Prospettive assistenziali, n. 112, ottobre-dicembre 1995

 

 

Editoriale

 

L'ADOZIONE DEI MINORI IN SITUAZIONE DI ABBANDONO E I FALSI PROGRESSISTI

 

 

Quando venne approvata la legge 5 giugno 1967 n. 431 (1), si parlò - a ragione - di rivolu­zione copernicana: al centro dell'adozione non c'era più la persona priva di discendenti, ma il bambino in situazione di abbandono materiale e morale; gli adulti dovevano ruotare intorno al nuovo sistema come satelliti, disposti ad acco­gliere i minori dichiarati in stato di adottabilità.

Con la legge 4 maggio 1983 n. 184 (2), questa concezione alternativa all'adozione tradizionale venne perfezionata stabilendo che gli aspiranti genitori adottivi non sono più titolari di alcun di­ritto, nemmeno quello di poter pretendere dal tribunale per i minorenni di pronunciarsi sulla loro domanda di adozione, domanda che assu­me la caratteristica di semplice segnalazione di disponibilità. Infatti, l'ultimo comma dell'art. 22 della legge 184/1983 stabilisce che «la doman­da decade dopo due anni dalla presentazione».

A seguito della disposizione introdotta dalla legge 184/1983, si verificò una salutare e consi­stente diminuzione del lavoro dei tribunali per i minorenni, in quanto non più tenuti ad assumere provvedimenti di rigetto delle domande di ado­zione. Con la decadenza automatica delle ri­chieste di adozione dopo due anni dalla loro presentazione, sono stati evitati anche i nume­rosissimi ricorsi in appello e a volte anche in Cassazione presentati prima dell'entrata in vigo­re della legge 184/1983 dai coniugi la cui istan­za era stata respinta dai tribunali per i minoren­ni.

Altra positiva innovazione della legge 184/ 1983 è stata la riduzione della differenza massi­ma di età fra adottanti e adottandi dai 45 anni previsti dalla legge 431/1967 ai 40.

Da osservare che, contemporaneamente al­l'approvazione della norma di cui sopra, la legge 184/1983 aveva sancito l'estensione dell'adot­tabilità dei minori dagli 8 anni (3) ai 18 (4).

 

La situazione attuale

Attualmente la situazione presenta le seguenti caratteristiche:

- sono dichiarati in stato di adottabilità circa mille minori all'anno, di cui 400 figli di ignoti (5);

- le domande di adozione presentate da co­niugi sono 16-18 mila all'anno e precisamente 16.163 (di cui 9.777 per l'adozione internaziona­le) nel 1990, 18.166 (12.256) nel 1991 e 16.614 (9.510) nel 1992;

- non vi è in Italia un solo bambino dichiarato adottabile che non venga accolto nel giro di po­chi giorni da una coppia adottiva scelta dal tri­bunale per i minorenni. Le difficoltà di sistema­zione familiare riguardano i bambini grandicelli (di età superiore ai 10-12 anni) e quelli con gravi handicap intellettivi o con malattie inguaribili (AIDS, ecc.) (6);

- quasi tutti i 35-40 mila minori (7) ricoverati in istituti di assistenza/beneficenza non sono in situazione di abbandono da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi, e quindi non so­no dichiarabili in stato di adottabilità (8);

- la maggior parte dei coniugi a cui i tribunali per i minorenni rilasciano l'autorizzazione per l'adozione internazionale, non riesce ad ottene­re l'affidamento preadottivo di un minore (9) an­che a causa delle sempre più forti limitazioni im­poste dai Governi stranieri, che hanno introdotto e introducono misure per favorire l'adozione da parte dei loro cittadini e per combattere il mer­cato dei bambini. Inoltre è evidente che sia la ra­tifica della Convenzione dell'Aja del 1993 sulla protezione dell'infanzia e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale, sia la stipula di convenzioni fra l'Italia e altri Paesi imporranno restrizioni dirette ad evitare gli abusi. Pertanto è facilmente prevedibile che il numero dei bambini stranieri adottabili in Italia sarà sempre più limi­tato.

 

Le esigenze dei minori adottabili

È indiscutibile che i minori adottabili hanno l'esigenza di essere inseriti non in una famiglia qualsiasi, ma di essere accolti da coniugi giovani, di cui sia stata accertata l'idoneità edu­cativa, in modo da poter beneficiare, in tutta la misura del prevedibile, dell'appoggio di entram­bi i genitori fino al momento del loro autonomo inserimento lavorativo e sociale, inserimento che sempre più spesso si realizza in modo defi­nitivo non prima dei 25-30 anni (frequenza dell'Università, assolvimento del servizio militare da parte dei maschi, fine del lavoro precario, ecc.).

Pertanto i neonati che sono adottati da coniu­gi quarantenni raggiungono l'autonomia quando i genitori hanno 65-70 anni!

Dunque, se si parte veramente dall'interesse dei minori senza famiglia, occorre ridurre la dif­ferenza massima di età dagli attuali 40 anni ai 35.

Con la diminuzione della differenza massima di età vi sarebbero sempre 6-8 richieste per cia­scun bambino adottabile, e cioè molte di più del necessario; si semplificherebbe, inoltre, il lavoro dei tribunali e delle procure per i minorenni e dei servizi socio-assistenziali, creando, quindi, le

condizioni per l'espletamento più solerte e più approfondito delle varie attività relative all'ado­zione (prescrizioni ai genitori, accertamento del­lo stato di abbandono, dichiarazione di adottabi­lità, individuazione dell'idoneità delle coppie adottive, abbinamento adottandi e adottanti, ecc.).

 

I falsi progressisti

Di fronte alla incontrovertibile situazione de­scritta in precedenza, sono state presentate proposte di legge dirette a negare l'interesse preminente dei minori senza famiglia.

1. L'On. Melandri del Gruppo parlamentare Progressisti Federativo vorrebbe addirittura (10):

- sopprimere per l'adozione nazionale e inter­nazionale la differenza massima di età, per cui si consentirebbe l'adozione di un neonato anche da parte di un ottantenne (11);

- permettere l'adozione anche alle persone singole aprendo in tal modo la strada anche agli omosessuali, se non ai pedofili. La giusta batta­glia che molte organizzazioni stanno conducen­do contro ogni forma di discriminazione nei con­fronti delle persone omosessuali, non può certo portare al riconoscimento di un loro diritto ad un figlio adottivo;

- obbligare i servizi socio-assistenziali a completare le indagini sulle persone e coppie aspiranti all'adozione entro e non oltre 180 gior­ni dalla data di presentazione della domanda di adozione. Poiché tali indagini devono essere compiute nei confronti di tutti gli aspiranti geni­tori adottivi, la proposta Melandri impone un no­tevole aggravio di lavoro per i tribunali per i mi­norenni ed i servizi sociali, già sovraccarichi di compiti non sempre svolti con la celerità neces­saria. Questo aggravio di lavoro può anche es­sere del tutto inutile qualora non vi siano minori adottabili. In ogni caso non si comprende per­ché debbano essere svolte, ad esempio, 200 in­dagini per la sistemazione adottiva di 4-5 minori;

- eliminare, in presenza di non meglio preci­sati "giusti motivi", la differenza minima di età fra adottanti e adottandi, per cui può essere pro­nunciata anche l'adozione di persone aventi quasi gli stessi anni.

È, inoltre, allarmante che nella proposta di legge presentata dall'On. Melandri sia previsto che «il tribunale per i minorenni deve, in ogni ca­so, informare i richiedenti (l'adozione, n.d.r.) su fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle inda­gini svolte». Pertanto, dovrà essere reso noto che, ad esempio, il bambino è nato a seguito di uno stupro o di un incesto o che la procreatrice era una prostituta?

Ci viene il sospetto che la Melandri voglia estendere le possibilità di adozione, ritenendo erroneamente che una parte consistente dei mi­nori ricoverati in istituto sia adottabile. Infatti nel­la relazione, la parlamentare del Gruppo pro­gressista federativo scrive: «Rimane sempre troppo basso il numero dei minori italiani dichia­rati ogni anno in stato di abbandono e quindi adottabili (circa 1.000), rispetto al numero, trop­po alto, dei bambini negli istituti (35.833 secondo un'indagine ISTAT di pochi anni fa)» (12).

2. Sulla stessa linea della proposta preceden­temente analizzata, si pone il disegno di legge n. 1746 presentato alla Camera dei deputati il 7 di­cembre 1994 dall'On. Bolognesi del Gruppo mi­sto, in cui è prevista l'estensione dell'adozione alle persone singole e ai conviventi more uxorio. La differenza massima di età dovrebbe essere elevata dagli attuali 40 anni ai 50.

La proposta contiene, inoltre, numerose di­sposizioni assolutamente velleitarie. AI riguardo è sufficiente riportare l'art. 2 che così si espri­me: «Quando l'ambiente familiare non sia tempo­raneamente idoneo a fornire al minore l'assisten­za necessaria, l'ente locale interviene con misure specifiche atte a rimuovere le cause economi­che, personali, educative e sociali, anche attra­verso misure di assistenza domiciliare anche specialistica».

Basti ricordare, a questo proposito, che nel nostro paese su 8.100 Comuni ve ne sono ben 7.065 che hanno una popolazione inferiore a 10 mila abitanti: essi non sono né saranno mai in grado di istituire e far funzionare la necessaria rete dei servizi. Non basta fare comode afferma­zioni, occorre finalmente provvedere ad una ra­dicale riforma non solo dell'assistenza, ma an­che degli assetti istituzionali. In particolare oc­corre riorganizzare i Comuni rendendoli in gra­do di rispondere alle esigenze dei cittadini (13).

Conclusioni

È auspicabile che i Parlamentari, soprattutto quando affrontano argomenti che coinvolgono il futuro di persone non in grado di autodifendersi, come sono nel caso in esame i minori in situa­zione di abbandono materiale e morale, si docu­mentino in modo approfondito e non strumenta­lizzino i più deboli per raccogliere consensi di comodo.

 

(1) Legge 5 giugno 1967 n. 431 «Modifiche al titolo VIII del libro I del Codice civile "Dell'adozione" ed inserimento del nuovo capo III con il titolo "Dell'adozione speciale"», in Gazzetta ufficiale n. 154 del 22 giugno 1967.

(2) Legge 4 maggio 1983 n. 184 "Disciplina dell'adozio­ne e dell'affidamento dei minori", in Gazzetta ufficiale, sup­plemento ordinario al n. 133 del 17 maggio 1983.

(3) II limite di 8 anni, stabilito dalla legge 431/1967, ri­guardava l'età massima dei minori al momento della se­gnalazione all'Autorità giudiziaria della loro situazione di abbandono.

(4) La legge 184/1983 prevedeva inoltre la riduzione

della differenza minima di età fra adottanti e adottandi dai 20 ai 18 anni. Questa disposizione non ha determinato al­cun aumento delle domande di adozione.

(5) Le dichiarazioni di adottabilità sono state 1620 (di cui 463 di figli di ignoti) nel 1984, 1663 (511) nel 1985, 1774 (562) nel 1986, 1440 (478) nel 1987, 1227 (363) nel 1988, 1131 (451) nel 1989, 893 (297) nel 1990, 922 (352) nel 1991 e 1078 (390) nel 1992.

(6) Dove i tribunali per i minorenni e i servizi sociali ope­rano correttamente, non vi sono difficoltà insormontabili per l'adozione di minori ciechi, sordi o con altri handicap fisici.

(7) I dati statistici in materia non sono molto attendibili.

(8) La stragrande maggioranza dei minori ricoverati in istituto potrebbe ritornare in famiglia se fossero forniti da­gli enti pubblici i necessari interventi socio-economici; per altri fanciulli occorrerebbe provvedere mediante l'affida­mento familiare a scopo educativo e, in certi casi particola­ri, tramite comunità alloggio aventi al massimo 6-8 posti. Una più penetrante azione della magistratura minorile e dei servizi socio-assistenziali consentirebbe, inoltre, di acce­lerare le pratiche relative alla dichiarazione di adottabilità e di approfondire gli accertamenti per la ricerca dei minori in situazione di abbandono.

      (9) Significativo al riguardo il raffronto fra le domande di adozione internazionale ed i relativi affidamenti preadottivi realizzati:

 

Anno

Domande presentate

Affidamenti preadottivi

1984

2.601

770

1985

3.009

1.050

1986

5.800

1.536

1987

7.770

1.571

1988

8.316

1.796

1989

9.769

2.161

1990

9.777

2.159

1991

12.256

2.733

1992

9.510

1.684

Totale

68.808

15.460

 

La percentuale degli affidamenti preadottivi realizzati è del 22,4% rispetto alle domande presentate.

 

(10) Cfr. il testo della proposta di legge n. 3315 "Modifi­che alla legge 4 maggio 1983 n. 184 in materia di adozio­ni", presentata alla Camera dei deputati dall'On. Melandri in data 5 dicembre 1995. In questo articolo non vengono trattate le modifiche specifiche avanzate in materia di ado­zione internazionale.

(11) Non si tratta di una ipotesi cervellotica, come è di­mostrato da adozioni realizzate prima dell'entrata in vigore della legge 43111967.

(12) Questo gravissimo errore è confermato dalle di­chiarazioni fatte dall'On. Melandri nella trasmissione televi­siva del 23 novembre 1995.

(13) Un'altra perla contenuta nella proposta di legge dell'On. Bolognesi riguarda l'affidamento familiare a scopo educativo che dovrebbe essere esteso al minore nprivo, in via temporanea, della necessaria assistenza economica da parte del suo nucleo familiare». A parte il fatto che l'affido è rivolto ai fanciulli di nuclei familiari che presentano gravi problemi educativi, è la prima (e, in base al buon senso, speriamo l'ultima) volta che nella storia del nostro paese viene introdotto il concetto di assistenza economica dovu­ta dai genitori ai loro figli anche neonati.

 

 

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