Prospettive assistenziali, n. 101, gennaio-marzo 1993

 

 

DALL'ANALISI DELLA CONTRORIFORMA DELLA SANITÀ L'ESIGENZA DEI REFERENDUM ABROGATIVI

 

 

Il decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421" (1) rappresenta una vera e propria controriforma della sanità in quanto distrugge l'impostazione culturale e sociale della legge 23 dicembre 1978 n. 833 e la relativa organizzazione.

Le sue principali caratteristiche negative sono:

1. si passa, come afferma correttamente Carlo Hanau (2), «dalla solidarietà nazionale della legge 833/1978 che prevedeva l'abolizione dei contributi-malattia ed il finanziamento del Servizio sanitario nazionale a carico di tutti i cittadini che producono reddito (prevalentemente sa­ni), ad una sanità comprata dai malati, che sono costretti a pagare beni e servizi sanitari quando ne hanno bisogno e cioè nel momento meno giu­sto per contribuire». A tal fine la controriforma suggerisce a tutti coloro che possono permet­terselo di rivolgersi alle compagnie private di as­sicurazione (cfr. l'art. 9);

2. il ruolo dei Comuni nella programmazione e gestione dei servizi è praticamente nullo. In particolare, non è rispettata la legge dele­ga (3) che all'art. 1, lettera d), stabilisce che le USL devono essere previste «come aziende infraregionali con personalità giuridica, articolate secondo i principi della legge 8 giugno 1990 n. 142». Infatti, in base all'art. 9 della legge 142/ 1990 "Ordinamento delle autonomie locali", «spettano al Comune tutte le funzioni ammini­strative che riguardino la popolazione e il territo­rio comunale precipuamente nei settori organici dei servizi sociali» (4). L'art. 17 della stessa leg­ge affida alle città metropolitane (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Na­poli, Bari) compiti in materia di servizi di vasta area nel settore della sanità. Anche questa di­sposizione non trova alcun riscontro nel decreto legislativo 502/1992;

3. l'inconsistenza dei poteri attribuiti ai sinda­ci. Al riguardo si segnala che, mentre l'ulti­mo paragrafo dell'art. 3 del decreto 503/1992 afferma che «il sindaco provvede alla definizione delle linee di indirizzo», si precisa nello stesso articolo che tale funzione è esercitata «nell'am­bito della programmazione regionale». Pertanto i sindaci non hanno in concreto alcun potere rea­le. Inoltre, viene stabilito che il sindaco «esamina il bilancio di previsione e il conto consuntivo», li­mitando queste funzioni all'invio alla Regione del­le sue «osservazioni». Assolutamente irrilevante è, altresì, il compito attribuito al capo dell'Ammi­nistrazione comunale per quanto concerne «l'andamento generale dell'attività» in quanto, anche in questo caso, può solamente trasmette­re «le proprie valutazioni e proposte al direttore generale (dell'USL n.d.r.) e alla Regione». Le fun­zioni del sindaco (e così pure quelle della confe­renza dei sindaci e dei presidenti delle circo­scrizioni) sono così marginali che il direttore ge­nerale dell'USL non è nemmeno tenuto ad invia­re loro le delibere, fatto che può anche essere interpretato sia come disprezzo nei confronti del­l'istituzione (il Comune) da sempre la più rappre­sentativa delle esigenze di cittadini, sia come mezzo per togliere alla popolazione ogni possibi­lità di intervenire, tramite il proprio rappresentan­te più diretto, nei confronti dell'impostazione, or­ganizzazione e funzionamento dei servizi sanitari;

4. la dimensione territoriale delle USL viene dilatata in misura enorme al punto da pre­vedere (art. 3, paragrafo 5) «per ciascuna un am­bito territoriale coincidente di norma con quello della provincia». Questo è un altro mezzo per creare difficoltà alla partecipazione dei cittadini;

5. la sottrazione dalla competenza delle USL degli ospedali «di rilievo nazionale e di alta specializzazione» e di quelli «destinati a centro di riferimento della rete dei servizi di emergenza» e cioè della maggior parte dei nosocomi. La sepa­razione dei suddetti ospedali dai servizi territo­riali risponde, a nostro avviso, alla pretesa di moltissimi medici di abbandonare sempre più la cura globale dei malati, soprattutto di quelli in­guaribili, a favore della medicina di organo (v. trapianti), e delle prestazioni superspecialistiche che riguardano pochi pazienti, molti medici e in­fermieri professionali e soprattutto costosissime terapie e dispendiose attrezzature. Di qui l'ap­poggio delle case farmaceutiche e delle ditte costruttrici di apparecchiature sanitarie. Se questa linea avrà la possibilità di svilupparsi, è assai probabile che dagli ospedali vengano espulse le medicine e le geriatrie, da molti medi­ci già oggi considerate strutture sanitarie di se­rie B. Certamente non siamo contrari ai trapianti e alla specializzazione degli interventi, ma rite­niamo che un adeguato spazio operativo e cul­turale debba essere riservato sempre alle "nor­mali" medicine e geriatrie. Circa la sottrazione di gran parte degli ospedali dalle competenze pro­grammatorie e gestionali delle USL, c'è non solo il rischio che agli interventi intramurari sia rico­nosciuta la priorità in termini di prestigio e di fi­nanziamenti, ma anche che vengano scisse atti­vità che, in base alle esigenze dei pazienti, do­vrebbero continuare ad essere fornite in modo unitario e con lo stesso personale. Ci riferiamo, ad esempio, ai servizi psichiatrici;

6. l'istituzione di un vero e proprio "boss", il direttore generale, al quale spettano (art. 3, paragrafo 6) «tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza dell'unità sanitaria locale», e la nomina dei direttori sanitario e amministrativo. Mentre si discute sul giusto principio della se­parazione fra responsabilità politiche e compiti tecnici, la nuova figura assume entrambe le fun­zioni. II direttore generale è nominato dalla Re­gione, la quale provvede anche a definirne l'emolumento e le condizioni di lavoro, nonché a controllarne gli atti deliberativi. In sostanza, il di­rettore generale è nei fatti un funzionario della Regione, ente che assume con il decreto 502/ 1992, parallelamente alla sottrazione di compiti ai Comuni, uno smisurato potere ed una confi­gurazione di controllato-controllore. Ciò può de­terminare un intreccio di stampo paramafioso, come in effetti sarebbe già avvenuto, secondo quanto riferisce La Stampa del 16 febbraio 1992. Infatti, il giornale, nel commentare l'arre­sto dell'Assessore alla sanità della Regione Pie­monte, Eugenio Maccari, riporta le affermazioni dell'arch. Antonio Savoino (il quale da anni prov­vede alla progettazione di quasi tutte le strutture sanitarie del Piemonte), secondo cui la nomina degli amministratori straordinari di molte USSL piemontesi sarebbe stata pilotata in funzione delle intese intervenute fra DC e PSI per pilotare l'assegnazione degli appalti e la spartizione del­le relative rilevanti tangenti;

7. la conferma delle finalità delta controrifor­ma non diretta a sostenere i cittadini ma i medici (5), come risulta evidente dall'art. 4, pa­ragrafo 10, in cui è previsto che «all'interno dei presidi ospedalieri (...) sono riservati spazi ade­guati per l'esercizio della libera professione in­framuraria ed una quota non inferiore al 6% e non superiore al 12% dei posti letto per la istitu­zione di camere a pagamento» (6);

8. la gestione delle attività di prevenzione affi­data ad un apposito organismo, unico per tutto il territorio regionale, in modo che la Giunta regionale possa esercitare uno stretto controllo, il che equivale alla massima centralizzazione possibile delle iniziative che possono disturbare i centri di potere e di inquinamento;

9. la creazione di «forme differenziate di assi­stenza» (art. 8), e cioè l'intervento delle mutue volontarie private. Secondo Carlo Hanau (7), la regressione prevista dal decreto legislati­vo 502/1992 «è enorme, anche rispetto alla si­tuazione delle mutue prima del 1978, poiché al­lora si trattava di un sistema obbligatorio (...), che, a parte alcune eccezioni, tendeva ad una ri­partizione equa delle prestazioni sanitarie secon­do il bisogno, prelevando i fondi necessari in rap­porto alla retribuzione». Hanau sostiene giusta­mente che «le stesse compagnie di assicurazio­ne avranno gravi problemi a gestire questo siste­ma volontario proprio a causa della concentra­zione dei consumi sanitari su pochi individui (i malati cronici gravi) o su limitati periodi della vita (l'ultimo anno di vita comporta in media una spesa che - secondo le ricerche svolte in vari paesi - copre dal 25 al 50% della spesa totale per l'intera vita».

Il sistema delle mutue volontarie private, è quello tipico negli Stati Uniti d'America, sistema che ha determinato le disumane situazioni de­nunciate dal Senatore Edward M. Kennedy: su 250 milioni di abitanti «ben 34 milioni di cittadini americani sono totalmente privi di una copertura assicurativa contro le malattie» ed altri 46 milioni «fruiscono di una assicurazione che la stessa amministrazione Reagan aveva giudicato inade­guata»; mentre il 40% dei bambini americani «non ha ricevuto la somministrazione dei princi­pali vaccini pediatrici» (8).

Circa le assicurazioni private, il rapporto Ken­nedy precisa quanto segue: «Sono più di 1.200 le compagnie che attualmente operano nel setto­re assicurativo sanitario e la varietà delle modali­tà di pagamento, unita alla ripetuta e contraddit­toria revisione delle prestazioni mediche che ne risulta, comporta esborsi monetari e perdite di tempo, distogliendo risorse che potrebbero es­sere utilizzate per l'assistenza sanitaria. Quando una compagnia stipula una polizza con una pic­cola impresa o con un singolo cittadino, il 40­-50% del premio assicurativo viene destinato alla copertura dei costi amministrativi, alla formazio­ne del fatturato o viene incamerato come profitto netto. Tutto questo denaro resta, quindi, all'inter­no della compagnia assicurativa e non viene de­stinato all'acquisto di neppure un cerotto». A causa del sistema sanitario incentrato sulle as­sicurazioni «nella città di Los Angeles, più della metà degli ospedali privati hanno dovuto sospen­dere l'assistenza traumatologica, poiché non possono assistere i cittadini non assicurati che si presentano al pronto soccorso; a livello naziona­le, 1'assistenza traumatologica è stata eliminata in un terzo degli ospedali» (9).

In considerazione di queste esperienze nega­tive, non si riesce a comprendere in base a quali ragionamenti Giuliano Cazzola, segretario na­zionale CGIL e responsabile delle politiche sani­tarie, abbia potuto affermare che disoccupati e pensionati, dopo aver costituito proprie mutue «potranno scegliere la struttura più idonea per costi, qualità e tempi di erogazione delle presta­zioni» (10).

Parimenti incredibili sono le analoghe affer­mazioni di Giorgio Alessandrini, Segretario na­zionale della CISL, secondo cui «le fasce deboli della società non solo non saranno discriminate dalle nuove mutue, ma, organizzandosi in esse, potranno contrattare prestazioni migliori in termi­ni di qualità, tempo, confort e umanizzazione del servizio» (11). In altre parole Cazzola e Alessan­drini vogliono far credere (a chi?) che i più de­boli sotto il profilo finanziario, e quindi anche sotto quello del potere contrattuale, con la con­troriforma Amato-De Lorenzo saranno in grado di ottenere servizi più adeguati e più tempestivi, il che costituisce certamente una incredibile as­surdità. Le affermazioni di Alessandrini e Cazzo­la sono ancora più preoccupanti se si tiene con­to del colpevole disinteresse dei Sindacati con­federali, che, salvo rarissime eccezioni, finora non si sono mai degnati di sostenere, nemmeno verbalmente, il diritto alle cure sanitarie delle persone malate croniche non autosufficienti;

10. scompare l'unicità dell'organo di gestione dei servizi sanitari e di quelli assistenziali, una realizzazione indispensabile per creare le premesse di una effettiva collaborazione fra i due settori, in quanto l'art. 3, punto 3, del decre­to legislativo 502/1992 prevede solamente che «l'unità sanitaria locale pu6 assumere la gestione di attività e servizi socio-assistenziali per conto degli enti locali».

 

La richiesta di referendum

Per fortuna, essendoci ancora nel nostro Paese persone in grado di pensare, la controriforma Amato-De Lorenzo è stata ritenuta assolutamente inaccettabile nel suo complesso, per cui in data 15 febbraio 1993 sono state depositate alla Corte di Cassazione le due richieste di referen­dum abrogativo del decreto legislativo 502/1992 sulla base dei quesiti così formulati:

- 1° referendum: «Volete voi che sia abrogato il D.L. 30.12.1992 n. 502 "Riordino della discipli­na in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23.10.1992 n. 421", pubblicato nella Gaz­zetta Ufficiale in data 30.12.1992, serie generale n. 301 ?»;

- 2° referendum: «Volete voi che sia abrogato il Decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992 n. 421 ", pubblicato sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale in data 30.12.1992 - Se­rie generale n. 301, limitatamente alle seguenti parti:

- art. 1, comma 2 -  limitatamente alle parole: "e le eventuali forme di partecipazione alla spesa da parte degli assistiti";

- art. 2 - limitatamente alle parole: "e delle aziende ospedaliere";

- art. 3 - Organizzazione delle Unità Sanitarie Locali (tutto);

- art. 4 - Aziende ospedaliere e presidi ospe­dalieri (tutto);

- art. 5 - Patrimonio e contabilità (tutto);

- art. 6 - Rapporti tra Servizio sanitario nazio­nale ed Università (tutto);

- art. 7, comma 1 -  "La legge regionale attribui­sce la gestione dei presidi multizonali di preven­zione ad un apposito organismo per la preven­zione, unico per tutto il territorio regionale, costi­tuito secondo i principi di cui all'articolo 3, com­ma 1, e nei termini di cui al comma 5 dello stes­so articolo. Per le specifiche funzioni allo stesso attribuite il direttore sanitario dell'organismo, in deroga a quanto previsto dall'articolo 3, è deno­minato direttore tecnico sanitario ed è un lau­reato appartenente al ruolo sanitario o profes­sionale. Il consiglio dei sanitari assume la deno­minazione di consiglio dei sanitari e dei tecnici ed è costituito da laureati del ruolo sanitario e professionale, nonché da una rappresentanza del restante personale tecnico";

- art. 8 - Disciplina dei rapporti per l'erogazio­ne delle prestazioni assistenziali (tutto);

- art 9 - Forme differenziate di assistenza (tut­to);

- art 13:

- comma 1, limitatamente alle parole: "non­ché agli eventuali disavanzi di gestione delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere con conseguente esonero di interventi finanziari da parte dello Stato";

- comma 2, "Per provvedere agli oneri di cui al comma precedente le regioni hanno facoltà, ad integrazione delle misure già previste dall'ar­ticolo 29 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, di prevedere la riduzione dei limiti massimi di spe­sa per gli esenti previsti dai livelli di assistenza, l'aumento della quota fissa sulle singole prescri­zioni farmaceutiche e sulle ricette relative a pre­stazioni sanitarie, fatto salvo l'esonero totale per i farmaci salva-vita, nonché variazioni in aumen­to dei contributi e dei tributi regionali secondo le disposizioni di cui all'art. 1, comma 1, lettera i) della legge 23 ottobre 1992, n. 421";

- art. 14:

- comma 4, limitatamente alle parole: "e le aziende ospedaliere" e alle parole: "il direttore generale dell'unità sanitaria locale ed il direttore generale dell'azienda ospedaliera convocano, almeno una volta l'anno, apposita conferenza dei servizi quale strumento per verificare l'an­damento dei servizi anche in relazione all'attua­zione degli indicatori di qualità di cui al primo comma, e per individuare ulteriori interventi tesi al miglioramento delle prestazioni. Qualora il di­rettore generale non provveda, la conferenza viene convocata dalla regione";

- comma 7, limitatamente alle parole: "e le aziende ospedaliere";

- comma 8, limitatamente alle parole: "e le aziende ospedaliere";

- art. 15:

- comma 2, "Al personale medico e delle altre professionalità sanitarie del primo livello sono attribuite le funzioni di supporto, di collaborazio­ne e corresponsabilità, con riconoscimento di precisi ambiti di autonomia professionale, nella struttura di appartenenza, da attuarsi nel rispet­to delle direttive del responsabile. Al personale medico e delle altre professionalità sanitarie del secondo livello sono attribuite funzioni di dire­zione ed organizzazione della struttura da at­tuarsi anche mediante direttive a tutto il perso­nale operante nella stessa e l'adozione dei prov­vedimenti relativi, necessari per il corretto espletamento del servizio; spettano, in particola­re, al dirigente medico appartenente al secondo livello gli indirizzi e, in caso di necessità, le deci­sioni sulle scelte da adottare nei riguardi degli interventi preventivi, clinici, diagnostici e tera­peutici; al dirigente delle altre professioni sani­tarie spettano gli indirizzi e le decisioni da adot­tare nei riguardi dei suddetti interventi limitata­mente a quelli di specifica competenza";

- comma 3, "Al primo livello della dirigenza del ruolo sanitario si accede attraverso concor­so pubblico al quale possono partecipare colo­ro che abbiano conseguito la laurea del corri­spondente profilo professionale, siano iscritti all'albo dei rispettivi Ordini ed abbiano conse­guito il diploma di specializzazione nella discipli­na. Il secondo livello dirigenziale del ruolo sani­tario è conferito quale incarico a coloro che sia­no in possesso dell'idoneità nazionale all'eser­cizio delle funzioni di direzione di cui all'articolo 17. L'attribuzione dell'incarico viene effettuata, previo avviso da pubblicare nella Gazzetta Uffi­ciale della Repubblica italiana, dal direttore ge­nerale in base alla graduatoria di una apposita commissione di esperti. La commissione è no­minata dal direttore generale ed è composta dal direttore sanitario e da due esperti, di cui uno designato dalla regione tra i professori universi­tari ordinari della disciplina, ed uno designato dal consiglio dei sanitari tra i dirigenti di secon­do livello della disciplina dipendenti dal Servizio sanitario nazionale; in caso di mancata designa­zione da parte della regione e del consiglio dei sanitari entro trenta giorni dalla richiesta, la de­signazione è effettuata dal Ministro della sanità su richiesta dell'unità sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera. La commissione forma la graduatoria previo colloquio e valutazione del curriculum professionale degli interessati. Con­testualmente alla nomina viene attribuito l'incari­co che ha durata quinquennale, dà titolo a spe­cifico trattamento economico ed è rinnovabile. II rinnovo e il mancato rinnovo sono disposti con provvedimento motivato dal direttore generale previa verifica dell'espletamento dell'incarico con riferimento agli obiettivi affidati ed alle risor­se attribuite. La verifica è effettuata da una com­missione nominata dal direttore generale e com­posta dal direttore sanitario e da due esperti scelti tra i dirigenti della disciplina dipendenti dal Servizio sanitario nazionale e appartenenti al secondo livello dirigenziale, di cui uno designato dal Consiglio dei sanitari e l'altro dal corrispon­dente ordine professionale, entrambi esterni all'unità sanitaria locale. Il dirigente non confer­mato nell'incarico è destinato ad altra funzione con la perdita del relativo specifico trattamento economico; contestualmente viene reso indi­sponibile un posto di organico del primo livello dirigenziale";

- comma 4, "Il personale appartenente alle posizioni funzionali apicali può optare in prima applicazione del presente decreto per il rappor­to quinquennale rinnovabile di cui al comma precedente";

- comma 5, "Il personale che accede alle po­sizioni apicali dopo l'entrata in vigore del pre­sente decreto è soggetto alla verifica di cui al comma 3";

- art. 16 - Formazione (tutto);

- art 17:

- comma 8, "Il possesso dell'idoneità nazio­nale conseguito secondo la normativa vigente in materia alla data di entrata in vigore del presen­te decreto costituisce titolo per l'esonero parzia­le dallo svolgimento dei test teorici negli esami di cui al comma 2, secondo criteri fissati a nor­ma del comma 5. A tal fine sono previsti bandi nazionali riservati";

- comma 11, limitatamente alle parole: "fi­no all'espletamento degli esami previsti dal pri­mo bando nazionale di cui al precedente com­ma 6";

- art. 18:

- comma 2, limitatamente alle parole: "Per un quinquennio a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto nei concorsi pubbli­ci per l'accesso alla posizione funzionale già corrispondente al decimo livello del ruolo sani­tario il 40 per cento dei posti che si rendono va­canti sono riservati al personale di ruolo della disciplina nella posizione funzionale corrispon­dente al nono livello in servizio presso la unità sanitaria locale o l'azienda ospedaliera che bandisce il concorso. Ai predetti concorsi i me­dici specialisti ambulatoriali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1990 n. 316, possono partecipare in deroga al requi­sito dell'età";

- comma 3, limitatamente alle parole: "a de­correre dalla stessa data non possono essere utilizzate le graduatorie esistenti per la copertu­ra dei posti vacanti, salvo che per il conferimen­to di incarichi temporanei non rinnovabili della durata di otto mesi su autorizzazione della re­gione per esigenze di carattere straordinario. In mancanza di graduatoria valida, si applica l'art. 9, comma 17 e seguenti della legge 20 maggio 1985, n. 207"?».

 

 

 

(1) Cfr. il Supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale del 30 dicembre 1992, serie generale n. 305. Il testo è ri­portato integralmente in questo numero.

(2) Dall'intervento di Carlo Hanau, Economista sanitario dell'Università di Bologna, svolto al convegno "La cura sbagliata - La sanità in Italia e in Liguria dopo il decreto del Governo", Genova, 5 febbraio 1993.

(3) Legge 23 ottobre 1992 n. 421 "Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di fi­nanza territoriale", in Supplemento ordinario (n. 118) della Gazzetta ufficiale n. 257 del 31 ottobre 1992.

(4) In base al DPR 616/1977, fanno parte dei servizi so­ciali l'assistenza sociale, sanitaria, ospedaliera e scolasti­ca, nonché l'istruzione artigiana e professionale.

(5) La controriforma della sanità è stata preannunciata da varie iniziative. Si veda, al riguardo l'articolo "Tentativi di riformare la sanità non nell'interesse dei malati, ma per favorire medici e gruppi di potere», in Prospettive assisten­ziali, n. 87, luglio-settembre 1989. Nell'articolo sono anche trattati i problemi delle necessarie risorse finanziarie e del­la sterminata evasione fiscale, calcolata dal Ministro delle finanze Gava nel 1988 in 40 mila miliardi e, ad avviso dei giornale Il Sole - 24 Ore, in 200 mila miliardi dal 1983 al 1987 esclusivamente per quanto concerne i lavoratori au­tonomi.

(6) Si tenga presente che l'istituzione di un posto letto costa allo Stato oltre 100 milioni. Inoltre, è evidente che ai posti letto a pagamento verrà assegnata una quota di infer­mieri professionali in misura largamente superiore agli altri reparti. Ciò, nonostante la gravissima mancanza e l'indi­spensabile funzione di questa figura professionale.

(7) Cfr. la nota 2.

(8) Cfr. l'articolo "Anche gli USA verso la riforma sanita­ria" in Prospettive assistenziali, n. 98, aprile-giugno 1992, che riporta la dichiarazione rilasciata dal Sen. Edward M. Kennedy in occasione della presentazione di una sua pro­posta di legge diretta a garantire le cure sanitarie a tutti i cittadini americani.

(9) Cfr. la nota 8.

(10) Cfr. l'articolo "Con le mutue private i servizi miglio­rano", in La Repubblica - Affari e finanza, 19 febbraio 1993.

(11) Ibidem.

 

 

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