Prospettive assistenziali, n. 117, gennaio-marzo 1997

 

 

LA PERSONA DOWN VERSO IL DUEMILA (*)

 

 

Attualmente vi sono in Italia 48.000 persone Down: una piccola città. Ne nascono circa 600 l'anno, ma il numero dei concepimenti aumenta se si contano gli aborti procurati (circa 200) e quelli spontanei. Ancora sconosciute le cause che determinano l'insorgenza della sindrome. AI di là da venire la possibilità di intervenire per "spegnere" il cromosoma in più.

I numerosi medici genetisti, cardiologi, pedia­tri, neuropsichiatri, ecc. presenti al convegno ci hanno detto tutto su cromosomi, li hanno rivolta­ti come un guanto, ci hanno sommerso di stati­stiche.

Conosciamo i rischi come l'invecchiamento precoce, anche se la vita media si è alzata, la maggiore incidenza del morbo di Alzheimer, le malformazioni cardiologiche.

Normalmente nei convegni in cui si parla di handicappati intellettivi, questi sono scarsamen­te presenti e comunque non protagonisti.

A Roma invece ho incontrato dei ragazzi attivi che hanno cercato e trovato spazi propri all'in­terno del convegno con relazioni e interventi nel dibattito, con richieste precise, con la consape­volezza del loro essere Down e nessun com­plesso. Bene fa l'Associazione Persone Down a puntare nelle sue iniziative sull'autonomia, aiu­tando le famiglie ed i ragazzi a raggiungerla.

C'è da chiedersi se esista ancora il "mongo­loide" grave, obeso e impacciato che eravamo abituati a conoscere. Certamente nelle nuove generazioni non esiste più, perché l'intervento precoce, l'integrazione scolastica e il lavoro lo hanno trasformato in una persona con più o me­no difficoltà, ma bene inserita nella società.

Un convegno internazionale è un'operazione ambiziosa, di grande effetto, ma se i relatori esteri sono molti si rischia la dispersione. Non entro nel merito delle relazioni mediche, peraltro molto interessanti, non avendone la competen­za, mentre quando si parlava di integrazione scolastica e di lavoro spesso sorgeva sponta­nea la domanda: stiamo parlando delle stesse persone? La risposta era scontata tutte le volte che il discorso era strettamente legato ai Down.

Dove invece l'attenzione era rivolta all'handi­cap intellettivo in generale, spesso la risposta era: certo che no, come nel caso della relazione di due operatrici danesi su di un'esperienza di formazione professionale, peraltro altamente "speciale" e residenziale, con successivo inseri­mento lavorativo oltretutto protetto, di soggetti che, visti in video, presentavano lievi handicaps se non addirittura solo una situazione di disagio. Spero che le gentili signore Jansen e Nielsen abbiano appreso qualcosa di diverso dalle suc­cessive relazioni del workshop sul lavoro.

Centralità del lavoro e nessuno spazio assi­stenziale: queste le novità del convegno che pur abbracciava tutto l'arco della vita di perso­ne con handicap intellettivo. Non si è parlato di centri socio-terapeutici o simili, né di soluzioni per il dopo famiglia; qualche richiesta è emersa nel corso del dibattito, ma l'attenzione delle fa­miglie era centrata sull'autonomia e sul lavoro.

Nei sei workshop paralleli si sono approfonditi singoli temi: aspetti medici, neuropsicologici, fa­miglia e servizi, scuola, lavoro, vita adulta. È mancata però una sintesi dei lavori di gruppo da riportare in assemblea: bisognerà aspettare gli atti per sapere di che cosa si è discusso. L'im­pressione è che la vita adulta si coniughi sem­pre con l'autonomia.

Solo il workshop sulla scuola ha prodotto la mozione allegata.

Di centralità del lavoro si è parlato molto so­prattutto, ma non solo, nel workshop apposito, che ha avuto come momento centrale l'espe­rienza di Genova guidata dal prof. Montobbio, esperienza che si è evoluta negli anni acco­gliendo la tesi che, oltre alla formazione attra­verso tirocini in azienda, occorrano corsi di for­mazione professionale come è emerso dall'esperienza del CSA di Torino. A Genova vi sono attualmente 120 persone, di cui 54 Down, inserite nei progetti che portano a diversi tipi di inserimenti, da quello socializzante per coloro che hanno capacità molto ridotte e non potran­no mai essere assunti, a quello in cui il ragazzo lavora in azienda ma non viene assunto e la re­tribuzione gli arriva attraverso un passaggio di denaro tra l'azienda e I'Associazione ANFFAS, a quello, finalmente, che prevede la possibilità di un'assunzione. Non tutto brilla, quindi, perché certi compromessi possono costituire prece­denti pericolosi. I progetti sono attuati dal Cen­tro Studi USL di Genova che dispone di un orga­nico di 25 persone.

Concreta e positiva l'esperienza presentata da un manager della Mc Donald che, in collabo­razione con l'Associazione Persone Down, ha assunto cinque ragazzi con sindrome di Down in una delle sue paninoteche. È stata una relazione molto bella e coinvolgente per l'entusiasmo che traspariva dalle parole del relatore.

Dal panorama delle esperienze presentate, è emerso chiaramente che nel nostro paese man­ca quasi ovunque un impegno organico delle istituzioni: occorre quindi chiedere che vengano istituiti dappertutto i servizi per l'inserimento la­vorativo (SIL) gestiti dagli Assessorati al lavoro e non da quelli preposti all'assistenza.

Fuori d'Italia, dove si va facendo strada il prin­cipio che il lavoro deve essere svolto presso normali aziende, sono ancora diffuse situazioni di lavoro protetto all'interno dell'azienda stessa. La gestione dell'inserimento lavorativo è spesso delegata alle Associazioni di famiglie.

Agghiaccianti le immagini trasmesse da una videocassetta sugli istituti dell'ex Unione Sovie­tica dove languono bambini e adulti handicap­pati senza cure e scarsamente alimentati, nel di­sinteresse delle istituzioni. Gruppi di volontari stanno ora cercando di riportarli alla vita.

 

 

Allegato

 

MOZIONE APPROVATA DAL GRUPPO DI LAVORO SULLA SCUOLA

 

L'integrazione scolastica e sociale delle per­sone handicappate gode di buone leggi che non sempre vengono attuate. Pertanto il convegno presenta le seguenti richieste:

 

all'Unione Europea:

- inserire nel trattato dell'Unione la clauso­la di non discriminazione legata all'handicap;

al Parlamento:

- vigilare, con interrogazioni e interpellanze, sull'attuazione degli impegni del Governo previ­sti nella risoluzione del 3.10.96 sull'attuazione della legge quadro approvata dalla Commissio­ne Affari Sociali;

 

al Governo:

- promuovere la riunione della Conferenza Stato-Regioni per fissare gli standard minimi dei servizi territoriali socio-sanitari ed educativi su tutto il territorio nazionale;

- fare un disegno di legge che affermi la ob­bligatorietà nella stipula degli accordi di pro­gramma per l'integrazione scolastica e sociale;

- operare il ritiro dell'art. 24 del disegno di legge di accompagnamento alla proposta di leg­ge finanziaria per il 1997, concernente l'indenni­tà di accompagnamento;

 

al Ministro per gli Affari sociali, On. Livia Turco:

- convocare al più presto la Commissione na­zionale sull'handicap prevista dall'art. 41 della legge 104/92;

- attivarsi per il rispetto e l'attuazione della legge quadro da parte di tutti gli altri Ministeri (compreso il Ministero degli esteri, che attual­mente non la applica) e da parte delle Regioni;

 

al Ministero della Pubblica istruzione, nella per­sona del sottosegretario con delega per l'inte­grazione, On. Albertina Soliani:

- predisporre la nomina degli insegnanti di sostegno prima dell'inizio dell'anno scolastico; - estendere la funzione valutativa dell'inse­gnante di sostegno nella scuola superiore an­che agli alunni non handicappati compagni di classe dell'alunno disabile, come già avviene nella scuola dell'obbligo;

- porre maggiore impegno nell'aggiornamen­to di tutti gli insegnanti sulle tematiche dell'han­dicap e dell'integrazione, tramite l'aggiornamen­to in servizio;

- integrare, in qualità anche di Ministero per l'università, il DPR 470/96 e il DPR 471196, relati­vi alla formazione universitaria degli insegnanti, prevedendo nell'area comune un adeguato nu­mero di ore sulle problematiche dell'integrazio­ne scolastica;

 

alle Regioni:

- approvare le leggi regionali di attuazione della legge quadro da essa previste;

- fissare i parametri del rapporto tra utente e unità multidisciplinari, previste dalla legge qua­dro, con rapporto almeno di un'équipe per ogni distretto socio-sanitario di base, o, comunque, con la definizione di un bacino di utenza non su­periore ai 50.000 abitanti (come ha già fatto la regione Sicilia);

 

all'ANCI e all'UP:

- promuovere la stipula degli accordi di pro­gramma per l'integrazione scolastica e sociale, che la legge quadro pone a loro carico.

 

 

(*) Sintesi a cura di Chiara Giglioli del convegno "La persona Down verso il Duemila", svoltosi a Roma dal 23 al 25 ottobre 1996.

 

 

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