Prospettive assistenziali, n. 103, luglio-settembre 1993

 

 

L'ASSUNZIONE DELLE CATEGORIE PROTETTE NELL'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA: INTRODOTTA LA CHIAMATA NUMERICA

MARIA GRAZIA BREDA

 

 

Il primo comma dell'articolo 42 del decreto legislativo del 3 febbraio 1993 n. 29 "Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego a norma dell'art. 2 della leg­ge 23 ottobre 1992, n. 421", che definisce le modalità di assunzione delle categorie protette, recita:

«Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui all'articolo 1, della legge 2 aprile 1968, n. 482 (1), come integrato dall'articolo 19 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (2), avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento sulla base delle graduatorie stabilite dagli Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, previa verifica del­la compatibilità della invalidità con le mansioni da svolgere».

L'articolo 42 prosegue con un secondo comma, ma preferiamo esaminare separatamente le due parti dell'articolo, perché, come vedremo in seguito, mentre il primo comma è lineare e di immediata attuazione, controversa si presenta l'interpretazione (e conseguentemente l'applicazione) del secondo comma.

Per quanto riguarda il primo comma dell'art. 42 va riconosciuta, innanzitutto, la spinta inno­vativa che viene data nel campo dell'inserimento al lavoro delle categorie protette con l'introdu­zione della chiamata numerica per le assunzioni nell'Amministrazione pubblica, modalità che vie­ne peraltro confermata dalla circolare n. 7 del 5 marzo 1993 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che all'art. 2, punto h, si esprime nei seguenti termini:

«h) Sono altresì consentite le assunzioni obbligatorie relative alle categorie di cui all'articolo 1 della legge 2 aprile 1968, n. 482, come integrato dall'articolo 19 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, riguardanti le qualifiche funzionali ed i profili professionali per il cui accesso non è richiesto un titolo di studio superiore all'assolvimento della scuola dell'obbligo.

«Il numero complessivo di dette assunzioni non può superare quello derivante dall'applica­zione della percentuale ottenuta con ponderazio­ne rispetto alle numerosità delle ex categorie operaie, ausiliarie ed esecutive, alle dotazioni complessive delle qualifiche funzionali cui sono ascritti i vari profili professionali delle ex carriere operaie, ausiliarie ed esecutive.

«Le assunzioni si effettuano sulla base di sele­zioni, in analogia a quanto previsto per le assun­zioni ordinarie per i medesimi profili, secondo le modalità indicate nel successivo punto 4, tra gli iscritti nelle liste di collocamento degli uffici pro­vinciali del lavoro e della massima occupazione di cui all'art. 16 della legge 2 aprile 1968, n. 482, avviati numericamente secondo l'ordine di gra­duatoria di ciascuna categoria riservataria predi­sposta dai predetti uffici e in relazione alla pro­fessionalità richiesta.

«Pertanto, risulta abrogato il comma 5 dell'arti­colo 16 della legge 2 aprile 1968, n. 482, che prevedeva la facoltà per le amministrazioni pub­bliche di scegliere e di assumere direttamente i lavoratori invalidi.

«L'idoneità fisica del lavoratore da assumere consiste nell'idoneità allo svolgimento delle mansioni previste per la qualifica di assun­zione».

In questo quadro positivo si inserisce l'incre­dibile circolare del 23 aprile 1993, emanata dall'allora Ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cristofori, che invita (e cioè obbliga) gli Uffici regionali e provinciali del lavoro e gli Ispet­torati regionali a non attuare le disposizioni contenute nell'art. 42 del decreto legislativo n. 29/1993 (3).

Si tratta di una disposizione inaccettabile, contro la quale già diverse associazioni hanno preso posizione, invitando il Ministro del lavoro a ritirarla e ad attivarsi, contestualmente, per l'attuazione tempestiva delle norme contenute nell'art. 42, comma 1 (4).

Ci auguriamo che altri si esprimano in questo senso al più presto poiché il primo comma dell'art. 42 non lascia dubbi interpretativi: d'ora in poi le Amministrazioni pubbliche devono as­sumere per chiamata numerica le persone iscritte nelle liste del collocamento obbligatorio.

Si tratta delle amministrazioni dello Stato, del­le aziende ed enti pubblici (di cui all'art. 12 della legge n. 482/1968) che precedentemente ave­vano la facoltà di assumere direttamente (legga­si "nominativamente") i lavoratori appartenenti alle categorie protette indicate nell'art. 15, com­ma IV della legge 482/1968 (5).

Tuttavia, occorre precisare che l'art. 42 si in­serisce in una situazione politico-sociale non certo idilliaca. Infatti, la maggior parte degli enti pubblici non ha assolto agli obblighi imposti dal­la legge 482/1968 poiché è ampiamente al di sotto della percentuale obbligatoria degli handi­cappati che dovevano essere inseriti al lavoro.

Inoltre, gran parte delle assunzioni è stata realizzata scegliendo nell'ambito delle "catego­rie protette" le persone come gli orfani, le vedo­ve, le vittime del terrorismo, i profughi, che han­no piena capacità lavorativa e che non sono colpite da handicap.

La facoltà della chiamata nominativa, conces­sa dalla legge 482/1968 agli enti pubblici, ha inoltre favorito le assunzioni clientelari per cui numerosi sono i falsi handicappati inseriti al la­voro, perché appoggiati o sostenuti da questa o quella associazione, legata a questo o quel par­tito. Si tratta, in genere, di persone con handi­cap inesistenti o lievi, e quindi con totale auto­nomia personale e piena capacità lavorativa. So­no gli "invalidi" che la prossima legge dovrebbe escludere dal collocamento obbligatorio per as­sicurare il lavoro a quanti hanno oggettivamente più difficoltà a trovarlo, a causa delle proprie me­nomazioni fisiche, sensoriali o intellettive.

Le amministrazioni pubbliche, salvo rarissime lodevoli eccezioni, non hanno mai provveduto ad assumere gli handicappati con ridotta capa­cità lavorativa, in particolare quelli con limitazio­ni intellettive.

Nella migliore delle ipotesi, alcune di esse hanno provveduto al loro inserimento in tirocini formativi, senza obblighi di assunzione.

Per tali ragioni e in attesa della auspicata ri­forma migliorativa della attuale legge sul collo­camento al lavoro, l'On. Augusto Battaglia, par­lamentare del PDS con un lungo passato di la­voro presso la sede romana dell'associazione Comunità di Capodarco, in occasione del dibat­tito parlamentare sulla riforma del pubblico im­piego, si è adoperato affinché venisse introdotta la chiamata numerica per le assunzioni presso le Amministrazioni pubbliche di persone iscritte al collocamento obbligatorio.

 

Le controverse interpretazioni del 2° comma dell'art. 42

Vediamo ora il 2° comma dell'art. 42 che è così redatto: «Le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, sulla base delle direttive imparti­te dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Di­partimenti della funzione pubblica e degli Affari sociali, promuovono o propongono alle commis­sioni regionali per l'impiego, ai sensi degli articoli 5 e 17 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (6), programmi di assunzioni per portatori di handi­cap, che comprendono anche periodi di tirocinio prelavorativo pratico presso le strutture delle am­ministrazioni medesime realizzati dai servizi di cui all'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 104» (7).

Con questo comma si cerca di introdurre il "collocamento mirato" quale aspetto innovativo rispetto alla legge n. 482/1968. Si prevede, infatti, la valutazione della compatibilità del lavoratore handicappato con le mansioni asse­gnate. Siamo ancora lontani dal concetto di va­lutazione della capacità lavorativa (piena, ridotta o nulla), che molte associazioni di handicappati auspicano che sia finalmente recepita dalla ri­forma della legge 482/1968 (8).

Tuttavia è già un segnale positivo che si tenti il superamento del limite esclusivamente quantita­tivo (15%) della vigente normativa (9).

Purtroppo numerosi sono i problemi aperti da questo secondo comma.

Mentre, come abbiamo visto precedentemen­te, il primo comma non dà adito a dubbi, nume­rose e anche opposte sono le interpretazioni ri­guardanti il comma 2 dello stesso art. 42.

Siamo tutti consapevoli che la riforma del col­locamento al lavoro degli handicappati non può attuarsi con leggi settoriali. Apprezziamo quindi, la proposta avanzata dall'On. Battaglia e fatta propria dal Parlamento che, in occasione dell'approvazione della legge riguardante i lavo­ratori delta funzione pubblica, ha introdotto nor­me per le assunzioni di persone handicappate.

Tuttavia vi sono limiti oggettivi anche nella for­mulazione del 2° comma dell'art. 42, che analiz­ziamo.

Questo comma rimanda alle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Di­partimenti della funzione pubblica e degli affari sociali, che come abbiamo visto, sostengono la chiamata numerica per le assunzioni nelle Am­ministrazioni pubbliche.

Lo stesso comma 2, però, attribuisce alle stesse Amministrazioni la facoltà di proporre o promuovere, ai sensi degli artt. 5 e 17 della leg­ge 56/1987 (10) "programmi di assunzione".

Come è noto, l'art. 17 della legge 56/1987 prevede che si possa derogare alla chiamata numerica nel caso in cui siano definiti program­mi specifici di assunzione.

A questo punto si aprono due possibilità. Una interpretazione positiva, per cui la facoltà di po­ter individuare le persone handicappate e di collocarle all'interno di un progetto formativo mi­rato, permette finalmente l'avvio al lavoro delle persone che, a causa della loro ridotta capacità lavorativa, hanno finora trovato ostacoli al loro inserimento.

La deroga alla chiamata numerica, in questo caso, viene utilizzata per quei soggetti che o so­no stati inseriti o possono essere inseriti in posti di lavoro dell'Amministrazione pubblica su se­gnalazione dei servizi di territorio e/o dopo corsi di formazione professionale o prelavorativa. Queste persone, che sovente hanno alle spalle lunghi anni dì tirocinio dovrebbero essere as­sunte dall'Ente locale. Per loro e, in particolare per gli handicappati intellettivi, se ci si attenesse esclusivamente al meccanismo della chiamata numerica, il lavoro potrebbe arrivare anche do­po 10-15 anni di iscrizione al collocamento op­pure mai.

Non dobbiamo dimenticare, infatti, che fino al­la sentenza n. 50/1990 della Corte costituziona­le, gli handicappati intellettivi (e quelli psichici) erano esclusi dal collocamento obbligatorio e che l'iscrizione nelle liste normali effettuate suc­cessivamente alla sentenza è stata considerata una nuova iscrizione a tutti gli effetti, determi­nando pertanto la perdita dei punteggi acquisiti.

L'applicazione rigorosa del 2° comma dell'art. 42 del decreto legislativo 29/1993 potrebbe, in­vece, in questo particolare momento e in attesa della vera riforma del collocamento, sanare una situazione di ingiustizia vecchia di anni.

Ma può esservi anche una interpretazione ne­gativa del secondo comma, che vanificherebbe i vantaggi della chiamata numerica introdotti con il primo comma dello stesso articolo 42. Infatti, la deroga alla chiamata numerica potrebbe es­sere attuata scegliendo soggetti con invalidità fasulle: continuerebbe così la piaga dei "falsi in­validi".

Riteniamo che sia indispensabile giungere ad un criterio di avviamento al lavoro il più possibile limpido, trasparente ed equo, com'è la chiamata numerica se correttamente applicata. Non pos­siamo accettare il principio per cui, mentre nel primo comma dell'art. 42 il legislatore introduce come positiva innovazione la chiamata numeri­ca, alcuni vorrebbero annullarla con una inter­pretazione di comodo del secondo comma.

Proponiamo pertanto una interpretazione che ci sembra salvaguardi gli interessi delle persone handicappate e lo spirito stesso dell'art. 42:

a) in base al primo comma le Amministrazioni pubbliche devono assumere esclusivamente per chiamata numerica;

b) qualora esse intendano avvalersi del se­condo comma (deroga alla chiamata numerica) per assumere persone con handicap, queste sono segnalate obbligatoriamente dai servizi di territorio indicati nello stesso articolo 42. La scelta dovrebbe essere fatta in base alla posi­zione maturata nelle attuali liste del collocamen­to obbligatorio (per rispettare la chiamata nume­rica), tenendo conto della loro capacità lavorati­va e della compatibilità con le mansioni richieste (per rispettare il secondo comma dello stesso articolo e cioè la compatibilità dell'invalidità con le mansioni assegnate).

Al di là della correttezza dell'interpretazione, rimane lo scoglio più arduo determinato dalla scarsa volontà politica di assumere persone handicappate "vere" non più secondo il criterio dello scambio dei favori, ma secondo un princi­pio di diritto e di giustizia.

È facile intuire che le Amministrazioni pubbli­che facciano scattare l'alibi della scarsità delle risorse e dei vincoli di bilancio. Ebbene, ricor­diamo che non stiamo chiedendo assunzioni in più" rispetto alle necessità delle piante organi­che, ma semplicemente la quota di assunzioni prevista dalla legge.

Per una interpretazione corretta, un ruolo de­terminante può essere svolto dal Sindacato, se davvero intende porsi a difesa dei diritti di tutti i lavoratori.

 

 

 

(1) La legge 2 aprile 1968, n. 482 all'art. 1 stabilisce: «La presente legge disciplina l'assunzione obbligatoria - pres­so le aziende private e le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le amministrazioni regionali, provinciali e comunali, le aziende di Stato e quelle munici­palizzate, nonché le amministrazioni degli enti pubblici in genere e degli istituti soggetti a vigilanza governativa - de­gli invalidi di guerra, militari e civili, degli invalidi per servi­zio, degli invalidi del lavoro, degli invalidi civili, dei ciechi, dei sordomuti, degli orfani e delle vedove dei caduti in guer­ra o per servizio o sul lavoro, degli ex-tubercolotici e dei profughi».

(2) L'art. 19 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 prevede: «In attesa dell'entrata in vigore della nuova disciplina del collocamento obbligatorio, le disposizioni di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482, e successive modificazioni, devono in­tendersi applicabili anche a coloro che sono affetti da mino­razione psichica, i quali abbiano una capacità lavorativa che ne consente l'impiego in mansioni compatibili. Ai fini dell'avviamento al lavoro, la valutazione della persona han­dicappata tiene conto della capacità lavorativa e relazionale dell'individuo e non solo della minorazione fisica o psichica. La capacità lavorativa è accertata dalle commissioni di cui all'articolo 4 della presente legge, integrata ai sensi dello stesso articolo da uno specialista nelle discipline neurologi­che, psichiatriche o psicologiche».

(3) La circolare, in particolare, così si esprime: «L'art. 42 del decreto legislativo n. 29/1993 prevede una disciplina sostanzialmente diversa da quella attuale delle procedure degli avviamenti obbligatori presso gli Enti pubblici. Per ap­plicare le nuove procedure in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale appare necessario sia disciplinarle nei vari aspetti applicativi, sia predisporre i necessari strumenti operativi (nuove graduatorie, acquisizione delle disponibili­tà degli interessati, ecc.). Pertanto appare opportuno a pare­re dello scrivente che la disciplina entri in vigore solo dopo che codesti uffici abbiano gli strumenti normativi ed operati­vi necessari per applicarla. In relazione a quanto sopra lo scrivente, considerata la indicata formulazione delle norme, ha inviato una lettera al Dipartimento della Funzione pubbli­ca - che ha predisposto la normativa in oggetto - espri­mendo il parere che, salvo diverso avviso del Dipartimento stesso, la nuova disciplina entri in vigore solo successiva­mente all'emanazione del DPR previsto dal precedente art. 41 del D.Leg. n. 29/93».

(4) Tra le altre organizzazioni hanno scritto al Ministro del lavoro: la Comunità di Capodarco, il MO.V.I. nazionale, il CSA di Torino e la Lega nazionale per il diritto al lavoro degli handicappati.

(5) Cfr. nota (1).

(6) In base all'art. 5, comma d) della legge 56/1987 le Commissioni regionali per l'impiego «predispongono pro­grammi di inserimento al lavoro di lavoratori affetti da mino­razioni fisiche o mentali o comunque di difficile collocamen­to, in collaborazione con le imprese disponibili, integrando le iniziative con le attività di orientamento, di formazione, di riadattamento professionale svolte o autorizzate dalla re­gione».

In base all'art. 17, comma 1, della stessa legge 56/1987 «L'impresa o i! gruppo di imprese, anche tramite le corri­spondenti associazioni sindacali, possono proporre alla commissione regionale o circoscrizionale per l'impiego un programma di assunzioni di lavoratori, ivi compresi quelli di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482. Sulla base di tale propo­sta e dell'esame preventivo con le organizzazioni sindacali territoriali dei lavoratori e dei datori di lavoro, la commissio­ne regionale o circoscrizionale può stipulare una conven­zione con l'impresa o il gruppo di imprese nella quale siano stabiliti i tempi delle assunzioni, le qualifiche e i requisiti professionali ed attitudinali dei lavoratori da assumere, i corsi di formazione professionale ritenuti necessari, da or­ganizzare di intesa con la regione, nonché, in deroga alle norme in materia di richiesta numerica, l'eventuale facoltà di assumere con richiesta nominativa una quota di lavoratori per i quali sarebbe prevista la richiesta numerica. La con­venzione può prevedere misure tendenti a promuovere l'oc­cupazione femminile e giovanile».

(7) L'art. 17 della legge 104/1992 stabilisce quanto se­gue: «1. Le regioni, in attuazione di quanto previsto dagli ar­ticoli 3, primo comma, lettere I) e m), e 8, primo comma, lettere g) e h), della legge 21 dicembre 1978, n. 845, realiz­zano l'inserimento della persona handicappata negli ordina­ri corsi di formazione professionale dei centri pubblici e pri­vati e garantiscono agli allievi handicappati che non siano in grado di avvalersi dei metodi di apprendimento ordinari l'acquisizione di una qualifica anche mediante attività speci­fiche nell'ambito del centro di formazione professionale te­nendo conto dell'orientamento emerso dai piani educativi individualizzati realizzati durante l'iter scolastico. A tal fine forniscono ai centri i sussidi e le attrezzature necessarie.

«2. l corsi di formazione professionale tengono conto delle diverse capacità ed esigenze della persona handicap­pata che, di conseguenza, è inserita in classi comuni o in corsi specifici o in corsi prelavorativi.

«3. Nei centri di formazione professionale sono istituiti corsi per le persone handicappate non in grado di frequen­tare i corsi normali. 1 corsi possono essere realizzati nei centri di riabilitazione, quando vi siano svolti programmi di ergoterapia e programmi finalizzati all'addestramento pro­fessionale, ovvero possono essere realizzati dagli enti di cui all'articolo 5 della citata legge n. 845 del 1978, nonché da organizzazioni di volontariato e da enti autorizzati da leggi vigenti. Le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vi­gore della presente legge, provvedono ad adeguare alle di­sposizioni di cui al presente comma i programmi pluriennali e i piani annuali di attuazione per le attività di formazione professionale di cui all'articolo 5 della medesima legge n. 845 del 1978.

«4, Agli allievi che abbiano frequentato i corsi di cui al comma 2 è rilasciato un attestato di frequenza utile ai fini della graduatoria per il collocamento obbligatorio nel qua­dro economico-produttivo territoriale.

«5. Fermo restando quanto previsto in favore delle perso­ne handicappate dalla citata legge n. 845 del 1978, una quota del fondo comune di cui all'articolo 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281, è destinata ad iniziative di formazione e di avviamento al lavoro in forme sperimentali, quali tiroci­ni, contratti di formazione, iniziative territoriali di lavoro gui­dato, corsi prelavorativi, sulla base di criteri e procedure fis­sati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge».

(8) Attualmente sono depositati al Senato i seguenti di­segni di legge:

- n. 178, presentato il 7 maggio 1992, dai Sen. Mancino e altri;

- n. 437, presentato il 2 luglio 1992, dai Sen. Fagni e altri;

- n. 440, presentato il 2 luglio 1992, dai Sen. Daniele Gal­di e altri;

- n. 441, presentato il 3 luglio 1992, dai Sen. Giugni e al­tri;

- n. 494, presentato il 22 luglio 1992, dai Sen. Saporito e altri.

I testi di cui sopra sono stati riuniti dal Comitato ristretto del Senato, che ha presentato una sua proposta di testo unificato il 15 settembre 1993.

Alla Camera dei deputati risultano depositati i seguenti disegni di legge:

- n. 214, presentato il 23 aprile 1992, dagli On. Foschi e altri;

- n. 252, presentato il 23 aprile 1992, dagli On. Piro e altri;

- n. 599, presentato il 7 maggio 1992, dagli On. Piro e al­tri;

- n. 924, presentato il 2 giugno 1992, dagli On. Borra e al­tri;

- n. 2399, presentato il 16 marzo 1993, dagli On. Battaglia e altri.

(9) Per un approfondimento si segnalano i documenti del Gruppo "Handicappati e Società" pubblicati sulla rivi­sta Prospettive assistenziali:

- "Quali valori, quali diritti, quali doveri", n. 88, ottobre-di­cembre 1988;

- "Quali strategie per il lavoro", n. 93, gennaio-marzo 1991;

- "I diritti irrinunciabili e le condizioni per renderli esigibi­li", n. 98, aprile-giugno 1992;

- "Proposte per la nuova legge sul collocamento al lavoro degli handicappati", n. 100, ottobre-dicembre 1992.

(10) Cfr. nota 6) e nota 7).

 

 

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