Prospettive assistenziali, n. 118, aprile-giugno 1997

 

 

Interrogativi

 

 

CHE COSA HANNO FATTO LA REGIONE LAZIO E IL COMUNE DI ROMA PER L'UTILIZZO DELL'INGENTE PATRIMONIO DELLE IPAB?

 

Estremamente cospicuo il patrimonio immobi­liare delle IPAB, Istituzioni pubbliche di assisten­za e beneficenza, romane.

L'Istituto di S. Maria in Aquiro possiede, oltre all'ospizio, i Conservatori della Divina Provviden­za e della Speranza, l'Opera pia Agostini, il Pa­lazzo Rinaldi, 8 stabili con 80 appartamenti, un terreno di 30 mila metri quadrati in Via di Val Cannuta.

A sua volta l'istituto S. Michele è proprietario di 2 cinema, 3 alberghi, 6 scuole, 2 gallerie d'ar­te, 4 bar, 2 impianti sportivi, 8 laboratori per arti­giani, 5 magazzini, un terreno di 15 mila metri quadrati e 22 appartamenti.

Le proprietà dell'Istituto per ciechi S. Alessio consistono in 130 appartamenti, in gran parte situati in Via Margutta, una tenuta di 360 ettari vicino a Siena, terreni a Fiano Romano e alla Madonna del riposo, 6.500 metri quadrati in Via Gregorio VII e altri 7 immobili (1).

Com'è noto, questi beni ed i relativi redditi de­vono obbligatoriamente essere destinati alle at­tività assistenziali.

Da quanto risulta dall'articolo "I Comuni e le IPAB: reciprocità di interessi" di Amedeo Piva, Assessore alle politiche sociali del Comune di Roma (2), «la metà delle IPAB esistenti (a Roma, n.d.r.) non persegue più le finalità assistenziali originarie, né finalità sostitutive. li 36 per cento, infatti, non ha nessun tipo di assistenza sociale, e il 15 per cento si limita ad inviare un po' di dena­ro alle IPAB attive o alla Caritas. Eppure, tra que­ste IPAB inattive ve ne sono alcune che hanno in piedi un'attività assistenziale assolutamente mini­male rispetto all'entità (talvolta straordinaria) dei propri patrimoni».

Che cosa aspettano la Regione Lazio e il Co­mune di Roma per avviare le procedure di estin­zione delle suddette IPAB con il contestuale tra­sferimento dei beni mobili e immobili allo stesso Comune di Roma?

La Regione Lazio e il Comune di Roma (che provvede alla nomina di molti amministratori del­le suddette IPAB) quali controlli hanno finora esercitato? Con quali esiti?

Sono stati predisposti programmi, anche solo di massima al fine di utilizzare il suddetto patri­monio per adeguare le strutture assistenziali al­le esigenze dell'utenza?

Ad esempio, sono sufficienti e idonee le co­munità alloggio attualmente destinate ai minori ed agli handicappati adulti?

Aspettiamo con molto interesse una risposta dall'Assessore Piva e dal Sindaco Rutelli.

 

 

LA CGIL VUOLE VERAMENTE LA COLLABORAZIONE DEL VOLONTARIATO?

 

Parlando ai delegati dell'AUSER, Associazione per l'autogestione dei servizi, promossa dal Sin­dacato pensionati, Sergio Cofferati, Segretario generale della CGIL, ha affermato che «tra il mondo del volontariato (di cui I'AUSER è espres­sione) e il movimento sindacale bisogna stabilire una relazione stretta, assai più di quanto non sia stata finora. Chi lavora per la solidarietà, chi pro­muove l'economia "non profit'; chi attraverso l'associazionismo e il volontariato si sforza di da­re risposte ai bisogni antichi ma anche nuovi del­la società, non può che essere alleato del movi­mento sindacale; con esso val la pena di definire un protocollo di rapporti» (3).

Per quanto ci riguarda, siamo ben lieti di ade­rire alla proposta del Segretario generale della CGIL, anche perché da più di vent'anni ci ado­periamo, in verità con scarsi risultati, di coinvol­gere i Sindacati sulle problematiche inerenti le esigenze fondamentali di vita ed i diritti della fa­scia più debole della popolazione, esigenze e diritti che riguardano direttamente anche una quota non indifferente di aderenti e di ex iscritti al Sindacato. Ad esempio, nel lontano 1971, è stato organizzato dai Sindacati e dai movimenti di base torinesi l'importantissimo convegno "Dall'assistenza emarginante ai servizi sociali aperti a tutti" (4). A seguito della suddetta inizia­tiva venne costituito il collettivo intersindacale (CGIL, CISL e UIL) e interassociativo sui proble­mi dell'assistenza (5), che fu sciolto senza alcu­na spiegazione dai Sindacati nel 1976.

Successivamente, tre intese sui corsi prela­vorativi per handicappati intellettivi furono sotto­scritte dal Comune di Torino, i Sindacati CGIL, CISL, UIL e dal CSA - Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base.

Sono state realizzate altre iniziative comuni, ma restano profonde divergenze soprattutto sul ruolo dell'assistenza sociale, sul diritto degli an­ziani cronici non autosufficienti alle cure sanita­rie e sul collocamento obbligatorio delle perso­ne con handicap.

Un'altra questione, a nostro avviso non margi­nale, riguarda la contrattazione in materia di servizi sanitari e assistenziali.

Finora le istituzioni pubbliche non hanno rico­nosciuto ai movimenti associativi alcun ruolo. II Governo, le Regioni, gli Enti locali, le USL trattano esclusivamente con i Sindacati dei la­voratori dipendenti e, in certi casi, anche con quelli dei commercianti, degli artigiani e dei col­tivatori diretti.

A questo proposito sarebbe auspicabile che - finalmente - le istituzioni considerassero i movimenti associativi, in particolare il volontaria­to, non solo come gruppi che operano in con­creto, ma anche come entità in grado di propor­re, programmare e verificare.

Sarebbe, inoltre, estremamente positivo che i Sindacati dei lavoratori dipendenti e autonomi ed i movimenti associativi di base stabilissero confronti sulle proprie linee di intervento, con­fronti che dovrebbero essere fondati non sul nu­mero degli aderenti, ma sui problemi concreti.

Che cosa intende fare il Sindacato per stabili­re rapporti non occasionali con il volontariato?

NON È UN ESEMPIO DI SPRECO DI DENARO PUBBLICO?

Mentre per aiutare le persone prive di mezzi le risorse economiche sono sempre scarse o ad­dirittura non ci sono, per fatti assolutamente ba­nali il denaro pubblico viene sprecato.

A Torino, il 28 febbraio 1997 c'è stato un in­contro del Ministro della sanità e degli Assessori delle Regioni italiane, durato ben 3 ore.

Non avendo né la Regione Piemonte, né il Co­mune e la Provincia di Torino un locale idoneo, è stato chiesto all'Opera Barolo di mettere a di­sposizione un salone. La cifra spesa è stata di tremilioni.

Poi c'è stata la necessità di allestire un tavolo e 80 sedie (L. 4.463.000), di predisporre un ser­vizio di amplificazione (L. 1.681.000).

Naturalmente si è dovuto provvedere al Cof­fee-break (L. 7 milioni), ai fiori (710 mila) e alle cartelle-congresso (L. 1.310.000 per 50 esem­plari).

Infine 6 milioni sono stati stanziati per il servi­zio di trasporto, gli atti di ospitalità non elencati in precedenza e per le altre spese impreviste.

In parole povere, ai contribuenti piemontesi le 3 ore di incontro del Ministro della sanità Rosy Bindi sono costate oltre 24 milioni!

Non è una somma assolutamente esagerata e ingiustificata?

 

 

 

(1) I dati sono stati tratti da IPAB Oggi, n. 1, gennaio-feb­braio 1996.

(2) Ibidem.

(3) Cfr. l'unità del 22 maggio 1996.

(4) Gli atti sono stati pubblicati dalla SEI.

(5) Cfr. il Quaderno sindacale dei Comitati Regionali Pie­monte CGIL, CISL, UIL, Esperienze di lavoro e di lotta sui problemi dell'assistenza, Torino, settembre 1971 - maggio 1972.

 

 

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