Prospettive assistenziali, n. 96, ottobre-dicembre 1991

 

 

Notiziario dell'Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale

 

 

PRIMI SUCCESSI DELLA PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE

 

A seguito della presentazione della proposta di legge regionale di iniziativa popolare «Interventi sanitari a favore degli anziani cronici non autosufficienti e realizzazione delle residenze sanitarie assistenziali», la Giunta della Regione Piemonte ha varato il 2 agosto 1991, il provvedi­mento n. 333-8499 «Deliberazione attuativa del Piano socio-sanitario regionale sulle residenze sanitarie assistenziali per anziani non autosufficienti» in cui, fra l'altro, è previsto quanto segue:

- «nelle RSA con ricettività da 20 a 60 posti letto deve essere individuato un medico respon­sabile»;

- «le RSA per anziani, con oltre 60 posti letto e fino a 120, devono essere dotate di un diret­tore sanitario responsabile».

Aver ottenuto che le RSA siano dirette da un medico è un nastro grande successo e dimostra che - finalmente - la Regione Piemonte consi­dera gli anziani cronici non autosufficienti come persone malate, anche se resta ancora molto da fare per arrivare alla piena affermazione e attua­zione dei loro diritti. Occorrerà impegnarsi a fon­do per ottenere che le attuali case di riposo per anziani cronici non autosufficienti siano trasfor­mate in strutture sanitarie che garantiscano cure adeguate ed una accettabile qualità della vita agli attuali ospiti e a quelli futuri (potremmo anche essere noi!).

Inoltre si segnala che nella delibera suddetta e in quella del 2 agosto 1991 n. 332-8498 (Residen­ze sanitarie assistenziali per i disabili) è stabi­lito che i parenti di ricoverati nelle RSA per an­ziani e per disabili non sono tenuti a versare alcun contributo, fermo restando che il ricoverato (anziano o handicappato) può chiedere gli ali­menti ai suoi parenti. L'importo eventualmente versato dai parenti al ricoverato farà parte del reddito del ricoverato stesso.

La delibera precisa quanto segue: «In nessun caso, comunque l'ingresso nella RSA (...) può es­sere subordinato alla sottoscrizione dell'impegno al pagamento della retta da parte dei parenti». Pertanto la Giunta regionale riconosce che tutte le sottoscrizioni imposte da Comuni e USSL ai parenti di ricoverati sono stati e sono dei veri e propri abusi. A questo proposito consiglia­mo i parenti di disdire l'impegno sottoscritto inviando una lettera raccomandata R.R. il cui te­sto può essere richiesto alla segreteria del Co­mitato promotore della proposta di iniziativa po­polare, c/o Prospettive assistenziali, via Arti­sti 34, 10124 Torino.

Purtroppo, le suddette deliberazioni della Giun­ta della Regione Piemonte non contengono solo gli aspetti positivi sopra indicati, ma includono anche disposizioni estremamente negative:

- non prevedono obbligatoriamente la crea­zione di servizi sanitari domiciliari e dei centri diurni indicati dall'art. 20 della legge 11 marzo 1988 n. 67, con la conseguenza che molti anziani saranno ricoverati per la carenza degli interventi domiciliari;

- stabiliscono che le strutture esistenti, qual­siasi sia la loro capienza (anche mille posti let­to!), la loro organizzazione interna e la colloca­zione territoriale possano essere riconosciute come RSA. Non è previsto alcun studio di fatti­bilità. È solamente richiesta la predisposizione di un programma di adeguamento, per la cui rea­lizzazione non sono previste scadenze di sorta;

- assolutamente insufficiente è la dotazione del personale:

- minuti 1 (uno) al giorno per paziente per le prestazioni assicurate dai medici;

- minuti 24 (lordi) di infermiere (professionale o generico). Al riguardo si fa presente che il de­creto del Ministro della sanità 13 settembre 1988 prevede 110 minuti, integrati da 34 minuti di per­sonale addetto alla riabilitazione;

- 100 minuti (lordi) di assistenza generica per ospite al giorno, comprensiva del riassetto del letto, escluse le mansioni di pulizia generale, tempo gravemente insufficiente per persone non autosufficienti spesso con doppia incontinenza e da imboccare. I tempi attualmente previsti negli istituti (IRV e Carlo Alberto) gestiti dal Comune di Torino sono nettamente superiori, anche se as­solutamente inadeguati;

- l'assenza di indicazioni concernenti il riequi­librio territoriale delle RSA. Al riguardo è, invece, consentito che le USSL «il cui fabbisogno non può essere coperto tramite RSA esistenti sul pro­prio territorio possono convenzionarsi con strut­ture ubicate in altra USSL». Non è nemmeno sta­bilito che debbano essere individuate priorita­riamente in USSL limitrofe, più facilmente acces­sibili da parte dei congiunti e non sono indicate misure per garantire la transitorietà dell'utiliz­zo delle RSA site in altre USSL;

- non si capisce per quale motivo gli anziani malati cronici non autosufficienti ricoverati nelle RSA, le quali dovranno assumere anche le fun­zioni svolte dagli attuali reparti di lungodegenza, possano essere curati dai medici di medicina ge­nerale o dei servizi specialistici. Si ritiene, inve­ce, che debba essere prevista una organizzazione specifica che assicuri le cure tutti i giorni e du­rante tutte l'arco delle 24 ore. A questo proposi­to non si comprende perché le RSA aventi meno di 20 posti letto non abbiano nemmeno un medico responsabile;

- è assai strano che il direttore sanitario re­sponsabile delle RSA (figura prevista solo per le RSA con più di 60 posti letto) debba appartene­re «all'area funzionale di prevenzione e sanità pubblica, preferibilmente specializzato in organiz­zazione di servizi sanitari di base» e non essere, ad esempio, specializzato in geriatria;

- non è accettabile che nella stessa RSA pos­sano essere ricoverati non solo handicappati fi­sici, intellettivi e sensoriali (minori e adulti), ma addirittura anche disabili psichici e cioè malati psichiatrici;

- il personale delle RSA per anziani non au­tosufficienti e per disabili a gestione diretta ha una doppia dipendenza amministrativa: gli ope­ratori dipendono dalle USL, quelli di appoggio dal comparto assistenziale (Comuni) con tutte le gravi conseguenze che è facile prevedere.

 

 

ESPOSTO ALLE PROCURE PIEMONTESI SULLE CASE DI RIPOSO CHE ABUSIVAMENTE RICOVERANO ANZIANI MALATI

 

Le strutture di ricovero delle persone malate, comprese le case di riposo e le residenze pro­tette, possono operare solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione a funzionare di cui all'art. 193 della legge 1265/1934.

Al riguardo riportiamo il testo integrale dell'esposto inviato in data 11 novembre 1991 dal CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli as­sistiti alle Procure della Repubblica presso le Preture del Piemonte.

Sarebbe opportuno che analoghi esposti venis­sero presentati alle altre Procure del nostro Pae­se, in modo da promuovere la cessazione dell'abusivismo.

 

Testo dell'esposto

Da anni la gestione dei servizi per gli anziani malati cronici non autosufficienti da parte della Regione Piemonte, delle USSL e dei relativi pre­sidi socio-assistenziali presenta aspetti difformi rispetto alle vigenti norme.

Infatti, la gestione stessa si fonda, in aperto contrasto con le leggi vigenti, sul non riconosci­mento del diritto degli anziani malati cronici non autosufficienti alle cure sanitarie nelle forme pre­viste per tutti i cittadini (cfr. l'allegato A).

Non solo gli ospedali, quasi sempre, non am­mettono e dimettono gli anziani cronici non au­tosufficienti avanzando pretesti inveritieri (gli ospedali sarebbero destinati dalla legge solo alle persone con malattie acute, mentre devono provvedere anche ai malati cronici), ma prospe­rano le strutture residenziali che ricoverano per­sone ammalate senza essere in possesso dell'au­torizzazione prevista dall'art. 193 della legge 1265/1934 che recita: «Nessuno può aprire o mantenere in esercizio ambulatori, gabinetti di analisi per il pubblico a scopo di accertamento diagnostico, case o pensioni per gestanti senza speciale autorizzazione del Prefetto il quale la concede dopo aver sentito il parere della Re­gione.

«L'autorizzazione predetta è concessa dopo che sia stata assicurata l'osservanza delle pre­scrizioni stabilite nella legge di Pubblica Sicurez­za per l'apertura dei locali ove si dà alloggio per mercede.

«Il contravventore alla presente disposizione ed alle prescrizioni che il Prefetto ritenga di im­porre nell'autorizzazione è punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un mi­lione a due milioni».

Ciò premesso, questo Comitato chiede ai Pre­tori del Piemonte di voler disporre le necessarie indagini al fine di accertare se vi sono strutture residenziali:

a) prive dell'autorizzazione prevista dalla legge della Regione Piemonte 23 agosto 1982 n. 20 e successive integrazioni e modifiche, che accol­gono anziani o minori o adulti, fatto che si ritiene debba essere perseguito ai sensi dell'art. 665 del codice penale;

b) prive dell'autorizzazione di cui al sopra ci­tato art. 193 della legge 1265/1934 che ricove­rano persone malate. Per dette strutture occorre­rebbe, inoltre, accertare se il personale medico, infermieristico e riabilitativo è adeguato alle esi­genze dei malati;

c) se le strutture sono state regolarmente au­torizzate dai vigili dei fuoco per quanto concerne la prevenzione e l'estinzione degli incendi:

d) se sussistono reati a carico dei funzionari e degli operatori che non hanno segnalato all'Au­torità giudiziaria i reati di cui sono venuti a co­noscenza o che hanno consentito o non denun­ciato il funzionamento di strutture prive delle autorizzazioni previste dalle leggi vigenti.

 

 

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