Prospettive assistenziali, n. 92, ottobre-dicembre 1990

 

 

L'ADOZIONE FRA GIUSTIZIA E MERCATO: UNA RICHIESTA DI AIUTO ALLE ORGANIZZAZIONI E PERSONE CHE OPERANO PER LA TUTELA DELLE ESIGENZE E DEI DIRITTI DEI BAMBINI IN SITUAZIONE DI ABBANDONO

 

 

Il Gruppo informale sui minori che ha già ela­borato il documento «Il diritto alla famiglia del bambini in difficoltà o in situazione di abbandono: un appello alla collaborazione ed alla solidarietà» ha deciso di intervenire nel dibattito in corso sull'adozione con questa nota, che può essere sotto­scritta da tutte le organizzazioni e persone interessate.

Le adesioni possono essere trasmesse alI'ISTISSS, Viale Villa Pamphili 84, 00152 Roma - telef. 06/58.97.179.

Alla stesura hanno collaborato anche rappre­sentanti del Centro Italiano per l'Adozione Inter­nazionale, del Servizio Sociale Internazionale e dell'Associazione «Amici Trentini».

Ricordiamo che il gruppo è composto da: Gior­gio Battistacci, magistrato, Procuratore generale della Repubblica di Perugia; Oreste Benzi, Re­sponsabile Associazione Papa Giovanni XXIII di Rimini; Celso Coppola, Funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia, componente del Consiglio direttivo dell'ISTISSS; Grazia Maria Dente, Vice Presidente del MOVI; Aurelia Florea, Direttore 1STISSS; Francesca Ichino Pellizzi, Componente del Consiglio direttivo del Centro Ausiliario Mi­norile (CAM) di Milano; Alfredo Carlo Moro, Con­sigliere di Cassazione, Direttore della Rivista «Bambino incompiuto»; Marisa Musu, Presidente Nazionale Coordinamento genitori Democratici (CGD); Giovanni Nervo, Presidente Fondazione «E. Zancan»; Giorgio Pallavicini, Presidente Asso­ciazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie (ANFAA); Ernesta Rogers, Docente di Servizio Sociale della Scuola C.E.P.A.S. di Roma, Compo­nente Consiglio Direttivo dell'ISTISSS; Milena Santerini, Responsabile dell'Associazione Cultu­ra Assistenza Popolare (ACAP) e componente della Comunità di S. Egidio di Roma; Maria Tere­sa Tavassi, della Caritas Italiana; Frida Tonizzo, Rappresentante del Coordinamento Sanità e As­sistenza fra i movimenti di base di Torino; Tizia­no Vecchiato, Coordinatore tecnico scientifico della Fondazione «E. Zancan».

 

Premessa

Viviamo in un momento sociale di profonde contraddizioni. Mentre va emergendo un riflusso in un privato assolutizzato che rifiuta controlli e sostegni e proclama diritti sganciati dai doveri, si vanno moltiplicando disponibilità generose per esercitare fino in fondo una ricca solidarietà nei confronti dei deboli. Mentre si va sempre più svi­luppando l'attenzione verso l'infanzia e i suoi problemi, e si vanno scandagliando con sempre maggiore precisione e sensibilità i bisogni non materialistici della persona che si apre alla vita, si va anche riproponendo una omertà tra adulti che tende a privilegiare gli interessi di questi su quelli di chi non è in grado di rappresentare com­piutamente le sue più autentiche esigenze e di pretenderne l'attuazione. Mentre si va diffonden­do una fortissima preoccupazione per quel disa­gio adolescenziale che spesso sfocia nella devian­za (nei suicidi, nella tossicodipendenza, nella cri­minalità) e si vanno sollecitando iniziative (e di­sponendo fondi) per cercare di recuperare le mol­te patologie di cui è affetta la società di oggi, si va contraendo la spinta a quell'efficace interven­to preventivo che solo - costruendo personalità autenticamente mature e libere - consente di ridurre fortemente le cause di devianza.

Appare necessario che vi sia una presa di co­scienza collettiva di questa profonda ambiguità in cui oggi viviamo: per far crescere sempre me­glio le molte risorse e potenzialità positive di cui è ricco il nostro tessuto sociale; per rimuovere i pesanti pericoli di involuzione e arretramento che si profilano all'orizzonte sulla reale, decla­mata, tutela dell'infanzia.

Il problema è certamente in primo luogo cul­turale ma anche operativo perché molto spesso gli equivoci culturali si traducono, non solo sul piano dell'opinione pubblica ma anche sull'azio­ne legislativa e di governo anche locale, in disim­pegni, in distorsioni dell'intervento, in carenze di strutture, di mezzi e di energie.

 

Le proposte di legge per una riforma dell'adozione

Un primo riflesso di questa situazione, che suscita una particolare preoccupazione, è costi­tuito dalle proposte di revisione della vigente disciplina dell'adozione (legge 4 maggio 1983 n. 184) contenute in vari disegni di legge pre­sentati in Parlamento.

Così, nella proposta n. 1775 presentata dal sen. Lombardi ed altri il 19 maggio 1989, si sug­gerisce tra l'altro di introdurre il principio se­condo cui dovrebbe essere privilegiato «l'affi­damento del minore ai coniugi presso i quali di fatto il medesimo si trovi», mentre la proposta n. 3887 presentata il 4 maggio 1989, dall'on. Cappiello e altri intende abolire le sanzioni di inido­neità ad adottare previste dagli attuali articoli 9, 71 e 72 della legge 184/83 per chi si sia procu­rato illecitamente un minore.

A sua volta, il progetto n. 3753 presentato il 21 marzo 1989 dall'on. Berselli e altri prevede che il minore possa essere adottato anche da una sin­gola persona, purché legata a lui da «rapporti si­gnificativi», e la proposta n. 3945 presentata il 18 maggio 1989 dall'on. Vizzini e altri vorrebbe ri­pristinare nel nostro ordinamento l'adozione con­sensuale, che era stata abolita nel 1983 sia per scongiurare i danni insiti nel rischio di ricatti o di ripensamenti da parte dei genitori di origine e sia per evitare ogni possibile pressione su di loro.

Dal canto suo, il progetto n. 4657 del 14 marzo 1990 presentato dall'on. Battistuzzi e altri pro­pone il blocco totale delle adozioni di minori stra­nieri per un periodo di due anni (termine entro il quale il Governo dovrebbe riordinare l'intera normativa delle adozioni e degli affidamenti con un apposito decreto legislativo), esigendo che in ogni caso siano privilegiate le adozioni dei mi­nori cittadini italiani e che ogni domanda di ado­zione sia definita nel termine massimo di sei mesi, e inoltre prevedono che le controversie tra la famiglia di origine e i coniugi adottanti sia­no risolte con la procedura di urgenza prevista per la repressione delle condotte antisindacali.

Altre proposte, poi, prevedono che l'adozione sia permessa anche quando uno dei coniuqi abbia superato i limiti di età attualmente fissati dalla legge.

 

Il mercato dei bambini: una porta aperta anche alle persone inidonee

Come si può agevolmente constatare, si trat­ta in buona sostanza di iniziative tutte orientate ad allargare le maglie della legge per assecon­dare le aspettative di chi vuole ad ogni costo un bambino, fino a consentire la liberalizzazione di quel «mercato dei bambini» che oggi più che mai continua a prosperare sotto le più svariate forme (falsi riconoscimenti di paternità, affida­menti di fatto, falsificazioni di atti di nascita, ecc.).

Al riguardo va segnalato che, a seguita degli interventi dell'autorità giudiziaria, negli scorsi anni sono stati allontanati minori che avevano subito maltrattamenti da parte di persone che li avevano adottati prima dell'entrata in vigore della legge 184/83, o senza l'osservanza delle garanzie previste dalla legge stessa. In diversi casi gli adottanti soffrivano di gravi problemi (malati di mente, sadici, pedofili, con profondi disturbi della personalità, ecc.). In altri casi, sem­pre prima della legge 184/1983; l'adozione, so­prattutto di bambini stranieri, veniva perseguita da persone, anche molto anziane, con il preciso scopo di assicurarsi una compensazione ai loro problemi o, addirittura, di procurarsi del persona­le di servizio gratuito.

I messaggi, spesso diffusi attraverso i mezzi di comunicazione e che si sentono talvolta ripete­re anche da qualche «addetta ai lavori», sono per lo più espressione di una linea di tendenza decisamente involutiva, improntata al soddisfa­cimento delle esigenze degli adulti e del tutto indifferente al diritto del minore a godere di va­lidi affetti familiari, diritto che è invece tutelato dalla vigente disciplina normativa dell'adozione e dell'affidamento.

Si tende a negare legittimità ad ogni forma di intervento della magistratura minorile e dei ser­vizi sul disagio del bambino all'interno della fa­miglia, qualificando qualsiasi provvedimento as­sunto a sua difesa come intervento repressivo contro i genitori. Si crea così un atteggiamento di generalizzata sfiducia che impedisce alle fami­glie in gravi difficoltà di richiedere l'indispensabi­le sostegno; ciò finisce anche, talvolta, col para­lizzare le necessarie iniziative degli operatori minorili.

I giornali sono sovente propensi a riferire in termini emotivi e superficiali i fatti che vedono coinvolti i bambini, e quindi il lettore viene male informato, quando non è addirittura fuorviato nel suo bisogno di conoscenza e nelle sue possibilità di giudizio.

Vanno riemergendo il mito della famiglia «di sangue» e la figura del genitore «padrone».

Anziché analizzare le cause soggettive ed oggettive del malessere e della devianza minorile, si preferisce insistere sull'affermazione che a nessuno dev'essere consentito sindacare le scel­te degli adulti qualunque sia il loro comporta­mento nei confronti dei minori.

Passa, così, quella concezione appropriativa e speculativa del rapporto tra adulti e bambini che continua a provocare tanti guasti nel tessuto so­ciale.

È assai preoccupante che si vada diffondendo l'idea che il procacciarsi un bambino a qualunque costo e con qualunque mezzo sia un atto di au­tentico amore, come tale sempre commendevole e giustificabile.

Occorre prendere coscienza che «comprare» un bambino non significa soltanto pagare degli intermediari, ma anche mettere in moto un mec­canismo in cui figurano al primo posto i desideri degli adulti ed il bambino è considerato come un qualcosa da procurarsi in qualsiasi modo, non importa come.

Non c'è, quindi, da stupirsi se, in una simile ottica, anche l'adozione internazionale - a cui oggi si rivolge la larghissima maggioranza delle coppie - rischia di perdere il suo profondo si­gnificato originario, che partiva dal riconoscimen­to oggettivo che il bambino straniero come tutti i bambini è portatore degli stessi diritti che de­vono essere rispettati.

Occorre quindi rifiutare e prevenire mezzi di accaparramento che ignorano la dignità della per­sona umana.

La Commissione della C.E.I. «Giustizia e Pa­ce» nella nota pastorale «Uomini di culture di­verse: dal conflitto alla solidarietà» ha recente­mente affermato: «Il desiderio di avere un bam­bino, difficilmente reperibile sul territorio italia­no, porta molte coppie a cercarlo sul "mercato" straniero. E non sempre si seguono strade limpi­de e legali, anzi a volte si utilizzano mezzi ille­citi, giustificandosi con l'autoconvincimento di aver fatto un'opera di bene perché si è sottratto un bambino a una morte sicura nel suo paese.

«Ma anche il bambino straniero ha dei diritti che devono essere rispettati. La famiglia adot­tante è spesso tentata, per sentirlo più suo, di imporre sul bambino una "maschera bianca" e cioè di negare sostanzialmente la sua origine, il suo precedente vissuto, di convincerlo di essere bianco, il che comporta una costruzione distorta della sua identità e quindi una limitazione della sua reale socializzazione e insufficienti meccani­smi difensivi per il successivo adattamento alla realtà».

 

Il diritto del minore alla famiglia

E da tener presente che il nostro ordina­mento giuridico, in applicazione delle direttive costituzionali, è tutto imperniato sull'esigenza di assicurare al minore un processo di maturazione fondato sull'esistenza di rapporti positivi con precise figure genitoriali di riferimento. A tale scopo è stata dettata una scala di interventi ben definiti, ponendo a carico delle Istituzioni l'ob­bligo di sostenere in maniera efficace la fami­glia d'origine in difficoltà e di promuovere il tem­poraneo affidamento di quei minori il cui nucleo familiare non sia per ragioni contingenti in grado di attuarne l'educazione. Si stabilisce infine il dovere per lo Stato di procurare tempestivamen­te ai minori l'affetto di una famiglia adottiva quan­do si manifesti evidente l'irrecuperabilità di un adeguato legame genitoriale.

Occorre quindi fortemente sottolineare che la disciplina dettata dalla legge 184/83 - che su questi principi si fonda - conserva tutt'oggi in­tatta la sua piena validità, rappresentando il ri­conoscimento giuridico di una scelta già delinea­ta dalla Costituzione, che statuisce il diritto dei minore ad avere comunque un idoneo ambiente familiare che possa adeguatamente adempiere al compito insostituibile di favorirne la crescita personale.

Ne consegue allora che la genitorialità auten­tica non risiede soltanto nel rapporto procreativo, ma nella capacità di esercitare la funzione edu­cativa attraverso gli affetti e l'impegno.

 

Prospettive per una effettiva tutela dei minori italiani e stranieri in situazione di abbandono

L'unica strada da percorrere, se veramente si è intenzionati a compiere dei passi in avanti per un'effettiva tutela dei minori, è quella di impe­gnarsi, innanzi tutto, perché trovi concreta appli­cazione la legislazione esistente e vengano al più presto affrontate in Parlamento le riforme indi­spensabili per rendere più compiuta la tutela del minore (per esempio le riforme dell'assistenza, dell'ordinamento giudiziario minorile e della tu­tela penale minorile).

Si rinvia per più adeguati piani di intervento omogenei e coordinati a quanto esposto nel do­cumento «Il diritto alla famiglia del bambini in difficoltà o in situazione di abbandono: un appello alla collaborazione e alla solidarietà» (1).

 

Riaffermare le finalità dell'adozione

In particolare, per quanto riguarda l'adozione, si deve ribadire che essa deve essere sempre finalizzata ad inserire il minore deprivato delle cure parentali in una valida famiglia, di cui siano stati previamente verificati i requisiti di capacità indispensabili all'assunzione di un compito così impegnativo e la disponibilità a rispettare la per­sonalità del minore ed a valorizzarne le poten­zialità.

Naturalmente lo stato di abbandono andrà ac­certato in concreto nelle diverse situazioni, sen­za riduzionismi interpretativi e senza lasciarsi fuorviare da stereotipi sui modelli di famiglia che potrebbero condizionare i diversi operatori.

Deve riaffermarsi che tutta la procedura adot­tiva, incidendo sui fondamentali diritti della per­sona, anche costituzionalmente garantiti, non può non essere svolta dal soggetto istituzional­mente delegato ad incidere sui diritti soggettivi e cioè da una magistratura minorile sempre più specializzata.

 

L'adozione internazionale

La più grande attenzione deve essere dedicata per far sì che l'adozione internazionale continui ad ispirarsi a quei valori di accoglienza e di supe­ramento di ogni discriminazione che le sono pro­pri, battendosi perché essa non funzioni come una scorciatoia di comodo per arrivare a adozioni che considerano i bambini un bene di consumo.

La recente Convenzione sui diritti del bambino approvata il 20 novembre 1989 dall'Assemblea Generale dell'ONU all'art. 21 impegna gli Stati aderenti a: (...)

«b) riconoscere che l'adozione internazionale può essere un mezzo alternativo di assistenza al bambino/a, se, il/la bambino/a non può tro­vare accoglienza in una famiglia affidataria o adottiva o non può, in alcun modo adeguato, es­sere accudito nel paese di origine del bambino stesso;

«c) assicurare che il/la bambino/a soggetto/a ad adozione in un altro Paese goda di misure di tutela e di condizioni equivalenti a quelli esisten­ti nel caso dell'adozione nazionale;

« d) prendere tutti i provvedimenti adeguati a garantire che, nell'adozione internazionale, la si­stemazione non comporti un improprio lucro fi­nanziario per coloro che vi sono implicati».

Questi enunciati - ribaditi anche in recenti Convegni internazionali - devono concretizzarsi in una seria opera di preparazione nei confronti di chi si accosta a questa esperienza e in accu­rati controlli e cautele in ogni sua fase attuativa.

In ogni caso, dovrà essere sempre ben chiaro che anche l'adozione di un minare straniero al di fuori del suo Paese d'origine potrà essere di­sposta solo nei casi in cui - attraverso una ri­gorosa procedura - ne sia stata previamente accertata la reale situazione di abbandono mo­rale e materiale, dovendosi pertanto scrupolo­samente evitare tutte quelle forme di adozione che non offrono alcuna seria garanzia circa il rispetto delle più elementari regole morali per quanto riguarda la libera determinazione della famiglia d'origine.

Nei Paesi che non prevedono nel loro ordina­mento un'adozione legittimante radicata in una situazione di abbandono, è opportuno che l'auto­rizzazione all'ingresso di minori provenienti da questi Paesi sia condizionata all'approvazione di Convenzioni bilaterali o multilaterali che esigano l'accertamento nel Paese d'origine di una pre­gressa situazione di abbandono o di una volontà abbandonica definitiva da parte dei genitori.

 

Responsabilità delle organizzazioni private che operano nel campo dell'adozione internazionale

Notevoli sono le responsabilità che gravano sulle organizzazioni che operano nel settore. Innanzitutto esse dovrebbero rendersi promotri­ci, nei Paesi di provenienza dei minori, di vaste campagne dirette a prevenire le situazioni di abbandono, così come dovrebbero evitare che un incontrollato ricorso alle adozioni internazio­nali possa di fatto risolversi in una incentiva­zione all'abbandono.

L'estrema delicatezza della materia e l'indub­bia complessità dei problemi giuridici ed umani che comporta l'adozione internazionale rendono assolutamente ineludibile una forte pressione verso gli uffici ministeriali competenti italiani e stranieri affinché essi si dotino quanto prima di dettagliati strumenti regolamentari sotto. forma di accordi bilaterali o multilaterali con gli Stati di provenienza dei minori (così come era auspi­cato dal legislatore del 1983), sia per evitare conflitti di norme che per consentire li corretto svolgimento delle pratiche di adozione.

Sotto questo profilo può anche pensarsi a mi­glioramenti legislativi alla legge 184/1983, ma purché gli stessi siano destinati ad offrire mi­gliori garanzie ai minori e non già a rendere più «facile» il mercato dei bambini.

 

Privilegiare la vita in famiglia dei bambini nel loro Paesi

Un ultimo aspetto va tenuto in particolare con­siderazione e riguarda l'esigenza di un nuovo rapporto fra Nord e Sud del mondo, fra Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo, che consenta di superare gli squilibri oggi esistenti sul piano economico e sociale.

Anche alla luce di quanto è stato finora detto, è prioritario, dunque, operare perché possano cambiare al più presto le condizioni di vita in questi Paesi, a partire dalle spesso tragiche con­dizioni in cui versa l'infanzia oggi in molte parti del mondo. Vanno favoriti e incoraggiati, nei ri­spettivi Paesi d'origine; anzitutto gli interventi sociali diretti a mantenere il bambino nella sua famiglia e, quando questo non è possibile, in un'altra famiglia.

In quest'ottica vanno sviluppati - tramite le organizzazioni non governative, le associazioni del volontariato, le Chiese - progetti specifici diretti a sostenere - anche attraverso aiuti concreti - i nuclei familiari in difficoltà, «adot­tando» cioè, a distanza, le famiglie dei minori oppure promuovendo in questi Paesi forme di accoglienza familiare in alternativa ai ricovero in istituti di assistenza.

 

Roma, 12 ottobre 1990

 

 

 

(1) Cfr. Prospettive assistenziali, n. 87, luglio-settem­bre 1989.

 

 

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