Prospettive assistenziali, n. 116, ottobre-dicembre 1996

 

 

Editoriale

 

RIFORMA DELL'ASSISTENZA O NUOVO ASSETTO DEI SERVIZI PER IL CONTROLLO DEI CITTADINI IN DIFFICOLTÀ?

 

 

Numerosi e preoccupanti sono gli interrogativi che sorgono dall'esame della proposta di legge n. 354, presentata alla Camera dei Deputati dall'On. Signorino (PDS) e da altri parlamentari dell'Ulivo (1), proposta che riportiamo integral­mente in questo numero.

Infatti:

1. non è previsto alcun nuovo diritto concreta­mente esigibile da parte delle persone e dei nuclei familiari incapaci di provvedere autono­mamente alle proprie fondamentali esigenze di vita. Non è nemmeno confermato quanto stabili­to nel secolo scorso dal regio decreto 19 no­vembre 1889 n. 6535 (2);

2. non abroga le vigenti norme del regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 "Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza" che, richia­mandosi al sopra citato regio decreto, affidano alla pubblica sicurezza il compito di provvedere al ricovero in una struttura assistenziale delle persone inabili a qualsiasi lavoro proficuo che non hanno i necessari mezzi di sussistenza. Ov­viamente le norme suddette dovrebbero essere sostituite da disposizioni in grado di garantire, anche nelle situazioni indifferibili, interventi ido­nei (ad esempio, se necessario, l'immediata ac­coglienza in comunità alloggio anziché il ricove­ro in istituto);

3. non è disposto il trasferimento ai Comuni singoli e associati delle competenze anco­ra attribuite dalle leggi attuali alle Province, competenze concernenti l'assistenza sociale:

a) alle gestanti e alle madri nubili e coniugate, comprese le attività dirette a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono ricono­scere i propri nati;

b) ai figli di ignoti e ai bambini esposti;

c) ai nati fuori del matrimonio, a condizione che al momento della prima richiesta di assi­stenza non abbiano ancora compiuto 6 anni;

d) ai ciechi e ai sordomuti poveri rieducabi­li (3);

e) ai minori già di competenza della disciolta ONMI, Opera nazionale maternità e infanzia.

Di conseguenza, l'approvazione della propo­sta n. 354 nel testo attuale non obbligherebbe le Amministrazioni provinciali ad assegnare ai Co­muni il personale, le strutture, le attrezzature ed i finanziamenti destinati alle attività assistenziali sopra indicate;

4. nessuna regolamentazione è introdotta in materia di IPAB, Istituzioni pubbliche di as­sistenza e beneficenza (4); i cui rilevantissimi patrimoni erano stati valutati dall'On. Marisa Galli nella seduta della Camera dei deputati del 17 febbraio 1982 in ben 30-40 mila miliardi. L'omissione (voluta?) è estremamente grave perché, a seguito della sconcertante sentenza della Corte costituzionale n. 396 del 24 marzo 1988, numerose IPAB sono già state privatizzate e molte altre possono esserlo anche a tempi brevi (5).

La privatizzazione - incredibile ma vero - consiste nella cessione a titolo assolutamente gratuito ad organizzazioni private dei patrimoni, spesso assai rilevanti. Da osservare che le IPAB oggetto di donazione, che diventano enti con personalità giuridica privata, non devono richie­dere nessuna autorizzazione per la vendita dei beni mobili ed immobili. È pertanto prevedibile che nel giro di pochi anni andranno disperse proprietà che, anche se privatizzate, dovrebbero continuare ad essere destinate ai poveri in base alla volontà dei fondatori dell'ente e alle leggi vi­genti (6);

5. non contiene alcun riferimento alla legge 4 maggio 1983 n. 184, nonostante che la stessa attribuisca numerosi ed importanti com­piti alle Regioni ed agli enti locali in materia di aiuto psico-sociale alle famiglie d'origine dei mi­nori in difficoltà, di adozione e di affidamento fa­miliare a scopo educativo;

6. non stabilisce alcun divieto alla costruzione di nuovi istituti di assistenza per i minori e per gli handicappati compresi quelli adulti, an­che se da decenni sono note le nefaste conse­guenze dell'istituzionalizzazione nei confronti dei soggetti ricoverati e se, da molto tempo, so­no state positivamente collaudate le soluzioni al­ternative, comunità alloggio comprese. D'altra parte, non essendo previsti nella proposta n. 354 standards di nessun genere, è possibile che vengano denominate comunità alloggio strutture che hanno tutte le caratteristiche dell'istituto;

7. abroga la competenza esclusiva del Servi­zio sanitario nazionale per quanto concer­ne le cure dei giovani; degli adulti e degli anziani cronici non autosufficienti. Significativo, a que­sto riguardo, il fatto che nella relazione della proposta di legge n. 354 non venga utilizzato il termine "lungodegenza" e sia stato inventato il vocabolo "lungoassistenza" (7);

8. impone (art. 3, punti 5 e 6) il pagamento di contributi economici, pagamento non previ­sto da alcuna legge vigente (8), da parte dei pa­renti di assistiti maggiorenni. In netto contrasto con quanto sopra, nella proposta n. 354 è stabi­lito (art. 14 e seguenti) che gli emolumenti eco­nomici continuativi alle persone singole ed ai coniugi ultrasessantacinquenni aventi redditi in­feriori al minimo vitale sono erogati - a nostro avviso giustamente - senza considerare la si­tuazione economica dei parenti tenuti agli ali­menti (9);

9. viene stabilito dall'art. 16 - e questa è una disposizione palesemente ingiusta - che l'assegno di minimo vitale (che sostituisce a tutti gli effetti la pensione sociale) venga «corrisposto ai cittadini che abbiano compiuto i sessantacin­que anni anche se conviventi con un nucleo fa­miliare il cui reddito sia inferiore a lire 70 milioni lordi annui» (10).

Ma non basta. I contributi economici diretti ad assicurare il minimo vitale dovrebbero essere corrisposti anche a coloro che posseggono proprietà di qualsiasi importo (anche ai miliar­dari!). Per l'On. Signorino il possesso di beni mobili (BOT, CCT, BTP, azioni, ecc.) e immobili (alloggi, negozi, terreni, ecc.) non ha alcuna rile­vanza in merito alla concessione di sussidi che - lo ripetiamo - hanno lo scopo di fornire il mi­nimo necessario per vivere;

10. poiché i falsi poveri, che l'On. Signorino vorrebbe aiutare, non sono soltanto gli ul­trasessantacinquenni proprietari di beni mobili e immobili, la proposta di legge n. 354 dispone analogo privilegio anche per i pensionati dell'INPS. Infatti (cfr. il punto 3 dell'art. 15) il mi­nimo vitale dovrebbe essere erogato anche a coloro che hanno maturato una pensione infe­riore all'importo dello stesso minimo vitale, indi­pendentemente dai patrimoni posseduti.

 

*  *  *

Molto preoccupanti sono due altri aspetti del­la proposta di legge n. 354.

 

Violata la norma costituzionale

La Costituzione stabilisce quanto segue (cfr. il 1° comma dell'art. 38): «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vive­re ha diritto al mantenimento e all'assistenza so­ciale». Ne deriva che le prestazioni assistenziali - a nostro avviso giustamente - possono e de­vono essere fornite esclusivamente alle persone e ai nuclei familiari che si trovano nelle condi­zioni sottospecificate:

1) inabilità al lavoro proficuo o impossibilità di svolgerlo in quanto di età inferiore ai 15 anni o perché usciti dal ciclo produttivo (pensionati) o incapaci per qualsiasi. motivo di svolgerlo, escluse le malattie e i loro esiti (11);

2) privi (i soggetti stessi, i loro coniugi convi­venti ed i genitori se si tratta di minorenni) dei mezzi economici occorrenti per vivere.

La norma costituzionale dovrebbe essere ri­spettata non solo perché è stabilita dalla legge fondamentale dello Stato, ma soprattutto perché risponde pienamente ad un evidente principio etico-sociale: la collettività non deve assistere chi non ne ha la necessità. Deve aiutare sola­mente i soggetti ed i nuclei familiari che non so­no in grado di provvedere autonomamente a se stessi, nemmeno, se minorenni, con l'aiuto dei propri genitori e degli altri congiunti.

Purtroppo, la proposta di legge presentata dall'On. Signorino estende - come abbiamo vi­sto - le prestazioni assistenziali anche alle per­sone che hanno redditi e beni sufficienti per soddisfare le proprie esigenze.

Questa estensione non riguarda solo alcune prestazioni economiche (con l'esborso assolu­tamente ingiustificato da parte dello Stato di molte centinaia di miliardi all'anno!), ma anche altri interventi, ad esempio l'assistenza domici­liare.

 

Servizi assistenziali per il controllo sociale dei cittadini in difficoltà?

Come abbiamo visto, uno scopo non secon­dario della proposta n. 354 è il dirottamento dal­la sanità (caratterizzata dalla presenza di diritti esigibili, dalla gratuità delle prestazioni - salvo ticket - e dalla equiparazione giuridica dei trat­tamenti per tutti i malati indipendentemente dall'età, dalle cause, dalla fenomenologia e dalla durata delle malattie) (12) al settore dell'assi­stenza sociale (la cui peculiarità è la discrezio­nalità degli interventi, peculiarità che rimarrebbe anche nel caso venisse approvata l'iniziativa dell'On. Signorino).

II problema è certamente rilevante non solo sotto gli aspetti etici, giuridici, diagnostici, tera­peutici e riabilitativi, ma anche per quanto ri­guarda il profilo quantitativo. Infatti, ne sono coinvolte almeno un milione di persone: giovani, adulti, anziani malati cronici non autosufficienti, sofferenti psichiatrici e tossicodipendenti, sog­getti indicati come assistibili al punto 4.2. della relazione e all'art. 11, lettera b) del testo in og­getto.

In precedenza, abbiamo anche rilevato che, sempre in base alla proposta n. 354, gli emolu­menti economici a carattere continuativo do­vrebbero essere erogati anche a soggetti con ri­levanti redditi propri o del coniuge e indipen­dentemente dal possesso di beni mobili e immo­bili di qualsiasi entità.

Ma l'aspetto ancora più preoccupante riguar­da i numerosissimi compiti attribuiti dalla propo­sta di legge n. 354 ai servizi assistenziali per at­tività in cui l'assistenza non dovrebbe avere al­cuna competenza o potrebbe esercitare solo un ruolo marginale, sempre che venisse rispettata la già richiamata disposizione costituzionale.

Secondo l'On. Signorino, l'assistenza dovreb­be svolgere le seguenti funzioni, a nostro avviso, assolutamente improprie e ingiustificate:

- «promozione dell'inserimento e del reinseri­mento lavorativo» (art. 1.2.);

- predisposizione di «programmi integrati per obiettivi complessi di tutela e qualità della vita, nei confronti di minori, giovani e anziani, per la promozione e tutela della maternità e del nucleo familiare, per la prevenzione e riabilitazione delle disabilità e della tossicodipendenza» (art. 1.3.);

- «interventi di sostegno e mediazione di sog­getti in situazioni disagevoli, per favorire l'acces­so all'istruzione dell'obbligo, alla formazione pro­fessionale e al lavoro» (art. 3.3., lettera d);

- «promozione di attività atte a favorire l'inte­grazione sociale di soggetti emarginati, quali extra-comunitari, ex detenuti e disadattati socia­li» (13) (art. 3.3., lettera e);

- «attività per soggetti con problemi psicofisici quali anziani, handicappati ed emarginati sociali» (art. 5, lettera b);

- «realizzando collegamenti operativi con tutti i servizi dell'area giovanile, del tempo libero e del­la comunicazione per gli aspetti che hanno rile­vanza nei confronti delle categorie assistite» (art. 10, lettera i).

Stante anche l'assoluta indeterminatezza dei compiti indicati nella proposta n. 354 per quanto concerne le prestazioni assistenziali (come ab­biamo già scritto non è previsto - esclusi gli emolumenti economici a carattere continuativo - alcun diritto per l'utenza), le funzioni sopra elencate e le disposizioni circa i coordinamen­ti (14), sono destinate - purtroppo - a favorire la deresponsabilizzazione dei settori sociali (e quindi fruibili da tutta la popolazione, ovviamen­te compresi gli assistiti) in merito agli interventi specifici riguardanti le persone in difficoltà. Ad esempio, se il settore "lavoro" non si occupa della fascia debole della popolazione, è inevita­bile che questi soggetti non troveranno mai oc­cupazione nelle comuni aziende private e pub­bliche, ma dovranno accontentarsi di vivacchia­re con borse di lavoro o con inserimenti presso cooperative sociali (15).

A nostro avviso, non spetta all'assistenza isti­tuire i servizi per l'inserimento lavorativo delle persone in difficoltà (ci riferiamo, ad esempio ai SIL, Servizi Inserimenti Lavorativi, costituiti da alcune USL).

Per contrastare l'emarginazione occorre, in­vece, che tutti i settori sociali (sanità, istruzione, formazione professionale, lavoro, ecc.) si orga­nizzino in modo da consentire l'accesso anche alle persone in difficoltà, assumendo tutte le al­tre iniziative dirette al loro ottimale inserimento.

Costringere le persone in difficoltà e gli handi­cappati a dover ricorrere all'assistenza per po­ter utilizzare i servizi sociali non assistenziali, è una discriminazione - a nostro avviso - inac­cettabile sotto tutti i punti di vista (etico, giuridi­co, sociale, ecc.).

Nella relazione della proposta di legge n. 354, si sostiene giustamente che è necessario evita­re che «il mancato intervento sulle disuguaglian­ze sociali possa condurre anche a gravi condi­zioni di instabilità politica e sociale».

Ma non è ammissibile che al settore assisten­ziale venga assegnato il compito di controllore sociale delle persone e dei nuclei familiari in dif­ficoltà, assegnando alle istituzioni (Regioni e Comuni) e ai servizi assistenziali poteri che-te­nuto conto dell'estrema debolezza di coloro che hanno esigenze vitali indifferibili - sono pratica­mente assoluti.

Infine, non è accettabile che vengano attribuiti al comparto dell'assistenza, rivolto alle persone in difficoltà, finanziamenti che sono destinati a coloro che hanno redditi e beni sufficienti per condurre una esistenza accettabile.

 

 

(1) Nel prossimo numero esamineremo la proposta di legge n. 2431 "Legge quadro sull'assistenza e sui servizi sociali", presentata in data 8 ottobre 1996 alla Camera dei Deputati dall'On. Polenta e da altri parlamentari e la bozza predisposta il 20 novembre 1996 dalla Fondazione Zancan e dalla Caritas italiana.

(2) II regio decreto 6535/18$9, ancora in vigore, obbliga i Comuni a provvedere al ricovero degli inabili al lavoro e cioè delle «persone dell'uno e dell'altro sesso, le quali (...) per insanabili fatti fisici o intellettuali non possono procac­ciarsi il modo di sussistenza».

(3) Questa è la definizione contenuta nel regio decreto 3 marzo 1934 n. 383 "Testo unico della legge comunale e provinciale".

(4) Nella proposta di legge n. 354 è solamente previsto: - alla lettera e) dell'art. 9 che le Regioni «redigono il pia­no regionale socio-assistenziale (...) in cui disciplinano e re­golamentano, in relazione alle attività prestate, il ruolo delle IPAB»;

- al punto 3 dell'art. 13 che «i Comuni provvedono, al­tresì, all'accreditamento delle IPAB».

(5) Ricordiamo che l'On. Signorino aveva promosso l'approvazione (Roma, 11 maggio 1989) da parte del Coor­dinamento degli Assessori all'assistenza delle Regioni e delle Province autonome, che presiedeva, di un documen­to diretto ad estendere al massimo la privatizzazione delle IPAB. Cfr. "La privatizzazione delle IPAB, ovvero i poveri an­cora più poveri", Prospettive assistenziali, n. 90, aprile-giu­gno 1990. Alla fine del 1994 i patrimoni delle 84 IPAB pri­vatizzate in Emilia-Romagna ammontavano a 183 miliardi e 511 milioni (cfr. IPAB Oggi, novembre-dicembre 1995).

(6) AI fine di salvaguardare le. proprietà delle IPAB, il le­gislatore del secolo scorso (cfr. la legge 17 luglio 1890 n. 6972) aveva stabilito che i proventi derivanti dalla vendita di beni mobili e immobili non potevano essere destinati alle spese di gestione, ma dovevano essere reinvestiti per con­tinuare a far parte del patrimonio della stessa IPAB. Questa norma di tutela a favore dei poveri non vale - purtroppo - per le IPAB privatizzate, almeno fino a quando non provve­derà una legge del Parlamento, ad esempio quella di rifor­ma dell'assistenza.

(7) L'On. Signorino era intervenuta nel 1989 presso il Coordinamento degli Assessori regionali all'assistenza, ot­tenendo il loro appoggio per il trasferimento della compe­tenza ad intervenire dal settore della sanità a quello dell'assistenza in materia di anziani malati cronici non au­tosufficienti (cfr. "Le profonde contraddizioni del PCI in materia di anziani cronici non autosufficienti", Prospettive assistenziali, n. 88, ottobre-dicembre 1989). Adesso la Par­lamentare dell'Ulivo vorrebbe sanare l'illegalità della sud­detta sua iniziativa.

(8) Cfr. in questo numero l'articolo "Facciamo il punto sui contributi economici richiesti indebitamente dagli enti pubblici ai parenti degli assistiti maggiorenni".

(9) Precisiamo che continuiamo ad essere favorevoli all'erogazione dell'indennità di accompagnamento a tutti gli aventi diritto, indipendentemente dai redditi e dai beni posseduti. Infatti, si tratta di una prestazione diretta a com­pensare, anche se in minima parte, le maggiori spese so­stenute a causa della minorazione.

(10) Pertanto, se si tratta di marito e moglie conviventi di cui uno ha un reddito non superiore ai 70 milioni, all'altro coniuge verrà corrisposto l'assegno di minimo vitale! Un esempio di assistenza ai benestanti.

(11) Com'è noto la cura delle malattie e dei loro esiti compete al Servizio sanitario nazionale e non al comparto dell'assistenza sociale.

(12) Cfr. l'art. 2 della legge 83311978.

(13) È sperabile che dagli extracomunitari da assistere (tutti considerati dall'On. Signorino "soggetti emarginati") vengano esclusi gli ambasciatori, gli addetti ai consolati dei paesi del Terzo mondo e coloro che vivono grazie al loro onesto lavoro.

(14) Sono previsti moltissimi coordinamenti con gli altri servizi (sanità, istruzione, formazione professionale, lavoro, tempo libero, trasporti e comunicazioni, ecc.), coordina­menti che hanno soprattutto lo scopo di estendere le attivi­tà del settore assistenziale, determinando un ampliamento ingiustificato degli organici del personale addetto. Dalle norme contenute nella proposta n. 354 in merito ai suddetti coordinamenti non emergono, invece, vantaggi di sorta per gli assistiti.

(15) Significativa la lettera pubblicata da La Stampa, 7 dicembre 1996: «Il mio convivente ed io lavoriamo presso una cooperativa sociale, perché considerati "disagiati" con uno stipendio ai limiti della sopravvivenza: ogni nostra ora lavorativa viene retribuita un terzo di ciò che la cooperativa percepisce per il nostro operato. Riusciamo a stento ad arri­vare alla fine del mese. A parte tutto ciò i dirigenti di alcune cooperative (tra i quali anche ex tossicodipendenti) fanno eseguire lavori presso le loro abitazioni pagando non di ta­sca loro come sarebbe giusto, ma detraendo l'importo dal fondo cassa e, di conseguenza, dalle tasche dei soci stessi. Alcune cooperative invece di facilitare il reinserimento nella società di chi ha deciso di cambiare vita, lo sfruttano e non lo tutelano. Ma perché nessuno interviene? Perché dobbia­mo essere considerati per sempre disagiati; a rischio, ex e cose di questo genere? Eppure i nostri sforzi per uscire dal­la spirale della droga sono stati enormi. Questo mi spaventa perché a 40 anni, dopo quasi 20 anni vissuti ai margini della società, desidero crearmi una vita normale, da persona, non da ex».

 

 

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