Prospettive assistenziali, n. 108, ottobre-dicembre 1994

 

 

LA SCUOLA DEI DIRITTI

 

 

Dal 22 aprile al 1° luglio 1993 il CSA - Comita­to per la difesa dei diritti degli assistiti ha orga­nizzato un seminario formativo: “Scuola dei dirit­ti: come individuarli, come ottenerli, come ren­derli esigibili”.

Si tratta della prima e finora unica iniziativa as­sunta in Italia che abbia affrontato i problemi dei diritti partendo non dall'organizzazione dei servi­zi, ma dalle esigenze delle persone, in primo luo­go quelle non in grado di autodifendersi.

È proprio dall'assunzione di questa impostazio­ne che si sono realizzati movimenti di base anche consistenti, movimenti a cui hanno dato la loro atti­va collaborazione donne e uomini di cultura, magi­strati, operatori, volontari, cittadini impegnati.

Gli incontri del primo corso della scuola dei di­ritti, consistenti in una relazione di base e in un ampio dibattito, sono stati sei:

- diritto alla salute, ai servizi sociali, al lavoro, all'assistenza. Aspetti costituzionali e operativi;

- rapporti del cittadino con la pubblica ammi­nistrazione, con la giustizia civile, penale e ammi­nistrativa e con gli enti privati;

- come leggere e valutare leggi e delibere e come predisporle;

- la questione delle persone incapaci di autodifendersi: bambini in situazione di abbandono totale o parziale, handicappati intellettivi, malati psichici, anziani cronici non autosufficienti;

- ruolo del volontariato per la promozione dei diritti delle persone incapaci di autodifendersi;

- la difesa dei diritti delle singole persone. In questo numero pubblichiamo le prime due relazioni.

 

 

DIRITTO ALLA SALUTE, AI SERVIZI SOCIALI, ALL'ASSISTENZA. ASPETTI COSTITUZIONALI ED OPERATIVI

ROBERTO CARAPELLE *

 

Scopo della presente trattazione è quello di fornire al lettore la conoscenza di taluni stru­menti giuridici che meglio gli consentano di leg­gere ed interpretare le problematiche con cui avrà modo di confrontarsi (1).

In primo luogo occorre chiarire il significato del termine, talvolta abusato, di diritto soggetti­vo.

Per diritto soggettivo si deve intendere un in­teresse il cui soddisfacimento è garantito dalla legge.

L'elemento discriminante per definire un dirit­to è la garanzia dì tutela data dalla legge. Ci possono essere anche situazioni meritevoli di interesse, le quali, tuttavia, poiché non sono garantite dalla legge, non assurgono a diritti soggettivi, ma rimangono al rango delle aspira­zioni o delle aspettative.

I diritti esistono solo in tanto in quanto sono ri­conosciuti dalla legge.

L'ampiezza ed il numero dei diritti di un citta­dino varia, pertanto, a seconda del periodo sto­rico e del regime politico vigente.

Ad esempio, la schiavitù nella prima metà del 1800 era un diritto negli Stati Uniti d'America; oggi costituisce un reato.

Tendenzialmente, in un regime non democra­tico il cittadino ha meno diritti e più aspettative. Esiste una gradazione nelle fonti normative che garantiscono i diritti.

In Italia la fonte primaria è la Carta costituzio­nale.

La Costituzione contiene due tipi di norme (sotto il profilo che qui ci interessa, tralasciando cioè le norme di organizzazione dello Stato, de­gli enti locali e della pubblica amministrazione): indicative e precettive.

Mentre le seconde garantiscono ed individua­no diritti perfetti, ad immediata tutela in caso di loro violazione, le prime prevedono enunciazioni di diritti che hanno bisogno di norme di rango inferiore che ne sostanzino i contenuti.

Ad esempio, in tema di diritto alla salute l'arti­colo 32 della Costituzione fissa due principi: a) la Repubblica tutela la salute (diritto enun­ciato che deve essere integrato dalla legislazio­ne sanitaria che stabilisce i modi e le forme del­la tutela);

b) nessun trattamento sanitario può essere obbligatorio se non per legge (ad es. vaccina­zioni).

In questo secondo caso il diritto di ciascuno di non essere soggetto a trattamenti sanitari contro la propria volontà è perfetto.

Sotto la Costituzione abbiamo altre fonti nor­mative subprimarie o secondarie (limitandoci al­le fonti di diritto italiano): le leggi dello Stato e le leggi regionali (cui sono equiparate le leggi pro­vinciali di Trento e Bolzano).

La legge (statale o regionale) non può mai es­sere in contrasto con quanto stabilito dalla Co­stituzione.

Tuttavia, solo il giudice investito di una causa può sollevare il problema di costituzionalità alla Corte costituzionale (unico organo dello Stato deputato a valutare la conformità ai precetti co­stituzionali delle norme di legge).

Non è possibile da parte dei cittadini, associa­zioni, gruppi, enti sollevare una questione di le­gittimità costituzionale se non promuovendo una causa avanti il giudice ordinario (civile, penale o amministrativo) il quale, se riterrà la questione non manifestamente infondata e rilevante ai finì della decisione, invierà gli atti alla Corte costitu­zionale per la valutazione della costituzionalità della norma impugnata.

Giova infine ricordare che, mentre le leggi sta­tali possono riguardare ogni argomento, le leggi regionali possono disciplinare solo le materie di cui all'art. 117 della Costituzione o quelle espressamente delegate dalla legislazione sta­tale. Una legge regionale, pertanto, non può ga­rantire ai propri destinatari il riconoscimento di diritti in contrasto con la legge statale, salvo il caso di legislazione autonoma della materia (ai sensi dell'art. 117 della Costituzione) o di espres­sa delega ad opera della stessa legge statale.

La Carta costituzionale garantisce importanti diritti ai cittadini nel campo della tutela della sa­lute e dell'assistenza.

Occorre rilevare come le prestazioni sanitarie siano riconosciute obbligatoriamente a tutti gli individui (siano essi cittadini o meno, art. 32 del­la Costituzione), mentre le prestazioni assisten­ziali sono riconosciute solo ai cittadini (non a tutti gli individui) i quali siano inabili al lavoro e siano sprovvisti dei mezzi necessari per vivere (art. 38 della Costituzione).

Tutti i cittadini che si trovino in condizioni di lavorare devono essere posti in condizione di poterlo fare.

Uno strumento di favore per l'ingresso nel mondo del lavoro degli invalidi è costituito dalla lista di collocamento obbligatorio per gli invalidi civili e del lavoro presso aziende con più di tren­tacinque dipendenti.

In tale lista, sono inseriti, oltre agli invalidi fisi­ci anche, a seguito di una decisione della Corte costituzionale, gli invalidi psichici cui residui una capacità lavorativa.

Nota

Sulla base della relazione di R. Carapelle è stato redatto il seguente prospetto.

 

Le differenze giuridico-amministrative tra il settore sanitario e quello dell'assistenza/beneficenza (2)

 

Settore sanitario

 

La Costituzione estende gli interventi a tutti i cittadini senza alcuna limitazione (art. 32 Cost.).

 

 

Le cure sanitarie sono un diritto esigibile.

 

 

Le prestazioni urgenti sono fornite immediatamente a semplice richiesta del cittadino.

 

Molte prestazioni sono gratuite.

 

 

Nessuna contribuzione è a carico dei parenti tenuti agli alimenti.

 

 

Per il personale addetto la legge richiede abilitazioni e titoli specifici: sono inoltre previsti mansionari tassativi.

 

Gli standard minimi delle strutture private e pubbliche, anche se non soddisfacenti, sono da anni definiti da leggi nazionali.

 

Settore assistenza/beneficenza

 

La Costituzione limita gli in­terventi ai cittadini «inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere» (art. 38 Cost.).

 

Le prestazioni assistenziali non sono un diritto esigibile.

 

Tutte le prestazioni sono for­nite solo dopo l'effettuazione di accertamenti e inchieste sociali, spesso di lunga dura­ta.

 

Agli utenti viene sempre ri­chiesto un contributo, esclusi coloro che sono privi di mezzi economici.

 

Molto spesso viene richiesto un contributo economico ai parenti tenuti agli alimenti, anche se non dovuto in base alle leggi vigenti.

 

La legge non richiede abilita­zioni o titoli specifici esclusi gli assistenti sociali, né pre­vede mansionari, neppure per la direzione dei servizi.

 

Gli standard minimi delle strutture pubbliche e private non sono definiti da nessuna legge nazionale. Quasi tutte le Regioni non hanno legife­rato in materia. In ogni caso le norme sono molto meno ri­spettose delle esigenze e dei diritti degli utenti di quelle in vigore per il settore sanitario.

 

 

 

 

RAPPORTI DEL CITTADINO CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, LA GIUSTIZIA E GLI ENTI PRIVATI

PIERGIORGIO GOSSO **

 

II problema che cercheremo di affrontare in questo incontro è quello che riguarda gli stru­menti di tutela previsti dall'ordinamento a favore del cittadino nel caso di violazione dei propri di­ritti, sul piano del diritto civile, sul piano del dirit­to penale e su quello del diritto amministrativo.

Uno degli ostacoli principali che si incontrano in questa materia in Europa in generale, ma for­se in Italia in particolare, è quello di un eccesso di legislazione, una proliferazione legislativa che, a lungo termine, finisce con il produrre l'ef­fetto contrario rispetto a quello che si intendeva proporre.

La situazione è migliore in quei paesi in cui i principi giuridici e gli istituti di tutela dei diritti sono meno numerosi: qui essi sono ben indivi­duati nei principi e spetta poi agli operatori il compito di applicarli.

In Italia, con il progresso economico degli ulti­mi decenni, assistiamo ad un fenomeno partico­lare: un prolungamento della durata della vita (l'anziano è numericamente superiore), a cui corrisponde però una minore tutela giuridica.

II fenomeno è chiaramente contraddittorio: da una parte vi è una proliferazione di legislazione, dall'altra vi è una minore tutela effettiva.

Un primo profilo che si può esaminare è quel­lo che contraddistingue nella pratica della tutela dei diritti la possibilità di ricorrere agli istituti di giustizia civile a seconda che si tratti di rapporti tra cittadini o di rapporti tra i cittadini e la Pubbli­ca Amministrazione.

In generale, si può dire che le aspettative del privato sono maggiormente garantite nel primo caso, e cioè quando ad opporsi alle sue pretese non sia l'istituzione pubblica, ma un altro privato. Questo perché il cittadino può rivolgersi agli or­gani di giustizia ordinaria (Tribunale o Pretore), mentre nel secondo caso deve rivolgersi agli or­gani di giustizia amministrativa e questa, per tra­dizione, si occupa, tranne casi rarissimi, di inte­ressi legittimi. Rimandando ad altra sede l'ap­profondimento della distinzione tra diritto sog­gettivo e interesse legittimo (argomento di pura disquisizione dottrinale), cerchiamo qui di dare una prima e approssimativa definizione di inte­resse legittimo: l'interesse del singolo contem­plato dal diritto oggettivo, ma non contemplato in via primaria, bensì solo "occasionalmente". La norma di diritto oggettivo - normalmente una norma di diritto pubblico - in questo caso è det­tata a protezione di un interesse generale, col­lettivo, e non dell'interesse del singolo; solo oc­casionalmente, solo di "riflesso", essa protegge anche l'interesse del singolo.

Possiamo provare ad essere più chiari facen­do l'esempio del concorso pubblico: nel caso in cui si sia verificata una discriminazione nella va­lutazione tra concorrenti con danno a carico di alcuni di essi, è possibile rivolgersi al giudice amministrativo affinché verifichi la legalità dello svolgimento del concorso. Se c'è stata una valu­tazione scorretta il giudice annulla il concorso e ne ordina la ripetizione. Questo perché si è veri­ficata una lesione dell'interesse primario che è il buon funzionamento dell'apparato pubblico. Si vede allora che la pretesa del cittadino viene tu­telata in quanto, a monte, vi sia un interesse del­la Pubblica Amministrazione.

Sotto l'aspetto procedurale, il giudice ammini­strativo potrà annullare o dichiarare illegittimo il provvedimento e poi, in un secondo momento, la Pubblica Amministrazione sarà tenuta a con­formarsi alla prescrizione contenuta nella deci­sione. Qualora questa non si attenga a tale pre­scrizione, si instaura un secondo giudizio ammi­nistrativo, chiamato giudizio di ottemperanza, che si attua attraverso il Tribunale amministrati­vo regionale (TAR), e poi attraverso il Consiglio di Stato in grado di appello.

Come si può facilmente osservare, questo ti­po di tutela è chiaramente più lenta e più difficile rispetto a quella ordinaria. È vero che vi sono dei casi in cui nei rapporti tra cittadino e Pubbli­ca Amministrazione si parla di diritti soggettivi e quindi la competenza spetta al giudice ordina­rio, ma è altrettanto vero che, anche dove si venga a configurare questa ipotesi, vi sono dei limiti che il giudice ordinario incontra nel corso del suo operato in quanto non potrà mai, ad esempio, annullare un atto amministrativo (pote­re che spetta esclusivamente al giudice ammini­strativo) e non può neppure ordinare ad un en­te pubblico di tenere un certo comportamento, dovendosi limitare ad una semplice dichiarazio­ne di illegittimità emettendo una sentenza di­chiarativa. Vogliamo ricordare un caso riportato nella rivista "Prospettive assistenziali", utile per semplificare quanto sopra esposto.

II caso riguardava un esposto inoltrato da una famiglia nell'interesse del proprio figlio handi­cappato il quale non poteva contare, per ragioni contingenti, sulla presenza di un insegnante di sostegno. In quel contesto si era chiesto al giu­dice ordinario (Pretore) un provvedimento d'ur­genza in base all'art. 800 cod. proc. civ. col qua­le si domandava che il Pretore impartisse all'isti­tuzione scolastica l'ordine di inserire nel corpo docente un insegnante di sostegno. Ma qui si evidenziò già un primo limite: la legge parla di un tetto massimo di presenza di insegnanti d'appoggio, badando ad un criterio statistico e non ad un criterio di esigenze individuali. In quel caso il Pretore si dichiarò incompetente a deci­dere in base al seguente ragionamento: non avrebbe potuto impartire un ordine ad un ente pubblico in quanto è materia di diritto ammini­strativo e quindi suggeriva, con una sentenza articolata, agli interessati di rivolgersi al giudice ordinario non più con un'azione d'urgenza, ma con un'azione di cognizione normale, chiedendo una sentenza dichiarativa del diritto soggettivo per quella famiglia ad avere un insegnante d'ap­poggio per il figlio. Poiché l'interesse ad avere un insegnante di sostegno non è un diritto sog­gettivo, bensì un interesse legittimo, si suggeriva di impugnare con un'eccezione di incostituzio­nalità la legge che impone un criterio di questo tipo, sperare di vincere la causa e poi, finalmen­te, rivolgersi al Tribunale amministrativo regio­nale, qualora la scuola non ottemperasse all'or­dine, per ottenere con il giudizio di ottemperan­za l'adeguamento all'ordine del giudice ammini­strativo.

Per quanto riguarda poi la giustizia civile, pos­siamo notare che ci sono dei settori che, con il tempo, si è riusciti ad attirare nel campo dei di­ritti soggettivi. A noi interessa in modo particola­re l'ambito del diritto di famiglia. Vi sono dei set­tori che fino a qualche tempo fa si riteneva toc­cassero gli interessi legittimi e che quindi non erano tutelabili tramite il diritto civile. La tesi a sostegno dell'interesse legittimo era più o meno la seguente: il funzionamento della famiglia, es­sendo tutelato dalla Costituzione, è un bene pri­mario dello Stato e il cittadino se ne giova solo in quanto il suo interesse vada a collimare con quello primario dello Stato.

La nuova legge sull'adozione rappresenta l'esempio del cambiamento: per quanto concer­ne i provvedimenti, la difesa, l'attività di soste­gno delle famiglie in crisi, tutta questa materia è finalmente di competenza della magistratura or­dinaria sia pure sotto la forma di giudice specia­le dei Tribunali per i minori. Una delle grandi in­novazioni apportate con la legge di riforma del diritto di famiglia, è stata quella di concentrare tutta una serie di attività giudiziarie, nel settore della famiglia, nelle mani del giudice minorile, anche se oggi questa concentrazione è molto presa di mira per una tendenza contraria che vorrebbe scorporare il più possibile la compe­tenza in tema di diritti di famiglia, restituendola, come era in passato, all'ambito del giudice ordi­nario. A nostro avviso questo porterebbe ad un grave errore: il Tribunale per i minori è titolare della c.d. "giustizia mista", dove il componente togato e il componente laico agiscono in condi­zione di parità nella discussione dei casi; il Tri­bunale ordinario invece si avvale molto rara­mente dell'apporto di specialisti.

Qualche accenno ora merita il campo della giustizia penale. II ricorso al diritto penale ha il pregio di essere snello e veloce, per cui tutte le volte in cui si prospettano dei casi inseribili nella c.d. materia mista, è consigliabile vedere se sia possibile un'iniziativa penale. Questo per più di un motivo: pur con tutti i difetti, il processo pe­nale è comunque molto più veloce di quello am­ministrativo e di quello civile, ed in secondo luo­go ha una maggiore risonanza: tutto ciò che passa attraverso il canale penale viene recepito dai mass media con maggiore intensità di quello che viene fatto per le iniziative civilistiche o am­ministrative.

Nell'ambito della materia che interessa in questa sede, possiamo fare un esempio: nell'ipotesi di resistenza ad una dimissione di un ammalato da un presidio ospedaliero, sarà più facile tentare una denuncia per omissione di atti d'ufficio (art. 328 C.P.); questo iter porterà il caso davanti al Tribunale in tempi enormemente più veloci di quelli di un processo amministra­tivo.

Una questione di particolare interesse è poi quella di vedere quale sia la modalità da esperi­re nell'ipotesi in cui ci si trovi di fronte ad una le­sione di diritti nei confronti di soggetti che non vogliono o che non possono tutelarsi da soli. Con il codice di procedura penale entrato in vigore nel 1989, si è molto ampliata la figura del­la "solidarietà": vi sono, cioè, varie norme che hanno evidenziato la possibilità per i c.d. enti esponenziali di mettere in moto i meccanismi di tutela.

Oggi c'è la possibilità di ammettere a livello di parte civile la presenza di quegli enti di volonta­riato il cui statuto si occupi della materia che può formare oggetto di azione giudiziaria. Ad esempio, nell'ipotesi di maltrattamenti ai danni di un handicappato, se c'è un ente di volontaria­to che si occupi della situazione, nell'ambito del processo penale c'è la possibilità per tale ente di fare il suo ingresso sotto forma di azione civile.

Un altro aspetto importante è poi questo: la maggior parte delle figure di illecito penale è perseguibile d'ufficio (ricordiamo che le catego­rie di reati si dividono in due: quelli perseguibili d'ufficio e quelli perseguibili a querela del diret­to interessato) e così in particolar modo i reati che si possono verificare all'interno della fami­glia. Un esempio potrebbe essere quello dei maltrattamenti in famiglia: violazione permanente e continua dell'obbligo di essere solidali nell'assistenza familiare.

Vediamo allora, adesso, quali sono le modali­tà attraverso le quali poter giungere davanti all'autorità giudiziaria. Nell'ambito penale tutte le doglianze, che possiamo chiamare "esposti" (comprensive sia delle denunce che delle que­rele), sono a forma libera. L'unico atto che ri­chiede una forma scritta su carta da bollo e l'as­sistenza di un legale è la costituzione di parte civile. II privato o l'organizzazione che intenda muovere un esposto può presentare la denun­cia personalmente tramite raccomandata con ri­cevuta di ritorno in una cancelleria di un qual­siasi ufficio giudiziario o presso i Carabinieri, con la semplice descrizione del fatto: non è ne­cessario, cioè, che venga chiesto alcun tipo di sanzione. Invece per i reati perseguibili a quere­la di parte è necessario indicare qual è l'azione punitiva che si desidera venga applicata (ad esempio, nel caso di violazione degli obblighi di assistenza familiare, si può chiedere di ottenere il ripristino dell'assegno familiare).

La formalità nell'ambito penale è necessaria solo qualora il denunciante ritenga che vi sia anche un interesse risarcibile in senso patrimo­niale. In questo caso deve promuovere l'azione civile costituendosi parte civile. Questo mecca­nismo produce un vero e proprio "innesto" tra processo penale e processo civile. II nuovo co­dice di procedura penale ha previsto uno stru­mento a tutela di tale soggetto: se in seguito alla denuncia penale del privato, il giudice ritiene di non iniziare l'azione penale, cioè ritiene di archi­viare, il privato ha la possibilità di chiedere di essere informato circa l'eventuale richiesta di archiviazione o circa l'archiviazione stessa (art. 408 cod. proc. pen.) e ha la facoltà di presentare opposizione entro 10 giorni dalla notizia. A que­sto punto il giudice ha l'obbligo di fare un'udien­za in camera di consiglio in cui sente le parti in contraddittorio.

 

 

 

* Procuratore legale.

 

(1) AI termine della relazione è stata distribuita la se­guente nota:

Principali provvedimenti

A) Atti legislativi

- Leggi costituzionali - Sono adottate dalla Camera dei Deputati e dal Senato con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi.

- Leggi (o leggi ordinarie) - Sono approvate nell'identi­co testo dalla Camera dei Deputati e dal Senato.

- Leggi delega - Sono approvate come le leggi ordinarie e indicano i criteri dì riferimento al Governo per l'emana­zione di decreti legislativi, aventi valore di legge.

- Decreti legislativi - Sono emanati dal Governo sulla base di una legge delega (v. sopra).

- Decreti legge - Sono emanati dal Governo «in casi straordinari di necessità ed urgenza» (art. 77 Cost.). Perdo­no ogni efficacia fin dall'inizio se non convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla loro pubblicazione.

- Leggi regionali - Sono approvate dal Consiglio regio­nale.

- Leggi provinciali - Sono emanate solo dalle Province autonome di Trento e Bolzano.

B) Procedimenti per l'approvazione delle leggi nazionali

1. Le proposte di legge, presentate alla Camera dei De­putati o al Senato dal Governo, da Parlamentari, dalle Re­gioni, in genere sono esaminate dalla competente Com­missione parlamentare (ad esempio, Commissione Affari so­ciali, Istruzione, Lavoro, ecc.). La suddetta Commissione può esaminare la proposta di legge:

- in sede referente. L'approvazione è allora di compe­tenza dell'Assemblea, salvo che la Commissione stessa assuma la funzione legislativa;

- in sede legislativa;

- in sede redigente. In questo caso l'approvazione è di competenza dell'Assemblea che non può procedere ad eventuali emendamenti di tutta o parte della legge, ma si esprime solo con l'approvazione o meno dei singoli artico­li. Possono essere nominati Comitati ristretti, per procede­re all'esame delle proposte di legge.

 

(2) Da F. Santanera, M.G. Breda, F. Dalmazio, Anziani malati cronici: i diritti negati, UTET Libreria, Torino, 1994.

 

** Presidente di Sezione del Tribunale di Torino.

 

 

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