Prospettive assistenziali, n. 112, ottobre-dicembre 1995

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

ALTRA LETTERA APERTA A DON BENZI (*)

 

Riportiamo la lettera inviata da Francesco Santa­nera, presidente dell'Associazione promozione sociale, a Don Luigi Benzi in data 2 novembre 1995.

 

Le tue recenti prese di posizione contro l'ado­zione sono molto preoccupanti. Ti sei scagliato contro le 50 mila famiglie con figli adottivi. Non so per quali motivi tu vuoi scatenare conflitti fra i figli adottivi ed i genitori che li hanno accolti.

Vuoi anche distruggere il lavoro di trent'anni svolto dall'ANFAA.

Proprio a seguito delle iniziative intraprese dall'ANFAA, prima da sola e in seguito con l'ap­poggio di altre organizzazioni, si è ottenuta la di­minuzione dei fanciulli ricoverati in istituto dai 305 mila del 1962 agli attuali 50 mila. È una cifra ancora rilevante, ma certamente non raggiunge i livelli allarmanti di trent'anni fa.

Grazie al lavoro svolto dall'ANFAA e agli inter­venti di altri (P. Salvatore Lener di Civiltà cattoli­ca, P. Perico del Centro Studi San Fedele, Unio­ne giuristi cattolici, ecc.), il Concilio Ecumenico Vaticano II ha inserito nel decreto sull'Apostola­to dei laici la seguente importantissima afferma­zione: «Fra le varie attività di apostolato familiare si devono enumerare le seguenti: adottare i bam­bini abbandonati rendendoli propri figli».

Adesso tu metti in discussione, anzi disprezzi, i legami che noi genitori adottivi abbiamo stabili­to con i nostri figli, legami che in molti casi dura­no da 30-40 anni. Non so per quale motivo vuoi, inoltre, mettere in contrapposizione i figli biolo­gici e quelli adottivi della stessa famiglia.

Perché non hai ritenuto di informare noi geni­tori ed i nostri figli delle tue assolute certezze? Che cosa siamo noi per te? Degli oggetti che tu, a tuo piacimento, metti qui o là? Perché non ri­spetti i nostri sentimenti, i nostri legami affettivi?

Tu affermi che «ogni figlio ha diritto di restare con la mamma e il papà che l'hanno generato» (1). Mai I'ANFAA, l'Associazione promozione so­ciale, il Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base hanno messo in discussione il diritto dei genitori biologici di allevare i propri nati. Anzi ci siamo battuti e ci battiamo affinché il Parlamento, il Governo, le Regioni, i Comuni e gli altri enti pubblici assicurino gli interventi neces­sari per le famiglie in difficoltà. AI riguardo ab­biamo presentato, con molti sacrifici, proposte di legge di iniziativa popolare, abbiamo redatto delibere, abbiamo sottoscritto denunce anche penali. Ma certo non abbiamo la forza di vincere le resistenze degli istituti che non vogliono mol­lare i 50 mila minori ricoverati. E tu sai bene che la stragrande maggioranza di questi bambini e ragazzi è rinchiusa in istituzioni gestite da reli­giosi e collegate quindi con la Chiesa cattolica.

Tu sostieni che «il bisogno di rimanere con i genitori biologici è inscritto negli ordini in codice dei cromosomi». Non so da dove tu abbia tratto questi elementi che, se veri, sarebbero degni della assegnazione di un premio Nobel. Credo che tu ti sia lasciato prendere dall'entusiasmo di confermare una tua certezza che non sei in gra­do di dimostrare. Per quel che ne so, il Prof. Re­nato Dulbecco, premio Nobel della medicina, nell'intervista rilasciata a Paolo Guzzanti ("La Stampa" del 25 marzo 1995) ha affermato: «Non esiste una trasmissione di carattere comporta­mentale (...). Non nego che possa anche passare qualche frammento genetico. Ma diversamente da quel che si crede, sono briciole». «Ma, allora i figli, i padri...» chiede l'intervistatore. II premio Nobel risponde affermando che è l'ambiente a prendere il sopravvento, tant'è che se Bach avesse adottato un trovatello, questi avrebbe potuto sviluppare «un istinto musicale superiore alla media».

Tu affermi che «il figlio vorrà sempre conosce­re chi è suo padre e sua madre e incontrarli: la documentazione che attesta tale bisogno è così abbondante che nessuno può negarlo».

Ma dov'è questa documentazione. Perché non hai detto e non dici dov'è reperibile. Se quel che sostieni è vero (io ne dubito fino a prova contra­ria), perché non la metti a disposizione di noi genitori adottivi e dei nostri figli? Perché non ci aiuti a ricercare la strada che a tuo avviso deve essere da noi intrapresa?

Tu scrivi, sempre sul giornale Avvenire dei 16.7.1995, che «i veri genitori adottivi saranno i primi a chiedere la modifica della legge sull'ado­zione per quello che riguarda il rapporto del figlio adottato con i genitori d'origine». Mia moglie ed io ci sentiamo «veri genitori adottivi», e cioè la vera madre e il vero padre delle nostre figlie adottive (una di 36 e l'altra di 29 anni). Abbiamo informato dell'adozione le nostre figlie a partire dall'età di 3-4 anni. Mai hanno espresso il desi­derio di conoscere coloro che li hanno procrea­ti. Dobbiamo forse mia moglie ed io dire loro che secondo Don Benzi sono delle eccezioni (o delle figlie degeneri?) perché finora non hanno mani­festato il desiderio di conoscere i loro procrea­tori e non si sono messi alla loro ricerca?

Tu dici che «impedire a un minore di venire a contatto con i suoi genitori è una violenza inaudi­ta». A parte che nessuna persona può impedire ai figli maggiorenni di compiere le ricerche che ritengono, è una violenza dire ai figli che la vera madre e il vero padre sono coloro che hanno al­levato il figlio, lo hanno amato e lo amano, sono cresciuti insieme, non solo hanno dato, ma han­no ricevuto molto?

È un perfido nostro imbroglio o sei tu che sei ancora legato al mito del sangue (a parte la tua "scoperta" sui cromosomi tutta da dimostrare), che credi che la vera paternità consista in qual­che cellula e nient'altro, e che la vera maternità coincida con l'atto sessuale e la gestazione?

Non solo tu svalorizzi la maternità e la paterni­tà adottiva, ma anche la maternità e la paternità dei genitori biologici.

Tu scrivi che vi è un'alta percentuale di falli­menti delle adozioni: quali sono i dati oggettivi in tuo possesso? A mio avviso non hai nulla di ve­rificabile. Hai solo tue impressioni. E allora ti sembra serio e rispettoso della verità e della giustizia, fare affermazioni tanto gravi al punto di mettere in discussione i rapporti di 50 mila fami­glie?

E i fallimenti delle adozioni sono dovuti al fatto che, come scrivi «l'amore dei genitori adottivi, per quanto possa essere pieno, esclude per sempre la possibilità del ritorno ai genitori biologici; lentamente ma decisamente si crea una ferita profonda, che disturba la maturazione della personalità del figlio adottato», oppure alle nefaste conseguenze della carenza di cure familiari e al conseguente ricovero in istituto (la documentazione disponibile è imponente), alla scelta da parte dei servizi sociali e dei Tribu­nali per i minorenni di coppie inidonee e al perdurante concetto (di cui purtroppo tu sei uno dei fautori) che la vera maternità e la vera pater­nità vanno assegnate ai procreatori anche se sempre si sono disinteressati ai loro nati o li hanno fatti soffrire con varie e spesso gravi vio­lenze?

Infine è giusto che i figli adottivi possano rin­tracciare i loro procreatori, compresi quelli che non li hanno riconosciuti essendo consapevoli di non essere in grado di fornire ai loro nati le cure necessarie? Se essi hanno in seguito creato una loro famiglia, è accettabile che la lo­ro vita e quella dei loro congiunti venga sconvol­ta?

Se alle donne, che attualmente possono par­torire in incognito, venisse imposto l'obbligo di rendere note le loro generalità, non si incentive­rebbero gli aborti e gli infanticidi?

In conclusione ti chiedo di mettere a disposi­zione dei genitori e dei figli adottivi la documen­tazione in tuo possesso e di accettare il con­fronto con tutte le persone e organizzazioni inte­ressate alla tutela delle esigenze e dei diritti dei minori in difficoltà.

 

 

(*) Una lettera aperta, rimasta senza risposta, era stata inviata a Don Benzi da Giorgio Pallavicini in data 5 settem­bre 1994 (cfr. Prospettive assistenziali, n. 108, ottobre-di­cembre 1994).

(1) Cfr. Avvenire del 16 luglio 1995.

 

 

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