Prospettive assistenziali, n. 113, gennaio-marzo 1996

 

 

PIATTAFORMA PRESENTATA DAL CSA ALLA GIUNTA DELLA REGIONE PIEMONTE

 

 

 

Sulla base di un metodo di lavoro praticato da anni, il CSA - Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base ha presentato in data 6 novembre 1995 alla Giunta della Regione Piemonte la piattaforma che riportiamo integral­mente.

 

 

Richiesta di modifica della legge 13 aprile 1995 n. 62 "Norme per l'esercizio delle funzioni so­cio-assistenziali"

                                                                             .

Con la legge suddetta si è dato spazio allo smantellamento dell'organizzazione dei servizi sociali (finora posti prevalentemente su tutto il territorio regionale in capo alle ex-USSL) con la conseguente perdita del patrimonio di servizi e di professionalità accumulato in tanti anni.

Le nuove disposizioni regionali prevedono in­fatti:

- la possibilità di modifica dei precedenti am­biti territoriali della Ussl, con l'azzeramento degli attuali punti di riferimento per i cittadini, com­presi i responsabili dei servizi;

- non individuano l'ente istituzionale tenuto obbligatoriamente a fornire le prestazioni al cit­tadino/utente. Possono essere, indifferentemen­te, i Comuni (tramite delega all'USL), i Consorzi di Comuni, le Comunità montane, i Comuni diret­tamente o le Associazioni dei Comuni;

- nulla è precisato per le attività socio-assi­stenziali a rilievo sanitario, che sono previste in convenzione con le USL, in caso di disaccordo tra i soggetti interessati.

Per tali gravi ragioni si chiede l'emanazione di un urgente provvedimento che:

a) ponga la gestione dei servizi socio-assi­stenziali in capo ai Comuni, obbligandoli ad as­sociarsi in modo da mantenere la precedente configurazione zonale delle USSL ed assicura­re, così, le necessarie risorse per la creazione e gestione di attività socio-assistenziali sul territo­rio;

b) definisca gli interventi (almeno quelli es­senziali), che devono essere obbligatoriamente forniti ai cittadini, in particolare a quelli non in grado di autodifendersi: minori in situazione di abbandono, anziani e nuclei familiari privi delle risorse economiche necessarie per sopravvive­re, handicappati con limitata autonomia.

In particolare:

- deve essere evitata la frammentazione fra interventi di competenza dei Comuni singoli e associati e quelli di competenza delle Province, tenendo soprattutto conto della necessità di evi­tare una separazione degli interventi per i minori nati nel matrimonio (di competenza comunale) e nati fuori dal matrimonio (di competenza della Provincia) e della impossibilità quasi assoluta per i minori ex-Omni di individuare le rispettive competenze in base alle leggi vigenti;

- devono essere definite le modalità per il passaggio delle competenze dal settore assi­stenziale a quello sanitario degli anziani ricono­sciuti malati da apposita commissione sanitaria.

 

Assessorato alla sanità

La normativa nazionale vigente prevede che gli anziani malati cronici non autosufficienti so­no da considerarsi a tutti gli effetti persone ma­late e, come tali, aventi diritto a tutte le cure sa­nitarie, comprese quelle praticate da ospedali e strutture convenzionate (L. 692 del 4.8.55; D.M. 21.12.56; art. 29 L. 132 del 12.2.68; L. 180 del 13.5.79; L. 833 del 23.12.78).

Anche il Progetto obiettivo "Tutela della salute degli anziani" reso esecutivo dal Parlamento il 30.1.92 riconosce che gli anziani cronici non autosufficienti sono malati e devono essere cu­rati dal Servizio sanitario nazionale.

Inoltre il DPR 1 ° marzo 1994 "Approvazione del piano sanitario nazionale per il triennio 1994-1996" stabilisce che «gli anziani ammalati, compresi quelli colpiti da cronicità e da non au­tosufficienza, devono essere curati senza limiti di durata nelle sedi più opportune».

Ciò premesso, si chiede che l'Assessorato alla sanità:

1) intervenga nei confronti degli ospedali per dare piena attuazione alle leggi vigenti, secondo cui gli anziani malati cronici non autosufficienti non curabili a domicilio non devono essere di­messi dagli ospedali e/o vanno trasferiti in ca­se di cura convenzionate con il SSN o in altre strutture sanitarie, purché vicine al luogo di resi­denza in modo da assicurare ai familiari la pos­sibilità di continuare ad assicurare ai propri cari la loro presenza;

2) provveda alla unificazione degli interventi sanitari domiciliari (ADI e OAD) assicurando al­meno un servizio di cura a domicilio ogni 50.000 abitanti collegato agli ospedali di territorio.

Si chiede inoltre che ai parenti o ai terzi che vi provvedano, siano corrisposti adeguati contri­buti economici in modo da consentire alle sud­dette persone di utilizzare l'aiuto di terzi (ad esempio colf per 2-3 ore al giorno).

Dovrà anche essere prevista là possibilità di ricoverare l'anziano saltuariamente in idonee strutture sanitarie per consentire adeguati pe­riodi di riposo alle persone che provvedono alle cure domiciliari.

AI riguardo si ribadisce che:

a) l'attuale servizio di ADI, assistenza domici­liare integrata, non risponde alle esigenze degli ammalati gravi e/o cronici non autosufficienti, in quanto il medico di base ha la facoltà di accetta­re o meno di aderire all'ADI e quindi, anche, di impedire all'utente l'accesso al servizio; non so­no garantite le visite e/o l'assistenza infermieri­stica nei giorni festivi e per tutti i casi in carico per almeno 8-10 ore al giorno, come invece è assicurato dal servizio di ospedalizzazione a do­micilio (OAD);

b) gravissimo è il fatto che sovente con l'ADI sia garantito anche l'invio al domicilio del pa­ziente di un collaboratore domestico gratuito, anche nel caso di benestanti. L'assistenza pub­blica, in base a quanto previsto dall'art. 38 della Costituzione, deve invece essere erogata solo a persone inabili al lavoro e sprovviste dei mezzi di sussistenza;

3) istituisca le UVG, Unità valutative geriatriche, che hanno lo scopo di individuare le esigenze degli anziani malati e di proporre gli interventi più idonei;

4) individui le procedure e i tempi necessari per il passaggio degli anziani cronici non auto­sufficienti dal comparto dell'assistenza sociale a quello della sanità, con l'assunzione della ge­stione sanitaria degli istituti di ricovero per non autosufficienti e delle nuove RSA.          .

AI riguardo si sottolinea che le RSA sono strutture proprie del SSN. Ad esempio le leggi del Lazio e della Liguria riconoscono questa ap­partenenza. Inoltre, in considerazione delle pa­tologie e delle condizioni personali degli ospiti anziani cronici non autosufficienti che vi sono ri­coverati, le RSA dovrebbero prevedere stanze a due letti comprensive di servizi interni, idonei ambienti di soggiorno e locali per socializzazio­ne e incontro con persone esterne.

Per i soggetti con handicap e per gli altri sog­getti malati non autosufficienti a causa della gravità delle loro condizioni di salute vanno pre­viste comunità alloggio (sanitarie), massimo di 8-10 posti letto, inserite il più possibile nel con­testo cittadino per evitare emarginazione e iso­lamento.

Si rammenta che per tutti i soggetti di cui so­pra, se minori, vanno applicate le norme di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori";

5) in merito ai contributi richiesti ai ricoverati in RSA e/o ai loro parenti si chiede il rispetto di quanto previsto dalle disposizioni di legge vi­genti per cui a nessun titolo né gli anziani croni­ci non autosufficienti, né tanto meno i loro pa­renti, sono tenuti al pagamento di somme, in quanto si tratta di presidi sanitari.

AI riguardo, se la Regione ritiene che sia ne­cessario introdurre un criterio per il pagamento della quota alberghiera a carico dei soggetti malati cronici non autosufficienti ricoverati in RSA, presenti una proposta di legge in materia al Parlamento. Per il momento, stante la legisla­zione vigente, chiediamo il ritiro della circolare del 1° aprile 1994, prot. 530/3024 avente per oggetto "Determinazione criteri per la contribu­zione a carico dei parenti tenuti agli alimenti per il pagamento delle rette in istituto. Risposta a quesito", anche per il terrorismo insito nel previ­sto invio delle cartelle esattoriali;

6) assunzione delle iniziative necessarie per l'estensione dei centri diurni sanitari per i malati di Alzheimer (aperti almeno 40 ore alla settima­na) in misura di almeno 1 ogni 50.000 abitanti;

7) stanziamento dei fondi necessari per il fun­zionamento dei 2 moduli della RSA per handi­cappati gravissimi ultraquattordicenni di Corso Svizzera 140, di cui alla DGR 1 ° agosto 1995, n. 138-471;

8) estensione e potenziamento sul territorio regionale dei servizi di riabilitazione secondo quanto previsto dalla L. 595/1995 (1 posto letto ogni 1.000 abitanti);

9) apertura di day-hospital e dì servizi di cura odontoiatrica per gli handicappati, con partico­lare riguardo a quelli intellettivi, negli ospedali del territorio;

10) avvio di centri diurni sanitari con copertura di almeno 40 ore settimanali per soggetti ultra­quattordicenni con disturbi di carattere psichiatri­co e la creazione di comunità alloggio a valenza sanitaria con non più di 8-10 utenti. Tali servizi vanno istituiti in base alle mappe locali dei biso­gni e le eventuali liste di attesa delle USL. La predisposizione dei progetti di fattibilità, previsti dal Ministero della sanità per il finanziamento e la costituzione delle RSA-comunità alloggio per handicappati (art. 20 legge 67/1988), devono essere sollecitati dalla Regione nei confronti delle USSL, che finora non hanno attinto ai 42 miliardi destinati all'uopo dallo Stato alla Regio­ne Piemonte;

11) si chiede di intervenire presso il Governo per il ripristino delle precedenti norme relative alla concessione di protesi, ausili, ecc. con la copertura transitoria dei fondi mancanti, da par­te dell'assessorato, per sopperire agli attuali di­sagi ed inconvenienti derivanti dal nuovo no­menclatore tariffario.

Si richiede in merito alle problematiche dei minori:

- emanazione di una circolare alle Aziende USL e Ospedaliere, ai Responsabili dei reparti di neonatalogia e ostetricia degli ospedali dei Pie­monte, dei servizi consultoriali e dei servizi psi­chiatrici territoriali e dei SERT, per richiamare la necessità di una informazione corretta e mirata nei confronti delle partorienti in relazione al preoccupante fenomeno dell'abbandono di bambini in situazioni di rischio per la loro so­pravvivenza e degli infanticidi tenendo presente che l'ordinamento giuridico garantisce alle don­ne tre diritti fondamentali:

- il diritto di riconoscere o meno il neonato, sia per le donne non coniugate che per le donne coniugate (art. 250 CPC e sentenza Corte Costi­tuzionale 171 dei 5.5.94);

- il diritto all'anonimato, quindi la possibilità di chiedere di non essere nominate nell'atto di na­scita dei bambino;

- il diritto all'informazione sulle disposizioni le­gislative e sulle forme di aiuto fornite dagli Enti Locali, come recentemente richiamato dal prov­vedimento 13 luglio 1995 "Documento di linee guida per la realizzazione di interventi urgenti a favore della popolazione minorile" emanato dal­la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome.

AI riguardo potrebbe essere previsto un semi­nario di approfondimento.

 

Assessorato all'assistenza

Fermo restando quanto richiesto in preceden­za alla Giunta della Regione Piemonte, si chiede all'Assessore all'assistenza quanto segue:

1) Recupero del patrimonio IPAB

Revisione della legge regionale sulle IPAB in modo da ridurre al minimo la privatizzazione de­stinando a servizi assistenziali finalità, patrimoni e redditi delle IPAB privatizzate e fornendo la ne­cessaria tutela al personale.

Estinzione delle IPAB che non hanno redditi propri sufficienti allo svolgimento delle attività assistenziali previste dagli statuti o che non svolgono alcuna attività o che svolgono funzioni non assistenziali (v. IPAB Alfieri Carrù di Torino) e destinazione a servizi sociali dei relativi patri­moni.

Verifica della avvenuta destinazione ai servizi di assistenza sociale dei beni degli enti assi­stenziali disciolti, comprese le IPAB, e dei relativi redditi.

Annullamento dell'autorizzazione concessa al Comune di Torino con deliberazione della Giun­ta regionale dei 19.9.1990 n. 28-38502 riguar­dante l'attuazione delle norme dei DPR 24 luglio 1977 n. 616 che vincolano al settore assisten­ziale i beni pervenuti ai Comune di Torino (il cui valore ammonta ad alcune centinaia di miliardi) a seguito dello scioglimento degli enti assisten­ziali, IPAB comprese, mediante in particolare quanto segue:

- redazione di un elenco dei beni mobili e im­mobili di cui sopra, da inserire nei bilanci pre­ventivi e consuntivi dei Comuni;

- iniziative dirette a promuovere corrette mo­dalità di rapporto fra autorità giudiziaria minorile (Tribunale per i minorenni) e Giudice tutelare e USSL in attuazione di quanto previsto dal DPR 616, art. 23 (protocolli d'intesa);

- definizione delle somme a titolo di affitto che annualmente il Comune di Torino trasferisce al bilancio dell'Assessorato all'assistenza in rela­zione ai beni immobili utilizzati dagli Assessorati dei Comune stesso;

- idem c.s. per i redditi provenienti dai beni immobili affittati dal Comune di Torino ad altri enti e a privati;

- idem c.s. per i redditi provenienti da depositi bancari, titoli ed altri beni mobili;

- idem c.s. per gli altri Comuni;

2) assunzione di iniziative per il trasferimento della gestione degli istituti di ricovero per anziani non autosufficienti al settore sanitario e delle RSA finora autorizzate dalla Regione Piemonte, che ospitano anziani malati;

3) blocco della costruzione di nuovi istituti per minori, handicappati adulti, anziani autosufficien­ti;

4) potenziamento dei servizi di assistenza eco­nomica, aiuto economico e servizio di aiuto alla persona. Tali servizi vanno erogati limitatamente alle persone inabili e sprovviste dei mezzi di sussistenza (art. 38 Costituzione);

5) estensione dell'anagrafe regionale ai mino­ri, agli handicappati (minori e adulti) e agli anzia­ni ricoverati in istituto o accolti in comunità al­loggio.

In particolare per i soggetti handicappati si chiede:

a) la realizzazione di centri diurni per handi­cappati intellettivi ultraquattordicenni con limitata o nulla autonomia, non inseribili, a causa della gravità delle loro condizioni fisiche e intellettive; nella realtà produttiva che richiedono una resa produttiva proficua (1 centro diurno ogni 30.000 abitanti minimo, con capienza massima di 25 persone, inserito nel territorio, e con la garanzia di frequenza di almeno 40 ore settimanali);

b) la realizzazione di comunità alloggio per handicappati (fisici, sensoriali, intellettivi), con capienza massima di 8-10 posti, inserite nelle normali situazioni abitative (almeno 1 comunità ogni 30.000 abitanti) e di appartamenti protetti (2-3 soggetti) per handicappati con limitata au­tonomia. Si rammentino le risorse destinate all'uopo dallo Stato e dalla Regione.

Per favorire l'estensione delle comunità allog­gio per handicappati si chiede l'abrogazione della richiesta di "bagno assistito" prevista dal DGR n. 60-33850 del 18.4.94 per la realizzazio­ne delle Comunità di Accoglienza Socio-Assi­stenziali (C.A.S.A.) pubbliche, già indicata nella DGR 38-16335 del 29 giugno 1992. II bagno as­sistito non è assolutamente necessario per sod­disfare i bisogni degli handicappati per i quali è sufficiente il rispetto delle leggi esistenti, in ma­teria di barriere architettoniche, e impedisce, in­vece, l'apertura e/o la ristrutturazione di nuove comunità.

Per quanto riguarda i minori:

- in considerazione del ridotto numero di mi­nori ricoverati negli istituti (559 in 44 istituti) sa­rebbe molto significativa - e fattibile - l'assun­zione di un progetto specifico della Regione Pie­monte diretto al superamento entro il 2000 dell'istituzionalizzazione dei minori, attraverso un rilancio degli aiuti socio-economici alle fa­miglie d'origine, degli affidamenti familiari, delle adozioni e di piccole comunità di tipo familiare per permanenze temporanee. "Una famiglia per ogni bambino" è il senso e il significato della no­stra proposta;

- estensione dell'anagrafe dei minori ricove­rati in strutture (istituti e comunità) a carattere psico-medico-pedagogico, in modo da avere aggiornata anche la situazione personale e fa­miliare dei minori portatori di handicap, anche per individuare tempestivamente eventuali situa­zioni di abbandono (v. art. 9, legge n. 184/1983);

- incentivazione economica degli interventi degli Enti gestori delle attività socio-assistenziali diretti alla promozione in particolare degli affida­menti familiari. AI riguardo si ritiene necessario richiamare le precise priorità di intervento previ­ste dalla legge 184/1983 e ancora recentemen­te ribadite dal citato accordo Stato-Regioni;

- garantire la prosecuzione degli interventi assistenziali e/o d'affidamento oltre ai 18 anni d'età (v. ad esempio la delibera del Comune di Torino) nei confronti dei giovani che al compi­mento del 18° anno di età non hanno ancora raggiunto una loro autonomia anche lavorativa;

- definizione dei criteri per l'autorizzazione preventiva a funzionare per le strutture. Per i mi­nori è rischiosa la previsione di comunità di "ti­po sperimentale", per le quali sono previsti stan­dard minimi di personale e di requisiti della struttura (v. DGR n. 24-23032);

- iniziative dirette ad incentivare il convenzio­namento delle Province con i Comuni per la ge­stione unificata delle competenze assistenziali riattribuite alle Province dalla legge 18 marzo 1993 n. 67.

Precisi richiami alla necessità di un'adeguata assistenza alle gestanti e madri in difficoltà e ai loro nati è contenuta nel più volte ricordato ac­cordo Stato-Regioni.

AI riguardo si richiede:

- - iniziative a livello regionale:

a) per garantire adeguati interventi socio-as­sistenziali necessari alle gestanti e madri e loro nati: precisi richiami in tal senso sono contenuti nell'accordo Stato-Regioni sopra citato.

Si chiede di promuovere un incontro Regione, Province, Comuni capofila, Tribunale per i mino­renni al fine di stabilire le modalità di raccordo e informazioni necessarie per superare i problemi attuali;

b) per la gestione da parte dei Comuni singoli o associati delle competenze assistenziali delle Province, tramite le convenzioni previste dalla legge regionale 19/1995 al fine di unificare in un unico ente gli interventi, evitando ogni sovrap­posizione e vuoti di intervento.

Un'azione della Regione Piemonte nei con­fronti del Parlamento e del Governo diretta a sol­lecitare la modifica dell'attuale normativa con la definitiva attribuzione ai Comuni delle compe­tenze socio-assistenziali delle Province.

Si segnala al riguardo le richieste in tal senso avanzate sia dal gruppo di lavoro che ha prepa­rato il Convegno "Esigenze e diritti di gestanti, madri e neonati in difficoltà: aspetti etico-giuridi­ci e ruolo delle Istituzioni, degli operatori e del volontariato", sia dei relatori intervenuti nella Ta­vola rotonda conclusiva;

6) appalti di servizi socio-assistenziali (comu­nità alloggio, centri diurni per handicappati intel­lettivi).

Si richiede da parte della Regione la regola­mentazione degli appalti dei servizi alle persone, affinché siano tenuti in considerazione gli inte­ressi e i bisogni degli utenti, con particolare ri­guardo alla salvaguardia della continuità educa­tiva. AI riguardo vi è l'urgenza che gli appalti pri­vilegino gli aspetti qualitativi e siano pluriennali per salvaguardare la continuità degli interventi educativi nei casi in cui l'appalto sia vinto da un ente diverso da quello precedente.

 

Assessorato al lavoro e formazione professionale

Si richiede:

1) che siano assicurati i moduli formativi di 1° livello e potenziati i corsi prelavorativi per handi­cappati intellettivi (1 corso di tre moduli per 2.400 ore in tre anni, almeno in ognuna delle sedi dei Centri di formazione professionale della Regione e delle Amministrazioni provinciali, in modo tale da assicurare il diritto all'accesso alla formazione professionale degli handicappati in­tellettivi, in grado di svolgere attività lavorative proficue, su tutto il territorio regionale);

2) di garantire l'insegnante di sostegno per quelle persone inserite in corsi normali di for­mazione professionale e che necessitino, per le loro caratteristiche dovute alla minorazione (fisi­ca e/o sensoriale) di un sostegno particolare;

3) prevedere il graduale superamento dei cen­tri speciali di formazione professionale (riservati cioè ai soli handicappati, come il Centro specia­le di Moncrivello in provincia di Vercelli);

4) avviare corsi sperimentali di aggiornamento professionale di handicappati fisici adulti, iscritti nelle liste di collocamento obbligatorio e di ri­qualifica per persone che, in seguito a incidente e/o malattia, devono ricostruire una nuova pro­fessionalità per poter trovare un nuovo posto di lavoro;

5) richiedere contributi all'Unione Europea per tutti i corsi sopra citati;

6) si sollecita una verifica urgente degli ingen­ti finanziamenti (2.200 miliardi per il triennio 1990-93) erogati dalla Regione Piemonte a coo­perative e/o imprese per l'assunzione di sogget­ti svantaggiati (leggi regionali 28/1984 e 44/ 1988 "Criteri di erogazione dì finanziamenti per investimenti").

Si denuncia la non previsione di finanziamenti nelle leggi regionali sopra citate per I'incentiva­zione della creazione di posti di lavoro per i sog­getti handicappati, che non sono inseriti tra i soggetti svantaggiati.

Si chiede pertanto il reintegro in tutte le leggi regionali finalizzate all'incentivazione della crea­zione di nuove opportunità lavorative delle per­sone handicappate tra gli aventi diritto.

Molti handicappati (fisici e/o sensoriali) han­no capacità lavorative che consentono di poter fruire delle agevolazioni previste dalle leggi sud­dette, ma oggi sono esclusi, ingiustamente, per­ché non espressamente citati;

7) si chiede la modifica dei criteri previsti dalla legge regionale 28/1993 "Assunzioni incentiva­te", poiché non si tiene conto della capacità lavo­rativa delle persone handicappate, che può esse­re - a seconda delle situazioni - piena (e cioè pa­ri a quella degli altri lavoratori) oppure ridotta.

AI riguardo si chiede altresì che siano espres­samente previste incentivazioni mirate agli han­dicappati intellettivi e a quelli fisici aventi una ri­duzione della capacità lavorativa, e limitata au­tonomia, al fine di promuovere realmente la loro collocazione al lavoro presso le imprese pubbli­che e private.

La percentuale di invalidità (attualmente adot­tata come criterio per l'assegnazione degli in­centivi) finora ha solo creato disparità di tratta­mento e non ci risulta che abbia favorito la col­locazione di tali soggetti.

Nessun dato è mai stato fornito al riguardo.

Per le stesse ragioni è da rivedere la legge re­gionale 18/94 "Norme di attuazione della legge 8.11.1991 - Disciplina delle cooperative sociali", che di fatto esclude da ogni possibilità di inseri­mento lavorativo gli handicappati intellettivi e quelli fisici gravi. Anche qui non sono previste norme specifiche per gli handicappati più in dif­ficoltà e cioè per coloro che hanno un rendi­mento lavorativo limitato, anche se proficuo per le aziende.

Inoltre proponiamo quindi che la legge regio­nale n. 18/94 sia modificata al fine di prevedere agevolazioni specifiche per tutte le aziende che assumono handicappati con ridotta capacità la­vorativa, in particolare quelli intellettivi.

Per promuovere il diritto al lavoro delle perso­ne handicappate con capacità lavorative si chiede che l'Assessorato:

a) assuma iniziative affinché i Comuni singoli o associati istituiscano obbligatoriamente un servizio per l'inserimento al lavoro di questi sog­getti, che potrebbe far riferimento al CILO;

b) promuova l'assunzione di handicappati presso gli Enti e le aziende con rappresentanze regionali;

c) stabilisca una condizione negli appalti in­detti per la gestione di servizi a terzi, che con­senta la partecipazione solo alle ditte che ri­spettano le norme della legge 482/1968 sul col­locamento obbligatorio.

 

Assessorato al personale

Si richiede che la Regione:

1) assuma almeno 5 handicappati intellettivi e 3 fisici con limitata autonomia (da ricercare que­sti ultimi anche tra i diplomati) individuati tra quanti abbiano prestato o prestino attività di ti­rocinio presso gli uffici regionali, compresi i par­chi. Da oltre 15 anni la Regione non assume handicappati intellettivi;

2) dia attuazione a quanto previsto dall'art. 42 del decr. leg. 29/1993 e dalla successiva diretti­va del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31 dicembre 1993, con la messa a disposizione e la ricerca di mansioni idonee per handicappati da avviare in tirocini prelavorativi.

 

Assessorato all'istruzione

Si richiede alla Regione:

a) assunzione di idonee iniziative per promuo-

vere e consentire l'inserimento prescolastico e scolastico degli handicappati, con particolare ri­guardo agli handicappati intellettivi gravi e gra­vissimi, agli psicotici ed ai pluriminorati;

b) assunzione delle funzioni in materia di asili nido, funzioni che non dovrebbero essere svolte dall'Assessorato regionale all'assistenza.

 

Assessorato al patrimonio

a) Avvio sollecito delle procedure per l'acqui­sizione al patrimonio regionale della Colonia dell'Eremo (Pecetto) "Casa Mia". L'acquisizione, riguardante un fabbricato e 55 mila metri qua­drati di terreno, può essere raggiunta con un esborso di appena 5 milioni (cfr. il parere dell'uf­ficio legale del Comune di Torino del 7.2.80) ed offrirebbe prospettive di utilizzo a fini sociali;

b) creazione di un gruppo di lavoro sul pro­blema dei patrimoni ex IPAB, ex ECA e degli altri enti assistenziali disciolti, in modo da prospetta­re soluzioni circa il loro utilizzo ai fini sociali;

c) il gruppo suddetto dovrebbe inoltre pren­dere in esame il problema dei patrimoni delle IPAB privatizzate e proporre iniziative dirette a garantire la continuità del loro utilizzo a favore dei poveri.

 

Assessorato ai trasporti

Alla Regione Piemonte si chiede:

1) di dare attuazione a quanto previsto dall'art. 26 comma 1 e 2 della legge 5.2.1992 n. 104 e dall'art. 4 (Competenze regionali), art. 5 (Com­petenze comunali) e art. 14 (Disposizioni parti­colari) della legge 15.1.1992 n. 21, al fine di ga­rantire il diritto al trasporto anche con mezzi di trasporto non collettivi delle persone disabili;

2) di modificare ed adeguare alla normativa su indicata il Piano regionale dei trasporti, non­ché i piani provinciali e dei bacini di trasporto, con particolare riferimento alla istituzione di ser­vizi di trasporto individualizzati per quei soggetti che sono impossibilitati all'uso di mezzi pubblici di trasporto collettivo e/o dei taxi;

3) tutti i mezzi di trasporto pubblico collettivi devono essere resi accessibili e fruibili ai disa­bili (cioè privi di barriere architettoniche). La concessione di contributi regionali per l'acqui­sto e il rinnovo dei mezzi pubblici di trasporto collettivi, è subordinato e finalizzato esclusiva­mente all'acquisto di mezzi di trasporto privi di barriere architettoniche;

4) nell'attesa dell'immissione in circolazione di mezzi pubblici di trasporto collettivi privi di bar­riere architettoniche, la Regione Piemonte prov­vede ad ammettere e finanziare buoni taxi, con validità su tutto il territorio regionale e per per­corsi urbani-suburbani ed extraurbani, con l'emissione dei documenti di viaggio alle stesse condizioni degli altri utenti fruitori dei mezzi col­lettivi, in relazione allo stesso tipo di percorren­za;

5) la Regione Piemonte dovrà istituire apposi­to capitolo di spesa per l'eliminazione delle bar­riere architettoniche e per la localizzazione degli impianti stessi delle stazioni o fermate dei mezzi pubblici di trasporto;

6) la validità delle tessere urbane di circola­zione, rilasciate in ragione dell'invalidità, su tutti i percorsi suburbani o extraurbani effettuati an­che da autolinee in concessione.

 

Assessorati vari

a) Iniziative per l'eliminazione delle barriere architettoniche dagli edifici pubblici e privati e dai mezzi di trasporto;

b) incentivazione delle ristrutturazioni dirette alla eliminazione delle barriere architettoniche.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it