Prospettive assistenziali, n. 93, gennaio-marzo 1991

 

LE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI NELL'AMBITO DEGLI INTERVENTI RIVOLTI AGLI ANZIANI ED AGLI ALTRI SOGGETTI NON AUTOSUFFICIENTI

GRUPPO PERMANENTE DI LAVORO PER GLI INTERVENTI ALTERNATIVI AL RICOVERO (*)

 

 

Si premette, che in merito alla prevenzione, alle priorità di intervento, ai problemi relativi ai costi, al personale e al volontariato, il Gruppo riconferma quanto indicato nei documenti finora elaborati, in particolare quello recante il titolo «Per una cultura degli interventi sociali domici­liari e territoriali in alternativa al ricovero», pubblicato sul n. 85, gennaio-marzo 1989 di Prospettive assistenziali.

Inoltre si ritiene necessario affermare che è assolutamente indispensabile che non venga prevista e attuata nessuna limitazione nei con­fronti degli anziani cronici non autosufficienti per quanto concerne il loro diritto di accesso e di utilizzazione dei servizi sanitari, compresi - occorrendo - quelli ospedalieri.

 

Priorità di intervento previste dalla legge 67/1988

L'art. 20 della legge 11 marzo 1988 n. 67 pre­vede lo stanziamento di circa 10 mila miliardi per «la realizzazione di 140 mila posti in struttu­re residenziali per anziani che non possono es­sere assistiti a domicilio o in presidi poliam­bulatoriali extraospedalieri ed ospedali diurni».

Dunque, se le norme della legge in oggetto fossero rispettate, dovrebbero essere realizzati con priorità assoluta i servizi domiciliari, in pri­mo luogo quelli sanitari, in modo da garantire i necessari interventi agli anziani non autosuf­ficienti che desiderano essere curati a casa loro, che al proprio domicilio possono ricevere idonee prestazioni senza imporre, nello stesso tempo. oneri troppo gravosi al Servizio sanitario na­zionale.

In secondo luogo dovrebbero essere creati i presidi poliambulatoriali (in particolare i centri diurni) e gli ospedali di giorno.

Si tratta di due priorità, entrambe non rispet­tate dal Ministero della sanità, dalle Regioni e dalle USSL.

 

Utenti delle residenze sanitarie assistenziali (RSA)

Secondo l'art. 20 della citata legge 67/1988, i 140 mila posti letto devono essere previsti solo per soggetti anziani non autosufficienti.

Invece, con il decreto del 29 agosto 1989 n. 321, il Ministro della sanità ha stabilito che le RSA devono essere realizzate non solo «per an­ziani prevalentemente non autosufficienti», ma anche «per handicappati e disabili psichici e sensoriali».

Per le RSA destinate a questi ultimi, il decre­to suddetto stabilisce uno stanziamento di 400 miliardi per il primo triennio.

 

Condizioni di salute degli anziani non autosufficienti

Occorre chiarire che, quando sono state esa­minate correttamente le reali condizioni di salu­te degli anziani non autosufficienti, sempre è stato accertato che si trattava di persone ma­late, anzi molto malate.

Ad esempio, secondo dati ufficiali, nell'Istitu­to di riposo per la vecchiaia di Torino, struttura gestita direttamente dal Comune di Torino, tut­ti i 356 anziani non sono autosufficienti, 212 so­no incontinenti, 185 in carrozzella, 109 da im­boccare.

Le patologie croniche sono le seguenti:

- Demenza senile                                      n. 118

- Esiti ictus                                               n. 57

- Cisto-pieliti                                              n. 41

- Diabete                                                   n. 40

- Parkinsonismi                                         n. 34

- Neoplasie                                               n. 14

- Sindrome comiziale                                 n. 13

- Cardiopatie e ipertens. arteriosa                n. 118

- Patologie osteo-articolari                          n. 105

- Broncopneumopatie croniche                    n. 97

- Sindromi depressive                                 n. 39

- Patologie apparato gastroenterico             n. 34

- Patologie epato-biliari                               n. 31

- Patologie neurologiche                             n. 18

L'85% dei ricoverati ha 4 o più patologie.

Dati analoghi sono stati forniti dall'Istituto di Geriatria dell'Università di Modena, che ha svol­to una ricerca su 1000 anziani ricoverati in strut­ture protette dell'USL 41 dell'Emilia-Romagna. Ai suddetti anziani è stata applicata la scala denominata BINA (Breve Indice di Non Autosuf­ficienza), scala che «tiene conto della concomi­tanza di problemi biologici, sanitari, sociali, psi­cologici e assistenziali». Il 90% degli esaminati è risultato non autosufficiente; le menomazioni più frequenti sono le malattie locomotorie, car­diovascolari, la demenza, l'ictus, la psicosi. Inoltre, «il 30% degli anziani di questi gruppi presentano distrofie cutanee e piaghe da decu­bito; il 22% disturbi della cognitività fino all'ag­gressività».

Quando si parla di questi anziani è fuorviante assumere come riferimento esclusivamente la non autosufficienza, in quanto essa è solo una conseguenza della situazione patologica.

Le malattie non devono essere nascoste; de­vono essere conosciute perché possano essere curate, anche quando sono inguaribili.

In sostanza, ancora una volta, viene confer­mato che, invece di parlare di anziani non auto­sufficienti, è necessario parlare di anziani malati non autosufficienti.

Ne deriva che le RSA per anziani non autosuf­ficienti devono essere progettate, organizzate e gestite tenendo conto che gli utenti sono delle persone malate, spesso con gravi pluripatologie.

 

Rischi di abusi a causa della assenza di criteri per l'accertamento della non autosufficienza

Tutte le norme finora emanate in materia di RSA (legge 11.3.1988 n. 67, decreto del Ministro della sanità del 29 agosto 1989, atto di indirizzo del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 1989) non stabiliscono alcun criterio per l'individuazione della condizione di «non au­tosufficienza».

Come è stato anche richiesto dal Gruppo na­zionale CSPSS-ISTISSS (1) occorre che il Presi­dente del Consiglio dei Ministri emani un atto di indirizzo in cui «vengano definiti i requisiti per l'accertamento della non autosufficienza, al fine di evitare accessi indiscriminati nelle RSA». In base a quanto abbiamo detto in precedenza, per una definizione corretta della non autosuf­ficienza occorre anche, se non soprattutto, te­ner conto delle condizioni di salute, che spesso sono caratterizzate dalla presenza di malattie croniche.

Da parte nostra riteniamo valida la definizio­ne di cronico non autosufficiente contenuta nel­la proposta di legge di iniziativa popolare per la Regione Piemonte «Riordino degli interventi sa­nitari a favore degli anziani cronici non autosuf­ficienti e realizzazione delle residenze sanitarie assistenziali», la cui raccolta di firme è in corso.

Nella relazione della suddetta proposta è scritto che gli anziani cronici non autosufficien­ti sono persone «colpite da malattie le cui con­seguenze si prolungano nel tempo e determi­nano limitazioni notevoli nella loro autonomia (impossibilità di camminare, incapacità di ali­mentarsi da sole, incontinenza urinaria e/o fe­cale, ecc.).

«Si tratta dunque di persone che, a causa del­la gravità delle loro condizioni fisiche e/o psi­chiche, hanno bisogno di cure e nello stesso tempo non sono in grado di provveder a se stes­se se non con l'aiuto totale e permanente di altri soggetti.

«Nei casi più gravi, il malato cronico non au­tosufficiente ha bisogno dell'intervento di altre persone per soddisfare esigenze che non è nemmeno in grado di manifestare (fame, sete, caldo, freddo, ecc.)».

Aggiungiamo che la definizione del requisito della non autosufficienza, che tenga conto della situazione di malattia, è la condizione indispen­sabile non solo per una adeguata progettazione della struttura, ma anche per l'individuazione degli standard quantitativi e qualitativi del per­sonale.

 

Utenza delle RSA

Il citato atto di indirizzo del Presidente del Consiglio dei Ministri prevede che i requisiti stabiliti per le RSA, destinate agli anziani, si estendano alle strutture per i soggetti handicap­pati.

Tale estensione, a nostro avviso, frutto di una interpretazione scorretta dell'art. 20 della lega,e 67/1988, crea condizioni perché le RSA diven­tino strutture di ricovero per qualsiasi persona, anche perché, come abbiamo già visto, non è stato previsto - almeno finora - alcun criterio definitorio della non autosufficienza.

Ne consegue che nelle RSA possono essere ricoverati non solo anziani, ma anche adulti e addirittura minorenni.

L'interpretazione estensiva dell'art. 20 della legge 67/1988 è stata fatta propria dalla Regio­ne Piemonte che, nel piano socio-sanitario per il triennio 1990-1992, ha compreso fra le RSA (Cfr. il punto 3.8.):

- le residenze per anziani autosufficienti o parzialmente o totalmente non autosufficienti;

- le residenze per handicappati; che, anche essi, possono essere autosufficienti o parzial­mente o totalmente non autosufficienti;

- le comunità per malati psichiatrici;

- le residenze per tossicodipendenti;

- le residenze per malati di AIDS.

Dette strutture - lo ripetiamo - possono ri­coverare anziani, adulti, giovani, bambini, anche in condizioni di piena autosufficienza. Anzi, in alcune strutture, ad esempio in quelle per handi­cappati, possono essere ricoverati in modo pro­miscuo minori, adulti e anziani.

Sulla base delle norme emanate dal Presiden­te del Consiglio dei Ministri, le RSA possono avere, nelle zone di alta densità abitativa, anche 120 posti. Esse devono essere organizzate in gruppi comprendenti al massimo 20 utenti.

Pertanto una RSA di 120 posti potrebbe esse­re costituita da:

20 anziani non autosufficienti;

20 anziani autosufficienti;

20 malati mentali;

20 handicappati intellettivi maggiorenni o mi­norenni o misti;

20 tossicodipendenti;

20 malati di AIDS.

 

Centri diurni

Nel già citato piano socio-sanitario della Regione Piemonte, sono compresi fra le RSA anche:

- i centri diurni per disabili;

- i centri di terapia psichiatrica;

- i centri diurni per tossicodipendenti.

Si tratta, ad avviso del Gruppo permanente per gli interventi alternativi al ricovero, di una interpretazione molto fantasiosa in quanto è evidente che un centro diurno non può essere considerato una residenza.

Nella legge 37/1990 della Regione Piemonte si afferma che i centri diurni per handicappati, ad esempio quelli colpiti da minorazioni fisiche o intellettive, passeranno sotto la competenza sanitaria, nonostante che sia evidente che gli handicappati suddetti non possano essere con­siderati dei malati, né possono essere equipa­rati ad essi per quanto riguarda le esigenze e gli interventi da predisporre.

Va notato che la Regione Piemonte non pre­vede i centri diurni per i dementi senili, costrin­gendo pertanto i familiari che li accolgono a casa loro a provvedere 24 ore su 24 per 365 gior­ni all'anno. In tal modo - è evidente - non si favorisce la permanenza in famiglia e si incen­tivano le rinunce da parte dei familiari ed i rico­veri definitivi in strutture residenziali.

 

Competenza sanitaria e competenza assistenziale

A nostro avviso, la gestione dei centri diurni dovrebbe competere alla sanità nel caso accol­gano utenti malati (dementi senili, pazienti psi­chiatrici), mentre la competenza dovrebbe es­sere del settore assistenziale nei casi in cui l'utenza non presenti malattie in atto, ad esem­pio si tratti di insufficienti mentali.

Analoga indicazione vale, a nostro avviso, per la gestione delle strutture residenziali.

Al riguardo, si osserva che, com'è evidente, le esigenze delle persone esenti da patologie in atto sono estremamente diverse da quelle dei soggetti malati.

Per quanto riguarda gli anziani e gli handicap­pati non malati, il Gruppo di lavoro per gli inter­venti alternativi al ricovero ritiene che le RSA siano assolutamente inidonee, anzi contrastino nettamente con le loro esigenze.

Va inoltre osservato che sono in netta dimi­nuzione le domande di ammissione di anziani autosufficienti in case di riposo. A Torino, ad esempio, Casa Serena, aperta negli anni 1960 con 300 posti, attualmente ne ha più di 150 vuoti.

Per gli handicappati fisici, intellettivi e sen­soriali, minori o adulti, nei casi in cui non si possa intervenire a livello domiciliare, la strut­tura idonea e sperimentata da anni è la comu­nità alloggio di 8-10 posti.

Solamente per gli handicappati intellettivi gravissimi ultradiciottenni con nulla o limitatis­sima autosufficienza può essere accettata la RSA.

La comunità alloggio appare essere altresì idonea per le persone con disturbi mentali.

 

Proposte

1. Le RSA devono essere previste solo per gli anziani e gli adulti cronici non autosufficienti.

La loro gestione compete interamente al set­tore sanitario, il quale deve assumere diretta­mente tutte le valenze sociali e umanizzanti ne­cessarie per l'attuazione di corrette prestazioni diagnostiche, curative e riabilitative.

Ovviamente, compete al servizio sanitario di richiedere - occorrendo - l'intervento degli altri servizi per le prestazioni dì loro specifica competenza: assegno di accompagnamento, adattamento dell'alloggio, aiuto domestico, ecc.

2. Al fine di evitare ingiustificati allontana­menti dei pazienti dal loro domicilio, occorre che siano attivati, con priorità assoluta, gli interventi sanitari domiciliari, rispettando quanto previsto dall’art. 20 della citata legge 67/1988.

3. La creazione di centri diurni sia sanitari che assistenziali (come precedentemente specificato) è una condizione indispensabile per consentire la permanenza a casa loro degli anziani e degli adulti cronici non autosufficienti, anche in questo caso dando attuazione alle norme della citata legge 67/1988.

4. Occorre che sia assicurata la continuità e sia garantito il potenziamento delle comunità alloggio sanitarie per i dementi senili ed i pazienti psichiatrici e di quelle assistenziali per gli handicappati fisici, intellettivi e sensoriali, sempre che non sia possibile intervenire a livello domiciliare e ambulatoriale.

  

 

(*) Testo integrale della relazione introduttiva tenuta all'incontro di studio di Torino del 15 febbraio 1991 sul te­ma «Le residenze sanitarie assistenziali nell'ambito degli interventi rivolti agli anziani ed agli altri soggetti non au­tosufficienti: requisiti dell'utenza, delle attrezzature edili­zie e del personale», organizzato da CGIL e CISL-Funzio­ne pubblica Torino, da UIL-Enti locali Torino e da Pro­spettive assistenziali.

(1) Il Gruppo nazionale CSPSS-ISTISSS è costituito da Andrea Bartoli, Direttore del CSPSS - Centro studi e Pro­grammi Sociali e Sanitari: Luciano Belloi, Cattedra di Ge­riatria dell'Università di Modena; Giovanna Bitto, Segre­tario nazionale della Federazione Pensionati CISL; Paolo Cozzi Lepri, Operatore USL RM1; Graziana Dalpierre, Se­gretario nazionale UIL Pensionati; Fabrizio Fabris, Diretto­re della Cattedra di Geriatria dell'Università di Torino; Aurelia Florea, Istituto per gli Studi sui Servizi Sociali; Francesco Florenzano, Redattore Capo rivistaAlzheimer-­Longevità-Geriatria”; Ivano Giacomelli, Centro per i diritti del cittadino; Carlo Hanau, Segretario nazionale del Cen­tro italiano per il volontariato; Tiziana Lepore, Comunità di Sant'Egidio; Giovanni Nervo, Presidente della Fondazione Zancan; Giuseppe Pasini, Direttore della Caritas italiana; Francesco Santanera, CSA-Comitato per la difesa dei di­ritti degli assistiti; Luciano Tavazza, Presidente Nazionale MOVI; Marco Trabucchi, Direttore Cattedra di Farmacologia dell'Università di Roma.

 

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