Prospettive assistenziali, n. 116, ottobre-dicembre 1996

 

 

PROPOSTA DI LEGGE DELL'ON. SIGNORINO PER IL RIORDINO DELL'ASSISTENZA SOCIALE

 

 

Riportiamo il testo della proposta di legge n. 354 "Interventi di sostegno sociale per la preven­zione delle condizioni di disagio e povertà, per la promozione di pari opportunità e di un sistema di diritti di cittadinanza", presentata alla Camera dei deputati il 9 maggio 1996 dai parlamentari Si­gnorino, Giannotti, Mussi, Innocenti, Serafini, Me­landri, Mancina, Bolognesi, Battaglia, Caccavari, Jannelli, Lumia, Chiavacci, Peruzza, Gambale, Lucidi, Giacco, Gatto, Rizza, Buffo.

 

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1 (Finalità)

1. In attuazione degli articoli 2, 3, 38, commi primo e quarto, e 117 della Costituzione, sono garantiti al cittadino italiano e alle famiglie inter­venti socio-assistenziali finalizzati al benessere, allo sviluppo della personalità di ciascun indivi­duo ed alla prevenzione delle condizioni di disa­gio sociale e di povertà.

2. Gli interventi socio-assistenziali di cui al comma 1 sono realizzati attraverso servizi ad of­ferta pubblica e privata, servizi di privato socia­le, prestazioni acquisite direttamente dal cittadi­no tramite appositi buoni-servizio, emolumenti economici temporanei e continuativi, promozio­ne dell'inserimento e del reinserimento al lavoro.

3. Ai fini di cui al comma 2, sul piano program­matorio ed operativo le attività socio-assisten­ziali si coordinano con gli interventi sanitari e dell'istruzione, nonché con le politiche di forma­zione, di avviamento e di reinserimento al lavoro. In particolare, sono predisposti programmi inte­grati per obiettivi complessi di tutela e qualità della vita, nei confronti di minori, giovani e anzia­ni, per la promozione e tutela della maternità e del nucleo familiare, per la prevenzione e riabili­tazione delle disabilità e della tossicodipenden­za.

4. In conformità a quanto stabilito per i servizi sanitari dall'articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifica­zioni, compete allo Stato la definizione di livelli uniformi essenziali di assistenza sociale, alle re­gioni la definizione regionale di tali livelli, ai co­muni, singoli o associati, la realizzazione delle prestazioni comprese in ciascun livello, adottan­do le forme associative e gestionali previste dal­la legge 8 giugno 1990, n. 142.

5. Le associazioni di volontariato, le coopera­tive sociali, le istituzioni e gli organismi di assi­stenza sociale senza fini di lucro, gli enti di pa­tronato e le organizzazioni sindacali e di tutela dei diritti dei cittadini concorrono al raggiungi­mento dei fini istituzionali di cui al comma 1, nei modi e -nelle forme stabilite dalla presente legge.

6.1e regioni e le province autonome, ai sensi degli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione, emanano apposite norme legislative per la rea­lizzazione delle finalità stabilite dalla presente legge.

 

Art. 2 (Istituzione del Dipartimento per la promozione della salute e delle attività sociali)

1. Per gli adempimenti in materia di politica sociale è istituito, presso la Presidenza del Con­siglio dei ministri, il Dipartimento per la promo­zione della salute e delle attività sociali, di segui­to denominato "Dipartimento". II Dipartimento, tenuto conto del processo di regionalizzazione in materia sanitaria e di quanto disciplinato dalla presente legge, è articolato in due agenzie che provvedono, rispettivamente, alle funzioni di programmazione, indirizzo e coordinamento de­gli interventi sanitari e degli interventi socio-as­sistenziali e di integrazione sociale.

2. Per l'istituzione del Dipartimento, il Governo è delegato ad emanare, entro sei mesi dalla da­ta di entrata in vigore della presente legge e se­condo i principi e criteri direttivi in essa stabiliti, un decreto legislativo inteso a riordinare le com­petenze dello Stato in materia di politica sociale, trasferendo al predetto Dipartimento le funzioni e le strutture del Ministero della sanità e quelle attribuite al Ministro per la famiglia e la solida­rietà sociale in tale materia, nonché quelle attri­buite al Ministro dell'interno in materia di emolu­menti a favore degli invalidi civili, dei ciechi e dei sordomuti.

3. Con lo stesso decreto di cui al comma 2, sono altresì disciplinate le modalità di trasferi­mento del personale già operante nelle strutture di cui al medesimo comma 2, ai sensi di quanto disposto in materia di pubblico impiego dal de­creto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e suc­cessive modificazioni, nonché le modalità di coordinamento tra le agenzie del Dipartimento e delle stesse con i Ministeri, nel caso di azioni programmatiche integrate per particolari obietti-

vi di sostegno sociale o di prevenzione delle condizioni di disagio dei singoli cittadini o delle famiglie.

4. Le attività assistenziali non attribuite ad enti previdenziali ai sensi delle disposizioni vigenti in materia, sono assegnate alle competenze del­l'agenzia per le attività sociali del Dipartimen­to di cui al comma 1, che provvede alla loro re­golamentazione nell'ambito dei servizi socio-as­sistenziali di cui all'articolo 3.

 

Art. 3 (Definizione degli interventi socio-assistenziali e di integrazione sociale)

1. I cittadini italiani e le loro famiglie hanno di­ritto a fruire dei servizi sociali di cui al comma 3 senza distinzioni di carattere giuridico, econo­mico, sociale, ideologico, religioso o di sesso.

2. Sono altresì ammessi ai servizi di cui al comma 3 gli stranieri ed i loro familiari residenti in Italia per motivi di lavoro e in possesso di re­golare permesso di soggiorno, o in attesa di rin­novo dello stesso, nonché ì soggetti tutelati da convenzioni internazionali sottoscritte dall'Italia.

3. I servizi socio-assistenziali e di integrazione sociale si realizzano attraverso:

a) attività di informazione e consulenza al cit­tadino ed alle famiglie, nei servizi pubblici, priva­ti e di volontariato dell'area sociale, sanitaria, dell'istruzione e dell'inserimento al lavoro. Per tale attività ci si avvale anche dell'apporto delle associazioni di tutela dei diritti dei cittadini e del volontariato;

b) interventi economici, temporanei e perma­nenti, per l'aiuto a soggetti inabili, anziani ed in­validi, privi di mezzi di sostentamento;

c) interventi di sostegno alle situazioni critiche dei singoli e dei nuclei familiari derivate da stati di invalidità e di mancata autosufficienza psico­fisica, tramite prestazioni domiciliari e residen­ziali, anche a carattere diurno;

d) interventi di sostegno e mediazione di sog­getti in situazioni disagevoli, per favorire l'ac­cesso all'istruzione dell'obbligo, alla formazione professionale ed al lavoro;

e) promozione di attività atte a favorire l'inte­grazione sociale di soggetti emarginati, quali ex­tra-comunitari, ex detenuti e disadattati sociali.

4. Per i servizi di cui alla lettera c) del comma 3, in alternativa all'offerta pubblica, l'ente eroga­tore può concedere al cittadino appositi buoni servizio corrispondenti al costo della prestazio­ne richiesta ed utilizzabili per acquistare tale prestazione presso organismi ed istituzioni pri­vate accreditate ai sensi dell'articolo 4, scelte dal cittadino stesso.

5. In relazione al reddito è richiesto agli utiliz­zatori dei servizi di cui al comma 3, alle famiglie od alle persone tenute al loro mantenimento ed alla corresponsione degli alimenti, il concorso al costo delle prestazioni socio-assistenziali indivi­duate al comma 3, lettera c).

6. Le regioni disciplinano, nel territorio di ri­spettiva competenza, i criteri per la concessione dei buoni servizio di cui al comma 4, nonché le modalità di concorso alla spesa secondo indi­cazioni approvate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

7. Presso la Presidenza del Consiglio dei mini­stri è istituito annualmente un fondo per l'inte­grazione sociale da destinare ai soggetti di cui al comma 2, per garantire una protezione socia­le di base, secondo un protocollo stabilito dal Ministro per la famiglia e la solidarietà sociale di intesa con la Conferenza permanente per i rap­porti tra lo Stato, le regioni e le province autono­me di Trento e di Bolzano.

8. Le regioni, in relazione a specifiche situa­zioni di immigrazione verificate nei loro territori, possono altresì avviare progetti sperimentali an­che per gli stranieri che sono in attesa di defini­re la loro posizione lavorativa ed il permesso di soggiorno.

9. Per l'attuazione delle attività di cui ai commi 3 e 4, le regioni stabiliscono apposite intese con i comuni e con le associazioni di volontariato.

 

Art. 4 (Istituzioni private di assistenza sociale)

1. Ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 38 della Costituzione è garantita la libertà di costi­tuzione e di attività alle associazioni, fondazioni o altre istituzioni private, dotate o meno di per­sonalità giuridica, che perseguono finalità assi­stenziali, anche a scopo di lucro, a condizione che le stesse esercitino tale assistenza in con­formità alle disposizioni statali e regionali vigenti in materia.

 

Capo ll

DISPOSIZIONI PER IL RIORDINO DELL'ASSISTENZA SOCIALE

Art. 5 (Programmazione delle attività socio-assistenziali)

1. Alla programmazione delle attività socio-as­sistenziali di cui all'articolo 3 si provvede attra­verso il piano nazionale triennale dei servizi so­cio-assistenziali e di integrazione sociale, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

2. II piano nazionale di cui al comma 1 indica:

a) i livelli essenziali di prestazioni socio-assi­stenziali che lo Stato e le regioni devono garan­tire al cittadino ed alle famiglie, ivi compresa l'in­dividuazione delle attività sostituibili con l'erogazione di appositi buoni servizio, ai sensi dell'articolo 3, comma 6;

b) le priorità di intervento: progetti obiettivo e azioni programmate, con particolare riferimento alla diffusione dei servizi di informazione al citta­dino e alle famiglie, agli interventi nei confronti delle persone in condizione di povertà, ed alle attività per soggetti con problemi psico-fisici quali anziani, handicappati ed emarginati socia­li;

c) le azioni da coordinare con l'intervento sa­nitario e con le politiche della scuola e della for­mazione professionale e le attività sperimentali;

d) le sperimentazioni innovative, in particolare quelle concernenti interventi di superamento dell'emarginazione sociale;

e) gli indirizzi relativi alla formazione di base e all'aggiornamento del personale;

f) i criteri per la distribuzione dei finanziamenti alle regioni secondo la struttura demografica dei residenti, con indicatori stabiliti in base alla po­polazione anziana e minore, al numero dei nu­clei familiari, ai livelli di reddito, agli addetti alle attività produttive ed agli indici di disoccupazio­ne;

g) le misure e gli indicatori per la verifica dei livelli di assistenza effettivamente assicurati in rapporto a quelli previsti.

3. II Dipartimento, attraverso l'agenzia per gli interventi socio-assistenziali e di integrazione sociale di cui all'articolo 2, comma 1, ed in colla­borazione con le regioni, predispone annual­mente una relazione per il Parlamento sui risul­tati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal piano nazionale di cui al comma 1.

4. In funzione dell'applicazione coordinata del piano nazionale e della normativa di settore, il Dipartimento, tramite l'agenzia di cui al comma 3, promuove forme di collaborazione con le re­gioni per l'emanazione di apposite linee guida.

5. Sulla base del piano nazionale, le regioni predispongono, con il concorso dei soggetti isti­tuzionali e sociali interessati piani e programmi triennali, che prevedono eventuali revisioni an­nuali.

6. Le regioni individuano, con la stessa perio­dicità della redazione dei piani e programmi re­gionali di cui al comma 5, metodi e strumenti per il controllo di gestione, rivolti ad accertare il li­vello di efficacia e di efficienza dei servizi ed i ri­sultati delle azioni previste. Le risultanze dei rapporti di gestione sono trasmesse alla Presi­denza del Consiglio dei ministri ai fini della pro­grammazione nazionale e sono ricomprese nella relazione sullo stato dei servizi socio-assisten­ziali, di cui al comma 3.

7. I piani regionali ed i relativi programmi di at­tuazione di cui al comma 5, devono essere, co­munque, coordinati con gli eventuali programmi e progetti nazionali adottati dal Governo e dal Parlamento, ad integrazione di quelli previsti dal piano di cui al comma 1.

8. Nel primo anno dalla data di entrata in vigo­re della presente legge, il Dipartimento, di intesa con il Ministero del lavoro e della previdenza so­ciale, con gli altri Ministeri interessati e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Sta­to, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, promuove un progetto speciale per la rimozione del disagio giovanile finalizzato a sostenere !a prima occupazione di giovani fino al compimento dei venticinque anni. II progetto deve essere avviato, in fase sperimentale, in al­meno nove regioni, secondo il principio del "partenariato".

9. II progetto di cui al comma 8 è finanziato at­tingendo ai finanziamenti speciali per l'occupa­zione giovanile ed ai finanziamenti messi a di­sposizione dell'Unione europea per le azioni fi­nalizzate all'inserimento nel lavoro dei giovani inoccupati.

 

Art. 6 (Compiti dello Stato)

1. Sono di competenza dello Stato:

a) la funzione di indirizzo e di coordinamen­to delle attività amministrative delle regioni a statuto ordinario in materia di servizi socio-assi­stenziali e di integrazione sociale, di sostegno e prevenzione del disagio sociale e delle condi­zioni di povertà;

b) gli interventi straordinari di prima necessità, richiesti da eventi eccezionali e urgenti, che tra­scendono l'ambito regionale o per i quali l'ente locale non può provvedere, ovvero resi neces­sari per assolvere un dovere di solidarietà na­zionale;

c) gli interventi di prima assistenza in favore di connazionali profughi e rimpatriati in conse­guenza di eventi straordinari ed eccezionali, nonché gli interventi in favore dei profughi stra­nieri, limitatamente al periodo strettamente ne­cessario alle operazioni di identificazione e di ri­conoscimento della qualifica di rifugiato e per il tempo che intercorre fino al loro trasferimento nel territorio nazionale, nonché gli oneri relativi all'assistenza agli stranieri, agli apolidi, e ai co­niugi di cittadini italiani fino alla concessione del permesso di soggiorno o alla definizione della posizione di acquisizione della cittadinanza;

d) i rapporti, in materia di assistenza e di inte­grazione sociale, con organismi stranieri ed in­ternazionali, e gli adempimenti previsti dagli ac­cordi internazionali e dai regolamenti comunita­ri;

e) l'assegno di minimo vitale per i soggetti an­ziani, l'assegno di mantenimento, l'assegno di inabilità, l'assegno di invalidità e l'assegno di di­pendenza per gli handicappati, di cui al capo IV;

f) la ripartizione tra le regioni del Fondo socia­le nazionale di cui all'articolo 23, distintamente per la spesa corrente e per la spesa in conto capitale, tenuto conto degli indicatori demogra­fici e di reddito di cui all'articolo 5, comma 2, let­tera f), nonché degli indicatori di risultato previ­sti dallo stesso articolo 5, comma 2, lettera g);

g) l'emanazione di atti sostitutivi nel caso di ri­scontrata inadempienza delle singole regioni, sentita la Commissione nazionale per le politi­che sociali di cui all'articolo 7;

h) la fissazione dei requisiti per la determina­zione dei profili professionali degli operatori so­ciali, le disposizioni generali in materia di ordi­namento e durata dei corsi di formazione e la determinazione dei requisiti necessari per l'am­missione agli stessi.

 

Art. 7 (Commissione nazionale per le politiche sociali)

1. Nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è istituita la Commissione nazionale per le politiche sociali a cui partecipano, in rappresentanza dei presi­denti delle giunte regionali, sei assessori ai ser­vizi sociali e sei assessori alla sanità, il Ministro o il sottosegretario responsabile del Dipartimen­to di cui all'articolo 2 e il Ministro del tesoro.

2. La Commissione di cui al comma 1 ha com­piti di verifica sulla realizzazione del piano na­zionale e funzioni di consulenza e proposta nei confronti del Governo per la determinazione del­le linee generali della politica sociale nazionale, nonché degli indirizzi in materia di volontariato, di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266.

3. È istituito un Osservatorio permanente per il monitoraggio dei fenomeni sociali, con partico­lare riferimento alla tutela della salute dei citta­dini, alla povertà, ai problemi della famiglia e dei minori, all'integrazione sociale degli handicap­pati e degli anziani, all'emarginazione ed al disa­gio sociale.

4. Ai fini della sua attività l'Osservatorio di cui al comma 3 si avvale della collaborazione del­l’Osservatorio nazionale per il volontariato, isti­tuito ai sensi dell'articolo 12 della legge 11 ago­sto 1991, n. 266, nonché degli organismi aventi analoghe funzioni nei settori dell'immigrazione, della formazione e del lavoro.

 

Art. 8 (Sistema informativo dei servizi sociali)

1. Lo Stato, le regioni e i comuni istituiscono un sistema informativo dei servizi sociali al fine di assicurare una adeguata conoscenza dei bi­sogni sociali e della rete dei servizi esistenti, nonché per poter disporre tempestivamente dei dati e delle informazioni necessari per la pro­grammazione e la gestione delle politiche socia­li, per il coordinamento con le strutture sanitarie e formative, nonché con le politiche del lavoro e dell'occupazione. Per una maggior qualificazio­ne ed uso dei dati, il sistema informativo si avva­le anche degli strumenti telematici.

2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è nominata, con decreto del Ministro per la famiglia e la solida­rietà sociale, una commissione tecnica, compo­sta da sei esperti, di cui due designati dal Mini­stro stesso, due dalle regioni e due dall'Asso­ciazione nazionale dei comuni italiani (ANCI). La commissione ha il compito di definire i contenu­ti, il modello e gli strumenti attraverso i quali da­re attuazione ai diversi livelli operativi del siste­ma informativo. La commissione è presieduta da uno degli esperti designati dal Ministro per la fa­miglia e la solidarietà sociale.

3. Le decisioni della commissione di cui al comma 2 recepite con decreto del Ministro per la famiglia e la solidarietà sociale costituiscono linee guida per l'attuazione del sistema informa­tivo. Le regioni e i comuni, in base a tali linee guida, individuano le forme organizzative e gli strumenti necessari ed adeguati per l'attivazione e la gestione del sistema informativo a livello lo­cale.

 

Capo lll

DISPOSIZIONI PER L'ORGANIZZAZIONE REGIONALE E LOCALE

Art. 9 (Compiti delle regioni)

1. Le regioni perseguono le finalità della pre­sente legge, in armonia con i principi fissati nei rispettivi statuti e con gli obiettivi della program­mazione nazionale e locale, mediante il concor­so effettivo dei comuni e dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 5.

2. Le regioni, in particolare:

a) determinano, di intesa con i comuni e le province, gli ambiti territoriali per la gestione dei servizi socio-assistenziali;

b) emanano norme sui requisiti per l'apertura, il funzionamento, l'accreditamento e la vigilanza delle strutture gestite da soggetti privati;

c) definiscono gli standard di qualità da rag­giungere nella gestione dei presidi pubblici e privati e delle diverse forme di prestazioni;

d) provvedono al coordinamento dei piani e dei programmi in materia di assistenza, sanità e istituzioni scolastiche, avviamento al lavoro e reinserimento nelle attività lavorative, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni. Le re­gioni disciplinano, altresì, le modalità per la programmazione coordinata tra comuni e unità sa­nitarie locali tramite accordi di programma, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, ed in ta­le ambito individuano le prestazioni socio-sani­tarie in cui è necessaria l'erogazione contestua­le di prestazioni sanitarie e sociali, quali l'assi­stenza consultoriale, l'assistenza diurna e resi­denziale ad anziani e handicappati;

e) redigono il piano regionale socio-assisten­ziale, ai sensi dell'articolo 5, in cui disciplinano e regolamentano, in relazione alle attività prestate, il ruolo delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, collegandolo con gli interventi so­ciali realizzati dai comuni, singoli o associati, e con le attività sanitarie esercitate dalle unità sa­nitarie locali in materia di emergenza, di traspor­to sanitario e di assistenza residenziale socio­sanitaria;

f) promuovono e coordinano azioni di assi­stenza tecnica per la istituzione ed il migliora­mento dei servizi di assistenza e di integrazione sociale, in particolare per la promozione di for­me associative tra i comuni e di gestione dei servizi ai sensi degli articoli 23 e 26 della legge 8 giugno 1990, n. 142;

g) promuovono e favoriscono sperimentazioni innovative in materia di modelli organizzativi e gestionali;

h) stabiliscono, nel rispetto dei principi di cui alla presente legge:

1) le condizioni ed i requisiti per l'iscrizione delle istituzioni private di assistenza sociale nei registri regionali di cui all'articolo 12;

2) i criteri per l'accreditamento delle struttu­re non a scopo di lucro e private, ai sensi dell'articolo 13;

3) i criteri per l'emissione dei buoni servizio da parte dei comuni, ai sensi dell'articolo 3; 4) i criteri per la determinazione della entità del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni, prendendo come punto di riferimen­to i criteri ed i principi stabiliti in sede nazionale; i) predispongono e finanziano piani per la for­mazione e l'aggiornamento professionale del personale addetto ai servizi sociali.

3. Per garantire il costante adeguamento delle strutture e delle prestazioni socio-assistenziali alle esigenze dei cittadini, le regioni individuano indicatori per le verifiche di qualità e forme di consultazione, anche da parte dei comuni, di or­ganismi associativi di tutela dei diritti del cittadi­no e del volontariato. Tali soggetti devono co­munque essere sentiti nelle fasi di impostazione della programmazione regionale e comunale.

4. AI fine di sviluppare la conoscenza delle condizioni sociali della popolazione, le regioni favoriscono la sperimentazione di modalità or­ganizzative e gestionali, nonché di forme inno­vative di intervento per la qualificazione dei ser­vizi sociali, mediante l'utilizzazione delle risorse interne ai servizi stessi, con l'apporto di istituti specializzati e delle università.

 

Art 10 (Compiti dei comuni)

1. I comuni sono titolari delle funzioni ammini­strative concernenti l'assistenza e l'integrazione sociale, salvo quanto diversamente disposto dalla presente legge, e le esercitano in forma singola o associata.

2. I comuni realizzano le attività socio-assi­stenziali di cui all'articolo 3, in forma singola o associata secondo le indicazioni regionali e se­condo le modalità amministrative e gestionali previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142.

3. In particolare, in relazione alle dimensioni territoriali individuate dal piano regionale di cui all'articolo 9, i comuni, singoli o associati, orga­nizzano i servizi socio-assistenziali e di integra­zione sociale:

a) mediante un modello a rete ed organizzan­do l'informazione ai cittadini, tramite uffici de­centrati, con le forme e gli strumenti più idonei anche sul piano dell'informatizzazione e dei col­legamenti telematici;

b) provvedendo al coordinamento dei pro­grammi e delle attività con altri enti, attraverso specifici accordi di programma, secondo le mo­dalità fissate dalla regione;

c) erogando, per particolari programmi indivi­duati dal piano regionale o dagli stessi comuni, prestazioni socio-assistenziali integrate con quelle sanitarie, in base a specifici progetti di recupero individuale o di intervento sulla fami­glia, definiti da unità di valutazione multidiscipli­nari costituite da personale sanitario, medico e non, e da personale operante nell'ambito socia­le presso l'unità di valutazione geriatrica, le uni­tà di valutazione dell'handicap e le unità di valu­tazione consultoriale;

d) garantendo il diritto dei cittadini alla parte­cipazione e al controllo dei servizi, e stabilendo, altresì, le modalità di intervento degli assistiti, delle loro famiglie e delle formazioni sociali ope­ranti nel territorio;

e) autorizzando il funzionamento, vigilando e controllando, in base alle disposizioni regionali, le strutture socio-assistenziali residenziali ed .a ciclo diurno;

f) accreditando le istituzioni private iscritte nel registro regionale di cui all'articolo 12, e le as­sociazioni di volontariato, e corrispondendo alle stesse emolumenti economici per le prestazioni erogate sulla base di tariffe determinate in sede regionale;

g) convocando almeno con cadenza annuale, o secondo quanto stabilito dagli accordi di programma, apposite conferenze dei servizi sociali alle quali assicurano la partecipazione dei sog­getti di cui all'articolo 1, comma 5, per esamina­re la situazione sociale del proprio territorio e formulare proposte per l'aggiornamento del pia­no e dei programmi regionali di cui all'articolo 5;

h) controllando ogni attività ed iniziativa di as­sistenza sociale che si svolge nel loro territorio, secondo i criteri determinati dalla legge regio­nale;

i) realizzando collegamenti operativi con tutti i servizi dell'area giovanile, del tempo libero e della comunicazione per gli aspetti che hanno rilevanza nei confronti delle categorie assistite.

4. I comuni, in alternativa o a completamento delle prestazioni assistenziali erogate in gestio­ne diretta o tramite strutture accreditate, emet­tono, ai sensi degli articoli 3 e 9, buoni servizio per l'acquisizione diretta da parte del cittadino di prestazioni socio-assistenziali erogate da or­ganismi o da privati accreditati.

5. I comuni esercitano, anche attraverso la collaborazione con le organizzazioni di tutela dei diritti, attività di vigilanza e controllo, ai sensi dell'articolo 9, sulla qualità delle prestazioni so­cio-assistenziali a gestione diretta e da parte degli organismi accreditati. II comune program­ma sistematicamente verifiche sulla qualità dei servizi adottando le metodologie dei processi di qualità, analizzando il rapporto costi-efficacia e provvedendo a controlli campione sulla qualità delle prestazioni acquisite direttamente dal cit­tadino o dalle famiglie tramite buoni servizio ai sensi del comma 4.

 

Art. 11 (Coordinamento delle attività socio-assistenziali con le prestazioni sanitarie)

1. Fermo restando quanto disciplinato in ma­teria finanziaria e delega di funzioni socio-assi­stenziali alle unità sanitarie locali da parte dei comuni con decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, il coor­dinamento delle attività sociali con le attività sa­nitarie è attuato dai comuni e dalle unità sanita­rie locali attraverso il metodo della programma­zione, da adottare per obiettivi assistenziali rela­tivi ai seguenti interventi:

a) all'assistenza domiciliare ad anziani e ad altri soggetti in condizioni disagevoli;

b) all'assistenza residenziale, anche diurna, ad anziani, disabili, sofferenti psichiatrici e tossi­codipendenti.

2. Nell'ambito della programmazione coordi­nata, l'integrazione delle attività è realizzata con l'adozione di procedure unitarie da parte dei servizi degli enti interessati, quali la stesura di progetti assistenziali per la persona o per la fa­miglia, nonché l'erogazione contestuale di pre­stazioni sanitarie e socio-assistenziali realizzate secondo protocolli operativi stabiliti nel relativo progetto assistenziale.

3. La regione, con proprio provvedimento, re­golamenta le modalità di predisposizione dei programmi coordinati e le forme di coordina­mento istituzionale, sia per la promozione dei programmi integrati sia per il controllo e la valu­tazione dei risultati ottenuti.

 

Art. 12 (Registro regionale delle organizzazioni private di volontariato)

1. In ogni regione, oltre al registro delle orga­nizzazioni di volontariato di cui all'articolo 6 del­la legge 11 agosto 1991, n. 266, è istituito un re­gistro per l'iscrizione delle associazioni, fonda­zioni e istituzioni private anche a carattere coo­perativo, dotate o meno di personalità giuridica, che intendono esercitare attività socio-assisten­ziali e concorrere alla realizzazione della rete di servizi tramite l'accreditamento, ai sensi dell'ar­ticolo 13 della presente legge.

2. II registro di cui al comma 1 è articolato in specifiche sezioni distinte secondo la natura as­sociativa, le finalità economiche e lo stato patri­moniale delle organizzazioni, con particolare ri­ferimento alla presenza o meno dello scopo di lucro. Per la classificazione economica delle or­ganizzazioni private si applicano le disposizioni vigenti in materia.

3. La regione determina i criteri per la revisio­ne periodica del registro, nonché per la cancel­lazione dei requisiti previsti al comma 4. La re­gione, di intesa con i comuni, disciplina, altresì, le forme e le modalità per la consultazione delle organizzazioni di cui al comma 1, nella fase pre­paratoria del piano regionale socio-assistenzia­le stabilito ai sensi dell'articolo 9.

4. Alla tenuta del registro ed all'iscrizione del­le organizzazioni nella specifica sezione ai sensi del comma 2, provvede la regione competente, previo accertamento consistente nella:

a) valutazione delle finalità economiche e del­la situazione patrimoniale e loro compatibilità con quanto stabilito dalla presente legge;

b) verifica dell'esistenza di idonei livelli di pre­stazioni, di qualificazione del personale e di effi­cienza organizzativa ed operativa, secondo gli standard dei servizi sociali fissati dalle leggi re­gionali;

c) verifica dell'adozione, per i dipendenti, del contratto collettivo nazionale di categoria, fatta eccezione per i casi di prestazioni volontarie o rese in forza di convenzioni con organismi della Chiesa cattolica o delle altre confessioni religio­se;

d) esame della corrispondenza ai principi sta­biliti dalla presente legge e dalla legge regionale.

5. Le organizzazioni operanti in più regioni chiedono l'iscrizione al registro della regione nella quale è posta la loro sede legale; la regio­ne competente provvede all'iscrizione, sentite le altre regioni interessate.

Art 13 (Accreditamento)

1. L'accreditamento è una procedura tecnico­amministrativa, effettuata dai comuni, singoli o associati, secondo le indicazioni regionali, con­sistente nella valutazione delle qualità delle pre­stazioni offerte dalle organizzazioni di cui al comma 2, al fine del loro inserimento nella rete locale dei servizi socio-assistenziali.

2. I comuni, per la realizzazione dei program­mi locali di attuazione dell'assistenza e dell'inte­grazione sociale accreditano e si avvalgono di organizzazioni del volontariato, organismi non aventi scopo di lucro, enti morali, enti privati ed enti iscritti nel registro di cui all'articolo 12, se­condo quanto previsto dalla legge regionale.

3. Sulla base della classificazione attuata ai sensi dell'articolo 8, comma 2, lettera e), i comu­ni provvedono, altresì, all'accreditamento delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficen­za.

 

Capo IV

DISPOSIZIONI PER IL RIORDINO DEGLI EMOLUMENTI ECONOMICI DELLO STATO A FAVORE DI MINORI, ANZIANI, DISABILI E FAMIGLIE

Art 14 (Programmi assistenziali integrati)

1. Per la realizzazione dei programmi assi­stenziali integrati atti a compensare lo stato di dipendenza dei soggetti disabili ed anziani ed a garantire agli stessi dignitose condizioni di vita, le prestazioni a carattere socio-assistenziale e riabilitativo erogate dai comuni e dalle unità sa­nitarie locali si integrano con gli emolumenti economici permanenti concessi dallo Stato in materia di invalidità civile e assegno sociale.

2. All'accertamento del bisogno socio-sanita­rio ed alla conseguente redazione del progetto assistenziale personalizzato, provvedono, ai sensi delle relative disposizioni regionali, le uni­tà di valutazione multidisciplinari, costituite dalle aziende sanitarie e dai comuni ai sensi della let­tera c) del comma 3 dell'articolo 10. II progetto personalizzato, oltre alla valutazione diagnostica medico-sociale che accerta il grado di autono­mia del soggetto e le condizioni familiari, indica le prestazioni da erogare, i soggetti che vi prov­vedono e le modalità di partecipazione alla spe­sa da parte dell'assistito.

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Dipartimento di cui all'arti­colo 2, previo parere dei Ministri del tesoro e delle finanze, stabilisce, con proprio decreto, l'ammontare del minimo vitale a livello nazionale, tenendo conto del costo medio della vita, rap­portato al tasso di inflazione, con aliquote di in­cremento per i cittadini con totale o parziale ri­duzione dell'autonomia. Con il medesimo decre­to sono fissati anche i tempi di revisione dell'ammontare del minimo vitale e dei livelli di reddito.

4. Le regioni, in relazione al prodotto interno lordo ed al reddito medio dei cittadini residenti; possono incrementare, provvedendo con entra­te proprie, l'ammontare del minimo vitale, stabili­to ai sensi del comma 3, fino al 20 per cento.

5. Per consentire la predisposizione e la ge­stione dei programmi assistenziali integrati il Di­partimento di cui all'articolo 2, a cui compete l'erogazione delle provvidenze statali di cui al comma 1, invia mensilmente ai comuni l'elenco nominativo dei propri residenti beneficiari delle provvidenze, con l'indicazione dell'emolumento percepito. Nel caso di decesso dei beneficiari, il comune provvede alla tempestiva comunicazio­ne all'amministrazione erogatrice delle provvi­denze economiche.

 

Art 15 (Emolumenti economici a favore di minori, anziani, disabili e famiglie)

1. In attuazione delle leggi 10 febbraio 1962, n. 66, 26 maggio 1970, n. 381, 27 maggio 1970, n. 382, 30 marzo 1971, n. 118, 11 febbraio 1980, n. 18, e successive modificazioni, nonché della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e della legge 8 agosto 1995, n. 335, lo Stato corrisponde ai cit­tadini che hanno compiuto i sessantacinque an­ni di età ed ai cittadini inabili per disabilità fisi­che, psichiche e sensoriali, ivi compresi ciechi e sordomuti, nelle condizioni reddituali previste dalle citate leggi, emolumenti economici conti­nuativi per garantire il loro mantenimento e la permanenza nel normale ambiente di vita.

2. In relazione alla funzione attribuita a cia­scun emolumento dalle relative leggi di cui al comma 1, gli interventi assistenziali di tipo eco­nomico, a carico dello Stato, sono riclassificati come segue:

a) è denominato assegno di minimo vitale, l'assegno sociale per i cittadini ultrasessanta­cinquenni nelle condizioni di reddito di cui al comma 6 dell'articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335;

b) è denominata assegno di mantenimento, l'indennità di accompagnamento di cui alla leg­ge 21 novembre 1988, n. 508;

c) sono denominati assegni di inabilità, la pensione di inabilità, di cui all'articolo 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, la pensione non reversibile per ciechi assoluti, di cui alla legge 10 febbraio 1962, n. 66, come modificata dalla legge 27 maggio 1970, n. 382, nonché l'assegno mensile di assistenza per sordomuti di età supe­riore ai diciotto anni, di cui alla legge 26 maggio 1970, n. 381;

d) sono denominati assegni di invalidità, l'as­segno mensile di cui all'articolo 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, e la pensione non rever­sibile per i soggetti con residuo visivo non supe­riore ad un ventesimo per entrambi gli occhi, di­cui alla legge 10 febbraio 1962, n. 66, come mo­dificata dalla legge 27 maggio 1970, n. 382;

e) è denominata assegno di dipendenza, l'in­dennità di accompagnamento, erogata, ai sensi dell'articolo 4 della legge 27 maggio 1970, n. 382, ai ciechi assoluti, nonché agli invalidi civili totali di cui all'articolo 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 18.

3. Per gli emolumenti economici già erogati dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) in materia di integrazione ai trattamenti minimi di pensione e di maggiorazione sociale dei trattamenti stessi in relazione al reddito del pensionato, il Governo è delegato ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del­la presente legge, e secondo i principi e criteri direttivi da essa stabiliti, apposite disposizioni per l'erogazione degli emolumenti in relazione all'ammontare del minimo vitale di cui al comma 3 dell'articolo 14. Le disposizioni emanate ai sensi del presente comma devono essere coor­dinate con le disposizioni di cui al comma 24 dell'articolo 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335.

4. Gli emolumenti di cui ai commi 2 e 3, nei casi di elevata riduzione di autonomia persona­le, con conseguente necessità di interventi assi­stenziali o sanitario-assistenziali permanenti, sono utilizzati, nel programma assistenziale inte­grato di cui all'articolo 14, per concorrere ai co­sti delle prestazioni domiciliari, residenziali e se­miresidenziali.

 

Art. 16 (Assegno di minimo vitale)

1. Ai cittadini italiani, residenti in Italia, che ab­biano compiuto i sessantacinque anni e si trovi­no nelle condizioni di reddito di cui all'articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 355, è corrisposto un assegno mensile, denominato assegno di mi­nimo vitale, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, lettera a) della presente legge, non reversibile e per un ammontare annuo, per il 1996, pari a lire 6.240.000. I requisiti per la concessione dell'as­segno sono valutati dal comune. L'incremento dell'assegno è stabilito annualmente in sede di legge finanziaria.

2. L'assegno di minimo vitale sostituisce a tutti gli effetti la pensione sociale e viene corrisposto ai cittadini che abbiano compiuto i sessantacin­que anni anche se conviventi con un nucleo fa­miliare il cui reddito sia inferiore a lire 70 milioni lordi annui, nonché all'anziano ospitato in strut-­ture residenziali e concorre al pagamento del costo di ospitalità.

3. In deroga a quanto disposto dal comma 7 dell'articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, l'assegno di minimo vitale è corrisposto per in­tero anche al cittadino ultrasessantacinquenne ricoverato in istituti o comunità con retta a cari­co di enti pubblici. La legge regionale di pro­grammazione delle attività socio-assistenziali di cui all'articolo 9 della presente legge, stabilisce l'aliquota dell'assegno da attribuire al titolare e quella da utilizzare per il pagamento dell'ospita­lità residenziale. Tali dati sono comunicati con provvedimento del sindaco al Dipartimento di cui all'articolo 2.

4. L'assegno di minimo vitale è, altresì, con­cesso ai cittadini stranieri in possesso del per­messo di soggiorno da oltre cinque anni e che si trovano nelle condizioni di reddito di cui ai commi 1 e 2.

5. La concessione dell'assegno di minimo vi­tale è subordinata alla presentazione di specifi­ca domanda da parte dell'interessato al comune di residenza, in cui sono precisate le condizioni familiari e reddituali. Lo schema di tale domanda è adottato,-a livello nazionale, ai sensi dell'arti­colo 22.

 

Art 17 (Assegno di mantenimento)

1. L'assegno di mantenimento è concesso a soggetti di età inferiore agli anni diciotto, non deambulanti e portatori di disabilità fisica, psi­chica e sensoriale, nelle condizioni di reddito di cui all'articolo 1 della legge 21 novembre 1988, n. 508, frequentanti la scuola dell'obbligo o corsi di addestramento professionale, ovvero centri di riabilitazione o socializzazione.

2. La domanda per ottenere l'assegno di man­tenimento è presentata dal legale rappresentan­te del minore al comune di residenza, corredata della documentazione sanitaria e da attestazio­ne della scuola o dei centri di cui al comma 1 comprovante la frequenza del soggetto a tali at­tività.

3. Tenuto conto delle condizioni di reddito del nucleo familiare ai sensi dell'articolo 15, l'asse­gno di mantenimento è erogato congiuntamente agli assegni familiari.

 

Art. 18 (Assegno di inabilità)

1. Ai cittadini di età compresa dai diciotto ai sessantaquattro anni, totalmente inabili all'attivi­tà lavorativa a seguito di disabilità fisica, psichica e sensoriale o già riconosciuti invalidi civili totali, ciechi assoluti e sordomuti nelle condizio­ni di reddito rispettivamente previste all'articolo 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, all'articolo 1 della legge 27 maggio 1970, n. 382, e all'arti­colo 2 della legge 26 maggio 1970, n. 381, è concesso l'assegno di inabilità.

2. AI compimento del sessantacinquesimo an­no di età del soggetto, l'assegno di inabilità so­stituisce l'assegno di minimo vitale di cui all'arti­colo 16.

3. La domanda per ottenere l'assegno di ina­bilità può essere presentata dall'interessato, ov­vero da un componente del nucleo familiare o dalla persona o ente che ha la tutela dell'inabile, al comune di residenza, corredata della docu­mentazione sanitaria comprovante la disabilità.

 

Art 19 (Assegno di invalidità)

1. Ai cittadini di età compresa dai diciotto ai sessantaquattro anni, con disabilità fisica, psi­chica e sensoriale con riduzione della capacità lavorativa di oltre due terzi, o già riconosciuti in­validi ai sensi dell'articolo 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118, o ciechi non assoluti ai sen­si dell'articolo 1 della legge 27 maggio 1970, n. 382, nelle condizioni di reddito previste dalle ci­tate leggi e temporaneamente inabili al lavoro, è concesso l'assegno di invalidità.

2. L'assegno di cui al comma 1 è concesso per il periodo in cui sussiste la condizione di inabilità al lavoro. All'atto dell'inserimento del­l'invalido in una attività lavorativa l'assegno è re­vocato.

3. I comuni, ai sensi della vigente normativa in materia di avviamento protetto al lavoro, provve­dono, d'intesa con i servizi di ausilio agli handi­cappati delle aziende sanitarie e con le altre am­ministrazioni interessate al collocamento, alla attuazione di programmi di collocamento protet­to per i soggetti di cui al presente articolo.

4. AI compimento del sessantacinquesimo an­no di età del soggetto, l'assegno di invalidità so­stituisce l'assegno di minimo vitale di cui all'arti­colo 16.

5. La domanda per ottenere l'assegno di inva­lidità può essere presentata dall'interessato, ov­vero da un componente del nucleo familiare o dalla persona o ente che ha la tutela dell'inabile, al comune dì residenza, corredata della docu­mentazione sanitaria comprovante la disabilità.

 

Art. 20 (Interventi a favore dei soggetti con mancanza di autonomia - Assegno di dipendenza)

1. Sono definiti soggetti con mancanza di au­tonomia i minori di anni diciotto, portatori di di­sabilità fisica, psichica e sensoriale, incapaci di compiere senza assistenza continua gli atti pro­pri dell'età nonché i soggetti maggiori degli anni diciotto che non sono in grado di provvedere autonomamente alla cura della propria persona, alla gestione della casa e dell'ambiente di vita e che necessitano di assistenza continuativa; la definizione di cui al presente comma è estesa ai soggetti che si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 18, ed ai ciechi assoluti di cui all'articolo 4 della legge 27 maggio 1970, n. 382.

2. Ai soggetti di cui al comma 1 è concesso l'assegno di dipendenza. La domanda per la concessione dell'assegno di dipendenza è pre­sentata dal richiedente, ovvero da un compo­nente del nucleo familiare o dalla persona o en­te che ha la tutela del disabile, al comune di re­sidenza, corredata della documentazione sani­taria comprovante la disabilità.

3. Ai soggetti di età superiore a sessantacin­que anni, nelle condizioni di cui al comma 1, già titolari dell'assegno di minimo vitale o dell'asse­gno di inabilità, con reddito pari o inferiore al mi­nimo vitale stabilito ai sensi dell'articolo 14, comma 3, aumentato delle aliquote previste per la parziale o totale riduzione dell'autonomia, in aggiunta a tali emolumenti e fino a concorrere al tetto del minimo vitale come incrementato ai sensi del presente comma, è concesso anche l'assegno di dipendenza.

4. AI fine di agevolare la permanenza del sog­getto non autonomo nel proprio ambiente di vita si provvede, secondo il progetto personalizzato di cui all'articolo 14, comma 2, tramite i servizi dei comuni e delle unità sanitarie locali, ed i ser­vizi accreditati o autorizzati ai sensi della pre­senta legge. II progetto personalizzato stabili­sce, altresì, le finalità e le modalità di utilizzazio­ne dell'assegno di dipendenza e degli eventuali emolumenti spettanti ai sensi del comma 3.

5. Ai fini della concessione degli emolumenti economici a carico dello Stato, l'accertamento della disabilità è effettuato dal collegio medico­legale di cui all'articolo 23, integrato per la valu­tazione del grado di autonomia del soggetto, da professionalità mediche specialistiche e profes­sionalità sociali delle unità multidisciplinari di cui all'articolo 10.

 

Art. 21 (Riduzione degli assegni e controllo dei requisiti)

1. Gli assegni di invalidità, di inabilità e di di­pendenza, di cui al presente capo, qualora il ti­tolare sia ricoverato in strutture residenziali, an­che con costi, totali o parziali, a carico di un en­te pubblico, sono dati in gestione al comune di residenza del soggetto, che provvede ad erogare al titolare una quota dell'assegno, secondo quanto stabilito dalla legge regionale; la restan­te parte è utilizzata per ammortizzare i costi, o parte di essi, dell'ospitalità nella struttura resi­denziale.

2. I titolari di assegni di invalidità, di inabilità e di dipendenza sono sottoposti ad accertamenti sanitari periodici, con modalità stabilite con re­golamento emanato ai sensi dell'articolo 17 del­la legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sentito il Dipartimento di cui all'ar­ticolo 2 e la Conferenza permanente per i rap­porti tra lo Stato, le regioni e le province autono­me di Trento e di Bolzano.

 

Art. 22 (Modalità di richiesta degli assegni)

1. Le domande per la concessione degli asse­gni di cui agli articoli 16, 17, 18, 19 e 20 sono presentate in carta libera al comune di residen­za del soggetto secondo schemi di domanda approvati con decreto del Presidente del Consi­glio dei ministri, sentito il Dipartimento di cui al­l'articolo 2, su proposta del Ministro del tesoro ed acquisito il parere della Conferenza perma­nente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome dì Trento e di Bolzano.

2. La domanda di cui al comma 1, in relazione al tipo di assegno oggetto della richiesta, deve essere corredata da apposita documentazione sanitaria rilasciata da un medico di medicina generale e, se necessario, da medici specialisti; attestanti le condizioni psico-fisiche del richie­dente.

3. Ai fini della presente legge, è vietata l'ele­zione del domicilio in luogo diverso da quello di residenza.

4. II richiedente o il suo legale rappresentante devono dichiarare nella domanda, sotto la pro­pria personale responsabilità, se sono state presentate, nell'ultimo quinquennio, altre do­mande per pensioni, assegni o indennità, indi­cando l'ente o l'ufficio cui sono state presentate.

 

Art 23 (Collegio per l'istruttoria medico-legale)

1. Le domande per la concessione degli. asse­gni di cui agli articoli 16, 17, 18, 19 e 20 danno luogo ad accertamento medico-legale effettuato da un collegio medico, composto da tre membri, di cui: uno specialista in medicina legale appar­tenente ai collegi medico-legali dell'Istituto na­zionale della previdenza sociale (INPS), due me­dici specialisti designati dalla unità sanitaria lo­cale competente, di cui uno specialista nelle di­scipline connesse alle maggiori patologie invali­danti e uno specialista appartenente alla unità di valutazione multidisciplinare, di cui all'articolo 10, comma 3, lettera c) competente in base all'età del richiedente. Il medico legale ha fun­zioni di presidente del collegio.

2. Ai fini della valutazione del grado di autono­mia del soggetto, il collegio di cui al comma 1 è integrato, ai sensi dell'articolo 14, comma 2, del­la presente legge e dell'articolo 1, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, da due com­ponenti, uno psicologo ed un assistente sociale della unità multidisciplinare di cui fa parte il me­dico specialista indicato al citato comma 1, de­signati, rispettivamente, dalla unità sanitaria lo­cale e dalla conferenza dei sindaci nell'ambito territoriale corrispondente alla unità sanitaria lo­cale di ubicazione del collegio.

3. II medico con funzioni di presidente del col­legio di cui al comma 1 è scelto dalla regione sulla base di un elenco predisposto dall'INPS ai sensi delle norme . stabilite dall'Istituto stesso per l'appartenenza ai collegi medico-legali. Nel caso di inadempienza da parte della regione, provvede il presidente del tribunale territorial­mente competente.

4. La sede del collegio medico-legale è ubica­ta presso la sede provinciale dell'INPS compe­tente per territorio. Le funzioni di segreteria del collegio sono esercitate da un funzionario della carriera direttiva del comune in cui ha sede il collegio stesso. La direzione dell'INPS, di intesa con la conferenza dei sindaci degli ambiti terri­toriali ricompresi nella provincia, può disporre l'ubicazione di sedi distaccate dei collegi presso i maggiori comuni della provincia.

5. La regione provvede alla nomina di un col­legio medico-legale di seconda istanza, compo­sto da cinque membri scelti tra i dipendenti di grado apicale del servizio sanitario regionale, degli istituti scientifici di ricovero e cura e delle università, di cui due specialisti nelle discipline dell'area medica e della riabilitazione e tre spe­cialisti in medicina legale. Tra gli specialisti in medicina legale uno è designato alla presidenza del collegio. Ai fini informativi inerenti all'esame del ricorso può partecipare alle riunioni del col­legio anche il medico legale presidente del col­legio medico-legale di prima istanza interessato al ricorso stesso.

6. Nel corso dell'esame effettuato dal collegio di cui al comma 5, il ricorrente può essere assi­stito da un proprio medico di fiducia.

7. II collegio medico-legale conclude gli ac­certamenti entro centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda di concessione degli assegni di cui al comma 1. Avverso il giudi­zio del collegio si può ricorrere al collegio di se­conda istanza di cui al comma 5.

8. 11 provvedimento di riconoscimento del dirit­to alla concessione dell'assegno è immediata­mente esecutivo e l'assegno è liquidato a decor­rere da tale data.

 

Capo V

DISPOSIZIONI FINANZIARIE

Art 24 (Finanziamento degli interventi socio-assistenziali)

1. In attesa della riforma del sistema fiscale e della finanza regionale, agli oneri derivanti dall'attuazione degli interventi di integrazione e di assistenza sociale previsti dalla presente leg­ge, si provvede con l'istituzione di un Fondo so­ciale nazionale, alimentato dal sistema fiscale generale, per la copertura degli emolumenti di cui all'articolo 14, della presente legge, nonché da altri finanziamenti a carico dello Stato, relativi a leggi con finalità assistenziali, già confluiti nel fondo comune di cui all'articolo 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281, ai sensi della legge 1 ° feb­braio 1989, n. 40.

2. L'ammontare complessivo del finanziamen­to del Fondo sociale nazionale di cui al comma 1 è riferito alla durata e agli obiettivi dei piani e dei programmi annuali e pluriennali nazionali stabi­liti ai sensi della presente legge ed è determina­to in sede di legge finanziaria.

3. Le risorse finanziarie attribuite al Fondo so­ciale nazionale sono determinate in relazione al prodotto interno lordo (Pii) e non possono esse­re comunque inferiori al 3,5 per cento dello stesso Pii.

4. In sede di prima applicazione della presen­te legge, a decorrere dall'anno 1997, lo stanzia­mento del Fondo sociale nazionale da assegna­re alle regioni è determinato dall'ammontare della spesa per l'anno 1996, destinata alla ero­gazione delle pensioni sociali e relative maggio­razioni, rivalutata secondo gli incrementi dispo­sti ai sensi dell'articolo 3, commi 6 e 7, della leg­ge 8 agosto 1995, n. 335, nonché dai finanzia­menti per la integrazione e maggiorazione dei trattamenti minimi di pensione erogati dall'INPS, di cui al comma 3 dell'articolo 15 della presente legge, dagli stanziamenti per gli emolumenti a carico del Ministero dell'interno per invalidi civili, ciechi e sordomuti, nonché dai trasferimenti alle regioni del fondo di cui all'articolo 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281, già derivati dalle leggi con finalità assistenziali, secondo l'ammontare degli stessi nel bilancio dello Stato per l'eserci­zio 1996, aumento del tasso di incremento no­minale del prodotto interno lordo (Pii). Nel Fondo sociale nazionale confluiscono, altresì, tutti i fi­nanziamenti non individuati nel presente comma e comunque destinati dallo Stato ad interventi di carattere socio-assistenziale.

5. La ripartizione del Fondo sociale nazionale alle regioni, ad esclusione delle somme derivate dagli stanziamenti per l'assegno sociale e relati­ve maggiorazioni e per gli emolumenti già a cari­co del Ministero dell'interno, è effettuata secon­do i criteri di cui all'articolo 5, comma 2, lettera f). II trasferimento delle somme spettanti alle re­gioni è disciplinato ai sensi dei commi da 1 a 14 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

 

Art. 25 (Fondo sociale regionale)

1. Per la realizzazione degli interventi di assi­stenza e di integrazione sociale di cui alla pre­sente legge, ogni regione provvede al riparto delle somme del rispettivo fondo sociale regio­nale, costituito ai sensi dell'articolo 24, a favore dei comuni nonché dei soggetti di cui all'artico­l0 1, comma 5, regolarmente accreditati. Detti soggetti sono autorizzati a presentare, per fi­nanziamenti diretti, progetti di assistenza e rein­serimento sociale, distinti per aree geografiche e per gruppi di utenti.

2. La regione stabilisce, nel piano di cui all'ar­ticolo 9, i criteri di finanziamento diretto dei pro­getti di cui al comma 1 del presente articolo. All'esame degli stessi provvede un nucleo di va­lutazione regionale nominato dal presidente del­la giunta regionale e comprendente anche esperti designati dai comuni, secondo le moda­lità previste dal piano regionale.

3. II fondo sociale regionale è complementare e sussidiario rispetto alle disponibilità finanzia­rie che i comuni, in qualità di soggetti a cui com­pete l'erogazione delle prestazioni socio-assi­stenziali, devono prevedere nei bilanci annuali e poliennali. Nel primo triennio a decorrere da;la data di entrata in vigore della presente legge, i finanziamenti regionali devono essere utilizzati prioritariamente per il riequilibrio economico delle dotazioni comunali in relazione agli indica­tori di reddito dei comuni che ne hanno determi­nato l'entità e per avviare sperimentazioni nell'ambito dell'organizzazione dei servizi, se­condo le disposizioni della presente legge.

 

Capo VI

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 26 (Soppressioni organismi e abrogazione di norme)

1. Sono soppresse le commissioni di accerta­mento dell'invalidità civile, cecità e sordomuti­smo, di cui alle leggi 30 marzo 1971, n. 118, 26 maggio 1970, n. 381, e 27 maggio 1970, n. 382, come integrate e modificate dalla legge 15 otto­bre 1990, n. 295, e dal regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 1994, n. 698, per l'accesso alle relati­ve provvidenze economiche. Tali commissioni sono sostituite, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dai collegi medico-legali di cui all'articolo 23.

2. Le regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2 dell'articolo 21, forniscono direttive al­le unità sanitarie locali per la sostituzione delle commissioni di cui al comma 1 del presente arti­colo. Fino alla data di sostituzione delle commis­sioni per l'accertamento dell'invalidità civile, le stesse continuano ad effettuare le valutazioni medico-legali per la concessione degli assegni di cui agli articoli da 15 a 20.

3. Dopo il comma 1 dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, è aggiunto il seguente: «1-bis. All'accertamento delle disabilità che danno origine, ai sensi dell'articolo 3, ivi com­presi i benefici dell'articolo 33, ad interventi as­sistenziali temporanei o permanenti per facilita­re l'integrazione sociale, scolastica e lavorativa, esclusi gli emolumenti economici dello Stato, provvedono i servizi dell'unità sanitaria locale, attraverso valutazioni diagnostiche multidiscipli­nari di tipo medico-sociale, mirate ad accertare il grado di autonomia del disabile e gli interventi necessari per la rimozione degli ostacoli indivi­duali e sociali ai fini dell'integrazione».

4. Le competenze in materia sanitaria già esercitate dalle commissioni di accertamento dell'invalidità civile, con particolare riferimento al grado di invalidità per l'esenzione dalla parte­cipazione alla spesa sanitaria, al diritto all'assi­stenza protesica ed all'avviamento al lavoro, so­no esercitate dai competenti servizi delle unità sanitarie locali, che provvedono all'accertamen­to dell'handicap in conformità a quanto stabilito dal comma 1-bis dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, introdotto dal comma 3 del presente articolo.

 

Art 27 (Assistenza integrativa)

1. Per necessità assistenziali di particolare ri­lievo, integrative rispetto alle prestazioni socio­assistenziali essenziali disciplinate dalla pre­sente legge, è prevista l'istituzione di fondi inte­grativi sociali derivanti da:

a) contratti ed accordi collettivi anche azien­dali ovvero, in mancanza, accordi di lavoratori, promossi da sindacati firmatari di contratti col­lettivi nazionali di lavoro;

b) accordi tra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi da loro sindacati o as­sociazioni di rilievo almeno provinciale;

c) regolamenti di enti o aziende o enti locali od associazioni senza scopo di lucro o società di mutuo soccorso giuridicamente riconosciute;

d) versamento di contributi volontari in regime di capitalizzazione.

2. II fondo integrativo sociale di cui al comma 1 è autogestito, ovvero può essere affidato in gestione mediante convenzione con società di mutuo soccorso o con imprese assicurative au­torizzate.

3. Ai fondi integrativi sociali si applicano le di­sposizioni vigenti per la detrazione fiscale in materia di assicurazioni.

4. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su pro­posta del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Dipartimento di cui all'ar­ticolo 2 su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, emana un apposito re­golamento per l'ordinamento dei fondi integrativi sociali.

 

Art 28 (Norma transitoria)

1. Fino all'istituzione del Dipartimento di cui all'articolo 2, le funzioni ad esso attribuite dalla presente legge sono esercitate dal Ministro per la famiglia e la solidarietà sociale.

 

 

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