Prospettive assistenziali, n. 94, aprile-giugno 1991

 

 

LEGGE QUADRO SULL'HANDICAP - TESTO DELLA COMMISSIONE AFFARI SOCIALI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI      .

 

 

Art. 1. (Finalità)

1. La Repubblica:

a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia delle persone handicappate;

b) previene e rimuove le condizioni invali­danti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autono­mia possibile e la partecipazione delle persone handicappate alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patri­moniali;

c) persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psi­chiche e sensoriali e assicura i servizi e le pre­stazioni per la prevenzione, la cura e la riabilita­zione delle minorazioni, nonché l'inserimento so­ciale, scolastico e lavorativo, e la tutela giuridica ed economica della persona handicappata.

 

Art. 2. (Soggetti aventi diritto)

1. Sono persone handicappate coloro che pre­sentano una minorazione fisica, psichica o sen­soriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di inserimento lavorativo e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emargina­zione.

2. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un interven­to assistenziale permanente, continuativo e glo­bale nella sfera individuale o in quella di relazio­ne, l'handicap è considerato gravissimo.

3. La presente legge si applica anche agli stra­nieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi sta-bile dimora nel territorio nazionale. Le relati­ve prestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da accordi internazionali.

 

Art. 3. (Accertamenti dell'handicap)

1. Gli accertamenti relativi alla minorazione e alle difficoltà di cui all'articolo 2, comma 1 e al­la necessità dell'intervento assistenziale perma­nente di cui all'articolo 2, comma 2 sono effettua­ti dalle unità sanitarie locali mediante le commis­sioni mediche di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali.

 

Art. 4. (Principi generali per la tutela delle persone handicappate)

1. La tutela delle persone handicappate è per­seguita attraverso la realizzazione dei seguenti obiettivi:

a) assicurare la prevenzione, la diagnosi e la terapia prenatale e precoce delle minorazioni e la ricerca sistematica delle loro cause;

b) garantire l'intervento tempestivo dei ser­vizi terapeutici e riabilitativi, che assicuri il re­cupero consentito dalle conoscenze scientifiche e dalle tecniche attualmente disponibili, il man­tenimento della persona handicappata nell'am­biente familiare e sociale, la sua integrazione e la partecipazione alla vita sociale;

c) assicurare nella scelta e nell'attuazione degli interventi socio-sanitari la collaborazione della famiglia, della comunità e della persona handicappata, attivandone le potenziali capacità;

d) assicurare la prevenzione primaria e se­condaria in tutte le fasi di maturazione e svilup­po del bambino e dei soggetto minore per con­statare l'insorgenza della minorazione o per ri­durre e superare i danni della minorazione so­praggiunta;

e) attuare il decentramento territoriale dei servizi e degli interventi rivolti alla prevenzione, al sostegno e al recupero della persona handi­cappata, assicurando il coordinamento e l'inte­grazione con gli altri servizi territoriali sulla ba­se degli accordi di programma di cui all'articolo 27 legge 8 giugno 1990, n. 142;

f) garantire alle persone handicappate e al loro nucleo familiare l'adeguato sostegno psico­logico e psicopedagogico, servizi di aiuto perso­nale o familiare, strumenti e sussidi tecnici, pre­vedendo, nei casi strettamente necessari e per il periodo indispensabile, interventi economici integrativi per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente articolo;

g) promuovere, anche attraverso l'apporto di enti e associazioni, iniziative permanenti di informazione e di partecipazione della popolazio­ne, per la prevenzione e per la cura degli handi­cap, la riabilitazione e l'inserimento sociale di chi ne è colpito;

h) garantire il diritto di scelta dei servizi ritenuti più idonei anche al di fuori della circo­scrizione territoriale.

2. Gli interventi a favore delle persone porta­trici di handicap gravissimo, nelle forme previ­ste dalla presente legge, sono prioritari.

 

Art. 5. (Prevenzione e diagnosi precoce)

1. Gli interventi per la prevenzione e la dia­gnosi prenatale e precoce delle minorazioni si attuano nel quadro della programmazione sanita­ria dì cui agli articoli 53 e 55 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, conformemente alle competenze e alle attribuzioni di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142 e alla legge 23 dicembre 1978, n. 833 e successive modificazioni, disciplinano entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presen­te legge:

a) l'informazione e l'educazione sanitaria della popolazione sulle cause e sulle conseguen­ze dell'handicap, nonché sulla prevenzione in fa­se preconcezionale, durante la gravidanza, il par­to, il periodo neonatale e nelle varie fasi di svi­luppo della vita, e sui servizi che svolgono tali funzioni;

b) l'effettuazione del parto con particolare rispetto dei ritmi e dei bisogni naturali della par­toriente e del nascituro;

c) l'individuazione e la rimozione, negli am­bienti di vita e di lavoro, dei fattori di rischio che possono determinare malformazioni conge­nite e patologie invalidanti;

d) la diagnosi prenatale e precoce per la prevenzione delle malattie genetiche che pos­sono essere causa di handicap fisici, psichici, sen­soriali e di neuromotulesioni;

e) il controllo periodico della gravidanza per la individuazione e la terapia di eventuali patolo­gie complicanti la gravidanza e la prevenzione delle loro conseguenze;

f) l'assistenza intensiva per la gravidanza, i parti e le nascite a rischio;

g) nel periodo neonatale, gli accertamenti utili alla diagnosi precoce delle malformazioni e l'obbligatorietà del controllo per l'individuazio­ne ed il tempestivo trattamento dell'ipotiroidi­smo congenito e della fenilchetonuria. Tale con­trollo è effettuato con la determinazione di para­metri chimico-clinici, mediante indagini di massa di prima individuazione diagnostica, le cui mo­dalità di applicazione sono disciplinate dal Mini­stro della sanità con atti di indirizzo e coordina­mento, sentito il Consiglio superiore di sanità. Con tali atti possono essere individuate altre for­me di endocrinopatie e di errori congeniti del metabolismo alle quali estendere l'indagine per tutta la popolazione neonatale;

h) un'attività di prevenzione permanente che tuteli i bambini fin dalla nascita con il coordina­mento con gli operatori degli asili nido, delle scuole materne e dell'obbligo, per accertare la inesistenza o l'insorgenza di patologie e cause invalidanti e con controlli sul bambino entro l'ot­tavo giorno, al trentesimo giorno, entro il sesto ed il nono mese di vita e ogni due anni dal com­pimento del primo anno di vita. È istituito un li­bretto sanitario personale con le caratteristiche di cui all'articolo 27 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e successive modificazioni su cui sono ri­portati i risultati dei suddetti controlli ed ogni altra notizia sanitaria utile a stabilire lo stato di salute del bambino;

i) l'obbligo per tutta la popolazione della vaccinazione contro la rosolia;

l) gli interventi informativi, educativi, di par­tecipazione e di controllo per eliminare la noci­vità ambientale, per prevenire gli infortuni in ogni ambiente di vita e di lavoro, con particolare riferimento agli incidenti domestici.

 

Art. 6. (Cura e riabilitazione)

1. Il Servizio sanitario nazionale, tramite le strutture dirette o convenzionate, assicura:

a) gli interventi per la cura e la riabilitazio­ne precoce delle persone handicappate, nonché gli specifici interventi riabilitativi e ambulato­riali, a domicilio o presso i centri socio-riabilita­tivi ed educativi a carattere diurno o residenziale;

b) la fornitura, la cessione in uso e la ripara­zione di apparecchiature, attrezzature, protesi e sussidi tecnici necessari per il trattamento del­le menomazioni.

 

Art. 7. (Inserimento ed integrazione sociale)

1. L'inserimento e l'integrazione sociale delle persone handicappate si realizzano mediante:

a) interventi di carattere socio-psico-peda­gogico, di assistenza sociale e sanitaria a domi­cilio, di aiuto domestico e di tipo economico ai sensi della normativa vigente, a sostegno della persona handicappata e del nucleo familiare in cui è inserito;

b) servizi di aiuto personale alle persone handicappate in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale;

c) interventi diretti ad assicurare l'accesso agli edifici pubblici e privati e ad eliminare o su­perare le barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o aper­ti al pubblico;

d) provvedimenti che rendano effettivi il diritto all'informazione e il diritto allo studio delle persone handicappate, con particolare riferimen­to alle dotazioni didattiche e tecniche, ai pro­grammi, ai linguaggi specializzati, alle prove di valutazione e alla disponibilità di personale ap­positamente qualificato, docente e non docente;

e) adeguamento delle attrezzature e del per­sonale dei servizi educativi, sportivi, di tempo libero e sociali;

f) misure atte a favorire la piena integrazio­ne nel mondo del lavoro, in forma individuale o associata, e la tutela del posto di lavoro anche attraverso incentivi alle aziende nel caso in cui siano necessari adattamenti strutturali e del po­sto di lavoro all'interno dell'azienda stessa;

g) provvedimenti che assicurino la fruibili­tà dei mezzi di trasporto pubblico e privato e la organizzazione dei trasporti specifici;

h) affidamenti e inserimenti presso persone e nuclei familiari;

1) organizzazione e sostegno di comunità-alloggio, case-famiglia e analoghi servizi residen­ziali inseriti nei centri abitativi per favorire la deistituzionalizzazione e per assicurare alle per­sone handicappate, prive anche temporaneamen­te di una idonea sistemazione familiare, naturale o affidataria, un ambiente di vita adeguato;

1) istituzione o adattamento di centri socio­riabilitativi ed educativi diurni nonché di unità residenziali secondo standard definiti dal Mini­stro della sanità, destinati a persone handicap­pate che abbisognano di una specifica e continua assistenza e che, a causa delle loro minorazioni, non sono in grado di svolgere alcuna attività la­vorativa.

 

Art. 8. (Servizio di aiuto personale)

1. Il servizio di aiuto personale è diretto ai cittadini in temporanea o permanente grave limi­tazione dell'autonomia personale non superabile attraverso la fornitura di sussidi tecnici, protesi o altre forme di sostegno rivolte a facilitare l'au­tosufficienza e le possibilità di integrazione dei cittadini stessi e comprende il servizio di inter­pretariato per i cittadini sardi.

2. Il servizio di aiuto personale è integrato con gli altri servizi sanitari e socio-assistenziali esi­stenti sul territorio e può avvalersi di:

a) coloro che hanno ottenuto il riconosci­mento dell'obiezione di coscienza ai sensi della normativa vigente, che ne facciano richiesta;

b) cittadini di età superiore ai 18 anni che facciano richiesta di prestare attività volontaria; c) organizzazioni di volontariato;

d) società cooperative aventi come oggetto l'assistenza di persone handicappate.

3. Il personale indicato alle lettere a), b), c) e d) del comma 2 deve avere una formazione specifica.

4. I comuni, anche consorziati tra loro o con le province, le loro unioni e le comunità montane, non possono erogare ai soggetti di cui al comma 2, lettere a), b), c) e d) somme ad alcun titolo, ad esclusione del rimborso delle spese sostenute, purché preventivamente autorizzate e successi­vamente documentate.

 

Art. 9. (Interventi a favore di persone con handicap gravissimi)

1. I comuni, anche consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle com­petenze in materia di servizi sociali loro attribui­te dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 e nell'ambito della programmazione regionale, provvedono a realizzare con mezzi propri di bilancio o con fon­di per l'assistenza sociale trasferiti dalle regioni o dallo Stato, comunità alloggio e centri socia riabilitativi per persone con handicap gravissimi.

2. Per la realizzazione di comunità alloggio e centri socio-riabilitativi per cittadini con handi­cap gravissimo gli enti di cui al comma 1 posso­no utilizzare donazioni, eredità o legati di privati e donazioni di enti pubblici finalizzati allo scopo. A tali erogazioni si applica quanto previsto dall'articolo 65, comma 2, lettera a), del testo unica delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

3. Gli enti di cui al comma 1 possono contri­buire, mediante appositi finanziamenti, previo parere della regione sulla congruità dell'iniziati­va rispetto ai programmi regionali, alla realizza­zione e al sostegno di comunità alloggio e centri socio-riabilitativi per persone handicappate, an­ziane o con handicap gravissimi, promossi da en­ti, fondazioni, IPAB, società cooperative e orga­nizzazioni di volontariato iscritte negli albi re­gionali.

4. Gli interventi di cui ai commi 1 e 3 possono essere realizzati anche mediante le convenzioni di cui all'articolo 40.

5. Per la collocazione topografica, l'organizza­zione e il funzionamento, le comunità alloggio e i centri socio-riabilitativi devono essere idonei a perseguire una costante socializzazione dei soggetti ospiti, anche mediante iniziative dirette a coinvolgere i servizi pubblici di base e il vo­lontariato.

6. L'approvazione dei progetti edilizi presen­tati da soggetti pubblici o privati concernenti im­mobili da destinare alle comunità alloggio ed ai centri socio-riabilitativi di cui al comma 1, con vincolo di destinazione almeno ventennale all'u­so effettivo dell'immobile per gli scopi di cui alla presente legge, ove localizzati in aree vincolate o a diversa specifica destinazione, fatte salve le norme previste dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497, e dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, nella legge 8 ago­sto 1985, n. 431, costituisce variante del piano regolatore.

 

Art. 10. (Soggiorno all'estero per cure)

1. Nei casi in cui vengano concesse le dero­ghe di cui all'articolo 7 del decreto del Ministro della sanità 3 novembre 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 novembre 1989, n. 273, ove nel centro di altissima specializzazione este­ro non sia previsto il ricovero ospedaliero per tut­ta la durata degli interventi autorizzati, il soggior­no dell'assistito e del suo accompagnatore in al­berghi o strutture collegate con i centri è equi­parato a tutti gli effetti alla degenza ospedaliera ed è rimborsabile nella misura prevista dalla de­roga.

2. La commissione centrale presso il Ministe­ro della sanità di cui all'articolo 8 del decreto del Ministro della sanità 3 novembre 1989, pub­blicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 novembre 1989, n. 273, esprime il parere sul rimborso per i soggiorni collegati agli interventi autorizzati.

 

Art. 11. (Diritto all'educazione e all'istruzione)

1. È assicurato il diritto all'educazione e alla istruzione delle persone handicappate nelle se­zioni di scuola materna e nelle classi delle isti­tuzioni scolastiche di ogni ardine e grado e nelle istituzioni universitarie.

2. L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità delle persone han­dicappate nell'apprendimento, nella comunicazio­ne, nelle relazioni e nella socializzazione.

3. L'esercizio del diritto all'educazione e alla istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento.

4. All'individuazione dell'alunno come persona handicappata ed alla acquisizione della docu­mentazione attestante tale situazione fa seguito un profilo dinamico funzionale ai fini di un inter­vento educativo e didattico adeguato, alla cui de­finizione provvedono congiuntamente gli opera­tori delle unità sanitarie locali e il personale in­segnante fornito di titoli specifici ed esperienza in campa psico-pedagogico di cui all'articolo 6, comma 3 della legge 5 giugno 1990, n. 148, con la collaborazione dei genitori della persona han­dicappata. Il profilo indica le caratteristiche fisi­che, psichiche e sociali ed affettive dell'alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimen­to conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e pro­gressivamente rafforzate e sviluppate.

5. Alla elaborazione del profila dinamico-fun­zionale iniziale seguano, con il concorso degli operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e delle famiglie, verifiche per controllare gli ef­fetti dei diversi interventi e le incidenze eserci­tate dall'ambiente scolastico.

6. Il profilo dinamico-funzionale è aggiornato a conclusione della scuola materna, della scuola elementare e della scuola media e durante il cor­so di istruzione secondaria superiore.

7. Ai minori handicappati soggetti all'obbligo scolastico, temporaneamente impediti a frequen­tare la scuola sono comunque garantite l'educa­zione e l'istruzione scolastica. A tal fine il Prov­veditore agli studi, d'intesa con gli enti ospeda­lieri e i centri di recupero e di riabilitazione, pub­blici e privati, convenzionati con i Ministeri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, provvede alla istituzione, per i minori ricoverati, di classi ordinarie quali sezioni staccate della scuola statale. A tali classi possono essere am­messi anche i minori ricoverati nei centri di de­genza, che non versino in situazioni di handicap e per i quali sia accertata l'impossibilità della frequenza della scuola dell'obbligo per un perio­do non inferiore a trenta giorni di lezione. La fre­quenza di tali classi, attestata dall'autorità sco­lastica mediante una relazione sulle attività svol­te dai docenti in servizio presso il centro di de­genza, è equiparato a ogni effetto alla frequenza delle classi alle quali i minori sono iscritti.

8. Ai minori ricoverati presso centri di degen­za in cui non sono istituite le classi di cui al com­ma 7 o ai minori costretti a domicilio per cause immunitarie o protesiche con prognosi supe­riore a un periodo comprendente sessanta giorni di lezione sono assicurate l'educazione e l'istru­zione, nei limiti delle dotazioni organiche di cui all'articolo 12, comma 3.

9. Negli ospedali, nelle cliniche e nelle divisio­ni pediatriche gli obiettivi di cui al presente arti­colo possono essere perseguiti anche mediante l'utilizzazione di personale in possesso di speci­fica formazione psico-pedagogica che abbia una esperienza acquisita presso i nosocomi o segua un periodo di tirocinio di un anno sotto la guida di personale esperto.

 

Art. 12 (Integrazione scolastica)

1. L'integrazione scolastica delle persone han­dicappate nelle sezioni di scuola materna e nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università si realizza, fermo restando quanto previsto dalla legge 4 agosto 1977, n. 517 e successive modi­ficazioni, anche attraverso:

a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubblici o privati. A tale scopo gli enti locali, gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle rispettive competenze stipulano gli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della pubblica istruzione d'intesa con i Ministri degli affari sociali e della sanità, sono fissati gli indirizzi per la stipula degli accordi di programma. Tali accordi di programma sono finalizzati alla predisposizione, attuazione e verifica congiunta di progetti educativi, riabilitativi e di socializza­zione individualizzati, nonché i requisiti che gli enti pubblici e privati devono possedere per par­tecipare alle attività di collaborazione coordinate;

b) la dotazione alle scuole e alle università di attrezzature tecniche e di sussidi didattici, ferma restando la dotazione individuale di ausili e presidi funzionali all'effettivo esercizio del di­ritto allo studio, anche mediante convenzioni con centri specializzati, avente funzione di consulen­za pedagogica, di produzione e adattamento di specifico materiale didattico;

c) l'attribuzione, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica da ema­nare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di incarichi professionali ad interpreti da destinare alle università, per facili­tare la frequenza e l'apprendimento di studenti non udenti;

d) l'adeguamento dell'organizzazione e del funzionamento degli asili nido alle esigenze dei bambini con handicap, al fine di avviarne preco­cemente il recupero, la socializzazione e l'inte­grazione;

e) l'assegnazione di personale docente spe­cializzato e di operatori ed assistenti specializ­zati;

f) la sperimentazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 419, da realizzare nelle classi frequentate da alunni con handicap.

2. Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del decreto del Presidente del­la Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autono­mia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici e sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati.

3. I posti di sostegno per la scuola materna, elementare e secondaria di primo e secondo gra­do, sano determinati nell'organico di diritto in modo da assicurare un rapporto medio di un in­segnante ogni quattro alunni handicappati; dero­ghe a tale rapporto sono autorizzate in organico di fatto in presenza di minorazioni particolarmen­te gravi, per le quali la diagnosi funzionale richie­da interventi maggiormente individualizzati o a domicilio e nel caso di alunni handicappati fre­quentanti scuole nelle zone di montagna e nelle piccole isole. Le deroghe stesse sono conferma­te per tutti gli anni nei quali persistono le condi­zioni che vi hanno dato luogo.

4. Nella scuola secondaria di primo e secon­do grado sono garantite attività di sostegno me­diante docenti specializzati alla cui assegnazione si perviene previa individuazione, sulla base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo riabilitativo e di socializzazione, dell'area disciplinare di prevalente interesse per l'alunno, tra quelle umanistica, scientifica e tec­nologica.

5. Gli insegnanti per le attività di sostegno as­sumono la contitolarità delle sezioni e delle clas­si in cui operano, partecipano alla programmazio­ne educativa e didattica e alla elaborazione e ve­rifica delle attività di competenza dei consigli di intersezione, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti.

 

Art. 13. (Modalità di attuazione dell'integrazione)

1. Il Ministro della pubblica istruzione prov­vede:

a) alla formazione e all'aggiornamento del personale docente per l'acquisizione di cono­scenze in materia di integrazione scolastica de­gli studenti handicappati.

b) all'attivazione dì forme sistematiche di orientamento, particolarmente qualificate per le persone handicappate, con inizio almeno dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado;

c) all'organizzazione dell'attività educativa e didattica secondo il criterio della flessibilità nell'articolazione delle classi, anche aperte, in relazione alla programmazione scolastica indivi­dualizzata;

d) a favorire la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola ed il massimo sviluppo dell'esperienza scolastica delle persone handi­cappate in tutti gli ordini e gradi di scuola, con­sentendo, nell'interesse dell'alunno, la perma­nenza nelle singole classi e il completamento della scuola dell'obbligo anche sino al compi­mento del diciottesimo anno di età.

2. I piani di studio delle scuole di specializza­zione di cui all'articolo 4 della legge 19 novem­bre 1990, n. 341, per il conseguimento del diplo­ma abilitante all'insegnamento nelle scuole se­condarie, comprendono discipline facoltative, at­tinenti all'integrazione degli alunni handicappati, determinate ai sensi dell'articolo 4, comma 3, della citata legge n. 341 del 1990. Nel diploma di specializzazione conseguito ai sensi del predetto articolo 4 deve essere specificato se l'insegnante ha sostenuto gli esami relativi all'insegnamento di sostegno per le discipline cui il diploma stes­so si riferisce, nel qual caso la specializzazione ha valore abilitante anche per l'insegnamento di sostegno.

3. La tabella del corso di laurea definita ai sen­si dell'articolo 3, comma 3, della legge 19 novem­bre 1990, n. 341, comprende insegnamenti facol­tativi attinenti all'integrazione scolastica degli alunni handicappati. Il diploma di laurea per l'in­segnamento nelle scuole materne ed elementari di cui all'articolo 3, comma 2, della citata legge n. 341 del 1990, costituisce titolo per l'ammissio­ne ai concorsi per l'insegnamento di sostegno solo se siano stati sostenuti gli esami relativi, individuati come obbligatori per la preparazione all'insegnamento di sostegno, nell'ambito della tabella suddetta.

4. Fino alla prima applicazione, dell'articolo 9 della legge 19 novembre 1990, n. 341, relativa­mente alle scuole di specializzazione si applica­no le disposizioni di cui al decreta del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417, al de­creto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970, e all'articolo 65 della legge 20 mag­gio 1982, n. 270.

5. È vietata l'utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializ­zazione.

6. Le convenzioni di cui all'articolo 13, comma 1, lettera a), possano prevedere lo svolgimento di corsi di aggiornamento comuni per il perso­nale delle scuole, delle unità sanitarie locali e degli enti locali, impegnati in piani educativi e di recupero individualizzati.

 

Art. 14. (Gruppi di lavoro per l'integrazione scolastica)

1. Presso ogni ufficio scolastico provinciale è istituito un gruppo di lavoro composto da tre esperti della scuola, due esperti degli enti locali, due esperti delle unità sanitarie locali e due esperti delle associazioni di handicappati mag­giormente rappresentative a livello provinciale, nominati dal Provveditore agli studi sulla base dei criteri indicati dal Ministro della pubblica istruzione, entro novanta giorni dalla data di en­trata ;in vigore della presente legge.

2. I gruppi di lavoro di cui al comma 1 hanno compiti di consulenza e proposta al Provveditore agli studi, di consulenza alle singole scuole, di collaborazione con gli enti locali e le unità sani­tarie locali per la conclusione e la verifica della esecuzione delle convenzioni per l'impostazione e l'attuazione dei piani educativi individualizzati, nonché per qualsiasi altra attività inerente all'in­tegrazione degli alunni in difficoltà di apprendi­mento.

 

Art. 15. (Valutazione del rendimento e prove d'esame)

1. Nella valutazione da parte degli insegnanti degli alunni handicappati è indicato, sulla base del piano educativo individualizzato, per quali discipline siano stati adottati particolari criteri didattici, quali attività integrative e di sostegno sono state svolte, anche in sostituzione parziale dei contenuti programmatici di alcune discipline.

2. Nella scuola dell'obbligo sono predisposte, sulla base degli elementi conoscitivi di cui al comma 1, prove d'esame corrispondenti agli in­segnamenti impartiti e idonee a valutare il pro­gresso dell'allievo in rapporto alle sue potenzia­lità e ai livelli di partenza.

3. Nell'ambito della scuola secondaria di se­condo grado, per gli alunni handicappati sono consentite prave equipollenti e tempi più lunghi per l'effettuazione delle prove scritte o grafiche e la presenza di assistenti per l'autonomia e la comunicazione.

4. Gli alunni handicappati sostengono le prove finalizzate alla valutazione del rendimento sco­lastico o allo svolgimento di esami con l'uso degli ausili loro necessari.

 

Art. 16. (Formazione professionale)

1. Le regioni s le province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione di quanto prevista dall'articolo 3, primo comma, lettere 1) e m) e dall'articolo 8, primo comma, lettere g) e h) della legge 21 dicembre 1978, n. 845 realizzano l'inse­rimento delle persane handicappate negli ordi­nari corsi di formazione professionale, e garanti­scono agli allievi handicappati che non siano in grado di avvalersi dei metodi di apprendimento ordinari l'acquisizione di una qualifica anche me­diante l'attività specifiche nell'ambito delle atti­vità del centro di formazione professionale. A tal fine forniscono ai centri i sussidi e le attrezzatu­re necessarie.

2. Nei centri di formazione professionale sono istituiti corsi per le persone handicappate non in grado di frequentare i corsi normali. I corsi pos­sono essere realizzati nei centri di riabilitazione, quando vi siano svolti programmi finalizzati all'ad­destramento professionale, ovvero possono es­sere realizzati dagli enti di cui all'articolo 5 del­la legge 21 dicembre 1978, n. 845, nonché da or­ganizzazioni di volontariato e da enti autorizzati da leggi vigenti. Le regioni e le Province autono­me di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono ad adeguare alle disposizioni di cui al presente comma, i programmi pluriennali e i piani annuali di attuazione per le attività di for­mazione professionale di cui all'articolo 5 della legge 21 dicembre n. 845 del 1978.

3. Agli allievi che abbiano frequentato i corsi di cui al comma 2 è rilasciato un attestato di fre­quenza utile ai fini della graduatoria per il collo­camento obbligatorio nelle attività indicate nell'attestato stessa avvero in attività per l'eserci­zio delle quali non è richiesta una specifica qua­lifica professionale.

4. Fermo restando quanto previsto in favore delle persone handicappate dalla legge 21 dicem­bre 1978, n. 845, una quota dei fondo comune di cui all'articolo 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281 e successive modificazioni, è destinata ad iniziative di formazione e di avviamento al lavoro in forme sperimentali, quali tirocini, contratti di formazione, centri di lavoro guidato.

 

Art. 17. (Integrazione lavorativa)

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplinano l'isti­tuzione e la tenuta dell'albo regionale degli enti, istituzioni, cooperative di lavoro, di servizi, di solidarietà sociale e di centri di lavoro guidato, associazioni ed organizzazioni di volontariato che svolgono attività idonee a favorire l'inserimento e l'integrazione lavorativa di persone handicap­pate.

2. Requisiti per l'iscrizione agli albi, oltre a quelli previsti dalle leggi regionali, sono:

a) avere personalità giuridica di diritto pub­blica o privato o natura di associazione con i re­quisiti di cui al capo II, titolo II, libro I del codice civile;

b) garantire idonei livelli di prestazione, di qualificazione del personale e di efficienza ope­rativa.

3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le modalità di revisione ed aggiornamento biennale dell'albo di cui al comma 1.

4. Al rapporto di lavoro delle persone handi­cappate presso gli organismi di cui al comma 1 si applica, in quanto compatibile, la disciplina prevista per il rapporto di apprendistato.

5. Alle persane handicappate che prestano la loro attività lavorativa presso gli organismi di cui al comma 1 spetta una indennità di addestramento professionale soggetta al trattamento fiscale previsto dalla legge 3 novembre 1982, n. 835, e disciplinata dagli articoli 21 e 22 della legge 19 gennaio 1955, n. 25 e successive modificazioni.

6. I rapporti dei comuni, dei consorzi tra comu­ni e province, delle comunità montane e delle unità sanitarie locali con gli organismi di cui al comma 1 sono regolati da convenzioni, conformi allo schema tipo approvato con decreto dei Mini­stro dei lavoro, di concerto con il Ministro della sanità e con il Ministro per gli affari sociali, da emanare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

7. L'iscrizione all'albo di cui al comma 1, è condizione necessaria per accedere alle conven­zioni di cui all'articolo 40.

8. Le regioni e le province autonome di Trento è di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entra­ta in vigore della presente legge, disciplinano:

a) le agevolazioni alle singole persone han­dicappate per recarsi al posto di lavoro e per l'avvio e lo svolgimento di attività lavorative au­tonome;

b) gli incentivi, le agevolazioni e i contributi ai datori di lavoro anche ai fini dell'adattamento del posto di lavoro per l'assunzione delle per­sone handicappate.

 

Art. 18. (Soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio)

1. Le disposizioni di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482 e successive modificazioni, devono intendersi applicabili anche a coloro che sono affetti da minorazione psichica, i quali abbiano una capacità lavorativa che ne consente l'impie­go in mansioni compatibili. La capacità lavorativa è accertata dalle Commissioni di cui all'articolo 3 della presente legge, integrate da uno specia­lista nelle discipline neurologiche, psichiatriche o psicologiche.

2. I datori di lavoro di cui al titolo II della leg­ge 2 aprile 1968, n. 482, possono assumere i sog­getti di cui al comma 1 con richiesta nominativa.

 

Art. 19. (Fiscalizzazione degli oneri sociali)

1. Per i lavoratori con un grado di invalidità superiore al 74 per cento sono a carico dello Sta­to le aliquote della contribuzione previdenziale obbligatoria a carico dei datore di lavoro, sempre che questi assicuri a tali lavoratori un trattamen­to economico non inferiore a quella minimo pre­visto dai contratti collettivi nazionali di catego­ria stipulati dalle organizzazioni sindacali mag­giormente rappresentative a presenti in seno al CNEL.

 

Art. 20. (Prove d'esame nei concorsi pubblici)

1. Le persone handicappate sostengono le pro­ve d'esame nei concorsi pubblici con l'uso degli ausili loro necessari.

2. Nella domanda di partecipazione al concor­so il candidato specifica l'ausilio necessario in relazione al proprio handicap.

 

Art. 21. (Precedenza nell'assegnazione di sede)

1. Le persone handicappate con un grado di in­validità superiore al 74 per cento o con minora­zioni iscritte alle categorie prima, seconda e ter­za, assunti presso gli enti pubblici come vincitori di concorso o ad altro titolo, hanno diritto di scel­ta prioritaria tra le sedi disponibili.

2. I soggetti di cui al comma 1 hanno la prece­denza in sede di trasferimento a domanda.

 

Art. 22. (Accertamenti ai fini del lavoro pubblico e privato)

1. Ai fini dell'assunzione al lavoro pubblico e privato non è richiesta la certificazione di sana e robusta costituzione fisica.

2. L'accertamento dell'esistenza di malattie contagiose continua ad essere disciplinato dalle norme vigenti.

 

Art. 23. (Rimozione di ostacoli per l'esercizio di attività sportive, turistiche e ricreative)

1. L'attività e la pratica delle discipline spor­tive sono favorite senza limitazione alcuna. Il Mi­nistro della sanità con proprio decreto da ema­nare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge definisce i protocolli per la concessione dell'idoneità alla pratica spartiva agonistica alle persone handicappate.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, i comuni, i consorzi di comuni e il Cani garantiscono, ciascuno per gli impianti di propria competenza, l'accesso e l'utilizzo delle strutture sportive da parte delle persone handi­cappate.

3. Le concessioni demaniali per gli impianti di balneazione ed i loro rinnovi sono subordinati alla visitabilità degli impianti ai sensi del decre­to del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, di attuazione della legge 9 gennaio 1989, n. 13, e all'effettiva possibilità di accesso al ma­re delle persane handicappate.

4. Le concessioni autostradali ed i loro rinnovi sono subordinati alla visitabilità degli impianti ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pub­blici 14 giugno 1989, n. 236.

5. Chiunque nell'esercizio delle attività di cui all'articolo 5, comma primo, della legge 17 mag­gio 1983, n. 217 o di altri pubblici esercizi discri­mina persone handicappate è punito can la san­zione pecuniaria da lire 1.000.000 a lire 10.000.000 e con la chiusura dell'esercizio da uno a sei mesi.

 

Art. 24. (Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche)

1. Fatte salve le manutenzioni e l'esecuzione dei lavori effettuati, su edifici privati non aperti al pubblico, ai sensi dell'articolo 26 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, tutte le opere edilizie ri­guardanti edifici pubblici e privati aperti al pub­blico sono eseguite in conformità alle disposizioni di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118, al rego­lamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, alla legge 9 gennaio 1989, n. 13, come modificata dalla leg­ge 27 febbraio 1989, n. 62 e al decreto del Mini­stro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236.

2. Nelle comunicazioni al comune dei progetti di esecuzione dei lavori riguardanti edifici pubbli­ci e aperti al pubblico, di cui al comma 1, rese ai sensi degli articoli 15, terzo comma, e 26, secon­do comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni, è allegata una docu­mentazione grafica e una dichiarazione di confor­mità alle normative vigenti in materia di acces­sibilità e di superamento delle barriere architet­toniche.

3. Il rilascio della concessione o autorizzazio­ne edilizia è subordinato alla verifica della con­formità da] progetto compiuta dall'ufficio tecnico o dal tecnico incaricato dal comune. Il sindaco, nel rilasciare il certificato di agibilità e di abita­bilità deve accertare che le opere siano state realizzate nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di eliminazione delle barriere architet­toniche. A tal fine egli può richiedere al proprie­tario dell'immobile o all'intestatario della conces­sione una dichiarazione resa sotto forma di peri­zia giurata redatta da un tecnico abilitato.

4. Nel caso di opere pubbliche, fermi restando il divieto di finanziamento di cui all'articolo 32, comma 20, della legge 28 febbraio 1986, n. 41 e l'obbligo della dichiarazione del progettista, l'ac­certamento di conformità alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architet­toniche spetta all'Amministrazione competente, che ne dà atto in sede di approvazione del pro­getto. Il rilascio del certificato di collaudo è con­dizionato alla verifica del rispetto della norma­tiva stessa.

5. La richiesta di modifica di destinazione di uso di edifici in luoghi pubblici o aperti al pubbli­co, è accompagnata dalla dichiarazione di cui al comma 2. Il rilascio del certificato di agibilità e di abitabilità è condizionato alla verifica tecnica della conformità della dichiarazione allo stato dell'immobile.

6. Tutte le opere realizzate negli edifici pubbli­ci e privati aperti al pubblico in difformità dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche, nelle quali le difformità siano tali da rendere im­possibile l'utilizzazione dell'opera da parte delle persone handicappate, sono dichiarate inabita­bili e inagibili. Il progettista, il direttore dei la­vori, il responsabile tecnico degli accertamenti per l'agibilità o l'abitabilità ed il collaudatore, ciascuno per la propria competenza, sono diret­tamente responsabili. Essi sono puniti con l'am­menda da lire 10 milioni a lire 50 milioni e con la sospensione dai rispettivi albi professionali per un periodo compreso da uno a sei mesi.

7. Il Comitato per l'edilizia residenziale, di cui all'articolo 3 della legge 5 agosto 1978, n. 457, fermo restando il divieto di finanziamento di cui all'articolo 32, comma 20, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, dispone che una quota dei fondi per la realizzazione di opere di urbanizzazione e per interventi di recupero sia utilizzata per la elimi­nazione delle barriere architettoniche negli in­sediamenti di edilizia residenziale pubblica rea­lizzati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

8. I piani di cui all'articolo 32, comma 21, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, sono modificati con integrazioni relative all'accessibilità degli spazi urbani, con particolare riferimento alla indivi­duazione e alla realizzazione di percorsi accessi­bili, alla installazione di semafori acustici per non vedenti, alla rimozione della segnaletica in­stallata in modo da ostacolare la circolazione del­le persone handicappate.

9. Nell'ambito della complessiva somma che in ciascun anno la Cassa depositi e prestiti con­cede agli enti locali per la contrazione di mutui con finalità di investimento, una quota pari al 2 per cento è destinata ai prestiti finalizzati ad in­terventi di ristrutturazione e recupero in attua­zione delle norme di cui al «Regolamento con­cernente norme di attuazione dell'articolo 27 del­la legge 30 marzo 1971; n. 118 a favore dei muti­lati e invalidi civili, in materia di barriere archi­tettoniche e trasporti pubblici», approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 apri­le 1978, n. 384 e successive modificazioni.

10. I comuni adeguano i propri regolamenti edi­lizi alle disposizioni di cui all'articolo 27 della leg­ge 30 marzo 1971, n. 118, all'articolo 2 del rego­lamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384 e succes­sive modificazioni, alla legge 9 gennaio 1989, n. 13, come modificata dalla legge 27 febbraio 1989, n. 62 e al decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, entro 180 giorni dalla da­ta di entrata in vigore della presente legge. Sca­duto tale termine le norme dei regolamenti edili­zi comunali contrastanti con le disposizioni del presente articolo perdono efficacia.

 

Art. 25. (Accesso alla informazione e alla comunicazione)

1. Il Ministro delle poste e delle telecomuni­cazioni contribuisce alla realizzazione di progetti elaborati dalle concessionarie per i servizi radio­televisivi e telefonici volti a favorire l'accesso all'informazione radiotelevisiva e alla telefonia anche mediante installazione di decodificatori e di apparecchiature complementari, nonché me­diante l'adeguamento delle cabine telefoniche.

2. All'atto di rinnovo o in occasione di modi­fiche delle convenzioni per la concessione di ser­vizi radiotelevisivi o telefonici sono previste ini­ziative atte a favorire la ricezione da parte di persone con handicap sensoriali di programmi di informazioni, culturali e di svago e la diffusione di decodificatori.

 

Art. 26. (Mobilità e trasporti collettivi)

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le modalità degli inter­venti volti ad assicurare alle persone handicap­pate la possibilità di muoversi liberamente sul territorio, usufruendo, alle stesse condizioni de­gli altri cittadini, dei servizi di trasporto colletti­vo appositamente adattati o di servizi alternativi.

2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province au­tonome di Trento e di Bolzano elaborano piani di mobilità delle persone handicappate da attuare nel termine massimo di dieci anni anche median­te la conclusione di accordi di programma ai sen­si dell'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142. I suddetti piani prevedono servizi alternativi per le zone non coperte dai servizi di trasporto collettivo. Fino alla completa attuazione dei pia­ni le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali assicurano i servizi già istituiti.

3. Ove la persona handicappata sia titolare di indennità di accompagnamento, il suo titolo di viaggio consente il trasporto gratuito dell'accom­pagnatore.

4. Una quota non inferiore all'1 per cento dell'ammontare dei mutui autorizzati a favore dell'Ente Ferrovie dello Stato, è destinata agli in­terventi per l'eliminazione delle barriere architet­toniche nelle strutture edilizie e nel materiale rotabile appartenenti all'Ente medesimo, attra­verso capitolati d'appalto formati sulla base dell'articolo 20 del regolamento approvato con de­creto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384.

5. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei trasporti provvede alla omologazione di almeno un proto­tipo di autobus urbano ed extraurbano, di taxi, di vagone ferroviario, conformemente alle fina­lità della presente legge.

6. Sulla base dei piani regionali e della veri­fica della funzionalità dei prototipi omologati di cui al comma 5, il Ministro dei trasporti predispo­ne i capitolati d'appalto contenenti prescrizioni per adeguare alle finalità della presente legge i mezzi di trasporto su gomma in corrispondenza con la loro sostituzione.

Art. 27. (Trasporti individuali)

1. A favore dei titolari di patente di guida A, B, C speciale, con incapacità motorie permanenti, i comuni o le unità sanitarie locali contribuiscono alla spesa per la modifica degli strumenti di gui­da quale strumento protesico extra-tariffario nel­la misura del 20 per cento a carico del bilancio dello Stato.

2. Il Comitato tecnico di cui all'articolo 81, comma 9, del testo unico delle norme sulla cir­colazione stradale, come modificato dall'articolo 4 della legge 18 marzo 1988, n. 111, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393, è integrato da due rappre­sentanti delle associazioni delle persone handi­cappate nominati dal Ministro dei trasporti su proposta del Comitato di cui all'articolo 31 della presente legge.

 

Art. 28. (Facilitazioni per i veicoli delle persone handicappate)

1. I comuni assicurano appositi spazi riservati ai veicoli delle persone handicappate sia nei par­cheggi gestiti direttamente o dati in concessione che in quelli realizzati e gestiti da privati.

2. II contrassegno di cui all'articolo 6 del rego­lamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, che deve essere apposto visibilmente al parabrezza del veicolo, è valido per l'utilizzazione dei parcheggi di cui al comma 1.

 

Art. 29. (Esercizio del diritto di voto)

1. I comuni assicurano l'effettivo esercizio del diritto di voto al cittadino handicappato, provve­dendo con adeguati mezzi a facilitargli il rag­giungimento del seggio elettorale.

2. Per rendere più agevole l'espletamento dei diritto di voto, le unità sanitarie locali, nei tre giorni precedenti la consultazione elettorale, ga­rantiscono in ogni comune la disponibilità di un adeguato numero di medici autorizzati per il ri­lascio dei certificati di accompagnamento e dell'attestazione medica di cui all'articolo 1 della legge 15 gennaio 1991, n. 15.

3. Un accompagnatore di fiducia segue in ca­bina i cittadini handicappati impossibilitati ad esercitare autonomamente il diritto di voto. L'ac­compagnatore deve essere iscritto nelle liste elettorali. Nessun elettore può esercitare la fun­zione di accompagnatore per più di un handicap­pato. Sul certificato elettorale dell'accompagna­tore è fatta apposita annotazione del Presidente del seggio nel quale ha assolto a tale compito.

 

Art. 30. (Partecipazione)

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per la redazione dei programmi di promozione e di tutela dei diritti della persona handicappata, prevedono forme di consultazione che garantiscono la partecipazione dei cittadini interessati.

 

Art. 31. (Comitato nazionale di coordinamento per la - promozione e la tutela dei diritti della persona handicappata)

1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge è istituito, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, il Comitato di coordinamento per la promozione e tutela della persona. handicappata. Il comitato ha sede presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ed è rinnovato ogni tre anni.

2. Il Comitato di cui al comma 1 coordina le iniziative dei singoli Ministeri e degli altri organi ed enti pubblici e promuove le attività di inte­grazione sociale delle persone handicappate in­dividuando idonei strumenti giuridici e operativi che, nell'ambito di provvedimenti di competenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, dei Mi­nistri e degli altri organi ed enti pubblici, rispon­dano alle specifiche esigenze delle persone han­dicappate e garantiscano l'effettivo esercizio dei diritti di cui alla presente legge.

3. Per le finalità di cui al comma 2 il Comitato:

a) promuove l'informazione, lo studio e la documentazione sugli indirizzi formulati da or­ganismi internazionali ai quali l'Italia partecipa;

b) esprime pareri sui provvedimenti concer­nenti la condizione delle persone handicappate;

c) promuove le iniziative idonee a informare e sensibilizzare l'opinione pubblica sui diritti di cui alla presente legge.

4. Il Comitato di cui al comma 1 è composto­:

a) dal Ministro degli affari sociali, che lo presiede;

b) da un funzionario per ognuno dei Ministe­ri del bilancio, della difesa, delle finanze, di grazia e giustizia, dell'interno, del lavoro e previdenza sociale, delle poste e telecomunicazioni, della pubblica istruzione, della sanità, del tesoro, dei trasporti, nonché da tre funzionari della Presi­denza del Consiglio dei Ministri di cui uno del Dipartimento per la funzione pubblica, uno del Dipartimento per gli affari regionali ed i proble­mi istituzionali e uno del Dipartimento per gli affari sociali;

c) da due esperti delle regioni, designati dalla Commissione interregionale di cui all'arti­colo 13 della legge 16 maggio 1970, n. 281, due delle province, designati dall'Unione delle provin­ce d'Italia, due dei comuni, designati dall'Asso­ciazione nazionale comuni italiani, due dall'Unio­ne nazionale comunità montane;

d) da dieci esperti designati dalle associa­zioni in possesso dei requisiti di cui agli articoli 1 e 2 della legge 19 novembre 1987, n. 476, che svolgono attività di promozione e tutela delle persone handicappate.

5. Trascorso il termine di sessanta giorni dall'invito del ministro per gli affari sociali agli enti ed organismi di cui alle lettere c) e d) del com­ma 4 a designare gli esperti, lo stesso ministro provvede alla designazione e ad insediare il Co­mitato.

6. La partecipazione al Comitato di cui al com­ma 1 è a titolo gratuito, salvo il rimborso delle spese di viaggio.

 

Art. 32. (Riserva di alloggi)

1. Nei programmi di edilizia residenziale pubb­lica sovvenzionata e convenzionata, realizzati da comuni, privati a cooperative, una quota degli alloggi è realizzata con tipologia idonea ed è riservata alle persone handicappate e ai nuclei familiari tra i cui componenti figurano persone con handicap gravissimo e con ridotte o impe­dite capacità motorie.

2. La quota di alloggi di cui al comma 1 è de­terminata dai comuni nell'ambito dei propri rego­lamenti o convenzioni all'atto della definizione del progetto di costruzione o concessione edili­zia. La quota di alloggi è determinata con riferi­mento all'intero complesso in corso di costru­zione e al numero di cittadini aventi diritto alla riserva di cui al comma 1 residenti nel territorio del comune.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si ap­plicano anche alle costruzioni realizzate dagli Istituti autonomi case popolari, dagli enti e isti­tuti statali, assicurativi e bancari che realizzano interventi nei campo dell'edilizia abitativa. Il fi­nanziamento o il mutuo a tasso agevolato è su­bordinato alla realizzazione di quote di alloggi per persone handicappate. I comuni e gli Istituti autonomi case popolari destinano una parte di alloggi, compresa nella quota di cui ai commi 1 e 2, per comunità-alloggio, case famiglia, case albergo per persone con handicap gravissimo. Fermi restando i requisiti richiesti dalle vigenti leggi per tali assegnazioni, i comuni e gli enti interessati, di cui al presente articolo, provvedo­no, anche tramite le associazioni presenti sul territorio, all'informazione delle categorie inte­ressate.

4. Gli Istituti autonomi delle case popolari di­sciplinano le modalità di permuta degli alloggi divenuti inadatti al nucleo familiare a causa della sopravvenuta disabilità di uno dei suoi membri con alloggi adeguati e concludono accordi che consentano tali permute anche da un comune all'altro.

 

Art. 33. (Agevolazioni fiscali)

1. Le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e perma­nente invalidità e menomazione, per la parte del loro ammontare complessivo che eccede il 5 o il 10 per cento del reddito complessivo dichiarato secondo che questo sia o non sia superiore a 15 milioni di lire, sono deducibili dal reddito com­plessivo del contribuente che ha sostenuto gli oneri per sé o per le persone indicate nell'artico­lo 433 del codice civile, purché dalla documenta­zione risultino chi ha sostenuto effettivamente la spesa, la persona da assistere perché invalida e il domicilio a la residenza del percipiente.

 

Art. 34. (Agevolazioni per le persone con handicap gravissimi e per le loro famiglie)

1. In favore del parente o l'affine, entro il terzo grado, ovvero il coniuge, qualora assistano, pres­so il proprio nucleo familiare, in modo continua­tivo e permanente, una persona con handicap gravissimo ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del­la presente legge, al raggiungimento del 65° anno di età l'ammontare della pensione sociale, è au­mentato del 50 per cento, dell'80 per cento e del 100 per cento qualora l'attività di assistenza è sta­ta esercitata per 10, 15 e 20 anni. L'aumento non è dovuto nel caso la persona con handicap gravis­simo venga ricoverata presso strutture all'uopo preposte. I servizi sociali del comune competen­te per territori provvedono alla tenuta di una ap­posita documentazione attestante il nominativo della persona che svolge l'attività di cura e as­sistenza permanente a domicilio di un cittadino con handicap gravissimo, nonché il nominativo dell'assistito, e provvedono a trasmettere an­nualmente agli Istituti previdenziali competenti copia della documentazione.

2. Il lavoratore con rapporto di lavoro di dirit­to pubblico che intende prestare direttamente presso il proprio nucleo familiare, la cura e l'as­sistenza permanente a un cittadino con handicap gravissimo può usufruire dell'aspettativa senza assegni. Il periodo di aspettativa è computato ai fini del raggiungimento del periodo utile per il collocamento a riposo. Qualora l'assistenza cessi definitivamente il soggetto che ha usufruito dell'aspettativa è tenuto a riprendere immediata­mente servizio.

3. Il lavoratore con rapporto di diritto privato che intende prestare direttamente presso il pro­prio nucleo familiare, la cura e l'assistenza per­manente a una persona con handicap gravissimo, può usufruire, secondo le norme vigenti, del pen­sionamento anticipata, ovvero essere collocato in aspettativa senza oneri a carico del datore di lavoro per il periodo necessario al raggiungimen­to della contribuzione previdenziale minima per il collocamento in pensione. Qualora l'assistenza cessi definitivamente il dipendente è tenuto a ri­prendere immediatamente servizio.

4. Il periodo di aspettativa viene a cessare nel caso di ricovero del soggetto con handicap gra­vissimo in strutture all'uopo predisposte. L'aspet­tativa non è interrotta da ricoveri temporanei in reparti di cura per episodi morbosi intercorrenti. Gli istituti previdenziali competenti effettuano sulla base della documentazione trasmessa dai comuni, controlli a campione.

 

Art. 35. (Agevolazioni)

1. La lavoratrice madre o in alternativa il lavo­ratore padre, anche adottivi, di minore con han­dicap gravissimo, accertato ai sensi dell'articolo 3, comma 1, hanno diritto al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui all'articolo 7 della legge 30 di­cembre 1971, n. 1204, a condizione che il bambi­no non sia ricoverato a tempo pieno presso isti­tuti specializzati.

2. I soggetti di cui al comma 1 possono chie­dere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compi­mento del terzo anno di vita del bambino.

3. Successivamente al compimento dei terzo anno di vita del bambino, la lavoratrice madre o in alternativa il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap gravissimo, nonché colui che assiste una persona con handicap gravissimo parente o affine entro il terzo grado, convivente hanno diritto a tre giorni di permesso mensile, fruibili anche in maniera continuativa a condizio­ne che la persona con handicap gravissimo non sia ricoverata a tempo pieno.

4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3 che si cumulano con quelli previsti all'articolo 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, si applicano le disposizioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 7, nonché quelle contenute negli articoli 7 e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.

5. Il genitore o il familiare lavoratore, con rap­porto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, con lui convivente, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavo­ro più vicina al proprio domicilio e non può es­sere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

6. La persona handicappata gravissima maggio­renne può usufruire dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile, la se­de di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso.

7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano anche agli affidatari di persone han­dicappate gravissime.

 

Art. 36. (Protesi e ausili tecnici)

1. Con decreto del Ministro della sanità da emanare, sentito il Consiglio sanitario nazionale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del­la presente legge, nella revisione e ridefinizione del nomenclatore tariffario delle protesi di cui al terzo comma dell'articolo 26 della legge 23 di­cembre 1978, n. 833, vengono inseriti apparecchi e attrezzature elettroniche e altri ausili tecnici che permettano di compensare le difficoltà delle persone con handicap fisico o sensoriale.

2. Gli apparecchi, attrezzature e ausili tecnici di cui al comma 1 sono assoggettati all'imposta sul valore aggiunto nella misura prevista dall'ar­ticolo 3 bis del decreto-legge 29 maggio 1989, n. 202 convertito, con modificazioni dalla legge 28 luglio 1989, n. 263.

 

Art. 37. (Ricovero del minore handicappato)

1. Nel caso di ricovero di una persona handi­cappata di minore età presso un istituto anche a carattere sanitario, pubblico o privato, ove dall'istituto sia segnalato l'abbandono del minore, si applicano le norme di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184.

 

Art. 38. (Aggravamento delle sanzioni penali)

1. Per i reati di cui agii articoli 519, 520, 521, 522, 523, 527, e 628 del Codice penale nonché per i delitti non colposi contro la persona, di cui al libro lI, titolo XII, del Codice penale, e per i reati di cui alla legge 20 febbraio 1958, n. 75 qua­lora l'offeso sia una persona handicappata la pe­na è aumentata da un terzo alla metà.

2. Per i procedimenti penali per i reati di cui al comma 1 è ammessa la costituzione di parte ci­vile del difensore civico nonché dell'associazio­ne che tutela i diritti del cittadino handicappato cui questi risulti iscritto.

 

Art. 39. (Procedimento penale in cui sia interessata una persona handicappata)

1. Il Ministro di grazia e giustizia, il Ministro dell'interno e il Ministro della difesa, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, disciplina­no con proprio decreto le modalità di tutela della persona handicappata, in relazione alle sue esi­genze terapeutiche e di comunicazione, all'inter­no dei locali di sicurezza, in corso dei procedi­menti giudiziari penali e nei luoghi di custodia preventiva e di espiazione di pena.

 

Art. 40. (Convenzioni)

1. Per fornire i servizi di cui alla presente leg­ge i comuni anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali per parte di competenza, possono avvaler­si dell'opera di associazioni riconosciute, non ri­conosciute e di istituzioni private di assistenza non aventi scopo di lucro, ivi comprese le strut­ture e i servizi di cui all'articolo 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sempreché siano ido­nee per i livelli delle prestazioni, per la qualifica­zione del personale e per la efficienza organizza­tiva ed operativa, mediante la conclusione di ap­posite convenzioni.

2. I comuni anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane, rilevata la presenza di associazioni in favore di persone handicappate, che intendono costituire cooperative di servizi o comunità alloggio o centri socio-riabilitativi sen­za fini di lucro, possono erogare contributi che consentano di realizzare tali iniziative per i fini previsti, dal comma 1, lettere h), i), l), dell'arti­colo 7, previo controllo dell'adeguatezza dei pro­getti e delle iniziative, in rapporto alle necessità dei soggetti ospiti secondo i princìpi della pre­sente legge.

 

Art. 41. (Compiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano)

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Balzano promuovono la realizzazione degli interventi sanitari, sociali, educativo-formativi e riabilitativi nell'ambito del piano sanitario nazio­na,le, di cui all'articolo 53 della legge 23 dicem­bre 1978, n. 833, e della programmazione regio­nale dei servizi sanitari, sociali e formativo-cul­turali.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono:

a) a definire l'organizzazione dei servizi, i li­velli qualitativi delle prestazioni, nonché i criteri per l'erogazione dell'assistenza economica inte­grativa di competenza dei comuni;

b) a definire mediante gli accordi di pro­gramma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, le modalità di coordinamento e di integrazione dei servizi e delle prestazioni indi­viduali di cui alla presente legge con gli altri servizi sociali, sanitari, educativi anche d'intesa con gli argani periferici della Pubblica istruzione, con le strutture prescolastiche o scolastiche e di formazione professionale, anche per la messa a disposizione di attrezzature, operatori o spe­cialisti necessari all'attività di prevenzione, dia­gnosi e riabilitazione eventualmente svolta al lo­ro interno;

c) a definire, in collaborazione con le Uni­versità e gli istituti di ricerca, i programmi e le modalità organizzative delle iniziative di riquali­ficazione ed aggiornamento del personale im­piegato nelle attività di cui alla presente legge;

d) a promuovere, tramite le convenzioni con gli enti di cui all'articolo 40, le attività di ricerca e sperimentazione di nuove tecnologie di ap­prendimento e di riabilitazione, nonché la produ­zione di sussidi didattici e tecnici;

e) a definire le modalità di intervento nel campo delle attività assistenziali e quelle di ac­cesso ai servizi;

f) a disciplinare le modalità del controllo periodico degli interventi di inserimento ed integrazione sociale di cui all'articolo 4, per verifi­carne la rispondenza alla effettiva situazione di bisogno;

g) a disciplinare con legge, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente leg­ge, i criteri relativi all'istituzione e al funziona­mento dei servizi di aiuto personale;

h) ad effettuare controlli periodici sulle aziende beneficiarie degli incentivi e dei contri­buti di cui all'articolo 17, per garantire la loro effettiva finalizzazione all'integrazione lavorativa delle persone handicappate;

i) a promuovere programmi di formazione di personale volontario da realizzarsi da parte delle organizzazioni di volontariato;

1) a elaborare un consuntivo annuale anali­tico delle spese e dei contributi per assistenza erogati sul territorio anche da enti pubblici e enti o associazioni privati, i quali trasmettono alle regioni i rispettivi bilanci, secondo modalità fis­sate dalle regioni medesime.

 

Art. 42. (Compiti dei comuni)

1. I comuni anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali ove le leggi regionali attribuiscano loro la competenza, attuano gli interventi sociali e sa­nitari previsti dalla presente legge nel quadro della normativa regionale, mediante gli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge n. 142 del 1990 dando priorità agli interventi di ri­qualificazione, di riordinamento e di potenzia­mento dei servizi esistenti.

2. Gli statuti comunali di cui all'articolo 4 del­la legge 8 giugno 1990, n. 142, disciplinano le mo­dalità del coordinamento degli interventi di cui al comma 1 con i servizi sociali, sanitari, educa­tivi e di tempo libero operanti nell'ambito territo­riale e l'organizzazione di un servizio di segrete­ria per i rapporti con gli utenti, da realizzarsi an­che nelle forme del decentramento previste dal­lo statuto stesso.

 

Art. 43. (Competenze del Ministro per gli affari sociali)

1. I disegni di legge del Governo contenenti disposizioni concernenti la condizione della per­sona handicappata sono presentati previo con­certo con il ministro degli affari sociali. Il con­certo con il Ministro per gli affari sociali è obbli­gatorio per i regolamenti e per gli atti di carat­tere generale adottati in materia.

2. Ai fini della impostazione della politica ge­nerale in materia di handicap le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bol­zano, gli enti locali, nonché le IPAB per il tramite delle regioni trasmettono entro il 30 novembre di ciascun anno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali - tut­ti i dati relativi agli interventi di loro competenza disciplinati dalla presente legge, già realizzati o in fase di realizzazione, accompagnandoli con una relazione sugli oneri relativi a ciascun intervento, sui risultati previsti e quelli già conseguiti.

3. Il Ministro per gli affari sociali entro il 31 gennaio di ogni anno, sentito il comitato di cui all'articolo 31, presenta al Parlamento una rela­zione sullo stato di attuazione della presente legge.

 

Art. 44. (Copertura finanziaria)

1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Mini­stri - Dipartimento per gli affari sociali, è isti­tuito il Fondo per l'integrazione degli interventi regionali in favore dei cittadini handicappati.

2. Il Ministro per gli affari sociali provvede, d'intesa con il Ministro per gli affari regionali e i problemi istituzionali, con il Ministro della sanità e con il Ministro del tesoro, alla ripartizione an­nuale del Fondo tra le regioni, in proporzione al numero degli abitanti.

3. A partire dal terzo anno di applicazione del­la presente legge, il criterio della proporzionalità di cui al comma 2 può essere integrato ad altri criteri, approvati dalla Conferenza Stato-Regioni, con riferimento a situazioni di particolare con­centrazione di persone handicappate e di servizi di alta specializzazione, nonché a situazioni di grave arretratezza di alcune aree.

4. Le regioni provvedono a ripartire fondi di loro spettanza tra gli enti competenti a realizzare i servizi dando priorità agli interventi in favore degli handicappati gravissimi e della prevenzione.

5. Per il triennio 1991, 1992 e 1993 la comples­siva autorizzazione di spesa di cui alla presente legge, pari a lire 100 miliardi per l'anno 1991, a lire 120 miliardi per l'anno 1992 e a lire 150 mi­liardi per l'anno 1993, è ripartita, per ciascuno de­gli anni, secondo le disposizioni che seguono:

a) lire 1 miliardo e 350 milioni per l'integra­zione delle commissioni ai sensi dell'articolo 3;

b) lire 5 miliardi per la copertura delle mi­nori entrate conseguenti all'applicazione dell'ar­ticolo 9, comma 2;

c) lire 1 miliardo per il finanziamento del soggiorno all'estero per cure nei casi previsti dall'articolo 10;

d) lire 4 miliardi per il potenziamento dei servizi di istruzione dei minori ricoverati di cui all'articolo 11;

e) lire 10 miliardi per le attrezzature scola­stiche di cui all'articolo 12, comma 1, lett. b);

f) lire 1 miliardo e 600 milioni per l'attribu­zione di incarichi a interpreti per studenti non udenti nelle università, di cui all'articolo 12, com­ma 1, lettera c);

g) lire 4 miliardi per l'avvio della sperimen­tazione di cui all'articolo 12, comma 1, lettera f);

h) lire 5 miliardi e 80 milioni per l'anno 1991, lire 19 miliardi per l'anno 1992 e lire 38 miliardi per Vanno 1993 per l'assunzione di personale do­cente di sostegno nelle scuole secondarie di se­condo grado prevista dall'articolo 12, comma 3;

i) lire 4 miliardi e 538 milioni per la forma­zione del personale docente previsto all'articolo 13;

l) lire 2 miliardi per gli oneri di funziona­mento dei gruppi di lavoro di cui all'articolo 14;

m) lire 5 miliardi per i contributi ai progetti per l'accesso ai servizi radiotelevisivi e telefoni­ci previsti all'articolo 25;

n) lire 4 miliardi per coprire le minori entra­te per tariffe ferroviarie di cui all'articolo 26, comma 3;

o) lire 4 miliardi per un contributo del ven­ti per cento per la modifica degli strumenti di guida ai sensi dell'articolo 27, comma 1;

p) lire 50 milioni per gli oneri di funziona­mento del comitato di cui all'articolo 31;

q) lire 5 miliardi per l'anno 1991 e lire 20 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993 per le agevolazioni per i genitori che lavorano, previ­ste all'articolo 35;

r) lire 3 miliardi per la copertura delle mino­ri entrate derivanti dall'applicazione dell'articolo 36, comma 2;

s) lire 40 miliardi e 382 milioni per l'anno 1991, lire 31 miliardi e 462 milioni per l'anno 1992, lire 42 miliardi e 462 milioni per l'anno 1993, per il finanziamento del Fondo per l'integrazione de­gli interventi regionali in favore dei cittadini handicappati.

6. All'onere di lire 100 miliardi per l'anno 1992, di lire 120 miliardi per l'anno 1992 e di lire 150 miliardi per l'anno 1993, derivante dall’attuazione della presente legge, si provvede mediante cor­rispondente riduzione dello stanziamento iscrit­to, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al ca­pitolo 6856 dello stato di previsione del Ministe­ro del tesoro, all'uopo interamente utilizzando l’apposito accantonamento «Provvedimenti in favore di portatori di handicaps».

7. Le somme di cui al comma 5, stanziate nell'anno 1991 e non impegnate alla chiusura dell'e­sercizio, possono esserlo, per gli stessi fini, in quello successivo.

8. A decorrere dall'anno 1994, alla quantifica­zione della spesa si provvede con le modalità di cui all'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come modificata dalla leg­ge 23 agosto 1988, n. 362.

9. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad ap­portare, con propri decreti, le occorrenti variazio­ni di bilancio.

 

Art. 45. (Abrogazioni)

1. L'articolo 230 del regio decreto 5 febbraio 1928, n. 577, l'articolo 415 del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297 ed i commi secondo e terzo dell'articolo 28 del decreto legge 30 gennaio 1971 n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 marzo 1971, n. 118, sono abrogati.

 

 

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