Prospettive assistenziali, n. 115, luglio-settembre 1996

 

 

PRECISAZIONI IN MERITO ALLA LEGGE QUADRO SULL'HANDICAP ED AI CORSI PRELAVORATIVI

MARIA GRAZIA BREDA - FRANCESCO SANTANERA

 

Salvatore Nocera ha affermato che «una spie­tata critica» alla legge 104/92 è stata «condotta da Breda e Santanera nel volume "Handicap: ol­tre la legge-quadro - Riflessioni e proposte" an­che se talora la critica non coglie alcuni impor­tanti aspetti giuridici. A ciò si aggiunga che ogni "legge-quadro" per definizione è un testo norma­tivo a maglie larghe che fissa "principi" che deb­bono poi essere concretamente individuati nei contenuti e nelle modalità di erogazione delle leggi regionali, secondo quanto sancito dall'art. 117 della Costituzione» (1).

Chiamati direttamente in causa, ci permettia­mo di osservare che non ci pare molto corretto l'attacco per due ragioni. Nocera non solo non precisa quali sono le parti del libro in cui avrem­mo trascurato alcuni aspetti giuridici importanti della legge-quadro, ma non ce ne dà neppure notizia. Se sono così importanti, perché mai non approfittarne per dare ai lettori uno strumento in più di una lettura di una legge così contestata?

Merita ricordare che la nostra "critica" - pe­raltro circostanziata - è dettata dal desiderio di offrire un'analisi corretta, e quindi senza false il­lusioni, a quanti debbono fare i conti con i limiti della legge-quadro, quotidianamente. Non a ca­so il nostro libro prevede nella seconda parte tutti i riferimenti concreti per azioni volte a co­struire diritti esigibili.

Siamo senz'altro disponibili a capire dove ab­biamo mancato, perché l'interesse prevalente è quello di vedere soddisfatti i diritti delle persone handicappate, tanto più di chi ha poca o nulla autonomia.

Alquanto sterile, sarebbe invece, se l'attacco al nostro libro fosse solo e squisitamente un modo per difendere - ancora una volta - una legge che è frutto di una classe politica che ha scelto deliberatamente di non muovere un dito per cambiare, sul serio, le condizioni degli han­dicappati.

Non è vera, infatti, l'affermazione - sempre di Nocera - secondo cui «la legge-quadro è un te­sto normativo a maglie larghe che fissa "principi" che debbono essere poi concretamente indivi­duati (...) dalle leggi regionali». Rispondiamo ci­tando le parole del giurista Massimo Dogliotti: «Le cosiddette leggi-quadro (...) sono leggi come tutte le altre, e si impongono a qualsiasi sogget­to, pubblico e privato. Esse non costituiscono soltanto un invito al legislatore regionale; sono immediatamente precettive e possono sicura­mente dar luogo ad impegni ed obblighi per la Regione, i Comuni, le Province (si pensi, per fare un esempio a tutti noto, alla riforma sanitaria, la legge n. 833 del 1978» (2).

Precisa M. Dogliotti: «È vero che allo Stato è impedito di emanare, nella materia di competen­za regionale, norme di dettaglio, restandogli solo la facoltà di produrre la legislazione di principio, e che spetta unicamente alle Regioni di stabilire la disciplina concreta dei rapporti, oggetti, istituti, soggetti, nel rispetto, tuttavia, dei principi desu­mibili dalle leggi dello Stato e di quelli espressa­mente posti dalle leggi-quadro. Tali principi intro­ducono limiti precisi alla legislazione regionale, indicando pure le linee-guida cui essa si dovrà attenere; nulla vieta che, in tale ambito, la legge­quadro prefiguri un minimo di prestazioni essen­ziali, comuni a tutto il territorio nazionale; ciò è sommamente auspicabile proprio là dove vengo­no in considerazione diritti fondamentali ed indi­sponibili dell'individuo, e in particolare dei sog­getti più deboli: libera poi ogni Regione di po­tenziare ulteriormente il sistema degli interventi e di destinare ad essi più ampie risorse economi­che ma obbligata comunque, per quelle presta­zioni minime indicate dalla legge-quadro».

Conclude il giurista precisando che la scelta di introdurre nella legge 104/1992 «solo facoltà e non obblighi ("la Regione può" e non "la Re­gione deve") è scelta soltanto politica (e di una politica non condivisibile), che non ha neppure il coraggio di manifestarsi per quello che è, am­mantandosi invece (e in modo assolutamente ipocrita) di ragioni giuridiche del tutto inconsi­stenti».

 

I corsi prelavorativi sono rivolti agli handicappati intellettivi e non ai ritardati mentali

Nel volume "Handicappati: la nuova cittadi­nanza - Commento alla legge-quadro 5 febbraio 1992, n. 104" Salvatore Nocera sostiene che i corsi prelavorativi sono frequentati da allievi «ri­tardati mentali».

Anche in questo caso sentiamo il dovere di chiarire. Gli allievi dei corsi prelavorativi sono handicappati intellettivi e non giovani con pro­blemi di ritardo mentale.

Infatti, per poter essere ammessi alla frequen­za dei corsi prelavorativi, gli allievi devono esse­re in possesso dell'attestazione prevista dall'art. 12, comma 5 e 6 della legge 104/92 (3).

Prima dell'entrata in vigore della legge-quadro sull'handicap, era richiesto il possesso dei re­quisiti concernenti l'invalidità stabilita dalla leg­ge 30 marzo 1971, n. 118.

L'affermazione di Nocera (che conosce l'esperienza torinese dei corsi prelavorativi) può dunque risultare offensiva e denigratoria del lungo lavoro svolto dai volontari del CSA, che per anni sono stati impegnati in una stretta con­trattazione che ha visto ben tre intese con il Co­mune di Torino, il Sindacato, la Consulta delle persone in difficoltà e il CSA (4).

Con la diffusione dei corsi prelavorativi, oggi estesi anche ad alcuni enti privati di formazione professionale, sono diminuiti i centri speciali di formazione professionale e molti giovani handi­cappati intellettivi, che prima finivano nei centri diurni insieme ai soggetti gravissimi, hanno oggi la possibilità di continuare un percorso di inte­grazione anche dopo la scuola dell'obbligo.

 

 

(1) Cfr. la relazione "La legge n. 104/92, le sue interazio­ni con altre norme, la sua attuazione a livello regionale", te­nuta in occasione del seminario "I servizi alle persone nel­la legge 104/92 sull'handicap", organizzato dalla Fonda­zione Zancan e svoltosi a Teolo (Padova) dal 22 al 28 otto­bre 1995.

(2) Cfr. Massimo Dogliotti, "La legge-quadro sull'handi­cap: il legislatore statale e quello regionale", in Prospettive assistenziali, n. 114, aprile-giugno 1996.

 (3) I commi 5 e 6 dell'art. 12 della legge 104/1992 sanci­scono quanto segue:

«5. All'individuazione dell'alunno come persona handi­cappata ed all'acquisizione della documentazione risultan­te dalla diagnosi funzionale, fa seguito un profilo dinamico­funzionale ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiun­tamente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e per ciascun grado di scuola, personale insegnante specializ­zato della scuola, con la partecipazione dell'insegnante operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal Ministro della pubblica istruzione. II profilo indi­ca le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell'alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendi­mento conseguenti alla situazione di handicap e le possi­bilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto dellc. scelte culturali della persona handicappata.

«6. Alla elaborazione del profilo dinamico-funzionale Iniziale seguono, con il concorso degli operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e delle famiglie, verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l'influenza eser­citata dall'ambiente scolastico».

(4) Le prime due intese sono state riportate nel volume di M.G. Breda e M. Rago, Formare per l'autonomia - Stru­menti per la preparazione professionale degli handicappati intellettivi, Rosenberg & Sellier, Torino, 1991; la terza è sta­ta pubblicata sul n. 110, aprile-giugno 1995, di Prospettive assistenziali.

 

 

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