CGIL, CISL e UIL sugli anziani malati inguaribili, colpiti così gravemente dalle malattie e dai loro esiti da dover sopportare sofferenze anche atroci e da essere dipendenti dagli altri per atti fon­damentali della vita (mangiare, bere, vestirsi, spo­starsi, ecc.), ricordiamo le due drammatiche vicende riportate in questo numero a pagina 20 e nel n. 117 (2), vicende che indicano qual è la situazione di circa un milione di soggetti infermi e dei loro con­giunti.

Da notare che il trasferimento della competenza ad intervenire nei confronti degli anziani malati dal diritto - concretamente esigibile - delle cure sanita­rie alla discrezionalità delle prestazioni assistenziali, determina anche il pagamento da parte dei pazienti di rette che arrivano fino a 4-5 milioni al mese (3).

Tanto per fare un esempio, segnaliamo che nei mesi scorsi i Sindacati hanno dato parere favorevo­le all'aumento della retta mensile di ricovero da 2 a 3 milioni e mezzo decisa dalla Giunta della Regione Valle d'Aosta, nei confronti sia degli anziani auto­sufficienti, sia di quelli malati cronici.

Richiamiamo anche alla memoria dei nostri lettori e, soprattutto dei dirigenti e iscritti alla CGIL, CISL e UIL, il ben diverso comportamento etico-sociale tenuto 40 anni fa dai Sindacati che avevano attiva­mente promosso la legge 4 agosto 1955 n. 692, in base alla quale i pensionati hanno acquisito il diritto alle cure sanitarie senza limiti di durata, diritto con­fermato dalle leggi successive (4) e, recentemente, dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 10150/1996 (5).

Per garantire questo diritto, il Parlamento (cfr. gli articoli 5 e 6 della citata legge 692/1955) ha aumen­tato gli oneri contributivi a carico dei lavoratori e dei datori di lavoro.

Pertanto, riproduciamo a pagina 5 in questo numero l'articolo "Sancito dalla legge 4 agosto 1955 n. 692 il diritto degli anziani cronici non autosuffi­cienti alle cure sanitarie, comprese quelle ospeda­liere", già da noi pubblicato nel n. 73, gennaio-marzo 1986.

 

Le controproposte di CGIL, CISL e UIL alle ipotesi del Governo sullo stato sociale

II CSA ha rivolto e rivolge una particolare atten­zione ai progetti di riforma dello stato sociale, pro­getti che non solo hanno una rilevante valenza comunitaria, ma coinvolgono ciascuno di noi ed i nostri congiunti.

Fra la documentazione presa in esame, molto allarme hanno suscitato le controproposte sindacali alle ipotesi del Governo di riforma dello stato socia­le, in quanto CGIL, CISL e UIL hanno previsto quan­to segue: «A fronte dello straordinario aumento degli anziani non autosufficienti portatori di domanda assistenziale difficilmente controllabile, si propone l'attivazione di un fondo specifico su base contribu­tiva» (6). La gravità della proposta avanzata da CGIL, CISL e UIL sugli anziani cronici non autosuf­ficienti emerge anche dalla sua collocazione nel paragrafo "Politiche di sostegno agli individui ed alle famiglie" e non nel capitolo concernente la sanità.

Preso atto della posizione dei Sindacati, in data 25 giugno 1997, il CSA ha scritto al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri Bindi, Ciampi e Turco e ai Segretari generali di CGIL, CISL e UIL esprimendo «viva indignazione e allarmata preoccu­pazione per le affermazioni gravemente inesatte, lesive della dignità delle persone anziane malate e nettamente contrastanti con la vigente legislazio­ne».

 

La fuorviante risposta dei Sindacati

Alle documentate argomentazioni del CSA, i sin­dacalisti addetti alle politiche sociali Gloria Malaspina della CGIL, Imma La Torre della CISL e Carlo Fiordaliso della UIL hanno inviato al CSA in data 3 luglio 1997 la seguente lettera: «Abbiamo ricevuto il vostro fax del 26 giugno datato 25 e cre­diamo urgente e doveroso da parte nostra chiarire un equivoco di fondo che - a nostro avviso - motiva la nota così precisa inviataci.

«La frase che citate alla base della "indignazione" e "preoccupazione" è collocata in un capitolo proprio dell'assistenza e del sostegno agli individui e alle famiglie e non della sanità perché si riferisce a quel­l'ambito di iniziativa.

«Inoltre, è in alinea al punto 2, dedicato alla tra­sparenza nel settore delle invalidità "... partendo (citiamo) dall'applicazione di quanto previsto dalla legge n. 335 in merito all'unificazione dei criteri medico-legali di accertamento, alla revisione dei soggetti e degli strumenti di controllo. Gli scopi sono quelli di: riunificare la gestione e individuare le responsabilità politiche conseguenti; superare la logica categoriale e risarcitoria che ha segnato nel tempo questo settore per arrivare, attraverso forme integrate di sostegno alla valorizzazione delle capa­cità residue del disabile e a un suo pieno reinseri­mento sociale".

«Comprendete che, in questa ottica, ben diversa è l'interpretazione da dare alla frase, laddove - oltre­tutto - si vuole evidenziare anche la non controllabi­lità di una domanda assistenziale quando essa rap­presenti un abuso, esso sì gravemente lesivo dei diritti degli anziani invalidi e disabili.

«Per questa ragione all'alinea precedente (.. In questo senso...) si dice esplicitamente che deve esi­stere il collegamento fra sostegno monetario e offer­ta di servizi, nel cui ambito vengono prese a riferi­mento anche le patologie specifiche, evidentemente in collegamento all'offerta di servizi specifici.

«Ci sorge il dubbio, con la vostra nota, che posso­no nascere equivoci anche gravi, dal momento che siamo ben consapevoli (come potete pensare) del­l'esistenza delle normative da voi citate. Oltretutto, il nostro sindacato dei pensionati è attivo costante­mente come interlocutore anche istituzionale su tale fronte.

«A riprova dell'interpretazione che vi abbiamo esposto, nel capitolo "La sanità", citiamo tout court l'integrazione socio-sanitaria prevista dalla legge 833/78 e la costituzione dei distretti sociali e sanita­ri per attivare le sinergie necessarie tra i vari sog­getti titolari di spesa, individuando nello scorporo ospedaliero una deriva contraria alle politiche terri­toriali, e nella esistenza di servizi integrati alla per­sona un nodo significativo per l'implementazione dei soggetti erogatori, in presenza tuttavia di livelli qua­litativamente validi.

«Infine, citiamo la mutualità sanitaria come vera e propria funzione complementare per quanto già non esistente in sanità pubblica, anche con l'intenzione di allineare gli investimenti privati non a sottrazione, ma a integrazione di quelli pubblici.

«Speriamo che con queste righe possiate valuta­re con minore apprensione la nostra nota al Governo. Se non fosse così, siamo naturalmente disponibili a contatti più diretti» (7).

 

La replica del CSA

In data 11 luglio 1997 il CSA ha risposto ai diri­genti sindacali Gloria Malaspina, Imma La Torre e Carlo Fiordaliso precisando quanto segue: «In meri­to al Vostro fax del 3 luglio, da Voi speditoci il 9, rile­viamo che le Vostre argomentazioni, assolutamente inconsistenti e fuorvianti, non modificano affatto la nostra indignazione e preoccupazione in merito alle controproposte avanzate da CGIL, CISL e UIL alle ipotesi del Governo sulla riforma dello stato sociale.

«Il testo del Sindacato da noi citato "A fronte dello straordinario aumento degli anziani non autosuffi­cienti portatori di domanda assistenziale difficilmente controllabile, si propone l'attivazione di un fondo spe­cifico su base contributiva", riguarda in modo lam­pante, com'è scritto in modo inoppugnabile, la que­stione dei vecchi colpiti da malattie inguaribili (ma comunque sempre curabili) in modo così grave da determinare anche la loro totale dipendenza da terzi.

«Ben diverse - com'è ovvio - sono la questione degli invalidi e il problema degli anziani malati croni­ci non autosufficienti. Il fatto che i due gruppi possano beneficiare in certi casi delle stesse provvidenze (ad esempio, l'indennità di accompagnamento) non significa assolutamente che identici o analoghi siano le esigenze ed i diritti».

Riaffermato il diritto degli anziani cronici non auto­sufficienti alle cure sanitarie, la lettera del CSA pro­segue nei seguenti termini: «Siamo molto sorpresi per il fatto che, essendo Voi, come scrivete "ben consapevoli dell'esistenza delle normative" da noi citate, non si abbia notizie di interventi praticati o promossi da CGIL, CISL e UIL, compresi i Sindacati dei pensionati, a tutela delle decine di migliaia di anziani malati che ogni anno sono dimessi, spesso in modo selvaggio, dagli ospedali al punto che, in alcuni casi, iscritti ai Sindacati dei pensionati CGIL, CISL e UIL e loro congiunti si sono rivolti a noi per la difesa del diritto alle cure sanitarie».

La lettera del CSA così termina: «Ciò premesso, siamo ben disponibili ai contatti più diretti da Voi proposti, a condizione che vi sia da parte di CGIL, CISL e UIL, o di almeno una delle suddette organiz­zazioni, una dichiarazione di impegno alla tutela del diritto alle cure sanitarie, ovviamente senza alcun accanimento terapeutico, degli anziani cronici non autosufficienti.

«Questa richiesta è motivata anche dal fatto che in data 8 giugno 1984 CGIL, CISL e UIL avevano dato il loro assenso al documento predisposto dal Consiglio sanitario nazionale in cui era stato affer­mato quanto segue: "Considerato lo stretto intreccio della presenza sanitaria e socio-assistenziale anche nelle strutture protette appare necessario che, nel transitorio, sia per l'inadeguatezza dei servizi sani­tari sul territorio, che non possono farsi carico in maniera completa del problema, sia perché storica­mente il non autosufficiente è stato ricoverato e assistito in ambito ospedaliero o para ospedaliero, la spesa relativa al ricovero in casa protetta o strut­tura similare di persone non autosufficienti carichi parzialmente (fino al massimo del 50%) sul fondo sanitario nazionale, ai fini di determinare la correla­tiva riduzione della spesa ospedaliera" e che, finora, i Sindacati mai hanno modificato la suddetta posi­zione che - lo ricordiamo - è stata fatta propria dal decreto amministrativo (e quindi non avente valore di legge) del Presidente del Consiglio dei Ministri dell'8 agosto 1985, decreto che la già citata senten­za della Corte di Cassazione 10150/1996 definisce "contra legem" se interpretato per differenziare i malati acuti da quelli cronici al fine d'escludere l'atti­vità di cura dei secondi».

 

La risposta del CSA al Segretario generale della CGIL

Alla presa di posizione di Sergio Cofferati, Segretario generale della CGIL, che è riportata inte­gralmente nella nota 1, a nome del CSA, Francesco Santanera ha replicato in data 18 agosto 1997 come segue: «La Sua lettera del 30 u.s. è sorprendente. Lei afferma che "essere anziani cronici non è una malattia". Dunque, a Suo avviso, non sarebbero malate le persone colpite dal morbo di Alzheimer e da altre forme di demenza senile (300-400 mila sog­getti in Italia) e gli individui colpiti da ictus, infarto, cancro e altre patologie (altri 600-700 mila cittadini).

«Se sono giovani e adulti Lei li considera (lo spero) malati; se sono anziani no! Su quali basi eti­che, giuridiche, scientifiche, Lei compia questa differenziazioneldiscriminazione, sarei ben lieto di cono­scere.

«Affermare come Lei fa che "non essere autosuf­ficienti implica assistenza integrata socio-sanitaria”; significa allinearsi con la truffaldina prassi delle Regioni che hanno utilizzato e utilizzano il decreto Craxi dell'8 agosto 1985 per espellere dalla sanità (caratterizzata dalla presenza di diritti esigibili) e tra­sferire all'assistenza (ancora impostata sulla piena e assoluta discrezionalità ad intervenire degli enti pubblici e privati) gli anziani colpiti da malattie inguaribili (ma, ad avviso di questo Coordinamento, sem­pre curabili) così gravi da determinare anche condi­zioni di non autosufficienza e cioè di dipendenza da terzi.

«Data la gravità della situazione e le ripercussioni - lo ripeto - su un milione di soggetti e sui loro con­giunti, mi permetto ricordare che, in base alle leggi vigenti (ad esempio n. 692/1955, 132/1968, 180/1978, 833/1978, la cui validità è confermata dal­la sentenza della Corte di Cassazione 10150/1996), le cure sanitarie, comprese - occorrendo - quelle praticate in ospedale, presso RSA sanitarie (e non assistenziali o socio-sanitarie) e case di cura con­venzionate, devono essere fornite senza limiti di durata dal Servizio sanitario nazionale.

«Al riguardo, ricordo che il decreto del Presidente della Repubblica 1° aprile 1994 "Approvazione del piano sanitario per il triennio 1994-1996" stabilisce quanto segue: "Gli anziani ammalati, compresi quel­li colpiti da cronicità e da non autosufficienza, devo­no essere curati senza limiti di durata nelle sedi più opportune".

«Desidero, inoltre, precisare che per ottenere le cure sanitarie nel caso sopraggiungano condizioni di cronicità e di non autosufficienza, i lavoratori hanno versato e versano allo Stato i contributi eco­nomici aggiuntivi stabiliti dalla legge 692/1955 e confermati dalle successive leggi.

«Premesso che questo Coordinamento, che fun­ziona ininterrottamente dal 1970, ha sempre opera­to per l'istituzione di idonei servizi sanitari domicilia­ri e ambulatoriali, ricordo che nel messaggio inviato agli organizzatori ed ai partecipanti del nostro Convegno internazionale `Anziani attivi e anziani malati cronici nell'Europa del 2000 - Orientamenti culturali ed esperienze a confronto”; svoltosi a Milano il 24 e 25 ottobre 1996, il Cardinale Carlo Maria Martini ha affermato, fra l'altro, quanto segue: "C'è tuttavia un altro gravissimo problema che mi sta a cuore ed è emerso drammaticamente in episodi anche recenti i cui protagonisti erano soggetti mala­ti inguaribili e non autosufficienti. Sono purtroppo decine di migliaia gli anziani cronici non autosuffi­cienti dimessi, anche in modo selvaggio, per far posto ad altri malati.

"Alla radice di questo tarlo sta la convinzione che inguaribili equivalga a incurabili, convinzione che non possiamo accettare. Infatti, la situazione di gra­vità esige che il paziente viva dignitosamente gli ultimi giorni della sua vita ed è dovere della società civile assicurargli tutte le cure di cui ha bisogno.

"Anzitutto nella propria famiglia (cure domiciliari), poi nei day hospital, negli ospedali, nelle residenze sanitarie e ci auguriamo perciò che tali ambiti diventino una risposta, non la sola, di cura reale, in stret­ta collaborazione con le strutture sanitarie, conside­rata la gravità dei pazienti che dovrebbero ricoverare.

"Inoltre spero e mi auguro che nel dibattito in corso sul tema dell'eutanasia (attiva o passiva) si faccia il possibile affinché nel frattempo le persone non più in grado di esprimere la loro voce non subi­scano nei fatti un'eutanasia per abbandono da parte di chi, in nome della razionalità delle risorse, vorreb­be negare le prestazioni sanitarie cui hanno diritto come tutti i malati, secondo quanto è previsto dalle leggi sanitarie in vigore nel nostro Paese".

«Preso atto del Suo impegno di voler "mantenere le garanzie normative già esistenti per quanto attie­ne il comparto sanità e il diritto all'assistenza sanita­ria degli anziani non autosufficienti", Le chiedo un incontro urgentissimo al fine di poter approfondire gli strumenti migliori per garantire i diritti stabiliti dalle leggi vigenti che, come Lei scrive, sono attualmente molto sulla carta e molto poco effettivi, anche per­ché fino ad oggi non vi sono state opposizioni di rilievo alle gravi violazioni del diritto degli anziani cronici non autosufficienti alle cure sanitarie».

 

L'incontro di Roma del 9.9.1997

A Roma, presso la sede della CGIL, Laura Martelli dell'AIMA - Associazione italiana malati di Alzheimer, Maria Grazia Breda del CSA, Fulvio Aurora dell'Associazione Senza limiti, Bruna Bellotti, Paolo Cozzi Lepri e Ivano Giacomelli del CODICI, anche a nome del Coordinamento nazionale del volontariato dei diritti, hanno incontrato Betty Leone, responsabile delle politiche sociali della CGIL e Gloria Malaspina dello stesso ufficio.

Poiché dall'incontro non è emerso nessun impe­gno da parte sindacale, I'11 settembre 1997 il CSA ha inviato al Segretario generale della CGIL il seguente telegramma: «Seguito incontro martedì con Leone e Malaspina, questo Coordinamento sol­lecita urgente presa di posizione Sindacati per con­ferma diritto anziani malati cronici non autosufficien­ti alle cure fornite dal Servizio sanitario nazionale come previsto leggi in vigore, diritto violato quasi ovunque con dirottamento malati al settore dell'assi­stenza.

«Richiama attenzione Sua su imposizione lavora­tori da legge 692 del 1955 di contributi economici aggiuntivi per cure sanitarie nei casi di malattie inguaribili e di non autosufficienza. Questi contributi sono stati versati prima alle mutue e ora al Servizio sanitario nazionale. Per queste ragioni si è contrari istituzione fondo anziani non autosufficienti soprat­tutto se di competenza assistenziale.

«Ricorda sostegno nostra posizione da parte Coordinamento volontariato Vallesina, Fondazione Zancan, Tommaso Cravero ex Sindaco di Settimo Torinese, Geriatri Fabris e Macchione, oltre organiz­zazioni aderenti nostro Coordinamento e Comitato nazionale volontariato diritti. La raccolta adesioni continua».

 

Un invito

Considerato che il problema degli anziani cronici non autosufficienti (circa 1 milione di soggetti nel nostro Paese) può coinvolgere - lo ripetiamo - ognuno di noi ed i nostri congiunti, invitiamo tutte le persone ed i gruppi interessati a voler intervenire scrivendo a:

- Sergio Cofferati, Segretario generale CGIL, Corso Italia 25, 00198 Roma;

- Sergio D'Antoni, Segretario generale CISL, Via Po 21, 00198 Roma;

- Pietro Larizza, Segretario generale UIL, Via Lucullo 6, 00187 Roma

o assumendo altre iniziative ritenute utili.

Com'è ovvio, è altresì molto importante sensibiliz­zare il Presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi, ed i Ministri Carlo Azeglio Ciampi (Bilancio), Rosy Bindi (Sanità) e Livia Turco (Solidarietà socia­le), nonché i Parlamentari e le forze sociali.

 

No all'eutanasia: ma fino a quando?

Nel messaggio citato in precedenza, il Cardinale Cario Maria Martini auspica che «si faccia il possibi­le affinché nel frattempo !e persone non più in grado di esprimere la loro voce non subiscano nei fatti un'eutanasia per abbandono».

È una posizione da noi non solo condivisa, ma sostenuta con il massimo impegno, anche se i risul­tati non sono assolutamente soddisfacenti.

Tuttavia, di fronte al dilagante disimpegno tera­peutico nei confronti dei vecchi malati privi di ogni autonomia, riteniamo che si siano aperti varchi sem­pre più ampi (e quindi sempre più difficili da contra­stare) a favore dell'eutanasia passiva e soprattutto di quella attiva.

È troppo facile condannare a parole questa ten­denza: ci vogliono atti concreti che dimostrino un effettivo impegno curativo, ovviamente senza alcun accanimento terapeutico, ma - ovviamente - senza abbandonare i pazienti.

 

 

(1) II testo integrale della lettera del Segretario generale della CGIL è il seguente: «Poiché essere "anziani cronici" non è una malattia, e non essere autosufficienti implica assistenza integra­ta socio-sanitaria, sottoscrivo quanto già motivato a sostegno della nostra posizione da parte della nostra responsabile per le Politiche della salute specificando:

1) che intendiamo sostenere la dignità dell'assistenza quale capitolo dello stato sociale;

2) che intendiamo mantenere le garanzie normative già esi­stenti per quanto attiene il comparto sanità e il diritto all'assisten­za sanitaria degli anziani non autosufficienti;

3) che intendiamo approfondire gli strumenti migliori per garan­tire a tutti gli aventi necessità di assistenza in quanto anziani e non autosufficienti una integrazione socio-sanitaria delle presta­zioni, attualmente molto sulla carta e molto poco effettiva.

«Ogni altra interpretazione delle nostre affermazioni è presun­tiva e strumentale».

(2) Si veda nel n. 117 l'articolo "Per curare l'anziana madre malata cronica non bastano l'affetto e il denaro delle figlie".

(3) Come i nostri lettori sanno, numerosi sono i Comuni e le USL che pretendono illegalmente contributi economici dai paren­ti tenuti agli alimenti di soggetti assistiti maggiorenni.

(4) Cfr. le leggi 12.2.1968, n. 132 (in particolare l'art. 29 stabili­sce che i posti letto degli ospedali devono essere destinati ai malati «acuti, cronici, convalescenti e lungodegenti»), 17 agosto 1974, n. 386 (le prestazioni ospedaliere devono essere fornite «senza limiti di durata»), 13 maggio 1978, n. 180 (le USL devono provvedere alla cura dei pazienti psichiatrici, avendo - fra l'altro - ricevuto dalle Province il personale ed i finanziamenti concernen­ti tutti i malati di mente, compresi gli anziani non autosufficienti), 23 dicembre 1978, n. 833 (le USL devono garantire «la tutela della salute degli anziani, anche alfine di prevenire e rimuovere le con­dizioni che possono concorrere alla loro emarginazione», fornen­do le relative prestazioni qualunque siano «le cause, la fenome­nologia e la durata» delle malattie), 11 marzo 1988, n. 67 (sono stati stanziati dallo Stato circa 10 mila miliardi per la creazione di 140 mila posti in strutture residenziali per anziani non autosuffi­cienti non assistibili a domicilio, presso presidi poliambulatoriali extraospedalieri o in ospedali diurni). Inoltre, il DPR 1° marzo 1994 "Approvazione del piano sanitario nazionale per il triennio 1994-1996" stabilisce che «gli anziani ammalati, compresi quelli colpiti da cronicità e da non autosufficienza, devono essere cura­ti senza limiti di durata nelle sedi più opportune, ricordando che la valorizzazione del domicilio come luogo primario delle cure costi­tuisce non solo una scelta umanamente significativa, ma soprat­tutto una modalità terapeutica spesso irrinunciabile».

(5) La sentenza della Corte di Cassazione n. 10150/1996 è stata integralmente pubblicata sul n. 117, gennaio-marzo 1997 di Prospettive assistenziali.

(6) Sostanzialmente si tratta della stessa proposta avanzata dalla Commissione Onofri. Cfr. "La relazione conclusiva della Commissione Onofri su previdenza, sanità e assistenza", in Prospettive assistenziali, n. 118, aprile-giugno 1997.

(7) II punto 2 del capitolo "Politiche di sostegno agli individui e alle famiglie" delle controproposte sindacali è così redatto:

«2. Va data definitiva trasparenza al settore delle invalidità partendo dall'applicazione di quanto previsto dalla legge n. 335 in merito all'unificazione dei criteri medico-legali di accertamento, alla revisione dei soggetti e degli strumenti di controllo. Gli scopi sono quelli di: riunificare la gestione e individuare le responsabi­lità politiche conseguenti; superare la logica categoriale e risarcitoria che ha segnato nel tempo questo settore per arrivare, attra­verso forme integrate di sostegno, alla valorizzazione delle capa­cità residue del disabile e a un suo pieno reinserimento sociale.

«In questo senso dovrà essere più stringente il collegamento fra sostegno monetario alla disabilità e offerta di servizi per un pieno esercizio di pari opportunità: per questo le prestazioni dovranno essere calibrate sulle varie patologie, le varie età della vita, e tener conto delle effettive condizioni di bisogno.

«A fronte dello straordinario aumento degli anziani non auto­sufficienti portatori di domanda assistenziale difficilmente control­labile, si propone l'attivazione di un fondo specifico su base con­tributiva».

 

 

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