Prospettive assistenziali, n. 95, luglio-settembre 1991

 

 

Notiziario del Centro italiano per l'adozione internazionale

 

 

TRAFFICO DI BAMBINI: DAL BAMBINO OGGETTO AL BAMBINO SOGGETTO

 

Pubblichiamo la sintesi della sezione C della Conferenza mondiale sul tema «Adozione inter­nazionale tra norma e cultura» svoltasi a Milano nei giorni 16, 17 e 18 marzo 1990.

La sintesi è stata predisposta dal Dr. Massimo Camiolo, specialista in psicologia e giudice onorario del Tribunale per i minorenni di Milano.

 

I lavori della sessione sono stati costantemen­te accompagnati da interventi che, senza riserva alcuna, condannano il traffico di bambini, dietro qualunque fine o motivazione possa essere giu­stificato.

Vi è una concreta preoccupazione per l'entità che il fenomeno sta assumendo, soprattutto ri­spetto al fatto che il traffico di minore pone l'ado­zione internazionale nel suo insieme in una si­tuazione a rischio, guardata con diffidenza e con­dizionata da procedure spesso troppo disinvolte.

Le cause di ciò sono state rintracciate sia nel­le contraddizioni legali e sociali interne ai Paesi di provenienza dei bambini, sia nell'atteggiamen­to e nella cultura dei Paesi riceventi, che troppo spesso fanno prevalere il senso di appropriazio­ne rispetto al senso di accoglimento.

Per traffico non si intende la mera compra-ven­dita di minori, bensì tutte le situazioni di preva­ricazione in cui il bambino da soggetto di diritto diventa oggetto di manipolazione per il soddisfa­cimento di bisogni ed aspettative degli adulti.

L'esperienza di questi ultimi anni sembrerebbe dimostrare che l'istituto adozionale rischia di trasformarsi da intervento a favore di minori ab­bandonati che non trovano collocazione sostitu­tiva nel loro Paese a strumento predatorio per famiglie sterili, fisicamente e/o psicologicamen­te, che non esitano a indurre situazioni di distac­co dei bambini dalle famiglie d'origine, tramite l'opera di mediatori e trafficanti senza scrupoli.

Accanto al traffico illegale e perseguito dalla legge, fa capolino un «traffico legale», difficil­mente individuabile e, di conseguenza, persegui­bile, che si basa su elementi -di arretratezza con­tenuti nelle leggi sull'adozione esistenti in alcu­ni Paesi in via di sviluppo.

In Brasile, ad esempio, è ancora tollerata l'ado­zione per scrittura pubblica che consente il «pas­saggio diretto» di un minore dalla famiglia d'ori­gine alla «famiglia adottiva», con scarso control­lo da parte dell'Autorità giudiziaria minorile ed un implicito rischio di illecito difficilmente dimo­strabile; a nulla sembra valere l'impegno dei Giudici minorili brasiliani per mettere fine a que­sta procedura se non vengono concretamente annullate le disposizioni contenute nell'obsoleto codice minorile.

L'esperienza indiana dà conferma che una nor­mativa chiara ed applicata in modo rigoroso, può servire a ridurre drasticamente il traffico di bam­bini, garantendo quindi oltre che protezione an­che delle risposte adeguate ai bisogni dei minori.

In India, per poter procedere all'adozione inter­nazionale, bisogna che l'associazione o agenzia straniera sia riconosciuta ed autorizzata dallo Stato e deve collaborare con gli enti nazionali per attività di prevenzione dell'abbandono e di assistenza sociale. Inoltre sono state aumentate le attività di controllo sulle agenzie indiane, auto­rizzate a collaborare con quelle straniere, sia sull'aspetto metodologico che sui piano economico e finanziario, al fine di ridurre il potere di condi­zionamento che enti stranieri agivano, grazie alla disponibilità di ingenti capitali.

La già citata realtà brasiliana, che comunque è abbastanza rappresentativa rispetto ai Paesi latino-americani, prevede tre tipi di adozione, di cui uno solo, l'adozione semplice, accessibile ai cittadini stranieri. L'art. 20 del codice minorile prevede, in sostanza, che il cittadino straniero possa adottare solo con l'adozione semplice un minore per il quale sia già stato dichiarato lo «stato di abbandono»: l'adozione per scrittura pubblica, quindi, non sarebbe consentita ma, estendendo l'interpretazione della norma, se il minore non si trova ancora in stato di abbandono, verrebbe a cadere il limite previsto, per cui an­che allo straniera viene concessa questa possi­bilità, innescando un meccanismo di ricerca «ca­sa per casa» con l'aiuto di sciagurati intermediari.

Nella Repubblica federale tedesca la situazio­ne dell'adozione sembra essere molto simile a quella italiana, con una grossa sperequazione tra numero di bambini adottabili e domande di ado­zione, così che la scelta internazionale tende ad aumentare in modo incontrollabile. Vi è una leg­ge che punisce la intermediazione a fine di lucro, ma le possibilità di accertamento sono oltremo­do scarse, per cui, anche in questo Paese, si sente la necessità di strumenti di controllo più efficaci e di convenzioni bilaterali fra Stati in modo tale che i bambini non diventino anch'essi un indicatore dello sfruttamento dei Paesi ricchi verso quelli in via di sviluppo, già espropriati di risorse naturali e di merci, oltre che utilizzati per incrementare il traffico di «mogli» e di lavo­ratori clandestini a basso costo e lo sfruttamen­to della prostituzione maschile e femminile.

I tentativi fatti in Francia non sembrano aver offerto i risultati sperati per combattere il traf­fico di minori; sono previste delle autorizzazioni ad operare in campo adozionale molto limitate, soprattutto rispetto ai Paesi referenti ed ai cor­rispondenti nei Paesi di origine dei bambini, ol­tre che nei controlli sui costi delle procedure adozionali che devono essere pubblicizzati e spe­cificati. Sono, altresì, previste le revoche alle autorizzazioni, ma, al di là di affermazioni di prin­cipio, i controlli specifici non sono sempre effi­caci e la situazione dell'adozione internazionale sembra essere assimilabile a quella italiana e a quella tedesca.

In Norvegia, l'adozione internazionale può av­venire solo tramite le tre agenzie autorizzate dallo Stato che vedono al loro interno l'integra­zione tra volontari e liberi professionisti. Vi è un rigido controllo da parte del Ministero degli af­fari sociali e della polizia di frontiera.

Le coppie possono usufruire di gruppi di so­stegno e conversazione oltre che di colloqui in­dividuali, e le agenzie possono esprimere un loro parere sulle coppie, mentre il rilascio dell'ido­neità è di esclusiva competenza dei servizi pub­blici. Sono attivate delle riunioni a scadenza tri­mestrale tra i rappresentanti delle tre agenzie e vi è una costante consultazione tra le agenzie dei Paesi scandinavi al fine di omogeneizzare criteri di intervento e procedure adozionali.

Il raggiungimento di un discreto successo con­tro il traffico di bambini è positivamente condi­zionato da un'organizzazione in cui il controllo sociale è capillare e dal fatto che la Norvegia ha solo circa 4 milioni di abitanti.

In Italia, l'adozione internazionale sta diven­tando ormai l'unico sbocco adozionale, visto l'e­siguo numero di bambini italiani adottabili an­nualmente; rimane però il fatto che su poco più di 2.000 bambini stranieri entrati a scopo di ado­zione nel 1988, solo il 10% proviene tramite pra­tiche seguite dalle sette associazioni riconosciu­te e autorizzate dallo Stato; un altro 10% circa è a carico di associazioni e agenzie non autorizza­te, mentre il restante 80% è il risultato di inizia­tive individuali nei confronti delle quali è estre­mamente difficile attivare controlli seri.

A seguito di episodi accaduti in questi due ultimi anni in Italia, che poco o nulla hanno a che fare con l'adozione, si è creata un'area di opinio­ni estremamente critica anche se disomogenea nei confronti della legge 184/1983, composta da fautori di uno sfrenato permissivismo nei con­fronti del traffico di bambini e da sostenitori di una modifica in senso restrittivo di alcuni articoli della legge stessa.

In realtà, questa legge sembra essere estre­mamente misurata ed equilibrata, a patto che se ne interpretino gli articoli chiave secondo lo spi­rito che aveva ispirato il legislatore, magari con il sostegno di ulteriori articoli di legge esplica­tivi.

In sostanza, il traffico dei minori va stigmatiz­zato come vero e proprio crimine sul piano legale e l'adozione internazionale va accompagnata da una sconfitta della cultura dell'espropriazione, oltre che da norme e procedure che nulla lascino al caso e all'improvvisazione.

Per ciò che riguarda i Paesi riceventi, viene sottolineata la necessità che:

1) vengano al più presto firmati degli accordi bilaterali o multilaterali tra Stati, oltre che con­venzioni internazionali; vengano al più presto pubblicizzati i criteri che consentano rapidamen­te la nomina di un numero adeguato di associa­zioni riconosciute e autorizzate ad operare in campo adozionale che:

a) rendano più efficace la preparazione e la selezione delle famiglie aspiranti all'adozione in­ternazionale;

b) garantiscano procedure ineccepibili e rapporti diretti con l'autorità giudiziaria minorile del Paese di provenienza del minore;

c) rifiutino di operare laddove le norme o le procedure non consentono effettive garanzie sul­lo stato di abbandono del minore;

d) si pongano come garanti tra le istituzioni italiane e quelle straniere, assumendosi integral­mente le responsabilità da ciò derivanti;

e) seguano, in collaborazione con i servizi pubblici, l'inserimento del minore nella nuova realtà familiare;

f) riferiscano dell'inserimento e delle con­dizioni generali del minore, secondo quanto pre­visto dalla normativa e dall'accordo specifico con il magistrato straniero, per tutto il periodo pre­cedentemente concordato;

g) si attivino al fine di raggiungere omoge­neità delle procedure e dei criteri operativi, nel rispetto delle peculiarità e delle culture d'ori­gine;

h) non si occupino solamente di adozione internazionale, ma si mobilitino per iniziative di diffusione culturale, formazione, sostegno e so­lidarietà nel proprio Paese e in quelli di origine dei bambini, oltre che di denuncia di abusi e di richiamo alla autorità per la sua competenza;

2) venga definitivamente sancito che la scelta adozionale non può rappresentare un fatto priva­to dei cittadini e, così come accade per l'adozio­ne nazionale, che il minore straniero deve godere della stessa protezione del minore italiano che si trova nella stessa condizione;

3) l’adozione internazionale può essere effet­tuata solamente attraverso organismi, enti, asso­ciazioni appositamente vagliati, riconosciuti e autorizzati, soggetti a controlli effettivi e costan­ti sulle procedure e sui bilanci, e sottoposti a revoca delle autorizzazioni stesse, qualora non fossero seguite le indicazioni di legge relative agli accordi sottoscritti;

4) siano attivati momenti formativi ed infor­ma-tivi che vedano il coinvolgimento degli orga­nismi preposti al controllo ed alla verifica della adozione internazionale, quali Ambasciate, Con­solati, Polizia di frontiera, Tribunali minorili, Ser­vizi territoriali, al fine di una maggiore responsa­bilizzazione e competenze operative;

5) venga sensibilizzata la classe politica affinché si sforzi di non utilizzare i problemi minorili esclusivamente a fini elettoralistici o di interessi di parte, bensì si renda disponibile a concepire i bisogni dei bambini come bisogni dell'intera società.

Per ciò che riguarda i Paesi di provenienza dei minori, va sottolineata la necessità che:

- vengano attivate prioritariamente politiche di prevenzione dell'abbandono;

- sia incentivata l'adozione nazionale e l'af­fidamento familiare, ricorrendo all'adozione in­ternazionale solo come ultima soluzione possi­bile;

- siano abbattute sul piano culturale le po­sizioni estreme che individuano l'adozione inter­nazionale come risoluzione a tutti i problemi o come nemico da abbattere per questioni ideolo­giche o di immagine;

- vengano modificate quelle norme che, vec­chie di anni e retaggio di culture ormai superate, non rispondono più ai bisogni effettivi dei minori, comprese quelle che riguardano l'adozione inter­nazionale;

- l'adozione internazionale venga effettuata solo tramite intervento del magistrato minorile e senza intermediazioni individuali;

- il minore avviato all'adozione internaziona­le sia precedentemente dichiarato in stato di ab­bandono e non passi direttamente da una fami­glia all'altra;

- l'adozione internazionale possa essere fat­ta solo tramite l'intermediazione di una associa­zione o agenzia straniera precedentemente auto­rizzata e riconosciuta dallo Stato di appartenenza e successivamente riconosciuta e autorizzata an­che dallo Stato di provenienza del minore.

In conclusione va posto il problema che le isti­tuzioni pubbliche devono poter rappresentare de­gli interlocutori capaci e autorevoli, fortemente responsabilizzati alla difesa della cultura della adozione non disgiunta da un'indispensabile cul­tura dell'infanzia.

Va altresì valorizzata l'esperienza e la profes­sionalità delle associazioni che, se ben control­late, possono svolgere una indispensabile funzio­ne di stimolo e di supporto rispetto all'opinione pubblica ed ai servizi, purché si muovano effet­tivamente nel preminente interesse dei minori e rispettino i compiti che la norma loro assegna, superando divisioni spesso speciose e ponendosi altresì come alleati dei bambini di fronte al loro utilizzo come oggetti.

 

 

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