Prospettive assistenziali, n. 92, ottobre-dicembre 1990

 

 

ELIMINARE LE BARRIERE ARCHITETTONICHE NEL TRASPORTO FERROVIARIO: L'ESPERIENZA DI STAZIONE APERTA ( * )

GABRIELE PAZIENZA

 

 

Fare il punto su quanto si è fatto per l'eliminazione delle barriere architettoniche nel trasporto ferroviario dal 1978 (DPR 384, art. 20) fino ad oggi, è rifare il percorso singolare ed indecoroso di una delle tante storie all'italiana. È già di per sé scandaloso che si debba emana­re una legge per permettere ad un cittadino con necessità speciali, di muoversi, di viaggiare e di usufruire di un bene pubblico ed è ancor più scandaloso che, nonostante l'esistenza della norma, non si sia fatto quasi nulla per venire incontro alle sue esigenze.

Forse è superfluo, ma utile ricordare che par­liamo non solo della persona in carrozzina, ma anche degli anziani, degli incidentati tempora­nei, delle donne incinte e/o con bambini al seguito, delle persone non vedenti, non udenti: vi è quindi una vastissima domanda da dover sod­disfare. E la risposta è invece minima, addirittura offensiva, se, per rimanere in tema, stiamo alle ultime disposizioni dell'Ente Ferrovie dello Stato nei riguardi dei portatori di handicap.

Il Coordinamento nazionale «Stazione Aper­ta» nasce da ferrovieri con esperienze diverse: chi dal Gruppo Handicap del Dopolavoro ferro­viario di Rimini, chi da Medicina democratica, chi dai Gruppi Compartimentali Pro Handicap. Il gruppo di Rimini, nel 1988, aveva stilato uno studio per l'abolizione delle barriere nelle sta­zioni, in gran parte realizzato nella stazione di Rimini, estensibile ad ogni stazione, e infatti ben accetto anche dal direttore compartimentale di Bologna di allora.

Stazione Aperta si batte per rendere accessi­bile il trasporto ferroviario e individua due cri­teri per una civile risoluzione del problema:

a) al portatore di un qualsiasi handicap, va assicurata la massima autonomia di movimento possibile all'interno e all'esterno di una stazione e di una carrozza;

b) va ribadita la necessità dell'integrazione del trasporto pubblico (bus-taxi-treno). Se su questo punto il discorso è molto più ampio do­vendosi collegare fra loro competenze FS-Enti locali, ciò non significa che si tratti di utopia, se un ottimo servizio autobus è in funzione a Reggio Emilia.

Se gli strumenti tecnici per realizzare l'ab­battimento di barriere sono alla portata di tutti e di ogni amministrazione pubblica, ciò che manca è invece l'attenzione ai problema: un fat­tore culturale decisivo, per cui, in dispregio delle norme vigenti, ancora oggi, tantissime ri­strutturazioni o nuove costruzioni all'interno dell'Ente FS vengono fatte con barriere. Per questi infausti mondiali di calcio, si sono spesi miliardi, senza piani adeguati di abolizione di barriere,. Voglio tornare però a quel fatidico art. 20 del DPR 384/1978 che così recita: «Le principali stazioni ferroviarie dovranno essere dotate di passerelle, rampe mobili o altri mezzi idonei di elevazione, al fine di facilitare l'acces­so al treno, alle persone in difficoltà di deam­bulazione. Per consentire lo stazionamento dell'invalido in carrozzella all'interno delle carrozze ferroviarie, dovrà essere opportunamente modi­ficato ed attrezzato un adeguato numero di car­rozze da porre in composizione di alcuni treni in circolazione sulle linee principali. In ogni caso dovrà essere riservato un numero adegua­to di posti a sedere alle persone non deambu­lanti o con difficoltà di deambulazione e dovrà essere consentito il trasporto gratuito delle car­rozzelle. Il ministero dei trasporti stabilirà le modalità e i criteri di attuazione delle norme di cui al presente articolo».

In primo luogo, non si capisce perché solo le principali stazioni debbano dotarsi di mezzi che facilitino l'accesso al treno, anche se poi, alme­no si fosse fatto questo, sarebbe stato un buon avvio. Non si chiedono certo ascensori in ogni stazione della rete ferroviaria italiana, ma inten­diamo far sapere che in Italia esistono milioni di persone con necessità speciali e che non so­no tutte concentrate nelle principali città ita­liane.

Anzi, proprio perché il treno è un mezzo di grande comunicazione, specie con la crisi odier­na del traffico stradale, non si capisce perché la gente che vive in luoghi decentrati debba su­bire un'ulteriore emarginazione fisica, se, come prevede il secondo capoverso, un adeguato nu­mero di carrozze dovevano comporsi a treni in circolazione sulle principali linee ferroviarie.

Non si può certo affermare che, se i cittadini con difficoltà motorie vogliono viaggiare, essi debbano utilizzare solo le linee principali, e caso mai vadano a vivere nelle città più -importanti: dato che si parla di «alcuni treni», si limitino a viaggiare solo su quei treni, che vorrà stabi­lire l'ufficio competente. E invece no! Ci siamo e vogliamo viaggiare anche noi! Delle buone azioni non sappiamo che farcene, poiché in capo ad ognuno di noi sono stabiliti gli stessi diritti di tutti!

In una società, come la nostra, basata sul consumo sfrenato delle risorse e sul profitto, la persona con necessità speciali diventa ogget­to di attenzione, se, per l'appunto, si intravede che possa anch'essa divenire strumento di pro­fitto.

Il terzo capoverso dell'art. 20 riserva un ade­guato numero di posti ai non deambulanti e questo sta avvenendo solo adesso, dove su ogni carrozza sono riservati i posti 11-13, ma se su quella carrozza non riesco a salire, la cosa sa di beffa.

Il ministro dei trasporti ha stabilito i criteri e le modalità di attuazione del suddetto arti­colo? Arriviamo ad uno studio del problema del 1981 dell'Azienda autonoma FS e Associazioni dell'handicap: studio che propone la sperimen­tazione di alcune carrozze a piano ribassato e pone il problema della scelta di adottare un ele­vatore a terra o uno retraibile incorporato alla carrozza.

Questo servizio viaggiatori sperimentale ri­sulta però fallimentare, perché non adeguato, non rispondente ai bisogni della gente e non pubblicizzato come si doveva. Viene sviluppato, però, il progetto di un elevatore incorporato re­trattile, in ossequio a rigorose prescrizioni tec­niche stabilite dal Servizio Materiale e Trazione della Direzione Generale delle FS, progetto che risulta perfettamente collaudato, funzionale e rispondente alle esigenze del servizio che si vuole rendere (direttore del progetta l'ing. La­pucci di Firenze). II progetto risponde infatti a esigenze di economicità, di pronto ed efficace impiego, sia in situazioni di normale servizio viaggiatori, che in caso di emergenza o di peri­colo in piena linea, durante il viaggio. II progetto presentato in convegni internazionali riscuote consensi e attestazioni di merito; è motivo di prestigio per le FS, ma inspiegabilmente viene accantonato.

L'Unione italiana per la lotta contro la distro­fia muscolare, che si batteva per tale soluzione, in data 25 luglio 1985 riceve ampie assicurazioni dall'ing. De Chiara, vice-direttore generale FS, che quel progetto sarebbe stato difeso, perché il più tecnicamente avanzato.

Anche la persona più profana in materia com­prende i motivi che sostengono l'approvazione dell'elevatore retrattile incorporato.

Le FS si lanciano invece sulla produzione di carrozze (ne sono previste ottanta, ma finora ne sono state immesse in circolazione solo nove), dotate di posti per disabili in carrozzina e di ri­tirata accessibile, ma il salire su tali carrozze rimane sempre un'impresa, conseguibile però tramite l'elevatore a terra azionato da un ope­ratore. Lascio immaginare questo carrello, che si muove tra la calca dei viaggiatori, su dei mar­ciapiedi, che sono ormai diventati insufficienti anche al normale transito pedonale. La persona ridotta ad un pacco-merci, fatto posizionare sull'elevatore e caricato a bordo. Una soluzione offensiva.

L'ing. Lapucci così descrive in una sua rela­zione la bocciatura del progetto-elevatore retrat­tile: «Un complesso di difficoltà burocratiche, una successione di argomentazioni pretestuose e una evidente mancanza di volontà hanno porta­to alla mancata attuazione della fase realizza­tiva che avrebbe dovuto seguire quella della progettazione e ciò malgrado le promesse fatte, le assicurazioni ricevute, le sollecitazioni avan­zate ad ogni livello, gli interventi parlamentari, gli stanziamenti stabiliti ai fini del finanziamen­to delle spese per la ristrutturazione delle sta­zioni e l'adattamento delle carrozze per le esi­genze degli handicappati».

La nascita di Stazione Aperta ha un fine uni­ficante e una funzione mediatrice, propositiva e, se necessario, di lotta nei confronti dell'Ente FS. In primo luogo è bene chiarire, che il Coor­dinamento è un movimento di base, composto quindi da gente che vive l'handicap sulla propria pelle; inoltre è caratterizzato dal fatto che nasce da ferrovieri, che conoscono pertanto le esigen­ze del servizio ferroviario, i pregi e i difetti.

Voglio ribadire a questo punto, mi si permet­ta, la lacerazione esistente tra chi programma il servizio e chi invece deve ridurlo in termini di immagine e di efficienza, nel contatto quoti­diano con la gente.

Stazione Aperta, ha ripreso il progetto Lapuc­ci, della cui consulenza si avvale, e lo ha rilan­ciato come pienamente rispondente alle esigen­ze di sicurezza della circolazione e della inco­lumità dei viaggiatori. È questo il punto nodale del tutto. A casi di emergenza, come trasbordi in piena linea, in campagna, per un guasto non facilmente rimediabile, per un incendio o altro, non si può rimediare con sicurezza e agibilità, se non tramite l'elevatore incorporato di tipo retrattile, funzionante anche in caso di avaria dei circuiti elettrici.

L'Ente FS sta invece dotando gradualmente le stazioni, avendo ormai dichiaratamente im­boccato l'altra strada, dell'elevatore a terra. È una decisione anti-economica e non funzionale.

Adduce a giustificazione, che la FICHE (Fede­ration International de Chemin de Fer) detta pre­cise disposizioni in materia; invece bisogna si sappia, che la FICHE dà solo indicazioni di mas­sima lasciando libera ogni rete ferroviaria euro­pea di adottare la soluzione più pertinente alla situazione nazionale; per di più si sa che la mag­gior parte delle reti estere, non avendo il disli­vello carrozza-marciapiede così notevole come il nostro, non hanno alcun bisogno di un eleva­tore incorporato.

L'antieconomicità dell'operazione e l’insicu­rezza in caso di pericolo, fanno calare su una questione così importante oscuri interrogativi.

Stazione Aperta parte dalle esigenze delle persone con difficoltà motorie, le fa sue nell'in­tento di essere, sul problema specifico, elemen­to unificante di tutte le situazioni di handicap, che le varie associazioni rappresentano. E vuol promuovere e favorire la capacità della gente di stare insieme e di decidere del proprio desti­no, di partecipare alle elaborazioni importanti per la propria vita. Dare voce a chi non ha voce o a chi si vuole che rimanga zitto.

Purtroppo anche il mondo-handicap risente di clientele politiche, di compromessi poco onore­voli, di accordi contrattati a scapito del giusto riconoscimento dei diritti della persona. Questo è indegno. Si perpetua un sistema di beneficen­za e di assistenzialismo, che non fa crescere una società di uomini liberi.

La legge quadro sull'handicap, da dieci anni in discussione in commissione parlamentare, re­gistra inquietanti e oscure marce-indietro sulla promozione sociale della persona con necessità speciali.

Restando al problema del trasporto ferroviario, è chiaro che ci sono delle priorità nella predi­sposizione del servizio ferroviario nel suo com­plesso; ma quale priorità si impone, se non quel­la di far viaggiare ogni cittadino, di dare a tutti la possibilità di viaggiare, di incontrarsi, di partecipare ad una vita attiva?

Nella risposta dell'Ente FS al Ministro dei trasporti in data 2 aprile 1990 il problema del­le barriere architettoniche continua ad essere considerato marginale: 30 miliardi per l'adegua­mento materiale rotabile (le famose ottanta car­rozze) e 13 miliardi per l'abbattimento delle bar­riere delle stazioni.

Questi soldi provengono dalla legge finanzia­ria n. 41/1986. Quando giungeranno altri finan­ziamenti, si provvederà ulteriormente.

Ma è evidente che già l'utilizzo di quei finan­ziamenti non va nella direzione di una dignitosa risoluzione del problema e, comunque sia, per­ché attendere la periodica manna dal cielo, quando l'urgenza e il rispetto che si deve al problema, pretendono che nel bilancio di previ­sione dell'Ente FS esista al riguardo una voce specifica e prioritaria nei confronti di progetti faraonici (vedi alta velocità) che non si sa quale utilità veramente renderanno?

Stazione Aperta ha inviato e proposto all'Ente FS un questionario di rilevamento delle barriere di stazione (redatto dallo studio A.D.R. dì Ca­vriago di Reggio Emilia), che, oltre alla gratuità dell'iniziativa, avrebbe permesso nel breve giro di poco tempo di censire tutte le strutture delle stazioni d'Italia da ristrutturare e adeguare, po­tendo così programmare un piano graduale di intervento e di spesa. Il più assoluto silenzio.

Ultimamente l'Ente FS ha predisposto norme riguardanti: l'assistenza ai viaggiatori non de­ambulanti, la notifica alla stazione di partenza, 24 ore prima, del viaggio che si intende intra­prendere; punti di accoglienza e di assistenza in stazione; aspetti organizzativi per accompa­gnare il disabile al marciapiede di partenza; as­sistenza durante il viaggio; trasporto di carroz­zelle; parcheggi in area FS; riservazione e pre­notazione dei posti; agevolazioni tariffarie con accompagnatore gratuito.

Sembra quasi che mezza stazione si mobiliti per permettere il viaggio al disabile, quando in­vece, a parte l'attraversa mento delle passerelle a raso da farsi con assistenza di personale di stazione già esistente, il disabile va considerato una persona normalissima, che utilizza un servi­zio pubblico predisposto per la sua autonomia e che è utilizzabile anche da tutti in mancanza dell'utente specifico.

Importanti risposte giunteci da poco dall'Ente FS non rendono però giustizia alla vera sostanza delle norme internazionali, non concedendo per giunta altro interlocutore, che non sia la Com­missione insediata presso il Ministero degli af­fari sociali. Un atteggiamento irriverente verso chi lavora con serietà di intenti e con precisi riferimenti a lavori concepiti e realizzati da di­rigenti dello stesso ente pubblico. È necessario, pertanto, che chiunque ne faccia parte, operi all'interno della commissione suddetta, affinché si occupi celermente e con positività dell'art. 20 del DPR 384 riguardante per l'appunto il traspor­to ferroviario.

Abbiamo preso contatti ufficiali con la stampa nazionale, notando sensibilità al problema. È molto importante, però, attivare noi tutti, dei canali di informazione svincolati ed indipenden­ti, che sappiano giungere alla collettività.

Proprio a tal riguardo ci stiamo attivando per organizzare una giornata di sensibilizzazione in ogni regione: ciò sarà possibile solo con la par­tecipazione di quanti singoli o associazioni han­no a cuore il problema.

Il nostro programma globale di abbattimento barriere di stazione è stato recepito nella pro­posta di rinnovo del contratto nazionale ferro­vieri 1990/92 e dalla FILT-CGIL di Bologna.

Porteremo quanto finora compiuto ad un con­vegno internazionale a Lione nel 1992 e ad un pre-convegno a Milano nel dicembre 1990, spe­rando di poter dire che veramente questo Coor­dinamento è di tutti

A ben riflettere rendendo accessibile il viag­gio alle persone con difficoltà motorie, si miglio­rerà la qualità del trasporto per tutti i cittadini. È scandaloso che debba esistere Stazione Aper­ta, ma è pericoloso restarsene zitti di fronte a scelte che fanno arretrare il livello di civiltà di una collettività.

 

 

(*) Stazione aperta è la denominazione del Coordina­mento nazionale fra Comitati compartimentali, Dopola­vori ferroviari e Associazioni per l'eliminazione delle bar­riere architettoniche nell'ambito ferroviario. La sede è presso il Sig. Gabriele Pazienza, Via Ancona 174, 47023 Cesena (FO), Tel. (0547) 20.810 - 334.626.

 

 

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