Prospettive assistenziali, n. 94, aprile-giugno 1991

 

 

IL CORSO PRELAVORATIVO DEL CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE ENGIM DI NICHELINO (TORINO)

ROSANNA BASSO - MARIA CARLA BUSCA - LIVIO CHIROTTI - AGNESE NOVO

 

 

Il corso prelavorativo presso il Centro di formazione professionale ENGIM di Nichelino, avviato nel mese di ottobre del 1989 su autorizzazione della Regione Piemonte, è in fase sperimentale; si sviluppa in due anni; sono previste 800 ore all'anno, di cui 400 sono dedicate alla formazione teorico-pratica all'interno del Centro e le restanti 400 sono di tirocinio in situa­zione lavorativa presso aziende private o Enti pubblici.

 

Non sempre l'inserimento in corsi normali è la risposta corretta

Tale corso nasce su iniziativa e proposta del Centro stesso, a seguito di una attenta riflessione sulla metodologia dell'integrazione realizzata nelle classi normali con i soggetti insufficienti mentali.

Dopo attenta valutazione gli insegnanti di so­stegno hanno dovuto concludere che non era un'esperienza positiva. Il giovane insufficiente mentale, con buone capacità lavorative poten­ziali, inserito all'interno dei corsi normali di for­mazione professionale raggiungeva anche un buon grado di socializzazione con i propri com­pagni (esperienze relazionali, confronto...), ma presentava grossi limiti per quanto riguarda l'apprendimento finalizzato alla preparazione del lavoro.

Inoltre, mentre nella scuola dell'obbligo l'in­segnante di sostegno non rappresenta - alme­no solitamente - un elemento di disagio per il giovane allievo, nella scuola superiore diventa motivo evidente di differenziazione. Appare co­me una conferma del fatto che «io da solo non sono capace, sono diverso dagli altri».

A ciò si aggiunge un altro elemento negativo: il sostegno non era evidentemente previsto per tutte le materie e spesso il giovane si ritrovava ad essere uditore di nozioni per lui difficili da comprendere e assimilare. Il disagio si verifi­cava comunque: sia quando l'insegnante sce­glieva di fare sostegno nella classe con il col­lega, sia quando l'allievo insufficiente mentale usciva dall'aula.

Nel secondo caso le possibilità di incidere sull'apprendimento erano certamente superiori; inoltre la relazione privilegiata favoriva - da parte dell'insegnante - una presa in carico glo­bale, sempre che l'insegnante fosse destinato completamente a tale incarico.

C'è da chiedersi quale continuità e progettua­lità può esserci quando vi sono più insegnanti che ruotano intorno all'allievo. Il ragazzo non può che sentirsi smarrito nel giustificare a se stesso e ai compagni la propria situazione.

Certamente prendere coscienza dei propri li­miti è importante; però il sentirsi «un diverso» nella classe non favorisce la maturazione equi­librata della propria personalità, mentre piutto­sto mette in evidenza le incapacità anziché le possibilità di riuscita e di successo.

Infine per gli allievi con insufficienza mentale che presentavano maggiori difficoltà, e di con­seguenza seguivano un cammino separato dagli altri allievi, l'integrazione era davvero fittizia e il ragazzo sentiva di non appartenere a nes­suno.

A giudizio, quindi, degli insegnanti dei nostro Centro di formazione professionale, questa si­tuazione non aveva nulla a che vedere con quan­to viene inteso comunemente per integrazione e programmazione educativa mirata.

La specializzazione dei corsi (corso per mec­canici, corso per elettricisti...) era un limite oggettivo alla formazione pratica del giovane insufficiente mentale. Non sempre le capacità manuali erano pienamente attivate e sviluppa­te; egli doveva, al contrario, continuamente ade­guarsi alla parte teorica del corso e ai program­mi della classe di appartenenza: anche se que­sti potevano a volte essere ridimensionati, non erano però mai totalmente accessibili. L'allievo insufficiente mentale vedeva i compagni progre­dire e sentiva la sua inadeguatezza crescente che culminava con l'esclusione dagli esami e, quindi, dalla qualifica finale.

È vero che gli allievi sperimentavano situa­zioni simulate di ambienti di lavoro, all'interno dei laboratori del Centro; per gli allievi del ter­zo anno era previsto anche un breve periodo di «stage».

Ma questo non era sufficiente per i giovani insufficienti mentali; il tempo era troppo breve per permettere di instaurare con l'azienda quel rapporto di collaborazione e sensibilizzazione che può favorire la messa in luce delle potenzia­lità lavorative che effettivamente possiedono. Infatti negli anni non si sono mai verificate si­tuazioni di assunzione.

 

Azioni preparatorie del corso prelavorativo

Di qui l'esigenza dì mettere a punto un inter­vento più specifico, rivolto espressamente ai soggetti con insufficienza mentale non in grado di raggiungere la qualifica - neppure con il so­stegno - ma capaci di svolgere attività lavora­tive semplici e generiche, per i quali però è ne­cessario prepararli.

Dopo un'attenta analisi del progetto prelavo­rativo proposto dal Comune di Torino e realiz­zato in alcuni centri della città, si è presa in se­ria considerazione l'opportunità di formulare un progetto che ripercorresse i principi guida dei corsi prelavorativi di Torino e trovasse realiz­zazione concreta nella realtà dei Centro di for­mazione professionale nichelinese, accogliendo ragazzi del distretto scolastico 33 (None, Can­diolo, Vinovo).

A tale proposito è stata richiesta la collabo­razione del Distretto stesso, dell'Assessorato al lavoro e all'istruzione, dell'USSL, dei Sindacato e dell'Ufficio provinciale dei lavoro e della mas­sima occupazione. Questi ultimi due non hanno mai partecipato agli incontri avvenuti durante l'anno formativo 1988/89 presso la sede dei Centro di formazione professionale. I parteci­panti agli incontri, invece, hanno dato la loro adesione per una stretta ed efficace collabo­razione.

Durante gli incontri di questa commissione di rappresentanza, mai ufficializzata, si è cercato di suddividere i compiti per competenze.

Il Distretto scolastico ed il coordinatore dei servizi sociali hanno informato le famiglie, che avevano usufruito negli ultimi anni dei sostegno scolastico, di questa nuova possibilità di for­mazione, evidenziando nella lettera anche i re­quisiti richiesti, che sono i seguenti:

- licenza media;

- declaratoria di invalidità civile o, se in at­tesa della certificazione, della ricevuta di inol­tro della domanda per l'avvio della pratica;

- età tra i 14 e i 18 anni.

Nella lettera fatta pervenire alle famiglie si specifica, inoltre, che il corso è rivolto a handi­cappati insufficienti mentali, che devono essere in possesso di potenzialità lavorative.

In questo modo le famiglie stesse hanno va­lutato se il corso prelavorativo poteva essere idoneo al proprio figlio, effettuando una prima selezione nella presentazione delle domande.

Successivamente le famiglie sono state con­vocate per un colloquio con gli insegnanti; ai candidati al corso sono state proposte prove attitudinali (secondo lo schema assunto dal Co­mune di Torino) per individuare un'indicativa situazione di partenza circa le loro potenzialità.

 

Avvio al corso prelavorativo

Il corso prelavorativo è composto da una clas­se di 11 ragazzi e ragazze, in possesso di certi­ficazione d'invalidità con buone possibilità la­vorative.

Sostanzialmente la classe può essere divisa in due sottogruppi. Un primo gruppo è compo­sto da soggetti diagnosticati oltre che insuffi­cienti mentali, anche epilettici, che non presen­tano però problemi in quanto sono perfettamen­te sotto controllo dei farmaci; solo una ragazza ha in qualche occasione alcune crisi d'assenza. Le capacità di apprendimento degli allievi sono sufficienti per l'acquisizione di concetti e le ca­pacità manuali e di autonomia sono buone.

Questo gruppo è stato di stimolo al secondo che presenta invece maggiori difficoltà nell'ap­prendimento e nell'autonomia, con una capacità lavorativa che risulta ridotta rispetto ai primi. Gli allievi di questo secondo gruppo sono colpiti da «sindrome di Down». Nel suo complesso il gruppo classe è vivace e ha creato nel suo in­terno relazioni di amicizia.

Noi insegnanti valutiamo molto positivo il fat­to che i ragazzi sentono di appartenere ad una classe, nella quale identificano i propri compa­gni e gli insegnanti stessi. I ragazzi esprimono sia con il comportamento che verbalmente la gioia di appartenere a un gruppo nel quale si sentono alla pari.

Inizialmente come insegnanti abbiamo real­mente temuto che il corso prelavorativo fosse percepito come una «classe differenziale». In realtà, l'aver presentato ufficialmente il corso prelavorativo alle classi normali dei centro di formazione professionale per quello che è, e cioè un corso di preparazione al lavoro, ha con­tribuito a far accettare tale esperienza come parte del Centro. Naturalmente questo anche perché sia gli insegnanti di tutti i corsi, sia la Direzione sono fermamente convinti della sua validità.

Gli insegnanti, infatti, hanno previsto momen­ti di sensibilizzazione all'interno delle altre clas­si dei Centro e questa iniziativa ha favorito l'in­tegrazione durante gli intervalli e il pranzo e sono stati di stimolo per una maggiore presa di coscienza circa il problema handicap.

Fino a Natale gli allievi del corso prelavora­tivo sono rimasti al Centro di formazione pro­fessionale; in questo periodo gli insegnanti hanno avuto modo di conoscerli e permettere che sì creassero all'interno relazioni di scam­bio e di confronto, rafforzando il senso di appar­tenenza ad una classe, che ha un suo program­ma didattico-formativo, e nello stesso tempo non risulta essere un «pianeta» isolato e differen­ziato, perché perfettamente inserita nelle dina­miche del Centro di formazione professionale.

 

Il tirocinio lavorativo

La finalità del tirocinio non è quella di svol­gere un lavoro, qualunque esso sia, ma un'atti­vità che costituisca da un lato lo stimolo per lo sviluppo complessivo della personalità del ra­gazzo/a e dall'altro un approfondimento o una acquisizione in loco di strumenti e capacità la­vorative specifiche.

Il tirocinio di lavoro è un momento di verifica complessiva dell'autonomia, della socializzazio­ne e della capacità lavorativa degli alunni ed è, per tali ragioni, l'elemento portante del corso prelavorativo. L'attività deve risultare idonea alla personalità dell'allievo.

L'individuazione dei luoghi di lavoro e delle mansioni più idonee per lo svolgimento del tiro­cinio stesso si è realizzata tramite una serie di contatti con alcune aziende private del territorio e con le Amministrazioni dei rispettivi Comuni di residenza (Nichelino, None, Candiolo, Rivalta) degli allievi del corso prelavorativo.

È importante, altresì, realizzare periodicamen­te momenti intermedi di verifica tra insegnanti, operatori del territorio e con i colleghi stessi di lavoro del tirocinante, al fine di individuare si­tuazioni lavorative alternative quando il tiroci­nante non esprime pienamente le sue capacità in quella determinata attività.

Con la sperimentazione concreta, attraverso l'inserimento lavorativo, molte potenzialità di ciascun ragazzo emergono e permettono agli in­segnanti di valorizzarle e stimolarle se neces­sario.

Il tirocinio, proprio perché esperienza concre­ta di lavoro reale, non simulato, è altamente gra­tificante per il giovane insufficiente mentale, che comincia a percepire in se stesso il gradua­le passaggio dalla condizione di studente a quel­la di lavoratore. Ruolo questo che anche la fa­miglia ed il contesto sociale avvertono e riman­dano al giovane, che acquista sempre più auto­nomia e maturità.

Ricordiamo l'esempio di Anna, descritta nel primo colloquio dal padre come una persona apatica, molto limitata, che non aveva nemme­no il permesso di uscire per recarsi nel negozio vicino ad acquistare pane e latte. Ebbene, grazie al tirocinio realizzato nel Comune di residenza, Anna, affiancata per il primo periodo da un vigile urbano che la controllava a distanza (per garan­tire e rassicurare soprattutto la famiglia), ha imparato a muoversi per la cittadina e, nel se­condo anno di scuola, ha ottenuto dalla famiglia il permesso di andare e tornare utilizzando i mezzi comunali di trasporto. Fatto questo dop­piamente importante, perché le permette di re­carsi al centro d'incontro per giovani, al sabato, fuori dunque dall'orario scolastico.

Si comprende l'atteggiamento a volte eccessi­vamente protettivo delle famiglie; pertanto gli insegnanti organizzano regolari incontri con le famiglie per aiutarle a prendere gradualmente conoscenza dell'importanza di favorire la massi­ma autonomia e indipendenza dei figli.

 

Il ruolo degli insegnanti: qualcosa in più del solo insegnamento

Il corso prelavorativo è gestito sia a livello di programmazione-verifiche sia operativarnente da quattro insegnanti di cui:

- 1 a tempo pieno con funzione di coordina­trice;

- gli altri per un tempo parziale fino al rag­giungimento di 1600 ore annue complessive.

Il modulo comprende 11 utenti di età compre­sa tra i 14 e i 18 anni; il corso comprende 800 ore annue.

Il gruppo di lavoro degli insegnanti ha trovato nel suo interno un buon equilibrio e questo ha permesso di lavorare con entusiasmo e dina­mismo.

Il lavoro degli insegnanti si è articolato es­senzialmente su quattro filoni:

a) lavoro di formazione-aggiornamento;

b) lavoro di sensibilizzazione;

c) lavoro per l'utenza;

d) lavoro con l'utenza.

Nell'ambito del lavoro di formazione-aggior­namento, è stato previsto del tempo program­mato per la lettura e approfondimento del ma­teriale legislativo inerente al mondo del lavoro e dell'handicap.

Il nostro «fare» è stato in un primo momento ricercare, elaborare e poi creare momenti di confronto: discernere il materiale utile e indi­viduare le lacune teoriche da colmare.

Inoltre la ricerca è stata volta anche verso corsi d'aggiornamento mirati, che fossero di stimolo all'analisi del nostro lavoro e al porre attenzione alle relazioni educative con i ragazzi. Non sono mancate le adesioni ai convegni che presentavano interesse attinente al nostro set­tore.

Il lavoro di sensibilizzazione è stato ampio e continuo non solo con il territorio, con i servizi, gli enti pubblici, le associazioni di volontariato, le aziende, ma all'interno del Centro stesso tra i colleghi e tra gli alunni.

Siamo spesso usciti dal Centro per incontra­re anche altri colleghi, per confrontarci. Abbia­mo cercato alleati tra gli operatori dei servizi sociali, abbiamo proposto di lavorare insieme. Abbiamo scoperto che ciascuno ha modalità differenti d'approccio all'handicap e al diritto a! lavoro degli invalidi con possibilità lavorative.

Qui il «fare» è stato quello di trovare mo­dalità corrette, coerenti e efficaci di approccio per ciascuno degli interlocutori incontrati.

Abbiamo iniziato un lavoro rivolto all'infor­mazione per creare una cultura dell'handicappata con capacità lavorative, inserito al posto giu­sto nel mondo del lavoro.

Nel lavoro per l'utenza comprendiamo la pro­grammazione, alla quale erano dedicate le riu­nioni settimanali. Per programmazione intendia­mo tutti i livelli che essa comporta: attenzione alle normative e indirizzi regionali, inserimento del nostro progetto nel contesto dei servizi socio-culturali del territorio, l'impostazione dei corso e la formazione e la progettazione educa­tiva per ciascuno degli allievi.

Il programmare in anticipo ci ha permesso di rispettare i tempi dedicati all'aggiornamento e alla sensibilizzazione. Inoltre ci ha consentito la raccolta di tutta una serie di informazioni cir­ca l'anamnesi dei ragazzi/e e la situazione delle loro famiglie.

Grazie alla collaborazione con medici e tecni­ci che avevano conosciuto il ragazzo/a e che si sono resi disponibili ad un proseguimento del lavoro, si sono gettate le basi per favorire, quan­do si è dimostrato necessario, una crescita ar­monica della personalità del ragazzo/a stesso.

La ricerca di risorse, di opportunità per impie­gare proficuamente il tempo libero è stato un altro lavoro portato avanti parallelamente sia sul territorio in collaborazione anche con gli edu­catori di una cooperativa, sia con le famiglie.

Le famiglie, all'inizio, dimostravano poca aper­tura e molta paura nel dare possibilità autono­me ai ragazzi.

Possiamo dire che, a questo riguardo, abbia­mo ottenuto notevoli cambiamenti nell'arco dell'anno. Il lavoro con gli allievi prevedeva un pe­riodo d'osservazione e conoscenza reciproca dei ragazzi/e. Questo periodo è stato importantis­simo per creare rapporti e innescare relazioni di tipo educativo; inoltre esso è stato scandito da molte riunioni dedicate al confronto, all'espo­sizione vicendevole dei vari casi, all'elaborazio­ne del progetto educativo individuale e quindi alla presa in carico.

Le attività sia di carattere didattico, sia ludi­che-ricreative, sia di laboratorio volto allo svi­luppo delle capacità lavorative, sono state un ottimo strumento per arricchire le relazioni e favorirne i contenuti educativi.

La ricerca dei luoghi di tirocinio idonei a cia­scuno dei ragazzi è stata parallela alla presa in carico. Alla ricerca è subentrato l'incontro con i dipendenti dell'azienda o del servizio e con i futuri colleghi dell'allievo insufficiente mentale.

Non sono certo mancate le difficoltà, gli scon­tri, le barriere. Ci siamo trovati spesso a inven­tare nuove strategie e soluzioni; il nostro fare è stato soprattutto quello di non arrenderci e nello stesso tempo di essere realisti, riconoscendo i limiti presenti.

Dovendo fare un bilancio di questa esperienza, che avrà seguito il prossimo anno, non pos­siamo che esprimere un giudizio positivo:

- molto valide le dinamiche all'interno del gruppo classe; i ragazzi/e sono risultati arric­chiti dal forte legame d'amicizia e stima reci­proca;

- alta integrazione all'interno del Centro pro­fessionale, dove il corso prelavorativo non è mai stato una «classe speciale»;

- alto livello d'apprendimento teorico/prati­co raggiunto;

- il tirocinio è stata un'esperienza gratifi­cante e fonte di maturazione e crescita.

 

Il terzo modulo: un problema aperto

Per ora l'autorizzazione della Regione Piemonte prevede due moduli di 800 ore ciascuno. Tale quantità di ore non è però sufficiente per una valida e solida preparazione. Gli allievi sono an­cora in fase di sviluppo e 1600 ore non permet­tono l'attivazione di tutte quelle potenzialità la­tenti sia a livello intellettivo, sia pratico/manua­le, sia relazionale che possiede il giovane insuf­ficiente mentale, con buone capacità lavorative.

Il primo anno è prevalentemente dedicato all'osservazione, dalla quale si ricavano una serie di elementi di carattere progettuale per un in­tervento educativo mirato e intenzionale. In que­sto periodo il ragazzo/a conosce meglio se stes­so, scopre le sue capacità e, di conseguenza, sente l'esigenza di una collocazione lavorativa.

Il secondo anno dovrebbe essere dedicato all'orientamento lavorativo, alla scoperta della situazione ideale s gratificante che permette­rebbe al giovane di sentirsi un lavoratore inte­grato e agli insegnanti di verificare le oggettive capacità lavorative e produttive, e le mansioni confacenti.

Un terzo anno risulterebbe a questo punto importante per favorire l'acquisizione di una maggiore sicurezza e abilità. Non si deve tra­scurare che anche la crescita e l'età aumentano la stabilità psico/fisica e permettono loro di af­frontare con maggiori probabilità di successo l'inserimento lavorativo.

Generalmente queste considerazioni valgono per tutti i giovani in età compresa tra i 14 e i 18/20 anni, ma a maggior ragione lo riteniamo importante - e da non dimenticare - per gli insufficienti mentali che hanno una maturazione più tardiva.

 

Considerazioni conclusive

Abbiamo risentito della mancanza di interes­se e iniziativa del sindacato in merito al corso prelavorativo. Invece, occorre sottolineare la grandissima importanza dell'appoggio concreto degli Assessorati al lavoro dei Comuni del ter­ritorio.

La presa in carico della problematica degli inserimenti lavorativi di soggetti insufficienti mentali da parte degli Assessorati istituzional­mente responsabili del problema «lavoro» sul territorio, anche per i lavoratori /disoccupati handicappati è il passo necessario da fare in direzione di un mutamento sostanziale della attuale politica del mercato del lavoro, politica che deve riguardare anche il diritto all'occupa­zione degli insufficienti mentali.

Non è il settore dell'assistenza e tanto meno le sue strutture o il suo personale a doversi oc­cupare della formazione e preparazione al lavoro delle persone handicappate in grado di svolgere attività lavorative proficue.

Per tali ragioni, abbiamo veramente apprezza­to la collaborazione offertaci dall'Assessore al lavoro di Nichelino, che ha attivato iniziative di avvicinamento a titolari e a capi del personale di aziende del territorio.

Parimenti ci auguriamo in futuro di poter con­tare anche sulla disponibilità del sindacato, nel­la speranza che assuma un ruolo veramente at­tivo nel campo della formazione professionale e dell'inserimento lavorativo degli handicappati in­tellettivi. Il sindacato è nato per difendere i diritti dei più deboli, perché non dovrebbe svolge­re questo ruolo?

 

 

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