Prospettive assistenziali, n. 110, aprile-giugno 1995

 

 

LA PUBBLICIZZAZIONE DELL'AFFIDAMENTO FAMILIARE

 

DONATELLA FIOCCHI (*)

 

 

Preambolo

Nel 1988 quando è stato aperto l'ufficio affidi dell'USSL n. 64 di Monza era tutto da inventare: l'unica decisione già presa una campagna di "affissioni" i cui manifesti erano già pronti.

Non ero molto esperta nel campo, abituata a strumenti ben diversi come il setting, il colloquio interpersonale, il controllo del transfert. Un mon­do di rapporti diretti a due, a tre, qualche rara volta con una intera famiglia.

L'obiettivo era sempre quello di capire, di aiu­tare a comprendere, di trovare una comunica­zione. Quest'ultimo era l'unico punto in comune con il compito della pubblicizzazione di fronte a cui mi trovavo. Si trattava di comunicare l'esi­stenza di un servizio pubblico sconosciuto, del tutto nuovo rispetto alla cultura vigente, dagli esiti sicuramente difficili e al momento poco prevedibili.

Le esperienze precedenti erano molto poche; qualcosa era stato realizzato dal Comune di Mi­lano, non esistevano documenti scritti su cui ri­flettere.

Nel mondo della pubblicità, i cui strumenti e canali dovevamo utilizzare erano invece stati scritti fiumi di inchiostro ma con un obiettivo tal­mente diverso da richiedere da parte nostra ri­flessioni del tutto nuove.

Non avevamo e non avremo mai avuto niente da vendere; dovevamo comunicare l'esistenza di un servizio utilizzando immagini e parole im­mediate, significative, cariche di un contenuto emotivo molto complesso e profondo; l'uso sba­gliato di una di esse poteva rendere troppo par­ziale o ambiguo il messaggio.

Non avevamo un oggetto da "mostrare", da "far desiderare" ma una complessa rete di infor­mazioni da esprimere.

 

Obiettivi

Si trattava pertanto di comunicare sia l'esi­stenza di un servizio innovativo come l'affido nell'ambito dell'assistenza alla famiglia e al mi­nore, sia di far conoscere la nascita e le funzioni del nostro ufficio in questo settore.

Più precisamente perciò dovevamo raggiun­gere:

1) un obiettivo di notorietà per l'istituto dell'af­fido che nasceva pubblicamente 4 anni prima con la legge 184, ma che era socialmente anco­ra del tutto ignorato salvo da pochi addetti ai la­vori;

2) un obiettivo di immagine per il nostro servi­zio che doveva risultare credibile professional­mente modificando l'opinione, purtroppo diffusa, di incapacità e inefficienza legata ai servizi pub­blici, doveva risultare credibile anche sul piano della attuazione pratica di quanto veniva propo­sto, staccandosi così dall'esperienza di vuote parole e promesse sempre legate, per i motivi più vari, al rapporto con l'ente pubblico;

3) un obiettivo ulteriore di ampio respiro era quello di promuovere a livello generale il più esteso consenso possibile verso questo nuovo modo di proteggere l'infanzia e di compiere una vera prevenzione sociale. A livello individuale in­vece si trattava di ottenere una adesione impor­tante e spontanea da parte del maggior numero di famiglie in modo da poter realizzare in manie­ra continua ed esauriente questo progetto certo importante e ambizioso;

4) ultimo obiettivo, che esula è vero un po' dal discorso attuale ma che ricordo ugualmente qui perché non meno importante per la realizzazio­ne del nostro lavoro, era la formazione dei servi­zi ad utilizzare questo tipo di strumento.

 

Destinatari

Chi erano i destinatari di questa parte di lavo­ro? Sicuramente per i primi due obiettivi soprat­tutto il nostro intero bacino di utenza, anche se era ben chiaro che una cultura favorevole all'af­fido a livello nazionale avrebbe aiutato notevol­mente la diffusione del nostro messaggio e l'avrebbe rinforzato.

Per quanto riguarda invece il raggiungimento del 3° obiettivo nella parte individuale, quello cioè di promuovere una adesione attiva da parte delle famiglie, la risposta sembrava la stessa ma richiedeva alcune riflessioni in più.

Sicuramente era importante raggiungere le famiglie della nostra USSL in quanto per molte situazioni di affido è indispensabile la vicinanza fra le famiglie.

Spesso però è necessario allontanare i picco­li dai loro ambienti; si manifestava quindi l'utilità di raggiungere ambiti più lontani, pur se entro certi limiti territoriali (per esempio quello regio­nale, eccezionalmente quello di regioni vicine).

Stabiliti i confini dell'intervento si affacciava un'altra domanda molto importante perché poteva guidare e indirizzare la pubblicizzazione: erano dunque tutte senza distinzione le famiglie da raggiungere e cercare?

La nostra scelta è stata quella di rivolgerci a tutte le famiglie normali e sane con e senza figli. Eravamo e siamo consapevoli che questa scelta invece di una più settoriale (del tipo per inten­derci di famiglie già pronte per una scelta ideo­logica a discorsi come il nostro) avrebbe com­portato un lavoro notevole in altre fasi dell'inter­vento. Ritenemmo però che normalmente una famiglia sana che desidera allevare dei figli ab­bia la carica di amore e entusiasmo necessaria per affrontare, pur se con il debito aiuto, le nu­merose e pesanti difficoltà legate alla cura e al­l'educazione di bambini carenti e bisognosi co­me i nostri. Oltre a ciò ritenevamo che la scelta di principio di rivolgersi a famiglie "normali" avrebbe permesso di usufruire anche di tutta la gamma e la varietà di situazioni che la vita stes­sa comunemente crea. Questo avrebbe offerto ai nostri abbinamenti una possibilità di scelta più ricca ed infinitamente maggiore.

 

Vincoli e limiti

Naturalmente nella realizzazione di quanto so­pra descritto dovevamo confrontarci con una serie di vincoli interni ed esterni. Fra i primi quello principale è sempre stato ed è tuttora un finanziamento insufficiente. Tutti sappiamo quanto limitate siano le risorse concesse nell'ambito dell'amministrazione sia comunale che statale ai servizi sociali.

All'interno di questi, poi, con tutte le emergen­ze gravi che si presentano non è certo la mag­gior parte del budget che viene destinato a com­piti di prevenzione a largo raggio come in realtà possono essere considerati i nostri che sono in­vece visti come vaghi e lontani.

II secondo limite ed ostacolo è stato quello della mentalità con cui normalmente vengono affrontate queste spese. Di problemi immediati è vero ce ne sono molti e così prossimi alle ne­cessità vitali che, riconosciamo, non è facile fare una scelta. Perciò la creazione di un servizio co­me il nostro è vista come un lusso superfluo che non ci si può permettere. La domanda che ci è capitato di sentirci fare più spesso dagli ammi­nistratori o dai giornalisti curiosi del nostro lavo­ro era «quanti casi risolti?».

È stato perciò necessario portare i politici ad accettare, anche se parzialmente, di uscire dai loro schemi.

Un altro grosso vincolo era quello dei tempi di approvazione delle iniziative prese, tempi legati alla complessità del funzionamento pubblico e che spesso sono ben lontani dal ritmo richiesto per la realizzazione di una iniziativa, che per es­sere efficace, deve avvenire in momenti partico­lari.

Nel campo della pubblicizzazione infatti per ottenere dei risultati interessanti, bisogna esse­re sufficientemente presenti per essere ricorda­ti, senza esserlo troppo per non provocare noia e rifiuto.

È necessario cambiare spesso canale e tipo di presentazione per mantenere vivo l'interesse, ma bisogna conservare costante il messaggio e il tono di fondo per essere riconosciuti nella mi­riade di informazioni inutili.

Spesso si aprono all'improvviso opportunità che vanno colte al volo per poter restare vivi nell'attenzione della gente e continuare a resta­re nell'attualità senza diventare obsoleti.

Purtroppo questa snellezza e dinamicità, co­me dicevo, sono poco conciliabili con i tempi delle delibere e dei comitati. Ci è stato possibile destreggiarci in tutto ciò grazie all'aiuto del di­rettore del nostro servizio che ha capito queste esigenze e grazie anche a tutti coloro che hanno collaborato con noi accettando spesso, per ri­spetto ai nostri scopi, condizioni di contratto o di pagamento fuori norma.

I vincoli, come ho accennato, non erano solo interni. All'esterno è stata costante, a volte perfi­no più vigorosa che in passato - almeno così ci sembrava - l'azione contraria svolta dai princi­pali mass-media (televisione, quotidiani, riviste a tiratura nazionale).

Le storie di «bambini strappati a genitori pian­genti», di lunghe odissee percorse da genitori straziati a cui cattivi servizi toglievano l'amore dei figli riempivano e riempiono gli occhi e le orecchie di tutti.

Sicuramente, rispetto a noi, questi canali han­no meno obblighi e obiettivi più bassi e imme­diati come I'audience o la tiratura e minori limiti professionali di difesa del segreto dei propri utenti.

C'era poi il vincolo del mezzo vero e proprio che i servizi come il nostro si trovano ad usare per la prima volta: quello pubblicitario. Mi è su­bito apparso chiaro che questo mezzo poteva essere usato utilmente per la sua capacità di raggiungere grandi masse nella maniera ormai più diffusa, ma che era nato per scopi e servizi completamente differenti. Andavano quindi adattati di volta in volta ai nostri scopi, messaggi e informazioni; dovevamo trovare, pur nell'uso corrente, una nostra specificità altrimenti il mez­zo corrente andava rifiutato.

Per questo abbiamo sempre concentrato la nostra attenzione sulle nostre realizzazioni.

 

Azioni

Inizialmente, dal momento che le richieste da parte dei servizi erano molto ridotte, sono stati dedicati più tempo e più risorse al primo obietti­vo (quello di notorietà per l'istituto dell'affido e del nostro ufficio).

Si è ripetuta in tempi brevi una campagna di affissione con nuovo materiale più coerente con i nostri obiettivi: quindi non più fotografie con personaggi che risultavano troppo falsi e face­vano pensare più ai detersivi o ai biscotti di una buona colazione che a un calore familiare in ca­si difficili. Ma neppure fotografie di bambini piangenti e desolati. Ritengo infatti che una co­municazione efficace, nel nostro caso, non deb­ba giocare troppo sul tasto di una emotività faci­le e immediata, la quale spinge, è vero, ad una adesione rapida ma che altrettanto rapidamente può svanire in quanto superficiale ed effimera.

È stato scelto perciò il disegno come mezzo emotivamente più neutro. Naturalmente era im­portante che avesse però una forma nuova e gradevole, con colori significativi che esprimes­sero calore, benessere, piacere.

Non doveva però risultare troppo infantile per­ché non volevamo rivolgerci ai bambini ma a de­gli adulti; nello stesso tempo doveva essere te­nero per evocare il mondo infantile e le sue ne­cessità. Non doveva essere troppo schematico perché sarebbe risultato vuoto e superficiale, ma neppure doveva apparire troppo dettagliato perché avrebbe tolto a chi lo guardava la possi­bilità di mettervi dentro tutta la sua ricchezza. Si poneva in sostanza un problema tecnico di "creatività" che richiedeva conoscenze specifi­che nel settore che noi non possedevamo.

Ci è sembrato perciò sensato affidare questa parte del lavoro ai professionisti e rivolgerci quindi ad una agenzia di pubblicità con la quale abbiamo nel tempo trovato un'intesa ricca e soddisfacente.

Sono stati portati dei cambiamenti anche nella realizzazione della campagna. Abbiamo preferi­to infatti abbandonare il canale delle agenzie comunali di affissione perché impreciso e inaffi­dabile ancorché gratuito. È stata invece scelta una agenzia specializzata in affissioni che ci da­va garanzie di una distribuzione più corretta per quantità e collocazione, consapevoli che il costo che ciò comportava permetteva di difendere tut­to l'investimento e quindi i risultati.

Con gli stessi criteri dei manifesti sono stati stampati numerosi dépliant contenenti le indica­zioni di massima tese, più che a spiegare tutto su un intervento così complesso come l'affido, a dare una informazione generale ma soprattutto ad attirare l'attenzione di chi poteva davvero es­sere interessato al nostro lavoro.

Si è pensato ad un formato agile che permet­tesse di utilizzarli nelle occasioni più diverse; il loro aspetto è stato curato per risultare partico­larmente invitante in modo da venire conservato e con esso le informazioni ivi contenute.

Accanto a queste iniziative a carattere più tra­dizionale, ne è stata avviata un'altra sul piano dell'immagine. Si è cercato di avere spazi sui giornali che per tipologia e diffusione raggiun­gevano la nostra zona nel modo più ampio. Quello però che i giornali offrivano spontanea­mente era per noi di poco interesse: al massimo uno spazio nelle pagine della cronaca locale, piccoli trafiletti privi di vero spessore e quindi con poche probabilità di essere letti dalla mag­gior parte della gente. Uno spazio maggiore po­teva venire offerto per storie specifiche possibil­mente ad effetto in cui spesso la verità era stra­volta e l'identità dei soggetti rivelata.

Abbiamo capito che avremmo ottenuto quanto desideravamo e il rilievo che ci serviva solo ac­quistando degli spazi. La prima scelta è stata quella di un'intera pagina su un inserto locale de "II Giorno" che ci dava la possibilità di creare con i lettori un appuntamento quindicinale.

In seguito sull’“Avvenire” con sei mezze pagi­ne in ognuna delle quali cercavamo di affrontare i nodi particolarmente problematici legati al no­stro intervento. Comparivano anche "alcune sto­rie", ma raccontate in modo da mettere in rilievo di volta in volta quello che era il problema di­scusso nella pagina e mantenendo naturalmen­te il più assoluto anonimato sui protagonisti.

La presenza sulla stampa ci è apparsa subito come molto importante sia per gli obiettivi a lar­go respiro sia per la ricerca diretta delle famiglie e quindi abbiamo cercato di essere presenti an­che su numerose pubblicazioni e fogli locali (il notiziario parrocchiale, quello del Comune, ecc.) o di settore in modo da raggiungere la diffusione più ampia possibile.

Una importante e originale opportunità ci è stata offerta dalla Fiera di Monza che metteva a disposizione spazi gratuiti per enti o associazio­ni sociali e culturali. Per quattro anni abbiamo avuto modo di farci vedere da un flusso di visita­tori veramente molto alto, superiori non solo alle nostre aspettative ma anche a quello di molte al­tre manifestazioni. Lo scorso novembre abbia­mo distribuito circa 6.000 dépliants in soli sette giorni.

Naturalmente è stato necessario avere dei fi­nanziamenti per allestire lo spazio espositivo in maniera interessante in modo da non passare inosservati.

È stato studiato del materiale pubblicitario speciale per l'occasione e preparata un'apposi­ta pre-pubblicizzazione per destare interesse e curiosità e spingere le persone ad entrare in contatto con noi.

Negli ultimi due anni poi il nostro spazio ha vi­sto raccolti insieme anche altri servizi pubblici e numerose associazioni di volontariato a scopo sociale; è stato così possibile offrire ai cittadini una informazione abbastanza ampia sui servizi e gli aiuti cui far ricorso in caso di problemi parti­colari.

Con nostra sorpresa questo spazio non è sta­to solo utile per farci conoscere, ma ci ha per­messo delle verifiche indirette sul successo di altri interventi e del raggiungimento del nostro principale obiettivo.

Infatti, in questi due anni numerose persone già al corrente della nostra attività, prendevano contatto con noi spontaneamente.

Un altro canale rivelatosi estremamente utile per questo obiettivo generale è stato quello del­la principale radio locale. A più riprese abbiamo occupato uno spazio fisso parlando delle princi­pali difficoltà e problemi dell'affido.

Abbiamo portato l'esperienza diretta di vari protagonisti coinvolti, come famiglie affidatarie, i loro figli, giudici, assessori, personale dei servizi. Infine sono state organizzate serate aperte a tutti in vari punti del territorio e all'interno di am­biti differenti (circoscrizioni, parrocchie, ecc.), con la collaborazione sia di esperti che di prota­gonisti della principale associazione volontaria del settore.

Questi momenti volevano raggiungere anche l'obiettivo più immediato e più diretto di raccoglie­re adesioni.

Dobbiamo riconoscere però che il canale più utile per l'adesione diretta sono stati gli annunci su rubriche specializzate.

Infatti si rivolgono ad un pubblico solitamente già pronto che ha maturato, spesso in lunghi an­ni, una propria adesione e ha solamente bisogno di un'occasione concreta per offrirsi.

 

Conclusione

L'esperienza di questi anni è stata non solo interessante ma anche molto utile. Infatti oggi il nostro servizio ha in carico 56 famiglie e in 7 an­ni di attività ne ha selezionate 82.

 

(`) Psicologa, USSL 64, Monza (Milano).

 

 

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