Prospettive assistenziali, n. 97, gennaio-marzo 1992

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

COMMERCIO A SCOPO DI ADOZIONE DI BAMBINI DI PAESI POVERI

 

Riportiamo integralmente la lettera inviata il 18.2.1992 da Cristina Barbotto al Direttore de "L'Avvenire".

 

Egregio Direttore

non so se Francesco Mario Agnoli, autore dell'articolo apparso nella rubrica "L'opinione" del 13.2.92 (1) abbia utilizzato il tema del com­mercio di bambini di paesi poveri a scopo di adozione per rendere più dirompente e anticon­formista il suo dire sull'aborto. Certo è che come credente e come appartenente ad una associa­zione che si occupa di adozione e di bambini in difficoltà in genere sono rabbrividita di fronte a tanto cinismo (e probabilmente disinformazione) nel trattare il tema adozione.

La compravendita di bambini è un fatto orribi­le sempre, e mi permetta l'articolista di essere un po' moralista anch'io, anche quando è finaliz­zata all'adozione internazionale. A me non inte­ressa rilevare le incoerenze altrui, ma ribadire con forza un principio dal quale non si deve as­solutamente derogare, pena lo stravolgimento dell'istituto dell'adozione. Questo non è soltanto un problema di fini e di mezzi: la compravendita di bambini non è soltanto un fine malvagio che viene in qualche misura giustificato dal fatto che i bambini vengono adottati da qualcuno che, a detta dell'articolista, poi li amerà.

Il commercio di bambini è un fatto turpe per­ché, al di là dei guadagni di chi lo organizza, mi­na alla base anche l'istituto dell'adozione e compromette, per il bambino che ne è stato og­getto e per la famiglia che ha pensato di risolve­re così il suo "problema", la costruzione di un rapporto sereno di figliolanza e avere impostato il loro rapporto col figlio a partire da un inganno: questo "velo" rimarrà sempre e talvolta potrà pesare gravemente sulla famiglia. Come potrà accettare, il bambino, di essere stato comprato? come potrà pensare che sia stato un atto d'amore e non di prepotenza quello di chi, forte del proprio denaro, ha portato via il figlio di un'altra donna?

Il rispetto delle garanzie previste dalla legge, la certezza dell'effettivo stato di abbandono del minore, non sono vuote formalità: costituiscono la base su cui costruire un rapporto corretto ed in Italia esistono moltissime famiglie disponibili ad una adozione in questi termini.

Una precisazione: non sempre chi è disposto a comprare un bambino lo fa per poi amarlo: in anni in cui non erano ancora fissati per legge i limiti di età dei genitori l'adozione internazionale è stata anche un mezzo per procurarsi domesti­che per la propria vecchiaia; è accaduto che bambini provenienti dal terzo mondo siano stati adottati da genitori violenti e assolutamente in­capaci di amarli; capita tuttora che bambini or­mai cresciuti e non più "graditi" ai genitori ven­gano restituiti ai Servizi.

Amare davvero non è mai così facile; e non lo è di più se si desidera avere un bambino a tutti i costi. I bambini brasiliani non hanno meno diritto di essere rispettati dei bambini italiani od euro­pei.

Confidando in una pubblicazione, Le invio di­stinti saluti.

 

 

LA RAI NON RISPETTA I DIRITTI DI SERENA

 

Riproduciamo il testo integrale della lettera in­viata in data 18.2.1992 dal Presidente nazionale dell'ANFAA al Presidente della RAI, al Direttore della Rete 2 N e alla Redazione di "Fatti vostri".

Esprimiamo il nostro profondo sdegno nei confronti dei responsabili della trasmissione "Fatti vostri" di venerdì 17 gennaio 1992 che ha mandato in onda gli interventi falsi e calunniosi della signora Giubergia, sostenuta dall'Avvocato Marazzita, legale della signora stessa.

È stato violato il diritto alla riservatezza di una bambina già negli anni scorsi ripetutamente vio­lato dai mezzi di informazione. Stigmatizziamo la superficialità e la spregiudicatezza con cui i re­sponsabili di "Fatti vostri" hanno presentato la vicenda, non rispettando la Carta dei Diritti degli Utenti RAI-TV e la legge n. 184/1983.

La situazione giuridica della bambina è defini­tiva: è stata adottata nel marzo 1991 dalla fami­glia in cui vive dall'aprile 1989.

Lasciatela in pace! Lasciatela vivere senza continue interferenze come questa che rischia­no di compromettere la sua vita presente e futu­ra.

Se c'è vero interesse dei mezzi di informazio­ne nei confronti dei bambini abbandonati, rivol­gano la loro attenzione alle decine di migliaia di bambini che, per le colpevoli omissioni e il disin­teresse delle Autorità competenti, trascorrono la loro infanzia in istituti o in situazioni familiari de­leterie.

L'ANFAA chiede al Presidente, ai Dirigenti del­la Rete 2 della TV, alla Redazione di "Fatti vostri" di dedicare uno spazio adeguato per trattare questi temi, portando dati e situazioni reali.

Ritiene che la RAI dovrebbe presentare una ri­costruzione veritiera ed obiettiva della storia di Serena per smentire le falsità affermate di fronte a milioni di utenti e fornire - finalmente - una in­formazione corretta.

Si resta a disposizione per ogni ulteriore chia­rimento.

P.S. - Si allegano: una cronistoria della vicen­da della piccola Serena e la sentenza emessa in merito dalla Commissione Europea dei Diritti dell'Uomo.

 

 

(1) Testo integrale dell'articolo "Meglio comprati che uc­cisi". «Probabilmente per una mia particolare deformazione morale non sono riuscito a condividere il generale entusia­smo per la brillante operazione, con la quale la polizia brasi­liana ha individuato e arrestato i membri di una organizza­zione che aveva organizzato un traffico di adozioni interna­zionali, cedendo, ad un prezzo variabile fra 12 e 30 milioni, bambini delle "favelas" a coppie (molte, pare, italiane) sen­za figli.

«Che sia riprovevole chi specula sul desiderio di materni­tà e paternità delle coppie sterili e approfitta dello stato di bisogno (quasi sempre dell'assoluta miseria) dei genitori naturali per lucrare lautissimi guadagni, nessuno ne dubita.

«Tuttavia, quando il "turpe traffico", come virtuosamente lo si definisce, è finalizzato all'adozione (assai diverso, ov­viamente, il caso di commercio di organi, di vendita di pic­coli schiavi e schiave come oggetti sessuali, ecc.) riesce dif­ficile rallegrarsi della "salvezza" di questi bambini, che non verranno più trasferiti all'estero per essere affidati a coppie che sì, d'accordo, avranno sbagliato a procurarsi un figlio a pagamento, e tuttavia lo avrebbero amato.

«È facile immaginare che, se non tutti, molti di loro, gra­zie anche alle lentezze della burocrazia, rimarranno in un Paese nel quale l'altissima criminalità infantile, alimentata dai bambini delle "favelas" (quegli stessi "venduti" all'este­ro), viene combattuta, secondo quanto ci informano i mass­media, da squadroni della morte, che, col complice assenso di parte della stampa e di settori dell'opinione pubblica, non esitano a ucciderli senza pietà e spesso in modo orribile (è proprio di questi giorni la notizia di quattro "ninos calleje­ros ; bambini di strada brasiliani, uccisi con l'acido mentre dormivano in una chiesa di San Paolo).

«In realtà la mia malformazione morale si spinge ancora oltre, inducendomi a non condividere nemmeno i virtuosi sdegni dell'opinione pubblica italiana per questo traffico delle adozioni a pagamento.

«L'indignazione per essere legittima presuppone un mi­nimo di coerenza, assolutamente non riscontrabile in chi o approva o non trova nulla da ridire contro la pratica dell'aborto tanto largamente utilizzata in Italia come stru­mento (ormai lo riconoscono anche i cosiddetti "laici») di re­golazione delle nascite.

«Evidentemente questi indignati abortisti nostrani non avrebbero trovato nulla da ridire (è sperabile che non spin­gano l'incoerenza tanto oltre da rimproverare ai brasiliani ciò che consentono a se stessi), se quei braccati delle "fa­velas", indotti dalla miseria a vendere i loro figli per un pu­gno di dollari o di lire, li avessero abortiti, tempestivamente (il che, oltre tutto, in alcuni Paesi significa anche poco prima della nascita).

«Brillerò per mancanza di logica, ma mi ostino a credere che per quei bambini (oltre che per la morale) sia molto pre­feribile vedere la luce per venire poi ceduti, anche a paga­mento, ad una coppia che li alleverà ed amerà, piuttosto che soppressi nel ventre materno.

«Non riesce nemmeno a convincermi il fin troppo facile argomento del denaro, del guadagno che il "turpe commer­cio" assicurerebbe a chi lo pratica. Se sono ben lungi dal proposito di conferire una medaglia (o anche un stretta di mano) a questi commercianti di bambini, rimane tuttavia il fatto che, denaro o non denaro, i "ninos" venduti scampano all'aborto e alle attenzioni degli squadroni della morte e dei "vigilantes", pagati da commercianti timorosi che la presen­za delle bande minorili scoraggi il turismo e gli affari.

«D'altra parte quanti aborti anche in Italia e nel civilissimo mondo occidentale sono determinati puramente e sempli­cemente da problemi non già di miseria, ma di vil denaro, dalla consapevolezza che il nascituro comporterà delle spe­se e dal conseguente rifiuto di accettare qualche pur mode­sta rinuncia?

«Signori, anche questa è questione di vil denaro! «Scrive il direttore dell’“Europeo” (un "laico", quindi, an­che se, stranamente, non ipocrita), rispondendo a una lettri­ce sdegnata (quanti virtuosi sdegni in Italia!) per il monu­mento elevato nei cimitero dell'Aquila in memoria dei bam­bini abortiti: "per sapere che nove donne su dieci ricorrono al cucchiaino del ginecologo senza validi motivi (pericolo di vita per la madre, rischio di gravi malformazioni per il bam­bino ecc.)... è sufficiente chiederlo al medico della mutua. Se il dottore è onesto lo ammetterà".

«"È così anche negli Stati Uniti, tanto è vero che laggiù si pensa di modificare la legge, affinché l'aborto cessi di esse­re un regolatore demografico repugnante per chiunque ab­bia un po' di coscienza".

«Il fatto è che tanti moralisti la coscienza, appunto, non ce l'hanno».

 

 

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