Prospettive assistenziali, n. 96, ottobre-dicembre 1991

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

TRASFERIMENTO DELLE FUNZIONI ASSISTENZIALI DELLE PROVINCE: UNA VICENDA TORMENTATA

 

1. Nonostante il positivo provvedimento (n. 1 del 1991) assunto dalla Corte dei Conti, Sezione Enti locali e le circolari del Ministero dell'Interno (n. 15900/1/BSI/L/142 del 15 dicembre 1990 e n. 8 del 15 aprile 1991), alcune Province hanno assunto provvedimenti in netto contrasto con gli atti sopra richiamati.

Si citano ad esempio:

- la delibera della Giunta provinciale di Alessandria n. 718 del 18 aprile 1991, che ha disposto la cessazione dell'attività di una comunità per minori ed il trasferimento del relativo personale ad altri settori della Provincia;

- la lettera della Provincia di Torino che ha comunicato - dopo 14 anni dall'entrata in vigore del DPR 616/1977 - la propria incompetenza ad intervenire nei confronti dei minori sottopo­sti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria mi­norile (ex art. 23 DPR 616/1977) negando, quindi, anche le proprie competenze istituzionali. Si ricorda che l'Ente Provincia è ancora tenuto ad assistere indipendentemente dai provvedimenti assunti dall'autorità giudiziaria minorile:

a) i figli di ignoti ed i bambini trovati in luogo pubblico di cui non si conoscono i genitori;

b) i minori (0-18 anni) riconosciuti dalla soia madre, a condizione che al momento della prima richiesta di assistenza il bambino abbia meno di sei anni.

- la richiesta della Provincia di Torino al Co­mune di Torino e ad alcune USSL di deliberare l'impegno di spesa relativo a rette di minori di competenza della Provincia da inserire in comu­nità alloggio dalla stessa gestite;

- il rifiuto ad assumere l'impegno di spesa relativo a rette in comunità alloggio per gli han­dicappati intellettivi.

2. Alcune Province, ad esempio quella di To­rino, gestiscono illegalmente attività in materia di handicappati intellettivi, attività che le Provin­ce stesse avrebbero dovuto trasferire ai Comuni dall'1.1.1978 ai sensi del DPR 616/1977.

Secondo quanto segnalato dal CSA, Coordina­mento sanità e assistenza fra i movimenti di base, alla Procura generale presso la Corte dei Conti, con lettera del 22 marzo 1991, si sottolinea il caso particolare della Provincia di Torino che, al momento dell'entrata in vigore della legge 142/1990, esercitava anche funzioni assistenziali in materia di handicappati intellettivi minori e adul­ti, fornendo prestazioni di servizio sociale, aiuto economico, assistenza domiciliare, affidamenti e inserimenti, comunità alloggio, centri diurni per gravi e gravissimi, ecc.

3. Risulta che la Provincia di Torino nel 1989 assisteva:

maternità e infanzia:                  utenti 2.076                          Stanziamenti L. 7 miliardi

non vedenti e audiolesi               utenti 337                            Stanziamenti L. 1,5 miliardi

handicappati                             utenti 1.134                          Stanziamenti L. 24 miliardi

TOTALE                                   utenti 3.547                          Stanziamenti L. 32,5 miliardi

Alla somma di 32,5 miliardi vanno aggiunti 13,5 miliardi per gli operatori assistenziali e le somme relative alla manutenzione ordinaria delle strut­ture e attrezzature, nonché le spese per il perso­nale amministrativo dei servizi generali.

Dunque, gli stanziamenti complessivi della Provincia di Torino sono stati nel 1989 superiori ai 50 miliardi.

Ora, la Provincia di Torino, con vari pretesti, non intende trasferire dette somme ai Comuni, insieme al trasferimento delle competenze.

4. In materia di assistenza agli handicappati intellettivi, per poter consentire alle Province, in particolare a quella di Torino, di non trasferire una parte consistente dei finanziamenti e quindi di trattenerne l'importo, la Regione Piemonte ha promosso, dopo l'entrata in vigore della legge 142/1990 l'erogazione da parte delle USSL a fa­vore delle Province di somme a titolo di «quota sanitaria» per presunte e inesistenti attività sa­nitarie connesse a quelle socio-assistenziali mai fornite nei centri diurni, nelle comunità alloggio e negli istituti di ricovero.

A seguito di detto intervento regionale non solo le Province, in particolare quella di Torino, intendono, come sopra esposto, ridurre i finan­ziamenti da trasferire ai Comuni, ma dal fondo sanitario delle USSL vengono - a nostro avviso illegittimamente - sottratti denari per coprire quanto la Provincia trattiene.

5. In data 31 luglio 1991 il Consiglio regionale piemontese ha approvato la legge «Norme tran­sitorie in materia socio-assistenziale», che all’art. 5 prevede:

«1. Le Province garantiscono la continuità e il livello dei servizi socio-assistenziali erogati all'atto dell'entrata in vigore della legge 8 giugno 1990 n. 142 fino alla data e secondo i criteri defi­niti dalle indicazioni nazionali in materia.

2. Successivamente a tale data, le funzioni socio-assistenziali già svolte dalle Province sa­ranno esercitate dai Comuni singoli o associati, ai sensi della legge 8 giugno 1990 n. 142, sulla base delle indicazioni nazionali e regionali che saranno fornite in materia per regolamentare il trasferimento dei fondi, del personale, dei beni immobili e delle attrezzature connessi all'eserci­zio delle funzioni stesse».

II Commissario di Governo, nel comunicare che non si era opposto all'ulteriore corso della legge regionale, in data 30 agosto 1991 ha scrit­to quanto segue: «Disposizione cui trattasi non potest che applicarsi secondo criteri et limiti definiti da deliberazione n. 1/1191 della Corte dei Conti Sezione Enti locali come comunicata anche at codesta Regione con lettera circolare Ministe­ro Interno protocollo numero 15900/1/bis/L/142 in data 15 aprile 1991».

6. A distanza di meno di due mesi dalla fine del 1991, la situazione degli assistiti- dalle Pro­vince è preoccupante. Nessuna ulteriore inizia­tiva è stata presa dalla Regione Piemonte di fron­te alle ripetute segnalazioni di omissioni e ina­dempienze delle Province.

7. A livello nazionale, non sono stati finora as­sunti provvedimenti diretti a normare l'intera ma­teria. Al riguardo segnaliamo d'i condividere i contenuti della proposta di legge presentata dal­l'on. Migliasso (1), che tratta anche il tema delle funzioni relative all'assistenza alle gestanti e madri nubili e coniugate e ai minori esposti e non riconosciuti, stabilendo che esse vengono demandate ai Comuni capoluogo di Provincia af­finché le esercitino su tutto il territorio provin­ciale, in considerazione delle specificità della problematica, dell'alta specializzazione professio­nale necessaria per intervenire adeguatamente sulle suddette situazioni e dell'esiguo numero di utenti.

Si ricorda al riguardo che le leggi vigenti con­sentono giustamente alle donne non coniugate di partorire in segreto e di non riconoscere i propri nati. A prima vista può sembrare preferi­bile, in ogni caso, che il bambino sia riconosciuto dalla donna e dall'uomo che l'hanno procreato. Tuttavia, bisogna considerare che il riconosci­mento non è un atto formale: un riconoscimento reale presuppone una piena accettazione del bam­bino, e richiede un impegno serio e costante per il suo allevamento, educazione ed istruzione.

 

 

(*) Sull'argomento cfr. «Prospettive assistenziali», La nuova legge sulle autonomie locali ignora gli assistiti, n. 91, luglio-settembre 1990; Ancora in alto mare il trasfe­rimento delle funzioni assistenziali dalle Province ai Co­muni e alle Ussl, n. 93, gennaio-marzo 1991.

(1) Cfr. Trasferimento delle funzioni assistenziali dalle Province ai Comuni: una proposta di legge, in «Prospettive assistenziali», n. 93, gennaio-marzo 1991.

 

 

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