Prospettive assistenziali, n. 101, gennaio-marzo 1993

 

 

DECRETO LEGISLATIVO 30.12.1992, n. 502 "RIORDINO DELLA DISCIPLINA IN MATERIA SANITARIA, A NORMA DELL'ART. 1 DELLA LEGGE 23.10.1992, n. 421"

 

 

Titolo I -  ORDINAMENTO

 

Art. 1 - Programmazione sanitaria nazionale e definizione dei livelli uniformi di assistenza

 

1. Gli obiettivi fondamentali di prevenzione, cura e riabilitazione e le linee generali di indirizzo del Servizio sanitario nazionale nonché i livel­li di assistenza da assicurare in condizioni di uniformità sul territorio nazionale sono stabiliti con il Piano sanitario nazionale, nel rispetto degli obiettivi della programmazione socio-econo­mica nazionale e di tutela della salute individuati a livello internazionale ed in coerenza con l'enti­tà del finanziamento assicurato al Servizio sani­tario nazionale. Il Piano sanitario nazionale è predisposto dal Governo, sentite le Commissioni parlamentari permanenti competenti per la ma­teria, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di presentazione dell'atto. Il Governo, ove si discosti dal parere delle Commissioni parlamen­tari, è tenuto a motivare. Il Piano è adottato, ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 gennaio 1991, n. 13, d'intesa con la Conferenza perma­nente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Ove l'intesa con la Confe­renza non intervenga entro trenta giorni dalla data di presentazione dell'atto, il Governo prov­vede direttamente.

2. Il Piano sanitario nazionale, che ha durata triennale, è adottato dal Governo entro il 31 lu­glio dell'ultimo anno di vigenza del piano prece­dente. II Piano sanitario nazionale può essere modificato nel corso del triennio, con la proce­dura di cui al precedente comma, anche per quanto riguarda i limiti e i criteri di erogazione delle prestazioni e le eventuali forme di parteci­pazione alla spesa da parte degli assistiti in re­lazione alle risorse stabilite dalla legge finanzia­ria.

3. Il Piano sanitario nazionale per il triennio 1994-1996 è adottato entro il 31 luglio 1993.

4. Il Piano sanitario nazionale indica:

a) le aree prioritarie di intervento anche ai fini del riequilibrio territoriale delle condizioni sani­tarie della popolazione;

b) i livelli uniformi di assistenza sanitaria da individuare sulla base anche di dati epidemiolo­gici e clinici, con la specificazione delle presta­zioni da garantire a tutti i cittadini, rapportati al volume delle risorse a disposizione;

c) i progetti-obiettivo da realizzare anche me­diante la integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali, fermo restando il disposto dell'articolo 30 della legge 27 dicembre 1983, n. 730, in materia di attribuzione degli oneri relativi;

d) le esigenze prioritarie in materia di ricerca biomedica e di ricerca sanitaria applicata, orien­tata anche alla sanità pubblica veterinaria, alle funzioni gestionali ed alla valutazione dei servizi e delle attività svolte;

e) gli indirizzi relativi alla formazione di base del personale.

5. Le regioni, entro centocinquanta giorni dal­la data di pubblicazione del Piano sanitario na­zionale, adottano o adeguano con le modalità previste dai rispettivi statuti, i Piani sanitari re­gionali, uniformandoli alle indicazioni del Piano sanitario nazionale, e definendo i modelli orga­nizzativi dei servizi in funzione delle specifiche esigenze del territorio e delle risorse effettiva­mente a disposizione.

6. La Relazione sullo stato sanitario del Paese espone i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal Piano sanitario nazionale e fornisce indicazioni per l'ulteriore programmazione.

 

Art. 2 - Programmazione sanitaria e indirizzi delle regioni

 

Le linee dell'organizzazione dei servizi e delle attività destinate alla tutela della salute, i criteri di finanziamento delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette unità sanitarie locali ed aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni sanita­rie, rientrano nella competenza delle regioni.

 

Art. 3 - Organizzazione delle unità sanitarie locali

 

1. L'unità sanitaria locale è azienda e si confi­gura come ente strumentale della regione, dota­to di personalità giuridica pubblica, dì autono­mia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica, fermo restando il diritto-dovere degli organi rappresentativi di esprimere il bisogno socio-sanitario delle comu­nità locali.

2. L'unità sanitaria locale provvede ad assicu­rare i livelli di assistenza di cui all'articolo 1 nel proprio ambito territoriale.

3. L'unità sanitaria locale può assumere la ge­stione di attività o servizi socio-assistenziali per conto degli Enti locali con oneri a totale carico degli stessi, ivi compresi quelli relativi al perso­nale, e con contabilità separata. L'unità sanitaria locale procede alle erogazioni solo dopo l'effet­tiva acquisizione delle necessarie disponibilità finanziarie.

4. Sono organi dell'unità sanitaria locale il di­rettore generale ed il collegio dei revisori. Il di­rettore generale è coadiuvato dal direttore am­ministrativo, dal direttore sanitario e dal consi­glio dei sanitari nonché dal coordinatore dei servizi sociali, nel caso previsto dal comma 3 in conformità alla normativa regionale e con oneri a carico degli enti locali di cui allo stesso com­ma.

5. Le regioni disciplinano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nell'ambito della propria competenza le modalità organizzative e di funzionamento delle unità sanitarie locali prevedendo tra l'altro, sen­tite le province interessate:

a) la riduzione delle unità sanitarie locali, pre­vedendo per ciascuna un ambito territoriale coincidente di norma con quello della provincia. In relazione a condizioni territoriali particolari, in specie delle aree montane, ed alla densità e di­stribuzione della popolazione, la regione può prevedere ambiti territoriali di estensione diver­sa;

b) l'articolazione delle unità sanitarie locali in distretti;

c) i criteri per la definizione dei rapporti attivi e passivi facenti capo alle preesistenti unità sani­tarie locali e unità socio-sanitarie locali;

d) il finanziamento delle unità sanitarie locali; e) le modalità di vigilanza e controllo sulle uni­tà sanitarie locali;

f) è fatto divieto alle unità sanitarie locali ed al­le aziende ospedaliere di cui all'articolo 4 di ri­correre a qualsiasi forma di indebitamento, fatte salve:

1) l'anticipazione, da parte del tesoriere, nella misura massima di un dodicesimo dell'ammon­tare annuo delle entrate previste nel bilancio di competenza, al netto delle partite di giro;

2) la contrazione di mutui o l'accensione di altre forme di credito, di durata non superiore a dieci anni, per il finanziamento di spese di inve­stimento e previa autorizzazione regionale, fino ad un ammontare complessivo delle relative ra­te, per capitale ed interessi, non superiore al 15 per cento delle entrate proprie correnti previste nel bilancio annuale di competenza, ad esclu­sione della quota di Fondo sanitario regionale di parte corrente di competenza.

6. Tutti i poteri di gestione, nonché la rappre­sentanza dell'unità sanitaria locale, sono riser­vati al direttore generale. II direttore generale è nominato, previo specifico avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, dal Presidente della Giunta regionale, su confor­me delibera della Giunta medesima, tra gli iscrit­ti nell'apposito elenco nazionale istituito presso il Ministero della sanità di cui al comma 10. La nomina del direttore generale deve essere effet­tuata nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza dell'ufficio e, in sede di prima applicazione, dalla data di istituzione dell'unità sanitaria locale. Scaduto tale termine, qualora il Presidente della Giunta regionale non vi abbia provveduto, la nomina del direttore ge­nerale è effettuata dal Ministro della sanità con proprio decreto. L'autonomia di cui al comma 1 diviene effettiva con la prima immissione nelle funzioni del direttore generale.

Il rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario è a tempo pieno, regolato da contratto di diritto privato di durata quinquennale, rinnovabile, e non può comunque protrarsi oltre il settantesi­mo anno di età. I contenuti di tale contratto, ivi compresi i criteri per la determinazione degli emolumenti, sono fissati entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente de­creto, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri della sanità, del tesoro, del lavoro e della previdenza sociale e per gli affari regionali.

Il direttore generale è tenuto a motivare i prov­vedimenti assunti in difformità dal parere reso dal direttore sanitario, dal direttore amministrati­vo e dal consiglio dei sanitari. In caso di vacan­za dell'ufficio o nei casi di assenza o di impedi­mento del direttore generale, le relative funzioni sono svolte dal direttore amministrativo o dal di­rettore sanitario su delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal direttore più anzia­no per età. Ove l'assenza o l'impedimento si protragga oltre sei mesi si procede alla sostitu­zione. Nei casi in cui ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di grave disa­vanzo o in caso di violazione di leggi o di princi­pi di buon andamento e di imparzialità dell'am­ministrazione, il Presidente della Giunta della re­gione, su conforme delibera della giunta, risolve il contratto dichiarandone la decadenza e prov­vede alla sostituzione del direttore generale. In caso di inerzia da parte delle regioni, previo in­vito ai predetti organi ad adottare le misure ade­guate, provvede in via sostitutiva il Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della sanità.

7. Il direttore amministrativo ed il direttore sa­nitario sono assunti con provvedimento motivato dal direttore generale. Al rapporto di lavoro si applica la disciplina di cui al comma 6. Essi ces­sano dall'incarico entro tre mesi dalla data di nomina del nuovo direttore generale e possono essere riconfermati. Per gravi motivi, il direttore amministrativo ed il direttore sanitario possono essere sospesi o dichiarati decaduti dal diretto­re generale con provvedimento motivato.

Il direttore sanitario è un medico in possesso della idoneità nazionale di cui all'articolo 17 che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione. Il direttore sani­tario dirige i servizi sanitari ai fini organizzativi ed igienico-sanitari e fornisce parere obbligato­rio al direttore generale sugli atti relativi alle ma­terie di competenza. Il direttore amministrativo è un laureato in discipline giuridiche o economi­che che non abbia compiuto il sessantacinque­simo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di direzione tecnica o amministrativa in enti o strutture pub­bliche o private di media o grande dimensione. Il direttore amministrativo dirige i servizi ammini­strativi dell'unità sanitaria locale e fornisce pa­rere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di competenza. Le regioni di­sciplinano le funzioni del coordinatore dei servi­zi sociali in analogia alle disposizioni previste per i direttori sanitario e amministrativo. Sono soppresse le figure del coordinatore ammini­strativo, del coordinatore sanitario e del sovrin­tendente sanitario, nonché l'ufficio di direzione.

8. Per i pubblici dipendenti la nomina a diret­tore generale, direttore amministrativo e diretto­re sanitario determina il collocamento in aspet­tativa senza assegni; il periodo di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza e dell'anzianità di servizio. Le ammi­nistrazioni di appartenenza provvedono ad effet­tuare il versamento dei relativi contributi, com­prensivi delle quote a carico del dipendente, nonché dei contributi assistenziali, calcolati sul trattamento stipendiale spettante al medesimo ed a richiedere il rimborso del correlativo onere alle unità sanitarie locali interessate, le quali procedono al recupero delle quote a carico dell'interessato. Qualora il direttore generale, il direttore sanitario e il direttore amministrativo siano dipendenti privati sono collocati in aspet­tativa senza assegni con diritto al mantenimento del posto.

9. II direttore generale non è eleggibile a membro dei consigli comunali, dei consigli pro­vinciali, dei consigli e assemblee delle regioni e del Parlamento, salvo che le funzioni esercitate non siano cessate almeno centottanta giorni pri­ma della data di scadenza dei periodi di durata dei predetti organi. In caso di scioglimento anti­cipato dei medesimi, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento. In ogni caso il direttore generale non è eleggibile nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell'unità sanitaria locale pres­so la quale abbia esercitato le sue funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. II diretto­re generale che sia stato candidato e non sia stato eletto non può esercitare per un periodo di cinque anni le sue funzioni in unità sanitarie lo­cali comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le elezio­ni. La carica di direttore generale è incompatibi­le con quella di membro del consiglio e delle as­semblee delle regioni e delle province autono­me, di consigliere provinciale, di sindaco, di as­sessore comunale, di preside o di assessore di comunità montana, di membro del Parlamento, nonché con l'esistenza di rapporti anche in regi­me convenzionale, con le unità sanitarie locali o di rapporti economici o di consulenza con strut­ture che svolgono attività concorrenziali con le stesse. La predetta normativa si applica anche ai direttori amministrativi e ai direttori sanitari.

10. II Ministero della sanità cura la tenuta e l'aggiornamento dell'elenco dei soggetti in pos­sesso dei requisiti per lo svolgimento della fun­zione di direttore generale. L'elenco è predispo­sto, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, da una commis­sione nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, e composta da un magistrato del Consiglio di Stato con funzioni di presidente di sezione, che la presiede, dal direttore generale della Direzione generale del Ministero della sa­nità che cura la tenuta dell'elenco e da altri cin­que membri, individuati tra soggetti estranei all'amministrazione statale e regionale in pos­sesso di comprovate competenze ed esperienze nel settore dell'organizzazione e della gestione dei servizi sanitari, rispettivamente uno dal Pre­sidente del Consiglio dei Ministri, uno dal CNEL, uno dal Ministro della sanità e due dal Presiden­te della Conferenza permanente per ì rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Nella provincia autonoma di Bolzano e nella re­gione Valle d'Aosta i direttori generali sono indi­viduati tra gli iscritti in apposito elenco, rispetti­vamente provinciale e regionale, predisposto da una commissione nominata dal Presidente della Provincia autonoma di Bolzano e della Regione Valle d'Aosta ed i cui membri sono nominati con le stesse modalità previste per la commissione nazionale. Gli elenchi sono predisposti nel ri­spetto delle vigenti disposizioni in materia di bilinguismo e, per la Provincia autonoma di Bolza­no, di riserva proporzionale dei posti nel pubbli­co impiego. I predetti elenchi provinciale e re­gionale sono costituiti con l'osservanza dei prin­cipi e dei criteri fissati per gli elenchi nazionali ed hanno validità limitata ai territori provinciale e regionale.

La commissione provvede alla costituzione ed all'aggiornamento dell'elenco secondo principi direttivi resi pubblici ed improntati a criteri di ve­rifica dei requisiti. All'elenco possono accedere, a domanda, i candidati che non abbiano com­piuto il sessantacinquesimo anno di età, che siano in possesso del diploma di laurea e di specifici e documentati requisiti, coerenti rispet­to alle funzioni da svolgere ed attestanti qualifi­cata attività professionale di direzione tecnica o amministrativa in enti, strutture pubbliche o pri­vate di media o grande dimensione, con espe­rienza per almeno cinque anni e comunque non oltre i due anni precedenti a quello dell'iscri­zione.

11. Non possono essere nominati direttori ge­nerali, direttori amministrativi o direttori sanitari delle unità sanitarie locali:

1) coloro che hanno riportato condanna, an­che non definitiva, a pena detentiva non inferio­re ad un anno per delitto non colposo ovvero a pena detentiva non inferiore a sei mesi per delit­to non colposo commesso nella qualità di pub­blico ufficiale o con abuso dei poteri o violazio­ne dei doveri inerenti ad una pubblica funzione, salvo quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 166 del codice penale;

2) coloro che sono sottoposti a procedimento penale per delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza;

3) coloro che sono stati sottoposti, anche con provvedimento non definitivo ad una misura di prevenzione, salvi gli effetti della riabilitazione prevista dall'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327, e dall'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55;

4) coloro che sono sottoposti a misura di si­curezza detentiva o a libertà vigilata.

12. II consiglio dei sanitari è organismo eletti­vo dell'unità sanitaria locale con funzioni di con­sulenza tecnico-sanitaria ed è presieduto dal di­rettore sanitario. Fanno parte del consiglio me­dici in maggioranza ed altri operatori sanitari laureati - con presenza maggioritaria della componente ospedaliera medica se nell'unità sanitaria è presente un presidio ospedaliero - nonché una rappresentanza del personale infer­mieristico e del personale tecnico sanitario. Nel­la componente medica è assicurata la presenza del medico veterinario. Il consiglio dei sanitari fornisce parere obbligatorio al direttore genera­le per le attività tecnico-sanitarie, anche sotto il profilo organizzativo, e per gli investimenti ad esse attinenti. Il consiglio dei sanitari si esprime altresì sulle attività di assistenza sanitaria. Tale parere è da intendersi favorevole ove non for­mulato entro dieci giorni dalla richiesta. La re­gione provvede a definire il numero dei compo­nenti nonché a disciplinare le modalità di elezio­ne e la composizione ed il funzionamento del consiglio.

13. Il collegio dei revisori dura in carica cin­que anni ed è composto da tre membri, di cui uno designato dalla regione, uno designato dal Ministro del tesoro, scelto tra i funzionari della Ragioneria Generale dello Stato ed uno desi­gnato dal sindaco o dalla conferenza dei sindaci o dai presidenti dei consigli circoscrizionali. Il predetto collegio è integrato da altri due mem­bri, dei quali uno designato dalla regione ed uno designato dal Ministro del tesoro scelto tra i fun­zionari della Ragioneria Generale dello Stato, per le unità sanitarie locali il cui bilancio di pre­visione comporti un volume di spesa di parte corrente superiore a duecento miliardi. I reviso­ri, ad eccezione della rappresentanza del Mini­stero del tesoro, sono scelti tra i revisori conta­bili iscritti nel registro previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88. II di­rettore generale dell'unità sanitaria locale nomi­na i revisori con specifico provvedimento e li convoca per la prima seduta. 11 presidente del collegio viene eletto dai revisori all'atto della pri­ma seduta. Ove a seguito di decadenza, dimis­sioni o decessi il collegio risultasse mancante di uno o più componenti, il direttore generale prov­vede ad acquisire le nuove designazioni dalle amministrazioni competenti. In caso di mancan­za di più di due componenti dovrà procedersi al­la ricostituzione dell'intero collegio. Qualora il di­rettore generale non proceda alla ricostituzione del collegio entro trenta giorni, il Ministro della sanità, su segnalazione del Commissario del Go­verno, provvede a costituirlo in via straordinaria con due funzionari designati dal Ministro del te­soro e un funzionario designato dal predetto Commissario del Governo. Il collegio straordina­rio cessa le proprie funzioni all'atto dell'insedia­mento del collegio ordinario. L'indennità annua lorda spettante ai componenti del collegio dei re­visori è fissata in misura pari al 10 per cento de­gli emolumenti del direttore generale dell'unità sanitaria locale. Al presidente del collegio com­pete una maggiorazione pari al 20 per cento dell'indennità fissata per gli altri componenti.

Il collegio dei revisori vigila sull'osservanza delle leggi, verifica la regolare tenuta della con­tabilità e la corrispondenza del rendiconto ge­nerale alle risultanze delle scritture contabili, esamina il bilancio di previsione e le relative va­riazioni ed assestamento. Il collegio accerta al­meno ogni trimestre la consistenza di cassa e può chiedere notizie al direttore generale sull'andamento dell'unità sanitaria locale. I revi­sori possono, in qualsiasi momento, procedere, anche individualmene, ad atti di ispezione e di controllo.

14. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito ter­ritoriale coincide con quello del comune, il sin­daco, al fine di corrispondere alle esigenze sa­nitarie della popolazione, provvede alla defini­zione, nell'ambito della programmazione regio­nale, delle linee di indirizzo per l'impostazione programmatica dell'attività, esamina il bilancio di previsione ed il conto consuntivo e rimette alla regionale relative osservazioni, verifica l'anda­mento generale dell'attività e contribuisce alla definizione dei piani programmatici trasmetten­do le proprie valutazioni e proposte al direttore generale ed alla regione. Nelle unità sanitarie lo­cali il cui ambito territoriale non coincide con il territorio del comune, le funzioni del sindaco so­no svolte dalla conferenza dei sindaci o dei pre­sidenti delle circoscrizioni con riferimento terri­toriale tramite una rappresentanza costituita nel suo seno da non più di sette componenti no­minati dalla stessa conferenza. Dette funzioni non sono delegabili.

 

Art. 4 - Aziende ospedaliere e presidi ospedalieri

 

1. Le regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, tra­smettono al Ministro della sanità le proprie indi­cazioni ai fini della conseguente individuazione degli ospedali di rilievo nazionale e di alta spe­cializzazione da costituire in azienda ospedalie­ra avuto riguardo a quanto previsto al comma 2. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto il Ministro della sanità, sulla base delle indicazioni pervenute dalle regioni e, in mancanza, sulla base di proprie valutazioni, formula le proprie proposte al Consiglio dei Mi­nistri, il quale individua gli ospedali da costituire in azienda ospedaliera. Entro sessanta giorni dalla data di deliberazione del Consiglio dei Mi­nistri, le regioni costituiscono in azienda con personalità giuridica pubblica e con autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, con­tabile, gestionale e tecnica i predetti ospedali. Le regioni costituiscono altresì in aziende ospe­daliere con le medesime caratteristiche di auto­nomia, entro centottanta giorni dalla data di en­trata in vigore del presente decreto, gli ospedali destinati a centro di riferimento della rete dei servizi di emergenza. Con le stesse procedure si provvede alla costituzione in aziende di ulteriori ospedali, dopo la prima attuazione del presente decreto. Gli ospedali costituiti in azienda ospe­daliera hanno gli stessi organi previsti per l'unità sanitaria locale, nonché il direttore amministrati­vo, il direttore sanitario e il consiglio dei sanitari con le stesse attribuzioni indicate nell'articolo 3. Nel consiglio dei sanitari è garantita la presenza dei responsabili di dipartimento, ferma restando la composizione prevista dall'articolo 3, comma 12. La gestione delle aziende ospedaliere è in­formata al principio dell'autonomia economico­finanziaria e dei preventivi e consuntivi per cen­tri di costo, basati sulle prestazioni effettuate.

2. Possono essere individuati come ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione quelli che dispongono di tutte le seguenti carat­teristiche:

a) presenza di almeno tre strutture di alta spe­cialità secondo le specificazioni fornite nel de­creto del Ministro della sanità del 29 gennaio 1992, emanato ai sensi dell'articolo 5 della leg­ge 23 ottobre 1985, n. 595. Il Consiglio dei Mini­stri, su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio superiore di sanità e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, provvede, sulla base dell'evoluzione scientifica e tecnologica, ad ag­giornare periodicamente l'elenco delle attività di alta specialità e dei requisiti necessari per l'esercizio delle attività medesime;

b) organizzazione funzionalmente accorpata ed unitaria di tipo dipartimentale di tutti i servizi che compongono una struttura di alta specialità.

3. Sono ospedali a rilievo nazionale e di alta specializzazione i policlinici universitari, che de­vono essere inseriti nel sistema di emergenza sanitaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, nonché i presidi ospedalieri in cui insiste la valenza del percor­so formativo del triennio clinico, delle facoltà di medicina e chirurgia, e, a richiesta dell'universi­tà, i presidi ospedalieri che operano in strutture di pertinenza dell'università.

4. Possono essere costituiti in azienda gli ospedali destinati a centro di riferimento della rete dei servizi di emergenza, dotati di diparti­mento di emergenza come individuato ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992 e successive modificazioni ed integrazioni, e che siano, di norma, dotati anche di eliporto.

5. I policlinici universitari sono aziende dell'università dotate di autonomia organizzativa, gestionale, patrimoniale e contabile. Lo statuto dell'università determina, su proposta della fa­coltà di medicina, le modalità organizzative e quelle gestionali, nel rispetto dei fini istituzionali, in analogia ai principi del presente decreto fissati per l'azienda ospedaliera. La gestione dei policlinici universitari è informata al principio dell'autonomia economico-finanziaria e dei pre­ventivi e consuntivi per centri di costo, basati sulle prestazioni effettuate.

6. I presidi ospedalieri in cui insiste la preva­lenza del corso formativo del triennio clinico del­la facoltà di medicina, costituiti in aziende ospe­daliere, si dotano del modello gestionale secon­do quanto previsto dal presente decreto per le aziende ospedaliere; il direttore generale è nomi­nato d'intesa con il rettore dell'università. La ge­stione dell'azienda deve essere informata anche all'esigenza di garantire le funzioni istituzionali delle strutture universitarie che vi operano. L'uni­versità e l'azienda stabiliscono i casi per i quali è necessaria l'acquisizione del parere della facoltà di medicina per le decisioni che si riflettono sulle strutture universitarie. Nella composizione del consiglio dei sanitari deve essere assicurata la presenza delle componenti universitarie in rap­porto alla consistenza numerica delle stesse.

7. Le regioni, nell'ambito delle proprie compe­tenze, disciplinano entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto le modalità di finanziamento delle aziende sulla base dei seguenti principi:

a) prevedere l'attribuzione da parte della re­gione di una quota del Fondo sanitario destinata alla copertura parziale delle spese necessarie per la gestione, determinata nella percentuale non inferiore al 30% e non superiore all'80% dei costi complessivi delle prestazioni che l'azienda è nelle condizioni di erogare, rilevabile sulla ba­se della contabilità;

b) prevedere gli introiti derivanti dal pagamen­to delle prestazioni erogate, sulla base di tariffe definite dalla regione all'atto della costituzione in azienda tenuto conto del costo delle prestazioni medesime e della quota già finanziata di cui alla lettera a) nonché dei criteri fissati ai sensi dell'articolo 8, comma 6;

c) prevedere le quote di partecipazione alla spesa eventualmente dovute da parte dei citta­dini, gli introiti connessi all'esercizio dell'attività libero professionale dei diversi operatori ed i corrispettivi relativi a servizi integrativi a paga­mento;

d) prevedere i lasciti, le donazioni e le rendite derivanti dall'utilizzo del patrimonio dell'azienda, ed eventuali altre risorse acquisite per contratti e convenzioni.

8. Le aziende ospedaliere, incluse quelle di cui al comma 5, devono chiudere il proprio bi­lancio in pareggio. L'eventuale avanzo di ammi­nistrazione è utilizzato per gli investimenti in conto capitale, per oneri di parte corrente e per eventuali forme di incentivazione al personale da definire in sede di contrattazione. Il verificarsi di ingiustificati disavanzi di gestione o la perdita delle caratteristiche strutturali e di attività pre­scritte, fatta salva l'autonomia dell'università, comportano rispettivamente il commissariamen­to da parte della Giunta regionale e la revoca dell'autonomia aziendale.

9. Gli ospedali che non siano costituiti in azienda ospedaliera conservano la natura di presidi dell'unità sanitaria locale. Nelle unità sa­nitarie locali nelle quali sono presenti più ospe­dali, questi possono essere accorpati ai fini fun­zionali. Nei presidi ospedalieri dell'unità sanita­ria locale è previsto un dirigente medico in pos­sesso dell'idoneità di cui all'articolo 18, come responsabile delle funzioni igienico-organizzati­ve, su delega del direttore sanitario dell'unità sanitaria locale, ed un dirigente amministrativo per l'esercizio delle funzioni gestionali e di coor­dinamento amministrativo, su delega rispettiva­mente del direttore generale e del direttore am­ministrativo dell'unità sanitaria locale. A tutti i presidi di cui al presente comma è attribuita au­tonomia economico-finanziaria con contabilità separata all'interno del bilancio dell'unità sanita­ria locale, con l'introduzione delle disposizioni previste per le aziende ospedaliere, in quanto applicabili.

10. Le regioni provvedono alla riorganizzazio­ne di tutti i presidi ospedalieri sulla base delle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 3, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, correlando gli standard ivi previsti con gli indici di degenza media, l'intervallo di turn-over e la rotazione de­gli assistiti, ed organizzando gli stessi presidi in dipartimenti.

All'interno dei presidi ospedalieri e delle aziende di cui al presente articolo sono riservati spazi adeguati, da reperire entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per l'esercizio della libera professione intramuraria ed una quota non inferiore al 6% e non superiore al 12% dei posti letto per la isti­tuzione di camere a pagamento. I direttori gene­rali delle nuove unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere e, fino al loro insediamento, gli amministratori straordinari pro tempore, non­ché le autorità responsabili delle aziende di cui al comma 5, sono direttamente responsabili dell'attuazione di dette disposizioni. In caso di inosservanza la regione adotta i conseguenti provvedimenti sostitutivi. In caso di assoluta im­possibilità di assicurare gli spazi necessari alla libera professione all'interno delle proprie strut­ture, gli spazi stessi sono reperiti, previa autoriz­zazione della regione, anche mediante conven­zioni con case di cura o altre strutture sanitarie, pubbliche o private. Le convenzioni sono limitate al tempo strettamente necessario per l'ap­prontamento degli spazi per la libera professio­ne all'interno delle strutture pubbliche e comun­que non possono avere durata superiore ad un anno e non possono essere rinnovate. Il ricove­ro in camere a pagamento comporta l'esborso da parte del ricoverato di una retta giornaliera stabilita in relazione al livello di qualità alber­ghiera delle stesse, nonché, se trattasi di ricove­ro richiesto in regime libero-professionale, di una somma forfettaria comprensiva di tutti gli in­terventi medici e chirurgici, delle prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio stretta­mente connessi ai singoli interventi, differenzia­ta in relazione al tipo di interventi stessi. In cia­scuna regione, a decorrere dalla data di entrata in vigore della disciplina di riorganizzazione ospedaliera di cui al presente articolo, cessano di avere efficacia le disposizioni di cui alla legge 12 febbraio 1968, n. 132 e al decreto del Presi­dente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128, nonché le disposizioni del decreto del Presiden­te della Repubblica 27 marzo 1969, n. 129, in contrasto con le norme del presente decreto.

11. I posti letto da riservare, ai sensi del com­ma 10 per la istituzione di camere a pagamento nonché quelli ascritti agli spazi riservati all'eser­cizio della libera professione intramuraria, non concorrono ai fini dello standard dei posti letto per mille abitanti previsto dall'articolo 4, comma 3, della legge 30 dicembre 1991, n. 412.

12. Nulla è innovato alla vigente disciplina per quanto concerne l'Ospedale Galliera di Genova, l'Ordine Mauriziano e gli istituti ed enti che eser­citano l'assistenza ospedaliera di cui agli articoli 40, 41 e 43, secondo comma, della legge 30 di­cembre 1978, n. 833, fermo restando che l'ap­porto dell'attività dei suddetti presidi ospedalieri al Servizio sanitario nazionale è regolamentato con le modalità previste dal presente articolo. I regolamenti del personale dei predetti presidi sono adeguati ai principi del presente decreto e a quelli di cui all'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e sono approvati con decreto del Ministro della sanità.

13. I rapporti tra l'ospedale Bambino Gesù, appartenente alla Santa Sede, le strutture del Sovrano Militare Ordine di Malta ed il Servizio sanitario nazionale, relativamente all'attività as­sistenziale, sono disciplinati da appositi accordi da stipularsi rispettivamente tra la Santa Sede, il Sovrano Militare Ordine di Malta ed il Governo italiano.

 

Art. 5 - Patrimonio e contabilità

 

1. Nel rispetto della normativa regionale vi­gente, tutti i beni mobili, immobili, ivi compresi quelli da reddito, e le attrezzature che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fanno parte del patrimonio dei comuni con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali, sono tra­sferiti al patrimonio delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere; sono parimenti tra­sferiti al patrimonio delle unità sanitarie locali i beni di cui all'articolo 65, primo comma - come sostituito dall'articolo 21 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modifica­zioni dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 - della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

2. I trasferimenti di cui al presente articolo so­no effettuati con decreto del Presidente della Giunta regionale. Tale decreto costituisce titolo per l'apposita trascrizione dei beni, che dovrà avvenire con esenzione per gli enti interessati di ogni onere relativo a imposte e tasse.

3. Gli atti di donazione a favore delle unità sa­nitarie locali e delle aziende ospedaliere che ab­biano ad oggetto beni immobili con specifica destinazione a finalità rientranti nell'ambito del servizio sanitario nazionale sono esenti dal pa­gamento delle imposte di donazione, ipotecarie e catastali.

4. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto le regioni provve­dono ad emanare norme per la gestione econo­mica, finanziaria e patrimoniale delle unità sani­tarie locali e delle aziende ospedaliere, nel ri­spetto dei seguenti principi:

a) prevedere l'adozione di un documento di piano che contenga le scelte e gli obiettivi che si intendono perseguire;

b) prevedere l'adozione del bilancio plurien­nale di previsione che comprenda, per ogni esercizio di riferimento, la previsione dei costi e dei ricavi di gestione. Il bilancio pluriennale evi­denzia altresì gli investimenti previsti indicando anche le modalità di copertura e i riflessi previsti sui costi e ricavi di esercizio;

c) prevedere l'adozione, entro il 15 ottobre di ciascun esercizio, coincidente con l'anno sola­re, di un bilancio preventivo economico annuale in pareggio, relativo all'esercizio successivo, se­condo i livelli uniformi di assistenza sanitaria; il bilancio economico preventivo deve essere al­tresì riclassificato correntemente con i principi di contabilità pubblica al fine di rappresentare le previsioni di competenza e di cassa delle entra­te e delle spese;

d) prevedere la destinazione dell'eventuale utile e le modalità di copertura delle eventuali perdite di esercizio;

e) prevedere che il finanziamento delle spese relativamente agli investimenti sia assicurato con:

le quote assegnate sul Fondo sanitario na­zionale in conto capitale;

i fondi all'uopo accantonati;

l'utilizzazione di altre fonti di autofinanzia­mento;

i contributi in conto capitale dello Stato, del­le regioni e di altri enti pubblici;

ricorso a mutui e ad altre forme di credito con le modalità di cui all'articolo 3, comma 5, lettera f), punto 2;

f) prevedere l'adozione della contabilità anali­tica, avente la finalità di supportare le attività di controllo di gestione, con separata rilevazione delle attività degli eventuali presidi ospedalieri;

g) prevedere la tenuta delle seguenti scritture obbligatorie:

il libro giornale;

il libro degli inventari;

il libro delle deliberazioni;

il libro delle adunanze e dei verbali del col­legio dei revisori dei conti;

h) prevedere la trasmissione alla regione ed ai ministeri competenti di un rendiconto trimestra­le, sottoscritto dal direttore generale e dal diret­tore amministrativo, di riclassificazione finanzia­ria, redatto secondo le modalità previste dalle vigenti normative e dal quale risultino:

le previsioni delle entrate e delle spese di competenza;

i crediti e i debiti di bilancio distinti tra eser­cizio in corso ed esercizi precedenti;

le riscossioni, i pagamenti ed il fondo di cassa distinti tra esercizio in corso ad esercizi precedenti;

i) prevedere, a partire dal 1° gennaio 1994, l'attivazione del nuovo sistema di rilevazione contabile previo esperimento per un periodo di un anno in cui esso viene affiancato alla vigente contabilità finanziaria.

5. Per conferire uniforme struttura alle voci dei bilanci pluriennali ed annuali e dei conti con­suntivi annuali, nonché omogeneità ai valori in­seriti in tali voci, entro centoventi giorni dalla da­ta di entrata in vigore del presente decreto è predisposto, tenuto conto dell'esigenza di con­solidamento dei conti pubblici e dell'informatiz­zazione da finalizzare anche agli adempimenti di cui all'articolo 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni, apposito schema, con decreto interministeriale emanato d'intesa fra i Ministri del tesoro e della sanità. Per l'evidenziazione delle spese del per­sonale si provvede secondo le disposizioni emanate ai sensi dell'articolo 2, lettera h) della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

 

Art. 6 - Rapporti tra Servizio sanitario nazionale ed Università

 

1. Le regioni stipulano specifici protocolli d'in­tesa con le università per regolamentare l'ap­porto alle attività assistenziali del servizio sani­tario delle facoltà di medicina, nel rispetto delle loro finalità istituzionali didattiche e scientifiche. Le università contribuiscono, per quanto di competenza, alla elaborazione dei piani sanitari regionali. La programmazione sanitaria, ai fini dell'individuazione della dislocazione delle strut­ture sanitarie, deve tener conto della presenza programmata delle strutture universitarie. Le università e te regioni possono, di intesa, costi­tuire policlinici universitari, mediante scorporo e trasferimento da singoli stabilimenti ospedalieri di strutture universitarie o ospedaliere, accor­pandole in stabilimenti omogenei tenendo con­to delle esigenze della programmazione regio­nale. I rapporti in attuazione delle predette inte­se sono regolati, ove necessario, con appositi accordi tra le università, le aziende ospedaliere e le unità sanitarie locali interessate.

2. Per soddisfare le specifiche esigenze del servizio sanitario nazionale, connesse alla for­mazione degli specializzandi e all'accesso ai ruoli dirigenziali del servizio sanitario naziona­le, le università, le regioni, le aziende ospedalie­re, le unità sanitarie locali e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico stipulano specifici protocolli di intesa per disci­plinare le modalità della reciproca collaborazio­ne. Ferma restando la disciplina di cui al decre­to legislativo 8 agosto 1991, n. 257, sulla forma­zione specialistica, nelle scuole di specializza­zione attivate presso le predette strutture sanita­rie in possesso dei requisiti di idoneità dì cui all'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 257/ 91, la titolarità dei corsi di insegnamento previsti dall'ordinamento didattico universitario è affida­ta ai dirigenti delle strutture presso le quali si svolge la formazione stessa, in conformità ai protocolli d'intesa di cui al comma 1. Ai fini della programmazione dei numero degli specialisti da formare, si applicano le disposizioni di cui all'ar­ticolo 2 del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, tenendo anche conto delle esigenze con­seguenti alle disposizioni sull'accesso alla diri­genza di cui all'articolo 15 del presente decreto. II diploma di specializzazione conseguito presso le predette scuole è rilasciato a firma del diretto­re della scuola e del rettore dell'università com­petente. Sulla base delle esigenze di formazione e di prestazioni rilevate dalla programmazione regionale, analoghe modalità per l'istituzione dei corsi di specializzazione possono essere previ­ste per i presidi ospedalieri delle unità sanitarie locali, le cui strutture siano in possesso dei re­quisiti di idoneità previsti dall'articolo 7 del de­creto legislativo 8 agosto 1991, n. 257.

3. A norma dell'articolo 1, lettera a), della leg­ge 23 ottobre 1992, n. 421, la formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione avviene in sede ospedaliera. Il relativo ordinamento didattico è definito, ai sensi dell'articolo 9 della legge 19 novembre 1990, n. 341, con decreto del Ministro dell'uni­versità e della ricerca scientifica e tecnologica emanato di concerto con il Ministro della sanità. Per tali finalità le unità sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le istituzioni private accreditate e le università attivano appositi protocolli di intesa per l'espletamento dei corsi di cui all'articolo 2 della legge 19 novembre 1990, n. 341. La titola­rità dei corsi di insegnamento previsti dall'ordi­namento didattico universitario è affidata di nor­ma a personale del ruolo sanitario dipendente dalle strutture presso le quali si svolge la forma­zione stessa, in possesso dei requisiti previsti. I diplomi conseguiti presso le predette scuole so­no rilasciati a firma del responsabile delle me­desime e del rettore dell'università competente. I corsi di studio previsti dal precedente ordina­mento che non siano stati riordinati ai sensi del citato articolo 9 della legge 19 novembre 1990, n. 341, sono soppressi entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, garan­tendo, comunque, il completamento degli studi agli studenti che si iscrivono entro il predetto termine al primo anno di corso. A decorrere dal­la data di entrata in vigore del presente decreto, per l'accesso alle scuole ed ai corsi disciplinati dal precedente ordinamento è in ogni caso ri­chiesto il possesso di un diploma di scuola se­condaria superiore di secondo grado. Ai corsi disciplinati dal precedente ordinamento e per il predetto periodo temporale possono accedere gli aspiranti che abbiano superato il primo bien­nio di scuola secondaria superiore per i posti che non dovessero essere coperti dai soggetti in possesso del diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado.

4. In caso di mancata stipula dei protocolli di intesa di cui al presente articolo, entro cento­venti giorni dalla costituzione delle nuove unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, previa diffida, gli accordi sono stipulati dal Mini­stro della sanità e dal Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentite le istituzioni interessate di cui al comma 1. I pre­detti Ministri forniscono congiuntamente gli indi­rizzi per la corretta applicazione degli accordi.

5. Nelle strutture delle facoltà di medicina e chirurgia il personale laureato medico di ruolo, in servizio alla data del 31 ottobre 1992, delle aree tecnico-scientifica e socio-sanitaria, svol­ge anche le funzioni assistenziali.

 

Art. 7 - Presidi multizonali di prevenzione

 

1. La legge regionale attribuisce la gestione dei presidi multizonali di prevenzione ad un ap­posito organismo per la prevenzione, unico per tutto il territorio regionale, costituito secondo i principi di cui all'articolo 3, comma 1, e nei ter­mini di cui al comma 5 dello stesso articolo. Per le specifiche funzioni allo stesso attribuite il di­rettore sanitario dell'organismo, in deroga a quanto previsto all'articolo 3, è denominato di­rettore tecnico sanitario ed è un laureato appar­tenente al ruolo sanitario o professionale. Il con­siglio dei sanitari assume la denominazione di consiglio dei sanitari e dei tecnici ed è costituito da laureati del ruolo sanitario e professionale, nonché da una rappresentanza del restante personale tecnico.

2. Al fine di assicurare indirizzi omogenei ai controlli ed alla prevenzione nonché di perveni­re ad una idonea strumentazione e dotazione tecnica su tutto il territorio regionale, le regioni riorganizzano gli attuali presidi multizonali di prevenzione secondo i seguenti principi e crite­ri:

a) definire l'ambito territoriale dei presidi mul­tizonali di prevenzione, di norma su base provin­ciale;

b) riorganizzare i presidi multizonali di preven­zione su base dipartimentale articolandoli in al­meno due sezioni, delle quali una per la preven­zione ambientale, che svolgono, in ragione delle specifiche competenze, anche funzione di con­sulenza e di supporto del Ministero della sanità e del Ministero dell'ambiente;

c) attribuire ai dipartimenti di cui alla lettera b), secondo il criterio di ripartizione in sezioni, le funzioni di coordinamento tecnico dei servizi delle unità sanitarie locali di cui alla lettera e), nonché di consulenza e supporto a comuni, province e altre amministrazioni pubbliche;

d) prevedere che i dipartimenti di cui alla let­tera b) svolgano attività di analisi sulla base dei programmi regionali ovvero a richiesta dei sog­getti di cui alle lettere b) e c) nonché su richiesta delle unità sanitarie locali;

e) riorganizzare gli attuali servizi delle unità sanitarie locali che svolgono le funzioni previste dagli articoli 16, 20, 21 e 22 della legge n. 833/ 78, fatte salve le competenze attribuite dalla leg­ge ad altre autorità, in un apposito dipartimento per la prevenzione;

f) articolare il dipartimento di cui alla lettera e) almeno nei seguenti servizi:

1) prevenzione ambientale;

2) igiene degli alimenti;

3) prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro;

4) igiene e sanità pubblica;

5) veterinari, articolati distintamente nelle tre aree funzionali della sanità animale, dell'igiene della produzione, trasformazione, commer­cializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati, e dell'igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche.

3. I servizi veterinari si avvalgono delle presta­zioni e della collaborazione tecnico-scientifica degli istituti zooprofilattici sperimentali. La pro­grammazione regionale individua le modalità di raccordo funzionale tra i dipartimenti di preven­zione e gli istituti zooprofilattici per il coordina­mento tecnico delle attività di sanità pubblica veterinaria.

4. Le attività di indirizzo e coordinamento ne­cessarie per assicurare la uniforme attuazione delle normative comunitarie e degli organismi internazionali sono assicurate congiuntamente dal Ministero della sanità e dal Ministero dell'ambiente che si avvalgono, per gli aspetti di competenza, dell'Istituto superiore di sanità, dell'Istituto superiore per la prevenzione e la si­curezza del lavoro, degli Istituti di ricerca del CNR e dell'ENEA, e degli istituti zooprofilattici sperimentali.

5. I dipartimenti di prevenzione, tramite la re­gione, acquisiscono dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro e dall'Isti­tuto nazionale per l'assicurazione contro gli in­fortuni sul lavoro ogni informazione utile ai fini della conoscenza dei rischi per la tutela della salute e per la sicurezza degli ambienti di lavoro. L'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro garantisce la trasmissione delle anzidette informazioni anche attraverso strumenti telematici.

 

Titolo II - PRESTAZIONI

 

Art 8 - Disciplina dei rapporti per l'erogazione delle prestazioni assistenziali

 

1. Il rapporto tra il servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale ed i pediatri dì libera scelta è disciplinato da convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati, ai sensi dell'articolo 4, com­ma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con le organizzazioni sindacali di categoria maggior­mente rappresentative in campo nazionale. Detti accordi devono tener conto dei seguenti prin­cipi:

a) prevedere che la scelta del medico è libe­ramente effettuata dall'assistito, nel rispetto di un limite massimo di assistiti per medico, ha va­lidità annuale ed è tacitamente rinnovata;

b) regolamentare la possibilità di revoca della scelta da parte dell'assistito nel corso dell'anno nonché la ricusazione della scelta da parte del medico quando ricorrano eccezionali ed accer­tati motivi di incompatibilità;

c) prevedere le modalità per concordare livelli di spesa programmati e disciplinarne gli effetti al fine di responsabilizzare il medico al rispetto dei livelli di spesa indotta per assistito, tenendo conto delle spese direttamente indotte dal medi­co e di quelle indotte da altri professionisti e da altre strutture specialistiche e di ricovero;

d) prevedere che l'accertato e non dovuto pa­gamento anche parziale da parte dell'assistito delle prestazioni previste in convenzione com­porta il venir meno del rapporto con il Servizio sanitario nazionale;

e) concordare, unitamente anche alle organiz­zazioni sindacali delle categorie di guardia me­dica e dei medici di medicina dei servizi, i com­piti e le prestazioni da assicurare in base ad un compenso capitario per assistito definendo gli ambiti rimessi ad accordi di livello regionale, i quali dovranno garantire la continuità assisten­ziale per l'intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana, anche attraverso forme graduali di associazionismo medico, e prevede­re, altresì, le prestazioni da assicurare con pa­gamento in funzione delle prestazioni stesse;

f) definire la struttura del compenso spettante al medico prevedendo una quota fissa per cia­scun soggetto affidato, corrisposta su base an­nuale come corrispettivo delle funzioni previste in convenzione, e una quota variabile in funzione delle prestazioni e attività previste negli accordi di livello regionale;

g) disciplinare l'accesso alle funzioni di medi­co di medicina generale del Servizio sanitario nazionale secondo parametri definiti nell'ambito degli accordi regionali, in modo che nell'arco di un triennio dalla data di entrata in vigore del presente decreto l'accesso medesimo sia con­sentito a tutti i medici forniti dell'attestato di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 256 o titolo equipollente ai sensi del predetto decreto. L'anzidetto attestato non è ri­chiesto per i medici incaricati di guardia medica e per i medici titolari di incarico ai sensi del de­creto del Presidente della Repubblica 14 feb­braio 1992, n. 218, che siano in servizio alla da­ta del 31 dicembre 1992;

h) prevedere la cessazione degli istituti nor­mativi previsti dalla vigente convenzione, ricon­ducibili direttamente o indirettamente al rappor­to di lavoro dipendente.

2. II rapporto con le farmacie pubbliche e pri­vate è disciplinato da convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazio­nali stipulati a norma dell'articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con le or­ganizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale. Detti ac­cordi devono tener conto dei seguenti principi: a) le farmacie pubbliche e private erogano l'assistenza farmaceutica di cui al Prontuario te­rapeutico nazionale per conto delle unità sanita­rie locali del territorio regionale dispensando, su presentazione della ricetta del medico, speciali­tà medicinali, preparati galenici, prodotti dieteti­ci, presidi medico chirurgici e altri prodotti sani­tari nei limiti previsti dai livelli di assistenza;

b) per il servizio di cui alla lettera a) l'unità sa­nitaria locale corrisponde alla farmacia il prezzo del prodotto erogato, al netto della eventuale quota di partecipazione alla spesa dovuta dall'assistito e nei limiti del prezzo fissato per i farmaci dai provvedimenti del CIP e per gli altri prodotti dai relativi tariffari. Ai fini della liquida­zione la farmacia è tenuta alla presentazione della ricetta corredata del bollino o di altra do­cumentazione comprovante l'avvenuta conse­gna all'assistito. Per il pagamento del dovuto ol­tre il termine fissato dagli accordi regionali di cui alla successiva lettera c) non possono essere riconosciuti interessi superiori a quelli legali;

c) demandare ad accordi di livello regionale la disciplina delle modalità di presentazione delle ricette e i tempi di pagamenti dei corrispettivi nonché la individuazione di modalità differenzia­te di erogazione delle prestazioni finalizzate al miglioramento dell'assistenza definendo le rela­tive condizioni economiche anche in deroga a quanto previsto alla precedente lettera b), e le modalità di collaborazione delle farmacie in pro­grammi particolari nell'ambito delle attività di emergenza, di farmacovigilanza, di informazione e di educazione sanitaria.

3. Gli Ordini ed i Collegi professionali sono te­nuti a valutare sotto il profilo deontologico i comportamenti degli iscritti agli Albi ed ai Colle­gi professionali che si siano resi inadempienti agli obblighi convenzionali. I ricorsi avverso le sanzioni comminate dagli Ordini o dai Collegi sono decisi dalla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.

4. Ferma restando la competenza delle regioni in materia di autorizzazione e vigilanza sulle isti­tuzioni sanitarie di carattere privato, a norma dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, entro centottanta giorni dalla data di entra­ta in vigore del presente decreto, con atto di in­dirizzo e coordinamento emanato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Sta­to, le regioni e le province autonome, sentito il Consiglio superiore di sanità, sono definiti i re­quisiti strutturali, tecnologici e organizzativi mi­nimi richiesti per l'esercizio delle attività sanita­rie e la periodicità dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi. Con il medesimo provvedi­mento sono fissati i termini per l'adeguamento delle strutture e dei presidi già autorizzati ed i criteri per l'aggiornamento dei suddetti requisiti minimi, nonché per la classificazione dei presidi e delle strutture in relazione alla tipologia delle prestazioni erogabili e per le attività obbligatorie in materia di controllo della qualità delle presta­zioni. La disciplina di cui al presente comma si applica anche alle corrispondenti strutture pub­bliche.

5. L'unità sanitaria locale assicura ai cittadini la erogazione delle prestazioni specialistiche, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio ed ospedaliere con­template dai livelli di assistenza secondo gli in­dirizzi della programmazione e le disposizioni regionali. Allo scopo si avvale dei propri presidi, nonché delle aziende di cui all'articolo 4, delle istituzioni sanitarie pubbliche, ivi compresi gli ospedali militari, o private, ad integrazione delle strutture pubbliche, e dei professionisti con i quali intrattiene appositi rapporti fondati sulla corresponsione di un corrispettivo predetermi­nato a fronte della prestazione resa, con l'ecce­zione dei medici di medicina generale e dei pe­diatri di libera scelta. Ferma restando la facoltà di libera scelta del presidio o del professionista erogante da parte dell'assistito, l'erogazione delle prestazioni di cui al presente comma è su­bordinata all'apposita prescrizione, proposta o richiesta compilata sul modulario del Servizio sanitario nazionale dal medico di fiducia dell'in­teressato. Nell'attuazione delle previsioni di cui al presente comma sono tenute presenti le spe­cificità degli organismi di volontariato e di priva­to sociale non a scopo di lucro.

6. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro della sanità, sentita la Federazione na­zionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri e degli altri Ordini e Collegi competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome sono stabiliti i criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di cui al comma 5 eroga­te in forma diretta. Ove l'intesa con la Conferen­za permanente per i rapporti tra lo Stato, le re­gioni e province autonome non intervenga entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta, il Mi­nistro della sanità provvede direttamente.

7. Fermo restando quanto previsto dall'artico­l0 4, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, entro il 31 dicembre 1993, le regioni e le unità sanitarie locali adottano i provvedimenti necessari per la instaurazione dei nuovi rapporti previsti dal presente decreto. I rapporti vigenti secondo la disciplina di cui agli accordi conven­zionali in atto, ivi compresi quelli operanti in regime di proroga, cessano comunque entro un triennio dalla data di entrata in vigore del pre­sente decreto. Agli eventuali oneri derivanti dalla cessazione dei rapporti convenzionali vigenti si fa fronte in via prioritaria con appositi accanto­namenti di quote del Fondo sanitario nazionale di parte corrente a decorrere dal 1994.

 

Art. 9 - Forme differenziate di assistenza

 

1. Ai fini di assicurare ai cittadini una migliore qualità e libertà nella fruizione delle prestazioni, fermi restando i livelli uniformi di assistenza di cui all'articolo 1 e la libera scelta del cittadino, le regioni possono prevedere, nell'ambito della programmazione regionale, in via graduale e sperimentale a partire dal 1° gennaio 1995, for­me di assistenza differenziate per particolari ti­pologie di prestazioni, nonché le sperimentazio­ni gestionali previste dall'articolo 4, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e ne rego­lamentano l'attuazione fissando gli ambiti rimes­si all'unità sanitaria locale. La Conferenza per­manente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome verifica annualmente i risul­tati conseguiti sia sul piano economico che su quello della qualità dei servizi. Al termine del pri­mo triennio di sperimentazione, sulla base dei risultati conseguiti, il Governo e le regioni adot­tano i provvedimenti conseguenti.

2. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri del tesoro e delle finanze, d'intesa con fa Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province au­tonome, sono determinate, per ciascun triennio di validità del piano sanitario nazionale, le quote di risorse destinabili per la gestione delle forme di assistenza differenziate di cui al comma 1 te­nendo conto dei principi di solidarietà propri del Servizio sanitario nazionale, e avendo riguardo all'obiettivo di garantire risultati di economicità. Con il medesimo decreto sono fissati i requisiti dei soggetti di cui al comma 3, lettera b) e i crite­ri per il trasferimento delle quote, avendo riguar­do all'esigenza di costituzione di un fondo di ga­ranzia in favore dei soggetti aderenti alle forme differenziate alimentato esclusivamente median­te prelievi dalle quote di risorse come sopra de­terminate.

3. Le forme differenziate di assistenza posso­no consistere:

a) nel concorso alla spesa sostenuta dall'inte­ressato per la fruizione della prestazione a pa­gamento;

b) nell'affidamento à soggetti singoli o consor­tili, ivi comprese le mutue volontarie, della facol­tà di negoziare, per conto della generalità degli aderenti o per soggetti appartenenti a categorie predeterminate, con gli erogatori delle presta­zioni del Servizio sanitario nazionale modalità e condizioni allo scopo di assicurare qualità e co­sti ottimali. L'adesione dell'assistito comporta la rinuncia da parte dell'interessato alla fruizione delle corrispondenti prestazioni in forma diretta e ordinaria per il periodo della sperimentazione.

4. Le sperimentazioni gestionali di cui al com­ma 1 sono attuate attraverso convenzioni con organismi pubblici e privati per lo svolgimento in forma integrata di opere o servizi, motivando le ragioni di convenienza, di miglioramento della qualità dell'assistenza e gli elementi di garanzia che supportano le convenzioni medesime. A tal fine la regione può dare vita a società miste a capitale pubblico e privato.

 

Art. 10 - Controllo di qualità

 

1. Allo scopo di garantire la qualità dell'assi­stenza nei confronti della generalità dei cittadini, è adottato in via ordinaria il metodo della verifica e revisione della qualità delle prestazioni, al cui sviluppo devono risultare funzionali i modelli or­ganizzativi ed i flussi informativi dei soggetti ero­gatori e gli istituti normativi regolanti il rapporto di lavoro del personale dipendente, nonché i rapporti tra soggetti erogatori, pubblici e privati, ed il Servizio sanitario nazionale.

2. Le regioni, nell'esercizio dei poteri di vigi­lanza di cui all'articolo 8, comma 4, e avvalendo­si dei propri servizi ispettivi, verificano il rispetto delle disposizioni in materia di requisiti minimi e classificazione delle strutture erogatrici, con particolare riguardo alle prescrizioni relative alle attività di controllo della qualità delle prestazioni, e svolgono interventi programmati di valutazione della qualità dell'assistenza. Il Ministro della sa­nità, nell'esercizio del potere di alta vigilanza, in­terviene avvalendosi dei propri uffici, dei Nuclei antisofisticazioni dell'Arma dei Carabinieri non­ché del personale di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 1 ° febbraio 1989, n. 37.

3. Con decreto del Ministro della sanità, d'in­tesa con la Conferenza permanente per i rap­porti tra lo Stato, le regioni e le province autono­me e sentite la Federazione nazionale degli ordi­ni dei medici e degli odontoiatri e degli altri Or­dini e Collegi competenti, sono stabiliti i conte­nuti e le modalità di utilizzo degli indicatori di ef­ficienza e di qualità. Il Ministro della sanità, in sede di presentazione della Relazione sullo sta­to sanitario del Paese, riferisce in merito alle ve­rifiche dei risultati conseguiti, avvalendosi dei predetto sistema di indicatori.

4. Il Ministro della sanità accerta, entro ses­santa giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, lo stato di attuazione presso le regioni del sistema di controllo delle prescri­zioni mediche mediante lettura ottica e delle commissioni professionali di verifica ed acquisi­sce il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province au­tonome in ordine alla eventuale attivazione dei poteri sostitutivi. Ove tale parere non sia espres­so entro trenta giorni, il Ministro provvede diret­tamente.

 

Titolo III - FINANZIAMENTO

 

Art. 11 - Versamento contributi assistenziali

 

1. I datori di lavoro tenuti, in base alla normati­va vigente alla data di entrata in vigore del pre­sente decreto, a versare all'INPS i contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale, provvedono, alle scadenze già previste, al ver­samento con separata documentazione degli stessi distintamente dagli altri contributi ed al netto dei soli importi spettanti a titolo di fiscaliz­zazione del contributo per le predette prestazio­ni.

2. In sede di prima applicazione, nel primo tri­mestre 1993, i soggetti di cui al comma prece­dente continuano a versare i contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale con le modalità vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. I datori di lavoro agricoli versano allo SCAU, con separata documentazione, i contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale, di­stintamente dagli altri contributi alle scadenze previste dalla normativa vigente alla data di en­trata in vigore del presente decreto. Lo SCAU ri­versa all'INPS i predetti contributi entro quindici giorni dalla riscossione. Per i lavoratori marittimi, fermo restando il disposto dell'ultimo comma dell'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, nella legge 29 febbraio 1980, n. 33, i rispettivi datori di lavoro versano, con separata documentazio­ne, alle scadenze previste per i soggetti di cui al comma 1, i contributi per le prestazioni del Ser­vizio sanitario nazionale, distintamente dagli altri contributi, alle Casse marittime che provvedono a riversarli all'INPS entro quindici giorni dalla ri­scossione.

4. Le amministrazioni statali, anche ad ordina­mento autonomo, provvedono a versare i contri­buti per le prestazioni del Servizio sanitario na­zionale alle stesse scadenze previste per i sog­getti di cui al precedente comma 1.

5. I contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale dovuti sui redditi diversi da lavoro dipendente sono versati con le modalità previste dal decreto di attuazione dell'articolo 14 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.

6. I contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale sui redditi da pensione e da rendita vitalizia corrisposti da amministrazioni, enti, istituti, casse, gestioni o fondi di previden­za, per effetto di legge, regolamento e contratto o accordo collettivo di lavoro, sono versati, a cu­ra dei predetti soggetti, entro la fine del bimestre successivo a quello di erogazione delle rate di pensione.

7. Nella documentazione relativa al versamen­to dei contributi di cui ai commi 1 e 3, i datori di lavoro sono tenuti anche ad indicare, distinti per regione in base al domicilio fiscale posseduto dal lavoratore dipendente, al 1° gennaio di cia­scun anno, il numero dei soggetti, le basi impo­nibili contributive e l'ammontare dei contributi. In sede di prima applicazione le predette indica­zioni relative ai primi tre mesi del 1993 possono essere fornite con la documentazione relativa al versamento dei contributi effettuato nel mese di aprile 1993.

8. Per il 1993 i soggetti di cui al comma 6 provvedono agli adempimenti di cui al prece­dente comma con riferimento al luogo di paga­mento della pensione.

9. I contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale e le altre somme ad essi connesse, sono attribuiti alle regioni in relazione al domicilio fiscale posseduto al 1 ° gennaio di ciascun anno dall'iscritto al Servizio sanitario nazionale.

10. Le amministrazioni statali, anche ad ordi­namento autonomo, e gli enti di cui al comma 6, provvedono a versare i contributi per le presta­zioni del Servizio sanitario nazionale su appositi conti infruttiferi aperti presso la Tesoreria cen­trale dello Stato, intestati alle regioni. I contributi di cui al comma 5 sono fatti affluire sui predetti conti. I contributi di cui ai commi 1 e 3 sono ac­creditati dall'INPS ai predetti conti. In sede di prima applicazione il versamento o l'accredita­mento dei predetti contributi sui conti correnti infruttiferi delle regioni è effettuato con riferi­mento all'intero primo trimestre 1993. In relazio­ne al disposto di cui al comma 2, l'INPS provve­de, entro il 30 giugno 1993, alla ripartizione fra le regioni dei contributi riscossi nel primo trime­stre 1993. Ai predetti conti affluiscono altresì le quote del Fondo sanitario nazionale. Con decre­to del Ministro del tesoro sono stabilite le moda­lità di attuazione delle disposizioni di cui al pre­sente comma.

11. I soggetti di cui al precedente comma in­viano trimestralmente alle regioni interessate il rendiconto dei contributi sanitari riscossi o trat­tenuti e versati sui c/c di tesoreria alle stesse in­testati; in sede di prima applicazione il rendi­conto del primo trimestre 1993 è inviato alle re­gioni con il rendiconto del secondo trimestre 1993; entro trenta giorni dalla data di approva­zione dei propri bilanci consuntivi, ovvero per le amministrazioni centrali dello Stato entro trenta giorni dalla data di presentazione al Parlamento del Rendiconto generale, i soggetti di cui al pre­cedente comma inviano alle regioni il rendiconto annuale delle riscossioni o trattenute e dei ver­samenti corredato dalle informazioni relative al numero dei soggetti e alle correlate basi imponi­bili contributive.

12. Al fine del versamento dei contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale non si applicano il comma 2 dell'articolo 63 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, e l'articolo 17 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, e l'articolo 2 del regio decreto 24 settem­bre 1940, n. 1954.

13. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano a decorrere dal 1 ° gennaio 1993.

14. Per l'anno 1993 il Ministro del tesoro è au­torizzato a provvedere con propri decreti alla contestuale riduzione delle somme iscritte sul capitolo 3342 dello stato di previsione dell'en­trata e sul capitolo 5941 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per importi pari ai contributi accreditati alle regioni dai sog­getti di cui al precedente comma 9.

15. Per l'anno 1993 il CIPE su proposta del Mi­nistro della sanità, sentita la Conferenza perma­nente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome nelle more di attuazione dei decreti di cui al comma precedente delibera l'assegnazione in favore delle regioni, a titolo di acconto, delle quote del Fondo sanitario nazio­nale di parte corrente, tenuto conto dell'importo complessivo presunto dei contributi per le pre­stazioni del Servizio sanitario nazionale attribuiti a ciascuna delle regioni. Entro il mese di feb­braio 1994 il CIPE con le predette modalità prov­vede all'assegnazione definitiva in favore delle regioni delle quote del Fondo sanitario naziona­le, parte corrente 1993, ad esse effettivamente spettanti. II Ministro del tesoro è autorizzato a procedere alle risultanti compensazioni a valere sulle quote del Fondo sanitario nazionale, parte corrente erogata per l'anno 1994.

16. In deroga a quanto previsto dall'articolo 5, comma 3, del decreto-legge 25 novembre 1989, n. 382, convertito con modificazioni nella legge 25 gennaio 1990, n. 8, le anticipazioni mensili che possono essere corrisposte alle unità sani­tarie locali per i primi sette mesi dell'anno 1993 sono riferite ad un terzo della quota relativa all'ultimo trimestre dell'anno 1992.

 

Art 12 - Fondo sanitario nazionale

 

1. Il Fondo sanitario nazionale di parte corren­te e in conto capitale è alimentato interamente da stanziamenti a carico del bilancio dello Stato ed il suo importo è annualmente determinato dalla legge finanziaria tenendo conto, limitata­mente alla parte corrente, dell'importo comples­sivo presunto dei contributi di malattia attribuiti direttamente alle regioni.

2. Una quota pari all'1% del Fondo sanitario nazionale complessivo di cui al comma prece­dente, prelevata dalla quota iscritta nel bilancio del Ministero del tesoro e del Ministero del bi­lancio per le parti di rispettiva competenza, è trasferita nei capitoli da istituire nello stato di previsione del Ministero della sanità ed utilizzata per il finanziamento di:

1) attività di ricerca corrente e finalizzata svol­ta da:

a) Istituto superiore di sanità per le temati­che di sua competenza;

b) Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro per le tematiche di sua competenza;

c) Istituti di ricovero e cura di diritto pubbli­co e privato il cui carattere scientifico sia rico­nosciuto a norma delle leggi vigenti;

d) Istituti zooprofilattici sperimentali per le problematiche relative all'igiene e sanità pubbli­ca veterinaria;

e) centri di ricerca per l'erogazione di attivi­tà sanitarie di alta specialità di eccellenza a rilie­vo nazionale ed internazionale;

2) iniziative centrali previste da leggi nazionali riguardanti programmi speciali di interesse e ri­lievo interregionale o nazionale per ricerche o sperimentazioni attinenti gli aspetti gestionali, la valutazione dei servizi, le tematiche della comu­nicazione e dei rapporti con i cittadini, le tecno­logie e biotecnologie sanitarie;

3. Il Fondo sanitario nazionale, al netto della quota individuata ai sensi del comma preceden­te, è ripartito con riferimento al triennio succes­sive entro il 31 ottobre di ciascun anno, in coe­renza con le previsioni del disegno di legge fi­nanziaria per l'anno successivo, dal CIPE, su proposta del Ministro della sanità, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Sta­to, le regioni e le province autonome. La quota capitaria di finanziamento da assicurare alle re­gioni viene determinata sulla base di un sistema di coefficienti parametrici, in relazione ai livelli uniformi di prestazioni sanitarie in tutto il territo­rio nazionale, determinati ai sensi dell'articolo 1, con riferimento ai seguenti elementi:

a) popolazione residente;

b) mobilità sanitaria per tipologia di prestazio­ni, da compensare, in sede di riparto, sulla base di contabilità analitiche per singolo caso fornite dalle unità sanitarie locali e dalle aziende ospedaliere attraverso le regioni e le province auto­nome;

c) consistenza e stato di conservazione delle strutture immobiliari, degli impianti tecnologici e delle dotazioni strumentali.

4. Il Fondo sanitario nazionale assicura altresì quote di finanziamento destinate a:

a) riequilibrio a favore delle regioni con dota­zione di servizi eccedenti gli standard di riferi­mento, da attuarsi nel corso del primo biennio di applicazione del presente decreto;

b) riequilibrio a favore delle regioni particolar­mente svantaggiate sulla base di indicatori qua­litativi e quantitativi di assistenza sanitaria, con particolare riguardo alla capacità di soddisfare la domanda mediante strutture pubbliche.

5. Le quote del Fondo sanitario nazionale di parte corrente, assegnate alle regioni a statuto ordinario, confluiscono in sede regionale nel Fondo comune di cui all'articolo 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281, come parte indistinta, ma non concorrono ai fini della determinazione del tetto massimo di indebitamento. Tali quote sono utilizzate esclusivamente per finanziare attività sanitarie. Per le regioni a statuto speciale e le province autonome le rispettive quote conflui­scono in un apposito capitolo di bilancio.

 

Art. 13 - Autofinanziamento regionale

 

1. Le regioni fanno fronte con risorse proprie agli effetti finanziari conseguenti all'erogazione di livelli di assistenza sanitaria superiori a quelli uniformi di cui all'articolo 1, all'adozione di mo­delli organizzativi diversi da quelli assunti come base per la determinazione del parametro capi­tario di finanziamento di cui al medesimo artico­l0 1, nonché agli eventuali disavanzi di gestione delle unità sanitarie locali e delle aziende ospe­daliere con conseguente esonero di interventi fi­nanziari da parte dello Stato.

2. Per provvedere agli oneri di cui al comma precedente le regioni hanno facoltà, ad integra­zione delle misure già previste dall'articolo 29 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, di prevedere la riduzione dei limiti massimi di spesa per gli esenti previsti dai livelli di assistenza, l'aumento della quota fissa sulle singole prescrizioni far­maceutiche e sulle ricette relative a prestazioni sanitarie, fatto salvo l'esonero totale per i farma­ci salva-vita, nonché variazioni in aumento dei contributi e dei tributi regionali secondo le di­sposizioni di cui all'art. 1, comma 1, lettera i) della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

3. Le regioni, nell'ambito della propria discipli­na organizzativa dei servizi e della valutazione parametrica dell'evoluzione della domanda delle specifiche prestazioni, possono prevedere for­me di partecipazione alla spesa per eventuali al­tre prestazioni da porre a carico dei cittadini, con esclusione dei soggetti a qualsiasi titolo esenti, nel rispetto dei principi del presente de­creto.

 

Titolo IV - PARTECIPAZIONE E TUTELA DEI DIRITTI DEI CITTADINI

 

Art 14 - Diritti dei cittadini

 

1. Al fine di garantire il costante adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini utenti del Servizio sanita­rio nazionale il Ministro della sanità definisce con proprio decreto, sentita la Conferenza per­manente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, un sistema di indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie relativamente alla personalizzazione ed umaniz­zazione dell'assistenza, al diritto all'informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché dell'an­damento delle attività di prevenzione delle ma­lattie. A tal fine il Ministro della sanità, d'intesa con il Ministro dell'università e ricerca scientifi­ca e tecnologica e con il Ministro degli affari so­ciali, si avvale della collaborazione delle univer­sità, del Consiglio nazionale delle ricerche, delle organizzazioni rappresentative degli utenti e de­gli operatori del Servizio sanitario nazionale nonché delle organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti.

2. Le regioni utilizzano il suddetto sistema di indicatori per la verifica, anche sotto il profilo sociologico, dello stato di attuazione dei diritti dei cittadini, per la programmazione regionale, per la definizione degli investimenti di risorse umane, tecniche e finanziarie. Le regioni pro­muovono inoltre consultazioni con i cittadini e le loro organizzazioni anche sindacali ed in parti­colare con gli organismi di volontariato e di tute­la dei diritti al fine di fornire e raccogliere infor­mazioni sull'organizzazione dei servizi. Tali sog­getti dovranno comunque essere sentiti nelle fa­si dell'impostazione della programmazione e ve­rifica dei risultati conseguiti e ogniqualvolta sia­no in discussione provvedimenti su tali materie. Le regioni determinano altresì le modalità della presenza nelle strutture degli organismi di vo­lontariato e di tutela dei diritti, anche attraverso la previsione di organismi di consultazione degli stessi presso le unità sanitarie locali e le azien­de ospedaliere.

3. Il Ministro della sanità, in sede di presenta­zione della relazione sullo stato sanitario del Paese, riferisce in merito alla tutela dei diritti dei cittadini con riferimento all'attuazione degli indi­catori di qualità.

4. Al fine di favorire l'orientamento dei cittadini nel Servizio sanitario nazionale, le unità sanita­rie locali e le aziende ospedaliere provvedono ad attivare un efficace sistema di informazione sulle prestazioni erogate, sulla tariffe, sulle mo­dalità di accesso ai servizi. Le aziende indivi­duano inoltre modalità di raccolta ed analisi dei segnali di disservizio, in collaborazione con le organizzazioni rappresentative dei cittadini, con le organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti.

Il direttore generale dell'unità sanitaria locale ed il direttore generale dell'azienda ospedaliera convocano, almeno una volta l'anno, apposita conferenza dei servizi quale strumento per veri­ficarne l'andamento dei servizi anche in relazio­ne all'attuazione degli indicatori di qualità di cui al primo comma, e per individuare ulteriori inter­venti tesi al miglioramento delle prestazioni. Qualora il direttore generale non provveda, la conferenza viene convocata dalla regione.

5. II direttore sanitario e il dirigente sanitario del servizio, a richiesta degli assistiti, adottano le misure necessarie per rimuovere i disservizi che incidono sulla qualità dell'assistenza. Al fine di garantire la tutela del cittadino avverso gli atti o comportamenti con i quali si nega o si limita la fruibilità delle prestazioni di assistenza sanitaria, sono ammesse osservazioni, opposizioni, de­nunce o reclami in via amministrativa, redatti in carta semplice, da presentarsi entro quindici giorni, dal momento in cui l'interessato abbia avuto conoscenza dell'atto o comportamento contro cui intende osservare od opporsi, da parte dell'interessato, dei suoi parenti o affini, degli organismi di volontariato o di tutela dei di­ritti accreditati presso la regione competente, al direttore generale dell'unità sanitaria locale o dell'azienda che decide in via definitiva o co­munque provvede entro quindici giorni, sentito il direttore sanitario. La presentazione delle anzi­dette osservazioni ed opposizioni non impedi­sce né preclude la proposizione di impugnative in via giurisdizionale.

6. Al fine di favorire l'esercizio del diritto di li­bera scelta del medico e del presidio di cura, il Ministro della sanità cura la pubblicazione dell'elenco di tutte le istituzioni pubbliche e pri­vate che erogano prestazioni di alta specialità, con l'indicazione delle apparecchiature di alta tecnologia in dotazione nonché delle tariffe pra­ticate per le prestazioni più rilevanti. La prima pubblicazione è effettuata entro il 30 giugno 1993.

7. È favorita la presenza e l'attività, all'interno delle strutture sanitarie, degli organismi di vo­lontariato e di tutela dei diritti. A tal fine le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere stipula­no con tali organismi, sulla base di quanto previ­sto dalla legge n. 266/91 e dalle leggi regionali attuative, senza oneri a carico del Fondo sanita­rio regionale, accordi o protocolli che stabilisca­no gli ambiti e le modalità della collaborazione, fermo restando il diritto alla riservatezza comun­que garantito al cittadino e la non interferenza nelle scelte professionali degli operatori sanita­ri; le aziende e gli organismi di volontariato e di tutela dei diritti concordano programmi comuni per favorire l'adeguamento delle strutture e del­le prestazioni sanitarie alle esigenze dei citta­dini.

8. Le regioni, le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere promuovono iniziative di formazione e di aggiornamento del personale adibito al contatto con il pubblico sui temi ine­renti la tutela dei diritti dei cittadini, da realizzare anche con il concorso e la collaborazione delle rappresentanze professionali e sindacali.

 

Titolo V - PERSONALE

 

Art. 15 - Disciplina della dirigenza del ruolo sanitario

 

1. La dirigenza del ruolo sanitario è articolata in due livelli.

2. Al personale medico e delle altre professio­nalità sanitarie del primo livello sono attribuite le funzioni di supporto, di collaborazione e corre­sponsabilità, con riconoscimento di precisi am­biti di autonomia professionale, nella struttura di appartenenza, da attuarsi nel rispetto delle di­rettive del responsabile. Al personale medico e delle altre professionalità sanitarie del secondo livello sono attribuite funzioni di direzione ed or­ganizzazione della struttura da attuarsi anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa e l'adozione dei provvedimenti rela­tivi, necessari per il corretto espletamento del servizio; spettano, in particolare, al dirigente medico appartenente al secondo livello gli indi­rizzi e, in caso di necessità, le decisioni sulle scelte da adottare nei riguardi degli interventi preventivi, clinici, diagnostici e terapeutici; al di­rigente delle altre professioni sanitarie spettano gli indirizzi e le decisioni da adottare nei riguardi dei suddetti interventi limitatamente a quelli di specifica competenza.

3. Al primo livello della dirigenza del ruolo sa­nitario si accede attraverso concorso pubblico al quale possono partecipare coloro che abbia­no conseguito la laurea del corrispondente pro­filo professionale, siano iscritti all'albo dei ri­spettivi Ordini ed abbiano conseguito il diploma di specializzazione nella disciplina. Il secondo li­vello dirigenziale del ruolo sanitario è conferito quale incarico a coloro che siano in possesso dell'idoneità nazionale all'esercizio delle funzioni di direzione di cui all'articolo 17. L'attribuzione dell'incarico viene effettuata, previo avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repub­blica italiana, dal direttore generale in base alla graduatoria di una apposita commissione di esperti. La commissione è nominata dal diretto­re generale ed è composta dal direttore sanita­rio e da due esperti, di cui uno designato dalla regione tra i professori universitari ordinari della disciplina, ed uno designato dal consiglio dei sanitari tra i dirigenti di secondo livello della di­sciplina dipendenti dal Servizio sanitario nazio­nale; in caso di mancata designazione da parte della regione e del consiglio dei sanitari entro trenta giorni dalla richiesta, la designazione è effettuata dal Ministro della sanità su richiesta dell'unità sanitaria locale o dell'azienda ospeda­liera. La commissione forma la graduatoria pre­vio colloquio e valutazione del curriculum pro­fessionale degli interessati. Contestualmente al­la nomina viene attribuito l'incarico che ha dura­ta quinquennale, dà titolo a specifico trattamen­to economico ed è rinnovabile. Il rinnovo e il mancato rinnovo sono disposti con provvedi­mento motivato dal direttore generale previa ve­rifica dell'espletamento dell'incarico con riferi­mento agli obiettivi affidati ed alle risorse attri­buite. La verifica è effettuata da una commissio­ne nominata dal direttore generale e composta dal direttore sanitario e da due esperti scelti tra i dirigenti della disciplina dipendenti dal Servizio sanitario nazionale e appartenenti al secondo li­vello dirigenziale, di cui uno designato dal Con­siglio dei sanitari e l'altro dal corrispondente or­dine professionale, entrambi esterni all'unità sa­nitaria locale. Il dirigente non confermato nell'in­carico è destinato ad altra funzione con la perdi­ta del relativo specifico trattamento economico; contestualmente viene reso indisponibile un po­sto di organico del primo livello dirigenziale.

4. Il personale appartenente alle posizioni fun­zionali apicali può optare in prima applicazione del presente decreto per il rapporto quinquen­nale rinnovabile di cui al comma precedente.

5. Il personale che accede alle posizioni api­cali dopo l'entrata in vigore del presente decreto è soggetto alla verifica di cui al comma 3.

 

Art. 16 - Formazione

 

1. La formazione medica di cui all'articolo 6, comma 2, implica la partecipazione guidata o di­retta alla totalità delle attività mediche, ivi com­prese le guardie, l'attività di pronto soccorso, l'attività ambulatoriale e l'attività operatoria per le discipline chirurgiche, nonché la graduale as­sunzione di compiti assistenziali e l'esecuzione di interventi con autonomia vincolata alle diretti­ve ricevute dal medico responsabile della for­mazione. La formazione comporta l'assunzione delle responsabilità connesse all'attività svolta. Durante il periodo di formazione è obbligatoria la partecipazione attiva a riunioni periodiche, seminari e corsi teorico-pratici nella disciplina.

 

Art. 17 - Regolamentazione esame di idoneità nazionale all'esercizio delle funzioni di direzione

 

1. L'accesso al secondo livello dirigenziale, per quanto riguarda le categorie dei medici, ve­terinari, farmacisti, odontoiatri, biologi, chimici, fisici e psicologi, è riservato a coloro che siano in possesso di idoneità nazionale all'esercizio delle funzioni di direzione.

2. L'esame per il conseguimento della idonei­tà nazionale è diretto ad accertare le capaci­tà professionali, organizzative e di direzione del candidato e consiste nella effettuazione di prove teorico-pratiche nella specifica disciplina.

3. Le prove consistono in test di domande a risposte multiple e soluzione di casi pratici si­mulati nelle materie attinenti le specifiche pro­fessionalità assegnati a ciascun candidato in via casuale. Le prove sono effettuate con l'utilizza­zione diretta da parte dei candidati di appositi strumenti informatici che, in relazione alle rispo­ste e alle soluzioni date, indichino contestual­mente l'esito della prova ed il relativo punteggio.

4. I criteri generali per la predisposizione e la valutazione dei test teorici e dei casi pratici si­mulati, che devono consentire la verifica, oltre che della professionalità posseduta anche delle capacità organizzative e di direzione, sono sta­biliti da una apposita commissione costituita presso il Ministero della sanità e presieduta dal presidente del Consiglio superiore di sanità o da un presidente di sezione del predetto Consiglio da lui delegato. I test teorici e i casi pratici simu­lati nelle materie d'esame sono predisposti da apposite commissioni costituite presso il Mini­stero della sanità con esperti di comprovata professionalità.

5. Le idoneità nelle specifiche discipline per ciascuna categoria professionale, le procedure, le modalità di espletamento degli esami ed i re­quisiti di ammissione dei candidati, ivi compreso il curriculum professionale, sono fissati con de­creto del Ministro della sanità, sentito il Consi­glio superiore di sanità. Possono essere previ­ste idoneità con accesso riservato a più cate­gorie professionali.

6. II Ministero della sanità, con unito bando nazionale da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, indice ogni due anni gli esami di idoneità nazio­nale all'esercizio delle funzioni di direzione per singole discipline. L'elenco dei candidati che hanno superato l'esame è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Il Ministero della sanità cura la te­nuta e l'aggiornamento dell'elenco degli idonei, che è pubblicato annualmente nella Gazzetta Uf­ficiale.

7. Fino a quando non sarà attivato il sistema di svolgimento degli esami in forma automatizzata, le modalità di espletamento sono stabilite con il decreto di cui al comma 5.                                              .

8. Il possesso dell'idoneità nazionale conse­guito secondo la normativa vigente in materia al­la data di entrata in vigore del presente decreto costituisce titolo per l'esonero parziale dallo svolgimento dei test teorici negli esami di cui al comma 2, secondo criteri fissati a norma del comma 5. A tal fine sono previsti bandi nazionali riservati.

9. Al personale in servizio presso le strutture e i presidi delle unità sanitarie locali, che sia tito­lare alla data di entrata in vigore del presente decreto di un posto di ruolo di posizione funzio­nale apicale può essere conferito in altra unità sanitaria locale o azienda ospedaliera un incari­co di direzione corrispondente al posto di cui è titolare a prescindere dal possesso del requisito dell'idoneità prevista dal presente articolo.

10. L'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, è abrogato; gli esami di idoneità già banditi e non ancora espletati alla data di entrata in vigore del presente decreto sono revocati.

11. Fino all'espletamento degli esami previsti dal primo bando nazionale di cui al precedente comma 6, le idoneità conseguite secondo la vi­gente normativa sono valide ai fini dell'accesso al secondo livello dirigenziale.

 

Titolo VI - NORME FINALI E TRANSITORIE

 

Art. 18 - Norme finali e transitorie

 

1. Il Governo, con atto regolamentare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, adegua la vigente disciplina concorsuale del personale del Servizio sanitario nazionale alle norme con­tenute nel presente decreto ed alle norme ema­nate in applicazione dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, in quanto applicabili, prevedendo:

i requisiti specifici, compresi i limiti di età, per l'ammissione;

i titoli valutabili ed i criteri di loro valuta­zione;

le prove di esame;

la composizione delle commissioni esami­natrici;

le procedure concorsuali;

le modalità di nomina dei vincitori;

le modalità ed i tempi di utilizzazione delle graduatorie degli idonei.

2. Fino alla data di entrata in vigore del decre­to di cui al comma 1 e salvo quanto previsto dal decreto legislativo di cui all'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, i concorsi continuano ad essere espletati secondo la normativa del decreto del Presidente della Repubblica 20 di­cembre 1979, n. 761, e successive modificazioni ed integrazioni ivi compreso l'articolo 9 della legge 20 maggio 1985, n. 207. Per un quinquen­nio a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto nei concorsi pubblici per l'accesso alla posizionale funzionale già corri­spondente al decimo livello del ruolo sanitario il 40 per cento dei posti che si renderanno vacanti sono riservati al personale di ruolo della disci­plina nella posizione funzionale corrispondente al nono livello in servizio presso la unità sanita­ria locale o l'azienda ospedaliera che bandisce il concorso. Ai predetti concorsi i medici specia­listi ambulatoriali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1990, n. 316, possono partecipare in deroga al requisito dell'età. Il personale collocato nella posizione funzionale corrispondente al decimo livello è in­quadrato, in prima applicazione, nel primo livello dirigenziale; il personale collocato nella posizio­ne funzionale corrispondente all'undicesimo li­vello è collocato nel secondo livello dirigenziale. Il personale di ruolo che resta in servizio con la qualifica di assistente medico è rappresentato, ai fini della contrattazione, nell'area dirigenziale medica.

3. A decorrere dal 1° gennaio 1994, i concorsi per la posizione funzionale iniziale di ciascun profilo professionale del personale laureato del ruolo sanitario di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, e successive modificazioni e integrazioni, per i quali non siano iniziate le prove di esame, sono revocati; a decorrere dalla stessa data non pos­sono essere utilizzate le graduatorie esistenti per la copertura dei posti vacanti, salvo che per il conferimento di incarichi temporanei non rin­novabili della durata di otto mesi su autorizza­zione della regione per esigenze di carattere straordinario. In mancanza di graduatorie valide, si applica l'articolo, 9, comma 17 e seguenti del­la legge 20 maggio 1985, n. 207.

4. Nelle pubbliche selezioni per titoli, di cui all'articolo 4 della legge 5 giugno 1990, n. 135, fermo restando il punteggio massimo previsto per il curriculum formativo e professionale delle vigenti disposizioni in materia, è attribuito un punteggio ulteriore, di uguale entità massima, per i titoli riguardanti le attività svolte nel settore delle infezioni da HIV. I vincitori delle pubbliche selezioni sono assegnati obbligatoriamente nel­le unità di diagnosi e cura delle infezioni da HIV e sono tenuti a permanere nella stessa sede di assegnazione per un periodo non inferiore a cinque anni, con l'esclusione in tale periodo del­la possibilità di comando o distacco presso altre sedi. Nell'ambito degli interventi previsti dall'arti­colo 1, comma 1, lettera c), della legge 5 giugno 1990, n. 135, le università provvedono all'assun­zione del personale medico ed infermieristico ivi contemplato delle corrispondenti qualifiche del­le aree tecnico-scientifica e socio-sanitaria.

5. Per quanto non previsto dal presente de­creto le unità sanitarie locali e le aziende ospe­daliere si adeguano ai principi stabiliti dal de­creto legislativo emanato ai sensi dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

6. Il Ministro della sanità, con proprio decreto, disciplina l'impiego nel Servizio sanitario nazio­nale di sistemi personalizzati di attestazione del diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa, prevedendo a tal fine anche l'adozione di strumenti automatici atti alla individuazione del soggetto ed alla gestione dell'accesso alle pre­stazioni.

7. Restano salve le norme previste dai decreti del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 616, n. 618, e n. 620, con gli adattamenti deri­vanti dalle disposizioni del presente decreto da effettuarsi con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro del tesoro, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Sta­to, le regioni e le province autonome. A decorre­re dal 1° giugno 1994 le entrate e le spese per l'assistenza sanitaria all'estero in base ai Rego­lamenti della Comunità europea e alle conven­zioni bilaterali di sicurezza sociale sono imputa­te, tramite le regioni, ai bilanci delle unità sanita­rie locali di residenza degli assistiti. I rapporti fi­nanziari di cui al presente comma sono definiti in sede di ripartizione del Fondo sanitario nazio­nale.

8. Ferma restando la disciplina di cui all'arti­colo 6, comma 4, del decreto-legge 19 settem­bre 1992, n. 384, convertito con modificazioni dalla legge 14 novembre 1992, n. 438 in materia di determinazione del tetto massimo di spesa per la fruizione dell'assistenza farmaceutica nei confronti dei soggetti ivi contemplati, le regioni possono prorogare fino al 1 ° febbraio 1993 la decorrenza degli effetti della disciplina mede­sima.

 

Art. 19 - Competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome

 

1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ai sensi degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione.

 

Art. 20 - Entrata in vigore

 

1. Le disposizioni del presente decreto entra­no in vigore a decorrere dal 1° gennaio 1993.

 

 

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