Prospettive assistenziali, n. 106, aprile-giugno 1994

 

 

UNA INDAGINE COSTOSA E FUORVIANTE DEL MOVIMENTO FEDERATIVO DEMOCRATICO - TRIBUNALE PER I DIRITTI DEL MALATO

CARLO HANAU (*) - FRANCESCO SANTANERA (**)

 

 

Il Movimento federativo democratico - Tribunale per i diritti del malato (MFD-TDM) ha ricevu­to dal Ministro della sanità On. Francesco De Lorenzo (1) ben due miliardi (Iva esclusa) per una indagine i cui elementi sono riportati nel "Rapporto sullo stato dei cittadini del Servizio sanitario nazionale", curato dal CERFE (Centro di ricerca e documentazione febbraio 1974) e pubblicato dal Pensiero Scientifico Editore - Ro­ma, 1992, pp. 481, L. 60.000.

Come è scritto nell'introduzione «l'indagine funzionale alla realizzazione del rapporto è stata articolata in quattro inchieste (una inchiesta sulla qualità del servizio sanitario nazionale (SSN), una inchiesta sulla tutelabilità dei diritti dei cittadini nel SSN, una inchiesta sulla cultura e sui com­portamenti dei cittadini a confronto delle pratiche professionali e organizzative nel SSN e una in­chiesta sulla praticabilità di alcuni fini del SSN e due ricognizioni (una ricognizione degli studi e delle ricerche sul SSN e una ricognizione sulle disponibilità di risorse umane per la tutela dei di­ritti dei cittadini)».

«In termini operativi, il SSN è stato suddiviso in medicina ospedaliera, servizi ambulatoriali e ter­ritoriali e medicina di base. Si è ritenuto, inoltre, opportuno procedere a una ulteriore ripartizione, isolando dagli altri i servizi "specifici" ovvero quelli rivolti esclusivamente a utenti di particolari "fasce deboli" (anziani, handicappati, emodializ­zati, malati psichici, malati di AIDS, ecc.). La rac­colta dei dati sul campo, è stata effettuata in due periodi (dicembre 1990 e febbraio-aprile 1991). Sono stati utilizzati 11 tipi di questionari rivolti a campioni di operatori (medici, infermieri, ausiliari, tecnici e laureati non medici) e a utenti (cittadini intervistati al di fuori delle strutture sanitarie, de­genti - o ricoverati - e utenti di servizi "specifi­ci") e 8 moduli di griglie per l'osservazione di ospedali pubblici, di case di cura convenzionate e di complessi ambulatoriali e territoriali)».

Il volume è composto da sette capitoli:

- salute e modernizzazione;

- violazione di diritti, lesione di interessi, delu­sione di legittime aspettative e non attuazione di micro-diritti;

- le regole e il sondaggio;

- identità e bisogni relazionali;

- tutela sociale;

- risorse umane per la tutela dei diritti;

- umanizzazione, informazione e diritto: alcune considerazioni conclusive.

Infine, vi sono quattro appendici:

- descrizione dell'indagine e impostazione me­todologica;

- valutazione della qualità;

- la praticabilità di alcuni fini del Servizio sani­tario nazionale;

- ricognizione su studi e ricerche sulla sanità.

Dall'introduzione di Luciano d'Andrea e Gabriele Quinti, responsabile quest'ultimo dell'équipe di ricerca del CERFE, si rileva che «le tesi sostenute nel presente testo manten­gono, in parte, un carattere ipotetico, a causa, certamente, della complessità degli argomenti trattati, ma anche perché, spesso, esse concer­nono fenomeni nuovi o poco conosciuti, oppure anche noti, ma mai osservati in modo sistema­tico su tutto il territorio nazionale. Le interpreta­zioni che si possono fornire di tali fenomeni, per­tanto, non possono che essere intese come un tentativo volto, per così dire, a sgrossare la mate­ria, in vista di ulteriori e più accurati approfondi­menti, di carattere sia teorico che empirico» (pag. XIX).

L'ammissione della genericità dei risultati contrasta con la rilevanza delle risorse versate al MFD-TDM dal Ministero della sanità pari ad oltre 100 mila lire per ognuna delle interviste e consultazioni effettuate. Infatti, i dati sono stati raccolti mediante:

- 7.776 interviste a degenti-utenti e a ope­ratori del SSN, svolte attraverso la sommi­nistrazione di questionari in 320 complessi sani­tari;

- 7.347 interviste a cittadini e 328 medici di base;

- la consultazione di 8.000 persone circa. Nel testo si descrive approssimativamente il metodo per l'indagine e non si riportano gli 11 questionari utilizzati e le 8 griglie usate per l'os­servazione di ospedali pubblici, case di cura convenzionate e complessi ambulatoriali e terri­toriali, per cui è impossibile darne una corretta valutazione.

Inoltre, insufficienti notizie sono fornite circa il piano di rilevazione, piano che avrebbe dovuto prevedere una corretta stratificazione del cam­pione ed una scelta casuale degli utenti dei ser­vizi e in merito alla ripartizione delle interviste regione per regione: si ricava piuttosto l'impres­sione che le interviste siano state eseguite ove era più agevole effettuarle e che non si sia tenu­to conto delle conseguenze derivanti dalle diffe­renze fra il piano di rilevazione e l'esecuzione delle stesse rilevazioni. Nel caso dei questionari somministrati per posta a 2.500 persone, solo 151 sono risultati validi. È facile ipotizzare che abbiano risposto soltanto coloro che erano più motivati, che non sono certo rappresentativi del­la generalità della popolazione.

Il numero degli intervistatori risulta del tutto sproporzionato rispetto alle interviste eseguite, e questo fatto può aver influito molto negativa­mente sulla qualità della rilevazione.

Vi sono altri aspetti poco convincenti sull'in­dagine del MFD-TDM: vengono definiti «soggetti attivi» quei cittadini che «rispetto agli altri mo­strano una più sviluppata attitudine a compiere atti intenzionali volti al superamento delle situa­zioni di crisi (di tipo logistico, organizzativo, co­municativo, ecc.) che sovente si presentano nella quotidianità delle strutture sanitarie».

Non si può certo negare l'importanza della presenza di soggetti attivi, che esercitano un continuo controllo sulla funzionalità dei servizi. Tuttavia, secondo i dati forniti dal rapporto del MDF-TDM, i soggetti attivi sarebbero un eserci­to: il 22% dei degenti, il 33,7% degli utenti di specifici servizi e il 32,7% dei cittadini. Ma i dati si ridimensionano tenendo conto che, incredibil­mente, sono stati considerati soggetti attivi, non coloro che hanno presentato reclami o indiriz­zato proteste, ma solo «a partire dalla intenzio­nalità», senza nemmeno «sondare se, a monte di essi (degli atti di tutela, n.d.r.) vi fossero o meno violazioni effettive di diritti o reali disfunzioni») (pag. 11).

Stupefacenti le conclusioni tratte dal MFD­-TDM. Infatti, come si può affermare che «è ragio­nevole ritenere che gli atti di tutela promossi ogni anno siano alcune centinaia di migliaia» (pag. 12) quando in precedenza si sostiene, come abbia­mo riportato, che non sono stati rilevati gli atti suddetti, ma solo le intenzioni al riguardo, senza nemmeno verificarne la fondatezza? E, a mag­gior ragione, come possono i ricercatori dichia­rare a pag. 17 che è elevato il «tasso di esiti positivi che ottengono i suoi (del cittadino, n.d.r.) reclami», quando, nonostante i precisi impegni assunti, la ricerca non fornisce un solo dato al riguardo?

L'indagine del MFD-TDM sulla tutelabilità dei diritti dei cittadini doveva essere rivolta, come preannunciato dal loro mensile (2), ad accertare «ciò che accade, all'interno del mondo della sa­nità, in relazione alla lesione di un diritto, nella prospettiva di risolvere la situazione di violazio­ne». Allo scopo, era stato previsto dallo stesso MDF-TDM che la ricerca avrebbe provveduto al­la «analisi di quello che avviene conseguente­mente ad un reclamo, a una richiesta di interven­to, a una protesta o a una istanza espressa all'in­terno di una struttura sanitaria e connessa alla violazione di un diritto».

Per ottenere questi risultati «nell'arco di 30 giorni saranno identificati, nelle 300 strutture in cui si svolge l'indagine, un certo numero di recla­mi in base a categorie stabilite. Si tratterà poi di osservare il percorso di tutela, ovvero quel che succede in relazione al reclamo, per un lasso di tempo variabile fino a 90 giorni» (3).

Il MFD-TDM si era, altresì, impegnato ad effet­tuare «un censimento generalizzato di tutti i re­clami, le proteste, le istanze, gli esposti e i ricorsi effettuati in relazione alla violazione di un diritto nelle 300 strutture oggetto di indagine» (...) ed «una analisi delle raccolte di reclami, denunce o simili depositate, rispettivamente presso gli uffici competenti delle strutture sanitarie osservate e presso il Tribunale per i diritti del malato».

Sorprendenti sono, poi, le affermazioni conte­nute a pag. 18: «I degenti sono chiamati, con una impressionante frequenza, anche ad assicurarsi autonomamente le possibilità di disporre in ospedale di beni, di oggetti e di suppellettili di uso quotidiano che la struttura sanitaria non è in grado di fornire come mostra il fatto che il 44,3% dei degenti intervistati abbia dichiarato di essersi portato da casa lenzuola, lampadine, cuscini o posate poiché essi non erano disponibili in ospe­dale».

Nel capitolo secondo, riguardante la violazio­ne dei diritti e la lesione di interessi, troviamo un'altra sorprendente affermazione. Il rapporto, essendo «redatto dal punto di vista dei cittadini (...) non si occupa di grosse questioni che, pur essendo strettamente connesse con il diritto alla salute, riguardano situazioni limite sia pur di grandissima rilevanza per l'intera società italia­na» (pag. 21). Si pretende in tal modo di giustifi­care il fatto che nel rapporto non c'è una sola parola che riguardi il rifiuto delle cure agli adulti e anziani cronici non autosufficienti e le loro di­missioni, a volte anche selvagge, dagli ospedali e dalle case di cura private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale.

Nulla è detto sulla situazione disumana in cui vivono ancora molti malati negli ospedali psi­chiatrici, dato che risulta da una recente indagi­ne condotta in nove strutture dal Gruppo parla­mentare dei Verdi: «Dalle relazioni emerge un quadro raccapricciante. Le situazioni peggiori sono al Sud: feci e urina per terra, non esistono impianti di ventilazione, un infermiere ogni 20/30 pazienti. A Napoli una degenza ospedaliera pres­so l'ospedale psichiatrico "Leonardo Bianchi" costa alla Regione circa 600 mila lire al giorno. A Siracusa sono partiti alcuni avvisi di garanzia. Ma anche il Nord non sta molto meglio: Rieti e Cogo­leto, due manicomi oggetto dell'ispezione, sono ancora lì con le loro centinaia di pazienti ammas­sati tutti insieme» (4).

Anche i settori della lungodegenza e della ria­bilitazione non sono trattati dall'indagine del MFD-TDM. Eppure a tutti è noto come per que­ste due fasi della malattia si registrano le mag­giori carenze del nostro sistema.

Sul problema degli standards qualitativi e quantitativi del personale ospedaliero, aspetto di primaria importanza per il funzionamento dei servizi, l'indagine del MFD-TDM è assai sbrigati­va: «Gli standards relativi all'assistenza medica e infermieristica sono contenuti nel D.M. del 13.9.1988 relativo, appunto, alle determinazione degli standards del personale ospedaliero. Le di­sposizioni contenute in questo decreto sono nu­merose, dal momento che le unità operative di degenza vengono suddivise in varie categorie a seconda del livello di assistenza necessario. Così, per le divisioni di terapia intensiva e subin­tensiva (rianimazione, grandi ustionati, terapia in­tensiva) sono previsti in organico, per ogni po­sto-letto, 3 unità di personale infermieristico e 1 / 1,5 unità di personale medico, mentre in quelle di medicina generale sono previsti 0,6 infermieri e 0,2 medici. Ci sono poi situazioni intermedie, re­lative alla specialità a elevata e a media assisten­za. Casi particolari, infine, sono quelli della riabili­tazione e della lungodegenza. I dati raccolti nel corso dell'indagine riguardano, invece, il numero di unità di personale effettivamente presente in determinati momenti della giornata e non quello previsto in organico. Il confronto, pertanto, è pro­blematico. Tuttavia, per approssimazione, si può ritenere che gli standards previsti dal D.M. non siano rispettati quando, in una divisione di de­genza, non risulta presenta alcuna unità di perso­nale infermieristico» (pag. 25 e 26). Con un mo­destissimo sforzo il MFD-TDM avrebbe potuto ottenere dall'Amministrazione sanitaria i dati sul personale senza dover ricorrere ad un indicato­re tanto impreciso e grossolano come quello scelto dal MFD-TDM e cioè la presenza dell'in­fermiere al momento dell'indagine.

Un altro esempio di superficialità è la seguen­te affermazione: «Data l'impostazione generale di questo rapporto, le questioni inerenti all'ade­guatezza del processo diagnostico e della tera­pia sono state affrontate solo parzialmente e quasi esclusivamente a partire dalle valutazioni degli operatori sanitari, senza riferimento esplici­to all'affermazione di standard» (pag. 27). Se­guono 6, diconsi sei righe sui "Tempi di attesa dei ricoveri programmati".

Non mancano le inesattezze giuridiche. In­fatti, in merito alle barriere architettoniche, si afferma che «secondo quanto previsto dal D.M. 14 giugno 1989 n. 236 (...) dovrebbero es­sere eliminate da tutti i luoghi adibiti a servizi pubblici», mentre in realtà le norme del provve­dimento di cui sopra si applicano esclusivamen­te agli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica di nuova costruzione e quindi, non agli ospedali.

Mentre alcuni fondamentali problemi della sa­nità e della salute dei cittadini o sono ignorati o sono trattati in modo assolutamente generico, il rapporto contiene dati precisi sulla carta igieni­ca di cui sono forniti ben 9 dati statistici disag­gregati relativi al Nord-Est, Nord-Ovest, Centro, Sud, Isole, case di cura, ospedali grandi, medi e piccoli. Molto accurati anche i dati relativi ai co­pri-water, scopini, accessori dei bagni e sulla presenza dì vasche e di bidet.

 

Conclusioni

Riteniamo che la ricerca del MFD-TDM, nono­stante l'elevato finanziamento ricevuto e malgra­do abbia potuto usufruire del lavoro volontario di molti militanti, non sia assolutamente riuscita a raggiungere «il duplice scopo di verificare se e in che misura la riforma sanitaria ha inciso sullo stato di salute della popolazione del nostro pae­se nell'ultimo decennio e di valutare il tipo di ri­sposta data dal sistema sanitario nazionale alle finalità che si era prefigurato al momento della sua istituzione» (5).

A nostro avviso, i motivi del fallimento vanno ricercati:

a) nella carenza del metodo dell'indagine, a cominciare dal piano di rilevazione statistica;

b) nell'esecuzione della rilevazione stessa, condizionata dalla presenza sul luogo di sezioni del MFD-TDM o di organizzazioni di volontari po­liticamente omogenee alla ipotesi consociativa sviluppatasi fra MFD-TDM e il Ministro della sa­nità Francesco De Lorenzo (6).

In conclusione, ci chiediamo quali siano stati i risultati positivi che il Ministero della sanità ab­bia potuto trarre a livello di conoscenza ed an­cor più a livello di intervento, al fine di ottenere quello che avrebbe dovuto essere l'obiettivo principale: il miglioramento delle condizioni di vita dei malati, senza preclusioni per i cronici ed i mentali.

 

 

 

 

(*) Carlo Hanau, Presidente del CODICI - Coordinamento per i Diritti dei Cittadini.

(**) Francesco Santanera, CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, Torino.

(1) Nel rapporto si loda «la disponibilità e anche il corag­gio» dell'ex Ministro della sanità Francesco De Lorenzo.

(2) Cfr. Codice salute, n. 12, settembre 1990.

(3) Ibidem.

(4) Cfr. gli articoli apparsi sul n. 5 del 3 marzo 1994 di ASPE "Viaggio nei manicomi cattedrali dell'abbandono" e “A quindici anni dalla 180 - Soli in manicomio aspettando la morte".

(5) Cfr. Codice salute, op. cit.

(6) A questo riguardo va segnalato che in Codice salute, pubblicazione del MFD, prima dell'effettuazione dell'inda­gine, era stato precisato che «i soggetti da convocare alla realizzazione del rapporto possono far riferimento a tre aree: (...) i gruppi e le associazioni dell'area del sesto pote­re, e cioè tutte le varie realtà di cittadini organizzati, di livello locale o nazionale che siano, o intendano impegnarsi nella realizzazione del rapporto (per esempio: associazioni di malati, di volontariato, movimenti e gruppi di varia natura, ecc.)».

Preso atto di quanto sopra, l'ULCES, Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale, funzionante ininterrotta­mente dal 1965, a seguito della corrispondenza intercorsa con la segreteria nazionale del MFD, ha proposto la pro­pria collaborazione per un capitolo sugli anziani cronici non autosufficienti o, preferibilmente, sulle persone croni­che non autosufficienti di qualsiasi età, segnalando la se­guente scaletta: breve descrizione della situazione attuale assumendo come riferimento gli articoli dei giornali ed i li­bri che descrivono vicende di persone croniche non auto­sufficienti espulse dal settore sanitario; elencazione dei principali diritti negati; norme vigenti; proposte. Alla lettera, spedita raccomandata RR il 18 febbraio 1991, il MFD non ha mai risposto.

 

 

 

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