Prospettive assistenziali, n. 96, ottobre-dicembre 1991

 

 

LEGGE FINANZIARIA 1992 (*)

 

 

Nel 1990, dodici organizzazioni di volontariato di carattere nazionale avevano elaborato un do­cumento col quale si proponevano «di dare voce più forte e chiara ai punti di vista degli ultimi, alle loro attese e alle loro rivendicazioni rispetto ad una più equa destinazione della ricchezza di cui il paese dispone» (1).

In quel documento si evidenziava il progressivo snaturamento dello «Stato sociale» dovuto alla progressiva erosione della spesa sociale a vantaggio di quella per interessi. Il crescente debito dello Stato, infatti, provoca un dirottamen­to delle risorse dagli impieghi di carattere so­ciale (sanità, scuola, assistenza, servizi) al fi­nanziamento della rendita speculativa con un conseguente danno per i ceti più deboli della popolazione e una caduta di solidarietà per il paese nel suo insieme. La crescita della spesa per interessi, infatti, si traduce in finanziamento, da parte dello Stato, della crescita del potere di acquista e della ricchezza privata dei ceti più forti, di coloro, cioè, che dispongono di capitali da offrire in prestito allo Stato.

Le ultime leggi finanziarie non sono riuscite a contrastare questa tendenza a causa della de­bolezza delle istituzioni e della forza contrattua­le dei ceti più forti. Cresce, sì, il reddito nazio­nale, ma crescono anche le disuguaglianze ali­mentate anche da quelle istituzioni che, invece di tutelare i diritti del più deboli, sanno solo mo­strarsi forti nei loro confronti per cedere a pres­sioni di chi ha più potere contrattuale. Questa dinamica riduce le possibilità di governo politi­co del Paese e rende di fatto la nostra democra­zia sempre meno reale. Nella logica del contrat­to, inoltre, lo Stato e le sue istituzioni diventano sempre più deboli: ciò dequalifica la spesa pub­blica, produce un venir meno dei principi di soli­darietà sanciti dalla Costituzione e fa sì che perdano in termini di efficacia e di efficienza i servizi sociali.

La dinamica contrattuale, che pensa di risolvere tutto nella logica dello scambio, favorisce il potere lobbistico e il potere mafioso all'inter­no delle istituzioni, riduce il valore della solida­rietà ad un capitolo che riguarda solo atteggia­menti individuali.

Alcuni ci sembrano particolarmente gravi:

- il «centenario» della legge Crispi sulle opere pie è trascorso senza che si sia più par­lato di riforma dell'assistenza;

- la proposta di modifica della riforma sani­taria del 1978 (in parte già attuata con il commis­sariamento delle UU.SS.LL.) punta tutto sulla «managerialità», ma sembra accentuare la pro­spettiva «aziendalistica» in un settore che inve­ce potrebbe e dovrebbe essere comunque carat­terizzato da una dimensione di solidarietà socia­le e di corresponsabilità della collettività. La mancanza di un quadro di riferimento legislativo organico sul versante dell'assistenza e dei ser­vizi sociali determina ancora approcci settoriali e per categorie, che mantengono aperto il varco a «leggine» corporative;

- la mancata approvazione del piano sanita­rio nazionale che comporta la non presenza di sicuri punti di riferimento anche per la determi­nazione dei criteri di allocazione delle risorse: la spesa storica conserva immutata le sue ca­ratteristiche mentre la spesa per gli investimen­ti è praticamente inesistente. Conseguentemen­te i problemi rimangono quelli di sempre.

È urgente, a nostro giudizio, promuovere un nuovo e più vasto senso di solidarietà che com­prenda le forme «brevi», basate sui rapporti fa­miliari e privati, le forme «lunghe», che arrivano a coinvolgere tutte le componenti della società, quelle a più alta carica emotiva, suggerite dalle urgenze e dalle emergenze e quelle meno coin­volgenti, ma pur necessarie, che richiedono tem­pi lunghi di educazione e programmazione e un attento uso delle risorse a fronte dei bisogni attuali e prevedibili.

Tutto ciò richiede uno Stato meno sottoposto ai ricatti della logica dello scambio, più sicuro e più stabile, con la capacità di programmare tempi lunghi e non attento solo a gestire il pre­sente.

Non è indifferente a questo riguardo la rifor­ma istituzionale su cui tanto si dibatte in questo periodo.

La «società dei due terzi», infatti, nella qua­le ì soggetti più forti e più garantiti costituisco­no la maggioranza, rischia di stravolgere il senso stesso della democrazia. Le istituzioni democra­tiche si trasformano sempre di più in strumenti con cui la maggioranza benestante tutela e favo­risce i propri interessi privatistici, emarginando la minoranza dei poveri.

Non è senza significato che negli ultimi sette anni il numero delle persone economicamente povere sia andato progressivamente crescendo fino a superare nell'ultimo anno gli otto milioni e mezzo di unità.

I ceti medi, e non tanto quelli alti che hanno meno interesse a godere dei servizi dello Stato sociale, sono poco disponibili a perdere qualcu­no dei privilegi che hanno acquisito e non per­metteranno allo Stato di diminuire le prestazioni a loro favore, né di aumentare il loro contributo per il benessere di tutti. Ecco il vero problema che, a questo punto, è di «etica politica» e coin­volge i criteri stessi di acquisizione del consen­so da parte dei gruppi e dei partiti politici.

Il problema è di triplice natura:

a) come reperire i fondi;

b) come evitare aumenti irrazionali della spe­sa;

c) quali priorità dare alla spesa delle risorse disponibili.

 

a) Come reperire i fondi

Si deve innanzitutto perseguire una tenace lotta all'evasione e all'elusione fiscale.

Dal punto di vista economico, esse sono un grave danno all'intera economia del Paese; dal punto di vista etico, sono particolarmente inac­cettabili in quanto, sottraendo risorse destinate all'uso comune, rappresentano un regalo che I più ricchi e i più,protetti fanno a se stessi a spe­se dei più poveri e dei cittadini onesti.

Ci sembra importante insistere anche sulla tassazione delle rendite d'impresa e dei grandi patrimoni, per realizzare un sistema contributi­vo proporzionato, all'effettivo ammontare dei gua­dagni e che non gravi prevalentemente sui lavo­ratori dipendenti.

Al contrarlo, gli interventi dl solo ripianamen­to di cui tanto si parla, quali l'alienazione dei beni dello Stato e le privatizzazioni, servono momentaneamente a tappare i buchi esistenti, ma non costituiscono una soluzione a lunga sca­denza perché tolgono allo Stato risorse che for­se potrebbero rilevarsi utili in seguito per fini di solidarietà e vanno comunque a incrementare la ricchezza di chi è già ricco.

 

b) Come evitare aumenti irrazionali della spesa

Si è d'accordo sulla necessità di ridurre la spesa pubblica, anche perché essa attualmente non raggiunge lo scopo di assicurare servizi ef­ficienti per i cittadini più deboli. Oggi la spesa pubblica è in gran parte destinata alle retribuzio­ni del personale e al finanziamento di servizi inefficienti, ma è svincolata da qualunque veri­fica sulla efficacia rispetto agli obiettivi prefis­sati.

Si rende quindi necessario progettare ed av­viare un sistema di monitoraggio dei servizi pub­blici, che si basi sul concetto di solidarietà so­ciale, sulla valutazione dei costi e dei benefici, sul vincolo della verifica.

Molto importante a questo fine ci sembra la responsabilizzazione degli amministratori e dei funzionari pubblici.

Ci sembra inoltre importante insistere sulla necessità di uniformare in un nuovo sistema i mille rivoli di prelievo e di erogazione di contri­buti pubblici. L'attuale «giungla» favorisce inte­ressi particolari e i gruppi sociali che sanno or­ganizzarsi meglio, senza incidere su posizioni di rendita e parassitarie consolidate.

 

c) Quali priorità dare alla spesa delle risorse di­sponibili

Ci sembra importante sottolineare che l'auto­nomia impositiva degli enti locali sia accompa­gnata sempre dai criteri di solidarietà sociale, di valutazione dei costi e dei benefici, del vinco­lo della verifica, di cui già sopra si parlava.

La spesa pubblica va indirizzata verso servizi effettivi ed efficienti e non verso semplici tra­sferimenti monetari a singoli, famiglie e gruppi.

Tutto ciò presuppone alcune assunzioni di re­sponsabilità:

- da parte dello Stato, un diverso e più effi­ciente apparato amministrativo, la cui realizza­zione appare sempre più urgente;

- da parte delle imprese, una maggiore sen­sibilità verso la necessità di contribuire alle spe­se della comunità nazionale;

- da parte dei sindacati, una partecipazione alla gestione della riforma dell'amministrazione dello Stato e una attenzione a non cadere nella difesa di interessi corporativi;

- da parte dei cittadini, una maggiore atten­zione alle proprie responsabilità verso il bene comune (partecipazione politica, competenza e onestà nei propri doveri di lavoro, senso di soli­darietà sociale).

 

Obiettivi di fondo

Alla luce di questo quadro generale, è nostra convinzione che sia prioritario perseguire alcu­ni obiettivi di fondo nell'elaborazione di politiche sociali:

- riaffermare la centralità della persona e dei suoi bisogni come criterio per la definizione degli interventi, accentuando la prevenzione del disagio, della malattia, delle necessità indivi­duali;

- rispettare l'unicità della persona mante­nendo la globalità degli interventi e ricercando una reale integrazione tra i servizi sociali;

- valorizzare l'apporto della famiglia in rela­zione agli interventi di politiche sociali, non nel senso della privatizzazione dei bisogni o del ge­nerico trasferimento monetario alle famiglie gra­vate da situazioni di disagio, sofferenze, malattia, emarginazione, bensì nella prospettiva di garan­tire il singolo nel gruppo soprattutto attraverso una politica dei servizi e non della monetariz­zazione;

- controllare il governo della spesa e attua­re un controllo di efficienza (che per una riqua­lificazione della spesa deve significare anche efficacia ed economicità), ridare capacità di scel­ta sul versante dell'entrata e della spesa agli enti territoriali per responsabilizzare gli ammini­stratori nei confronti dei cittadini contribuenti;

- attivare processi di valutazione come pras­si di lavoro permanente rispetto ai servizi so­ciali. Base della valutazione è un efficiente siste­ma di flussi informativi, necessario presupposto per la costruzione di indici e di standard di com­portamento medio con cui affrontare le singole realtà, per far emergere le disfunzioni su cui in­tervenire e per individuare le «soglie minime»­ degli interventi sociali.

 

Proposte e priorità

1. Nel complesso di questo quadro diventa quanto mai urgente la riforma dei servizi sociali. La legge al riguardo, pur essendo inserita nei programmi degli ultimi governi, non ha ancora avviato il suo iter. Occorre un quadro normativo certo, per il quale l'assistenza non diventi una arbitraria e intermittente concessione dello Stato sottoposta ad altri valori ed evenienze; ma un diritto soggettivo del cittadino che si traduce in precisi strumenti e in procedure trasparenti, al fine di evitare discriminazioni, abusi, lungaggini burocratiche, ingiustizie e sprechi. La normativa ,diventa ancora più urgente con il varo della leg­ge 142/90, che affida agli Enti locali la compe­tenza dei servizi sociali che rischiano così, sen­za un quadro di riferimento nazionale, di aumen­tare le differenze tra categorie di cittadini e tra territori del paese.

È così urgente definire anche l'autonomia im­positiva degli Enti locali costituiscano il corredo fissa da destinare ai servizi sociali, perché la definizione delle competenze non sia una nuova affermazione senza conseguenze per mancanza di mezzi e di risorse (v. questione dei ticket sa­nitari).

Riteniamo opportuno che la legge di riforma dei servizi sociali e la legge sull'autonomia im­positiva degli Enti locali costituiscono il corredo di accompagnamento della legge finanziaria.

2. È urgente la definizione di una politica de­gli alloggi che favorisca le famiglie meno abbien­ti e le giovani famiglie. Il fondo ex-Gescal, ad oggi ancora trattenuto sulla busta-paga dei lavo­ratori, potrebbe costituire la base per un rilancio di investimenti nell'edilizia pubblica.

Una seria politica degli alloggi deve porsi da un lato l'obiettivo di garantire il diritto ad una abitazione dignitosa per tutti i cittadini (in situa­zioni di integrazione sociale s non di ghettizza­zione) come base irrinunciabile per un'esisten­za che possa dirsi umana, dall'altro la riafferma­zione dell'importanza del «proprio domicilio come elemento di stabilità sociale, significativo per la salute e l'equilibrio complessivo delle persone» e quindi dell'impegno a privilegiare gli interventi ed i servizi domiciliari di tipo in­novativo.

3. La drammatica situazione di molti paesi del Terzo Mondo e il crollo dei regimi comunisti impongono ai paesi economicamente più svilup­pati come il nostro profonde riflessioni circa la politica di cooperazione internazionale e circa la politica di accoglienza degli immigrati.

Si dovranno rendere più efficaci e più traspa­renti i meccanismi di decisione circa l'utilizzo dei fondi in dotazione al Ministero degli affari esteri per la cooperazione allo sviluppo. È per questo necessario riconsiderare le priorità di intervento, stabilite attualmente in base a criteri politici, privilegiando invece le zone più povere del mondo e i settori di base più trascurati (es.: sanità, agricoltura, istruzione, ecc.). Si potrà inoltre giungere a distinguere anche istituzio­nalmente tra cooperazione di tipo commerciale e cooperazione di solidarietà internazionale.

Si dovranno infine assicurare i diritti fonda­mentali di cittadinanza agli stranieri già accolti sul nostro territorio. La legge finanziaria dovreb­be dotare le Regioni di un fondo speciale da uti­lizzare, con la collaborazione delle realtà del privato sociale, in progetti di sperimentazione che vanno a concretizzare alcuni dei diritti fon­damentali di cittadinanza (casa, lavoro, istruzio­ne di base e professionale, servizi sociali ed assistenza) per gli immigrati.

4. Va inoltre aumentato lo sforzo, anche fi­nanziario, per investimenti finalizzati a creare nuova occupazione, soprattutto tra i giovani e al Mezzogiorno.

Ciò va realizzato abolendo gli interventi stra­ordinari, le forme di precariato o di semplice trasferimento monetario alle imprese e alle fa­miglie, favorendo invece tutti quegli interventi. legislativi che sostengono lo sviluppo di lavoro associato e imprenditoriale, soprattutto tra i gio­vani e le donne.

5. La qualificazione dei servizi esige inoltre una attenzione a operatori, dirigenti e ammini­stratori, alla loro formazione e motivazione da sostenere con iniziative è stanziamenti non pu­ramente simbolici.

6. Bisogna evitare che la ricerca in atto di nuove forme e modelli della difesa armata del Paese si traduca in un indiscriminato aumento dei fondi destinati alle spese militari a danno della spesa sociale.

Serve, invece, un maggiore impegno per la realizzazione di condizioni di vita e dì relazioni politiche e commerciali più giuste tra i popoli, nella consapevolezza che questa, e non il po­tenziamento degli arsenali militari, è la via mae­stra per costruire e difendere la pace.

7. La legge finanziaria dovrà prevedere un fondo per il varo della legge istitutiva dell'asse­gno sociale minimo per i nuclei familiari dei cit­tadini anziani e indigenti.

A tale proposito chiediamo la costituzione di una commissione di studio, che esamini la que­stione in tutta la sua complessità e con l'urgen­za dovuta. Le nostre organizzazioni si dichiara­no altresì disponibili a collaborare allo studio di questa legge.

 

 

 

(*) Il presente documento è stato approvato e sotto­scritto dai Presidenti dei seguenti organismi e associazio­ni nazionali: Caritas Italiana, Associazione Volontari Ospe­dalieri (AVO), Coordinamento Nazionale Comunità di Ac­coglienza (CNCA), Federazione Nazionale della Coopera­zione Sociale, Consorzio Cooperative Integrate, Conferen­za Permanente dei Presidenti delle Associazioni e Federa­zioni Nazionali di volontariato (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze, Società San Vincenzo de' Paoli, Con­federazione Nazionale Misericordie d'Italia, Movimento di Volontariato Italiano (Mo.V.I.), Gruppi di Volontariato Vin­cenziano, Associazione Italiana Club Alcolisti in tratta­mento, Radio Club Ciechi d'Italia, Associazione Cattolica Internazionale a servizio della Giovane, Telefono Amico Italia, Associazione per il Volontariato nelle Unità Locali dei Servizi Socio-sanitari, Segretariato Enti ed Assistenti Volontari operanti nel carcerario, Federazione degli Orga­nismi Cattolici di Servizio Internazionale Volontario (F.O.C.S.I.V.), Associazione Papa Giovanni XXIII, Volontari del­la Croce Rossa).

Alla Conferenza Permanente aderiscono anche alcuni Centri Studi e Fondazioni: Laboratorio delle Politiche So­ciali (LABOS), Osservatorio Meridionale, Fondazione Zancan, Fondazione Camminiamo Insieme.

(1) Cfr. CARITAS ITALIANA, Ripartire le risorse per rimuovere gli ostacoli: legge finanziaria e attese dei cit­tadini più deboli, in Prospettive assistenziali, n. 89, gen­naio-marzo 1990.

 

 

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