Prospettive assistenziali, n. 114, aprile-giugno 1996

 

 

Notiziario dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale

 

 

VOLANTINO SUI CENTRI DIURNI SANITARI '­PER I MALATI DI ALZHEIMER

 

Riportiamo il volantino predisposto in data 25 marzo 1996 dalla Sezione di Torino dell'AIMA, Associazione Italiana Malattia di Alzheimer e dal CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assi­stiti.

 

La Regione Piemonte e le USL non devono abbandonare i malati di Alzheimer e le famiglie che li accolgono a casa loro

La malattia di Alzheimer (o demenza senile) causa una perdita delle capacità mentali che, con il tempo, può diventare totale. Qualunque persona può essere colpita: i personaggi più fa­mosi sono l'ex Presidente degli Stati Uniti Rea­gan e l'attrice Rita Hayworth.

La perdita della memoria è il sintomo più evi­dente. Altre conseguenze possono essere: - la difficoltà, a volte totale, di compiere atti della vita quotidiana anche molto semplici, come vestirsi, utilizzare le posate, ecc.;

- l'incapacità di riconoscere parti del proprio corpo e, a volte, gli stessi familiari;

- l'incapacità di capire e di comunicare;

- le allucinazioni.

Curare a casa i malati di Alzheimer è un impe­gno molto gravoso per i familiari, spesso anzia­ni, anche con più di 70-80 anni.

La Regione e le USL non possono e non de­vono abbandonare a loro stessi i malati ed i loro congiunti.

Chiediamo pertanto che a Torino siano creati con la massima urgenza almeno 4 centri sanitari diurni (1 per ciascuna delle 4 USL cittadine) per i malati di Alzheimer.

Proponiamo che uno sia istituito presso l'isti­tuto Carlo Alberto di Corso Casale 56. II Comune ha messo a disposizione i locali. II personale medico, infermieristico e di assistenza è dispo­nibile.

Un altro centro diurno dovrebbe essere istitui­to presso la RSA, Residenza sanitaria assisten­ziale, di Via Braccini, di cui stiamo attendendo l'apertura da oltre due anni.

II terzo dovrebbe avere sede presso la struttu­ra di Via Valgioie angolo Via Exilles.

Infine chiediamo che la Regione Piemonte e l'USI- 4 rispettino l'impegno assunto di aprire entro giugno 1996 il nuovo centro diurno con 20-25 posti (che dovrebbe sostituire l'attuale struttura per 6-8 posti), che ha sede presso l'Ospedale Einaudi di Via Cigna.

Chiediamo a tutte le organizzazioni sociali e alle persone sensibili di sostenere queste ri­chieste sollecitando la Regione Piemonte, le USL cittadine e il Comune di Torino.

 

 

CONTRIBUTI ECONOMICI PRETESI ILLEGALMENTE DAL COMUNE DI TORINO

 

L'Associazione SANA, Solidarietà Anziani Non Autosufficienti, il Comitato dei parenti dei ricove­rati presso l'Istituto di riposo per la vecchiaia e il CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assi­stiti in data 26 marzo 1996 hanno diffuso la se­guente circolare ai familiari dei ricoverati presso gli istituti di assistenza del Comune di Torino: IRV (Istituto di riposo per la vecchiaia), Carlo Alberto, Convalescenziario alla Crocetta, Opera Pia Lotte­ri, ecc.

 

Basta con le richieste illecite del Comune di Torino

I Comuni e le Usl non possono pretendere contributi economici dai parenti, compresi quelli tenuti agli alimenti, di assistiti maggiorenni.

In base a quanto previsto dal Codice civile, gli alimenti possono essere richiesti esclusivamen­te dalla persona interessata (o dal suo tutore, qualora l'interessato sia stato dichiarato inter­detto dall'autorità giudiziaria).

Nessun altro soggetto può obbligare i parenti ad intervenire economicamente in suo aiuto, an­che quando il ricoverato non può pagare tutta la retta con i suoi redditi.

Quanto sopra è confermato dai pareri:

- della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15 aprile 1994, prot. DAS/4390/1 /H/795 e del 20 ottobre 1995, prot. DAS/13811 /1 /II/795 e

- del Ministero dell'interno del 27 dicembre 1993, prot. 12287/70.

Inoltre, in data 21 dicembre 1995, la sessione di Torino del CORECO, Comitato regionale di controllo sugli atti degli enti locali, ha annullato la deliberazione dell'Associazione dei Comuni di Ciriè per la parte relativa alla richiesta di contri­buti ai congiunti di assistiti maggiorenni.

Anche l'Assessore all'assistenza della Regio­ne Piemonte in data 7 marzo 1996 ha ricono­sciuto - finalmente - l'efficacia dei pareri della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Nell'occasione l'Assessore stesso ha scritto: «Non risulta che gli enti gestori (e cioè i Comuni, le Province e le Usi) abbiano adottato metodi ri­cattatori, minacciando il rifiuto di prestazioni nei confronti delle persone tenute o non tenute alla corresponsione degli alimenti».

Chiediamo all'Assessore all'assistenza del Comune di Torino, Angela Migliasso, di mante­nere l'impegno assunto nella seduta del 2 marzo 1995 della IV Commissione del Consiglio comu­nale: «Chiarire con apposita delibera che i fami­liari degli anziani ricoverati negli istituti di assi­stenza della Città di Torino non sono obbligati a contribuire al pagamento della retta di ricovero dei loro congiunti».

Familiari, non regalate il vostro denaro al Co­mune di Torino.

Utilizzatelo per migliorare le condizioni di vita dei vostri cari.

Nel caso in cui abbiate sottoscritto un impe­gno per il pagamento di contributi, inviate subito una lettera di disdetta, non sarete più obbligati a versare denaro.

Non sottostate ai soprusi. Passate parola al fi­ne di informare tutte le persone interessate.

 

La consulenza (gratuita) è fornita dal CSA - Co­mitato per la difesa dei diritti degli assistiti, Via Artisti 36, 10124 Torino, tel. 011-812.23.27 - 812.44.69

 

 

NO AL MEDIATORE DEI CONFLITTI

 

Il Gruppo Abele con la collaborazione della IV Circoscrizione del Comune di Torino ha istituito un "Centro giovanile per la gestione dei conflit­ti”; in cui opera un'équipe composta da undici operatori.

Ad avviso di Giovanni Berra, vicepresidente della IV Circoscrizione «il centro ha l'obiettivo di intervenire per sanare i conflitti nel mondo gio­vanile prima che si creino situazioni di disagio». A sua volta Marco Bertoluzzo, responsabile del Centro sostiene: «Non ci sostituiamo ai servizi sociali, né ci assumiamo la presa in carico psi­co-sociale dell'individuo. I mediatori sono asso­lutamente neutrali, non danno ragione all'uno o all'altro, ma ascoltano, gestiscono il conflitto delle parti riaprendo tra loro canali comunicativi che si erano interrotti».

Al riguardo, Maria Grazia Breda, presidente dell'ULCES, ha inviato l'11 marzo 1996 al Presi­dente e ai Capi Gruppo della IV Circoscrizione (1) la lettera che riportiamo:

 

«Siamo venuti a conoscenza del progetto del Gruppo Abele per prevenire il disagio giovanile, accolto dalla Vostra Circoscrizione.

«Desideriamo al riguardo esprimere il nostro parere, che, in base alle esperienze fin qui ma­turate, non può certo essere favorevole.

«Il progetto "gestione dei conflitti" è un enne­simo tentativo di voler condurre la difficile solu­zione dei problemi concreti (casa, lavoro, scuo­la, salute, famiglia...) di chi ha il "disagio", offren­do palliativi utili solo a creare occupazione e fonti di reddito a chi li propone.

«Abbiamo già espresso le nostre perplessità anche al responsabile del progetto. Temiamo fortemente che si favorisca ulteriormente la de­responsabilizzazione di tutte le figure che entra­no in contatto con la persona che ha problemi, tanto più se minore: insegnanti, operatori sociali possono tranquillamente "disimpegnarsi" e ri­mandare il giovane con problemi al mediatore dei conflitti. E poi? Cosa accade? Proprio in ba­se al progetto dovrebbe ritornare a quegli inse­gnanti e a quegli operatori sociali del territorio di cui il "mediatore del conflitto" non vuole occu­pare lo spazio istituzionale.

«Ma non sono proprio gli insegnanti, gli assi­stenti sociali, gli psicologi a doversi fare carico delle problematiche e cercare di trovare le ri­sposte corrette in prima persona? Qual è altri­menti il loro ruolo? A cosa serve la loro profes­sionalità?

«Infine, a nostro avviso, ciò che manca è inve­ce un maggior impegno (e maggiori risorse) da destinare a monte per evitare le cause del disa­gio:

- per superare le carènze del nucleo familiare determinate dal mancato soddisfacimento dei bisogni primari: casa, lavoro, salute...;

- per dare una nuova famiglia tempestiva­mente (affidamento, adozione) se il nucleo fami­liare non è valido;

- per costringere la scuola dell'obbligo ad af­frontare il problema della dispersione scolasti­ca;

- per dare concreti strumenti ai servizi assi­stenziali.

«Nel restare a disposizione per ulteriori ap­profondimenti, confidiamo in un ripensamento, anche con il Gruppo Abele, e porgiamo i migliori saluti».

 

 

(1)     La lettera è stata inviata altresì, per conoscenza, a Don Luigi Ciotti, responsabile del Gruppo Abele.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it