Prospettive assistenziali, n. 118, aprile-giugno 1997

 

 

SENZA FUTURO I PICCOLI COMUNI

 

 

Finalmente i Sindaci dei piccoli Comuni si sono accorti che la situazione dei loro enti è sempre più insostenibile.

Si tratta di una questione estremamente im­portante sotto i profili istituzionale ed economico. Non essendo in grado, infatti, la stragrande maggioranza dei Comuni di gestire attività com­plesse, le competenze - vedi il caso della sanità - sono state attribuite ad altri organismi.

Per quanto riguarda gli aspetti finanziari è evi­dente che l'esistenza di una miriade di enti com­porta spese non solo rilevanti, ma spesso impro­duttive.

Ricordiamo che, in base al censimento della popolazione del 1991, la situazione demografica dei Comuni italiani è la seguente:

con meno di 500 abitanti                                n.          804

da 501 a 2.000 abitanti                                  »        3.910

da 2.001 a 5.000 abitanti                               »        1.185

da 5.001 a 10.000 abitanti                              »        1.166

da 10.001 a 20.000 abitanti                            »           581

da 20.001 a 50.000 abitanti                            »           317

da 50.001 a 100.000 abitanti                          »             87

da 100.001 a 500.000 abitanti                        »             44

con oltre 500.001 abitanti                               »              6

Totale Comuni italiani                                    n.       8.100

 

Consapevole della insostenibilità della situa­zione attuale il Consiglio comunale di Tollegno (Biella) avente una popolazione di 3.000 perso­ne, nella seduta del 10 gennaio 1997 ha appro­vato l'ordine del giorno che riproduciamo inte­gralmente:

 

 

«Negli ultimi anni la situazione dei piccoli Co­muni è diventata sempre più difficile da gestire, a causa delle crescenti incombenze e delle ri­strettezze economiche.

«Molto spesso è stato posto l'accento sugli in­sufficienti finanziamenti e sulla scarsa capacità impositiva, in gran parte dovuta alla stessa real­tà economica che caratterizza i nostri territori, lontani dalle grandi aree di insediamento pro­duttivo.

«In altrettante occasioni si è richiesto un inter­vento da parte del governo centrale al fine di rie­quilibrare attraverso specifiche normative, il di­vario esistente.

«Pur condividendo tali iniziative, siamo altresì convinti che sia indispensabile la ricerca di nuo­ve forme di gestione ed organizzazione delle piccole entità comunali.

«Ci sembra evidente che le dimensioni dei no­stri Comuni ed il conseguente apparato ammini­strativo appaiono sempre più inadeguati rispetto alle crescenti incombenze delegate ed alla do­manda di efficacia ed efficienza da parte dei cit­tadini e di altri interlocutori pubblici e/o privati.

«II notevole incremento dei carichi di lavoro spesso non ha trovato il necessario riscontro nel ridimensionamento del personale, vuoi per ragioni economiche, vuoi per vincoli legislativi ed in alcuni casi, negli ultimi anni, si è registrata una riduzione effettiva dell'organico.

«A nostro parere la situazione sopra esposta ha già prodotto o inevitabilmente produrrà a breve scadenza:

- personale demotivato e scarsamente quali­ficato, per l'eccessiva diversificazione dei com­piti sempre più complessi attribuiti, con conse­guente allungamento dei tempi di lavoro impie­gati nelle varie procedure;

- assunzione di responsabilità da parte degli amministratori e dei funzionari, senza poter con­tare sul necessario supporto di strumenti e competenze adeguate;

- malcontento degli utenti nel confronto di en­ti, che si muovono con modi e tempi assoluta­mente incompatibili con ì ritmi imposti dalla real­tà sociale ed economica;

- pressoché completo utilizzo delle risorse economiche ed umane nella gestione corrente, con scarsa possibilità di progettazione e studio delle possibili risposte ai problemi emergenti.

«La nostra Amministrazione, consapevole di quanto sopra esposto, da tempo ha ricercato possibili soluzioni attraverso forme di conven­zionamento con i Comuni vicini per la gestione di particolari servizi. Tale strumento ha dimo­strato, da un lato la sua efficacia, ma al contem­po ha evidenziato i suoi limiti legati alla tempora­neità, complessità di gestione ed eccessiva set­torialità di intervento.

«Abbiamo in questi anni maturato la convin­zione che l'unica strada percorribile sia, in una prima fase, la progressiva unione dei Comuni fi­no a giungere ad una dimensione che riteniamo ottimale tra 5.000 e 10.000 abitanti per conse­guire successivamente una effettiva fusione. «Questa ipotesi produrrebbe:

- riduzione dei carichi di lavoro tramite unifi­cazione di tutte le incombenze che si ripetono in termini del tutto analoghi nei vari enti comunali; - possibilità di specializzazione e qualificazio­ne del personale con conseguente accelerazio­ne ed incremento dell'indice di affidabilità delle procedure;

- disponibilità di maggiori risorse economi­che e di competenza professionale con possibi­lità di una più organica gestione del territorio e delle sue problematiche;

- mantenimento e ampliamento attraverso si­stemi informatici, dei luoghi, tempi e modi di ac­cesso al pubblico ai servizi comunali.

«Nessuna motivazione economica, sociale, politica e culturale ci sembra ormai talmente va­lida, da sostenere la necessità di mantenere au­tonomie ormai agonizzanti e superate dal pro­fondo mutamento di mentalità e stile di vita delle nuove generazioni.

«In relazione a quanto sopra si invitano i Sin­daci dei Comuni limitrofi a porre in discussione, nel primo Consiglio Comunale utile, il presente documento.

«In una seconda fase si auspica la formazione di una commissione permanente che elabori, in accordo con la Comunità Montana ed in tempi brevi, un progetto operativo di unione tra i Co­muni interessati».

 

 

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