Prospettive assistenziali, n. 115, luglio-settembre 1996

 

 

POTERI DELLE REGIONI IN MATERIA DI CONTRIBUTI ECONOMICI RICHIESTI AI PARENTI DEGLI ASSISTITI

MASSIMO DOGLIOTTI *

 

II disegno di legge n. 169, presentato dalla Giunta regionale del Piemonte il 7 maggio 1996 e intitolato «Modificazioni alla legge regionale 13 aprile 1995 n. 62 "Norme per l'esercizio delle funzioni socio-assistenziali"» (1) ha almeno un pregio: il riconoscimento che attualmente, in mancanza di una norma specifica, la prassi de­gli enti pubblici di richiedere contributi ai parenti tenuti agli alimenti (magari facendo sottoscrive­re loro un impegno a pagare le rette del loro congiunto ricoverato) è assolutamente illegitti­ma. Altrimenti... non occorrerebbe alcuna norma al riguardo.

Ma questo è l'unico indiretto pregio del testo in esame. È da ritenersi infatti che il disegno di legge, così come formulato, se entrasse in vigo­re, non si sottrarrebbe a gravi censure che po­trebbero condurlo tempestivamente davanti alla Corte costituzionale. Varie sono le ragioni. In­nanzitutto la materia non pare rientrare nella competenza legislativa regionale. Non si tratta di "assistenza", ma del rapporto familiare e privato tra soggetti (chi ha diritto agli alimenti e chi deve prestarli) regolato dal codice civile, e che non potrebbe, essere oggetto di disciplina differente tra Regione e Regione. AI riguardo, semmai, do­vrebbe intervenire il Parlamento. È vero che non mancano accenni ai contributi dei parenti tenuti agli alimenti nelle leggi di qualche altra Regione (poche per la verità), ma è da ritenere che an­che esse non si potrebbero sottrarre ad un giu­dizio di costituzionalità.

Ma, altrettanto e forse ancor più grave, appare l'indicazione dell'art. 1, comma primo: la misura del contributo dei parenti tenuti agli alimenti non sarebbe determinata dalla legge, seppur regio­nale, ma da non meglio identificati criteri (evi­dentemente di massima) individuali con delibe­razione del Consiglio regionale e secondo quanto definito dagli atti di programmazione lo­cale.

Nulla di più indeterminato: si lascerebbe evi­dentemente ai Comuni, alle Province e alle USL notevole discrezionalità. Si pensi, al contrario, che la misura degli alimenti e l'individuazione esatta del parente tenuto, sono attribuite, se­condo la disciplina del codice civile, soltanto al giudice ordinario, a seguito di un procedimento, con particolari garanzie a difesa per il soggetto su cui grava l'obbligo alimentare.

Ancor più grave l'indicazione contenuta nel comma quinto: «Gli enti erogano in ogni caso agli utenti gli interventi socio-assistenziali non differibili». Ciò sembrerebbe suggerire che, in caso di rifiuto dei parenti, e magari nel lungo pe­riodo di una controversia tra parenti ed ente pubblico davanti al giudice amministrativo o a quello ordinario, gli utenti non sarebbero assisti­ti, se non per gli interventi indifferibili.

Gravissima violazione, che potrebbe compor­tare anche forme di responsabilità penale.

In conclusione, sembra opportuno che il di­segno di legge venga accantonato.

 

 

* Docente universitario e Magistrato della Corte di ap­pello di Genova.

 

(1) Testo del disegno di legge n. 169

Art. 1

1. L'articolo 46 della legge regionale 13 aprile 1995, n. 62, è sostituito dal seguente:

«Art. 46 (Concorso degli utenti e delle persone obbligate ai sensi del codice civile alla copertura del costo degli in­terventi socio-assistenziali).

1. Gli utenti contribuiscono, in conformità a criteri da in­dividuarsi con deliberazione del Consiglio regionale e se­condo quanto definito dagli atti di programmazione locale, alla copertura del costo degli interventi socio-assistenziali di cui sono beneficiari.

2. Una quota di reddito, la cui misura minima è determi­nata nella deliberazione di cui al comma 1, va comunque riservata alla disponibilità dell'utente, per la soddisfazione di esigenze personali.

3. Le persone tenute a provvedere al mantenimento de­gli assistiti, ovvero a corrispondere agli stessi gli alimenti ai sensi dell'articolo 433 del codice civile, contribuiscono alla copertura del costo degli interventi socio-assistenziali in­dividuati nella deliberazione di cui al comma 1, in base ai criteri in essa stabiliti, nonché secondo quanto definito da­gli atti di programmazione locale.

4. Gli enti gestori esigono direttamente la contribuzione prevista dai commi 1 e 3 e, nel caso che la stessa non sia effettuata, si rivalgono nei confronti dei soggetti inadem­pienti.

5. Gli enti gestori erogano In ogni caso agli utenti gli In­terventi socio-assistenziali non differibili.

6. Gli enti gestori possono intervenire, senza oneri a ca­rico degli assistiti e delle persone obbligate di cui al com­ma 3, in presenza di specifici progetti individuati nella deli­berazione di cui al comma 1, per la tutela di particolari soggetti esposti a rischio di emarginazione».

 

 

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