Prospettive assistenziali, n. 107, luglio-settembre 1994

 

 

CONSULENZA EDUCATIVA DOMICILIARE: UN SERVIZIO DEL COMUNE DI TORINO PER I BAMBINI HANDICAPPATI

ENZA CAVAGNA (*)

 

 

II servizio di consulenza educativa domiciliare, rivolto a bambini portatori di handicap di 0-3 an­ni, rientra all'interno di un progetto globale di in­tervento a favore dell'handicap, gestito dal set­tore "Scuole per l'infanzia" della città di Torino, come servizio pubblico gratuito (1)

L'obiettivo iniziale dell'Assessorato per l'istru­zione era quello di dare una risposta alle richie­ste avanzate da associazioni di genitori di bam­bini handicappati, delle quali sì era fatto porta­voce il Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base (CSA).

Si era pertanto prospettata l'istituzione, inizial­mente a titolo sperimentale, ma che prosegue tuttora verificata la positività dell'esperienza e la continua richiesta delle famiglie, di un servizio di "consulenza educativa domiciliare".

A svolgere tale servizio sono state distaccate delle insegnanti (attualmente 6 in organico) già addette all'educazione dei bambini handicappati presso le scuole materne di Torino, con almeno cinque anni di esperienza, previa partecipazione ad un corso di qualificazione biennale organiz­zato dai Centri di documentazione del Servizio Scuole per l'infanzia.

II servizio è rivolto alle famiglie che vivono in situazione di grave disagio per due ordini di pro­blemi:

- la nascita di un bambino che viene dichiara­to portatore di handicap per qualsiasi tipo di pa­tologia psico-fisica o sensoriale;

- oppure la nascita di un bambino in cui il danno è solo sospettato in base al rilievo di "se­gnali di allarme" che inducono a considerare quel neonato come "un bambino a rischio".

In entrambi i casi l'intervento precoce educa­tivo e riabilitativo apre molte possibilità sul piano dello sviluppo e delle potenzialità presenti nel bambino.

II dramma del disagio vissuto da queste fami­glie è da ricondursi al fatto che i genitori sono assolutamente impreparati a rapportarsi con un figlio portatore di handicap ed avvertono come inadeguati i comportamenti ed i rapporti che normalmente si instaurano fra genitori e figli. Di­venta quindi necessario aiutarli a riappropriarsi della funzione genitoriale.

L'intervento educativo viene quindi rivolto al bambino, ma nello stesso tempo mira al coinvol­gimento attivo dei familiari nell'intento di fornire loro gli strumenti utili per assumere un approc­cio educativo e relazionale adeguato con il bam­bino, e per aiutarli a superare il disorientamento nell'individuazione dei servizi pubblici, sanitari, assistenziali, educativi, cui fare riferimento per far fronte ai bisogni del bambino stesso.

Il servizio, collocandosi all'interno di un pro­getto di intervento sull'handicap nel quale sono impegnati i contingenti di diversi servizi, opera in un'ottica di collaborazione finalizzata ad un in­tervento pluridimensionale e globale che rac­corda il momento sanitario, il momento educati­vo e la famiglia, e si costituisce come ulteriore punto di riferimento a cui attingere informazioni e indicazioni necessarie.

Pur operando in raccordo con tutti i servizi territoriali, la Consulenza educativa domiciliare ha acquisito nel tempo una precisa identità e ha definito i suoi ambiti operativi onde evitare il ri­schio di interventi sovrapposti o di essere uti­lizzata per competenze non proprie.

Anche il ruolo delle insegnanti si è progressi­vamente ridefinito, attraverso una ricerca e una riflessione continua, rispetto ad una esperienza sul territorio che non ha modelli di confronto. Ciò avviene anche all'interno di una supervisio­ne didattica (da parte della coordinatrice) e psi­cologica (da parte di una psicologa esterna) che si configura come una guida tecnica indispen­sabile, tenuto conto del fatto che il punto di rife­rimento è il bambino ma collocato all'interno della sua famiglia.

La dinamica della presa in carico educativa avviene attraverso diverse fasi. La prima di con­tatto con i servizi che già si occupano del bam­bino, mira ad una conoscenza la più approfon­dita possibile dei suoi bisogni, delle sue poten­zialità e delle sue competenze.

In seguito si incontra la famiglia interessata che ha fatto richiesta del servizio attraverso uno dei vari canali possibili (assistenza, équipe di neuropsichiatria infantile, associazioni) o diret­tamente, con lo scopo di fornire tutte le informa­zioni relative al servizio (obiettivi, modalità, ecc.) onde verificare se l'offerta corrisponde ai biso­gni e alle aspettative della domanda.

Tale colloquio viene condotto dalla coordina­trice e dall'insegnante individuata, a domicilio, per evitare un ulteriore spostamento alla fami­glia e per permettere alla coordinatrice di cono­scere la famiglia, il bambino e l'ambiente nel quale proseguire l'intervento, qualora la richie­sta venga confermata. La frequenza e gli orari degli incontri vengono stabiliti in accordo con i genitori, tenendo conto dei ritmi del bambino e delle esigenze della famiglia, compatibilmente con gli altri casi seguiti dal Servizio di consulen­za educativa domiciliare (CED).

La fase successiva viene dedicata all'osser­vazione, al fine di rilevare il quadro completo della situazione in ordine alle difficoltà e alle possibilità che il bambino presenta rispetto alle varie aree di funzioni (motoria, cognitiva, senso­percettiva, comunicativa), ai tratti essenziali del suo comportamento, anche in rapporto con il contesto in cui il bambino vive.

Successivamente viene elaborato un piano di intervento mirato alla sollecitazione delle funzio­ni carenti e all'individuazione di stimolazioni, uti­lizzando sia risorse dell'ambiente quotidiano sia materiali ludici che la CED fornisce alla famiglia.

L'intervento domiciliare consente inoltre di va­lorizzare momenti della routine quotidiana (quali l'alimentazione, il cambio o il bagnetto) sottoli­neando l'alta valenza educativa di questi mo­menti, caratterizzati da una intensa e stretta re­lazione tra madre e bambino.

Nello stesso tempo si possono suggerire indi­cazioni su come utilizzare l'ambiente domestico in modo funzionale alle esigenze esplorative e di sperimentazione del bambino.

Operando in famiglia l'insegnante ha la possi­bilità di rapportarsi con il bambino anche molto piccolo o con patologie rilevanti in modo rassi­curante, in una prospettiva di evoluzione e ma­turazione anche affettiva ed emotiva alla pre­senza delle figure di riferimento stabilì ed atten­dibili.

Tale percorso si concluderà al momento op­portuno, concordato con la famiglia ed il servizio di neuropsichiatria infantile, con l'inserimento del bimbo in una struttura educativa, idonea del territorio (asilo nido o scuola materna).

Tale passaggio verrà facilitato dalla Consu­lente educativa che presenterà il caso alle edu­catrici del nido o alle insegnanti della scuola materna individuata, e ne seguirà l'inserimento effettuando un graduale passaggio di consegne nell'ottica di una continuità di interventi.

 

Due casi seguiti

 

Giorgio: età al momento della presa in carico - 5 mesi.

 

La richiesta del servizio di CED è stata fatta direttamente dalla mamma. Giorgio è affetto da una sindrome poli malformativa: palatoschisi, mi­crocefalia, angioma palpebrale destro molto vi­stoso.

AI primo incontro avvenuto in famiglia è pre­sente la madre e per qualche minuto anche il padre che desidera conoscerci. Accettano il servizio e si concordano tre incontri settimanali per un primo periodo.

La madre di Giorgio appare subito una perso­na molto aperta e disponibile. Racconta, con ap­parente serenità, dei problemi intervenuti quan­do è stato rilevato un arresto nella crescita del feto e della nascita del suo bambino. Focalizza la sua attenzione soprattutto sul problema della vista e ci tiene a sottolineare che accetta il suo bambino "così". Infatti ha con lui una relazione molto bella, un rapporto speciale con un bambi­no che «avrà una sensibilità tutta particolare, ti­pica dei non vedenti» sui quali è molto informata. Si è rivolta però al nostro servizio perché si è sentita sola ad affrontare il problema del figlio e desidera essere affiancata da una persona competente che la aiuti nel seguire lo sviluppo e la crescita del bambino. II padre è una persona molto attiva nei confronti di Giorgio e pare più consapevole della gravità della sua patologia. Giorgio dimostra di interagire molto bene con la mamma. La tocca, la bacia, la esplora "tutta" con la bocca. La relazione si incrina un po' du­rante i pasti in quanto la schisi al palato rende difficoltosa l'alimentazione e questo rende an­siosa la mamma.

Dall'osservazione risulta poi un lieve ritardo nella motricità e uno sviluppo fisico al di sotto della norma, mentre pare sensibile e ricettivo al­le stimolazioni che provengono dall'ambiente per le quali utilizza determinati canali sensoriali: tatto, udito e gusto.

Si elabora pertanto un programma mirato a:

- incentivare l'utilizzo dei canali integri per l'esplorazione dell'ambiente e la scoperta del mondo circostante;

- facilitare l'orientamento nello spazio con la creazione di una "zona d'azione" per terra, deli­mitata da cuscini morbidi, al cui interno vengono creati punti fissi di riferimento attraverso la col­locazione di oggetti sonori, per mezzo dei quali Giorgio possa sperimentare la ricerca della fon­te sonora;

- favorire la prensione e la manipolazione di oggetti e materiali collocati in posizioni diverse rispetto al bambino;

- la conoscenza del proprio corpo e del rap­porto corporeo adulto-bambino.

A distanza di un anno si possono rilevare in Giorgio notevoli cambiamenti: ha acquisito il controllo del tronco e la posizione seduta, ha sviluppato una buona motricità delle mani con le quali manipola, scuote, accartoccia. Non usa molto gli arti inferiori. Nell'ambito delle percezio­ni ha sviluppato una buona capacità uditiva, ri­conosce le voci dei familiari, pronuncia alcune parole di uso quotidiano.

Tenendo conto delle varie problematiche di cui è affetto, Giorgio dimostra di essere molto socievole, di non aver timore dell'estraneo con il quale entra in contatto toccandogli il viso e la bocca.

A questo punto si è proposto alla famiglia la possibilità di inserire Giorgio in un asilo nido dei proprio quartiere. I genitori hanno manifestato la loro perplessità preferendo spostare nel tempo il momento dei distacco dei bambino optando per il suo inserimento nella scuola materna, al compimento dei terzo anno.

Nel rispetto della decisione della famiglia si prosegue nel frattempo con l'intervento educati­vo domiciliare, con modalità che assumono le caratteristiche di una consulenza ai genitori fi­nalizzata alla ridefinizione degli obiettivi e verifi­ca dei risultati con incontri a scadenza settima­nale.

 

Enrica: età al momento della presa in carico - 4 anni e 9 mesi.

 

Il caso di Enrica è molto particolare e la presa in carico è stata possibile grazie alla flessibilità che caratterizza il servizio al fine di adeguarsi alle diverse esigenze e realtà delle patologie.

La segnalazione è pervenuta dal Centro di ria­bilitazione territoriale che segue Enrica per gli esiti di un trauma cranico avvenuto all'età di quattro anni, nel luglio scorso. Successivamente la famiglia ha confermato la richiesta.

La situazione familiare di Enrica è molto deli­cata a causa dei grave improvviso handicap psi­cofisico che ha colpito la bimba e che ha turba­to tutti i precedenti equilibri relazionali ed eco­nomici.

La bambina, dopo vari mesi di ricovero ospe­daliero in stato di coma, è tornata a casa grave­mente menomata; presenta infatti una emiparesi sinistra, un'epilessia generalizzata con frequenti crisi di assenza, una cecità corticale ed un gra­ve deficit cognitivo e relazionale.

I servizi territoriali (sociale, di neuropsichiatria infantile, di riabilitazione motoria) e la Consulen­za educativa domiciliare si sono attivati, in ac­cordo tra di loro, per sostenere la famiglia e per attuare un progetto di recupero di Enrica.

L'obiettivo che si pone subito la Consulente educativa è quello di aiutare i genitori a rappor­tarsi con una bambina a loro sconosciuta che manifesta uno scarso contatto con l'ambiente, che apparentemente ha possibilità comunicative molto limitate e primitive legate unicamente alle opposte sensazioni di piacere/dispiacere.

L'obiettivo immediato diventa quindi quello di cercare assieme ai genitori di cogliere tutti i mi­nimi segnali di Enrica che, per quanto fragili e poveri, fanno intravedere la possibilità di poter entrare in comunicazione ed in relazione con lei.

Poiché il canale uditivo è indenne ed è quello privilegiato da Enrica, viene utilizzato al fine di migliorare il contatto e la partecipazione all'am­biente, assieme a sollecitazioni psicomotorie che si dimostrano utili a completare il program­ma di lavoro.

Pur procedendo per obiettivi minimi, nell'arco di qualche mese, Enrica riacquista la posizione seduta senza appoggio, comincia ad articolare alcune parole (mamma, papa, sì, no), a riscopri­re il piacere dei movimento, il desiderio di soddi­sfare esigenze di contatto corporeo.

A questo punto viene proposta alta famiglia la possibilità di reinserire Enrica nella scuola ma­terna che già prima frequentava, vicina ai suoi compagni che hanno continuato ad avere un rapporto con lei attraverso brevi visite a casa.

La CED aiuta l'attuazione di questo inserimen­to ponendosi come mediatrice tra la famiglia, la bambina e la scuola.

 

 

 

(*) Responsabile di Circolo didattico - Coordinatrice del Servizio di consulenza educativa domiciliare.

(1) Si veda anche l'articolo di Marina Ruda, "Il servizio di consulenza educativa domiciliare del Comune di Torino per i bambini handicappati", in Prospettive assistenziali, n. 74, aprile-giugno 1985.

 

 

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