Prospettive assistenziali, n. 91, luglio-settembre 1990

 

 

LE PRESCRIZIONI TECNICHE PER IL SUPERAMENTO E L'ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE NEGLI EDIFICI PRIVATI

EUGENIA MONZEGLIO (*)

 

 

A pochi mesi dall'emanazione della legge 13 del 9.1.1989, Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, è uscito il decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 236 del 14.6.1989 intitolato Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenzia­le pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche. Esso costituisce il regolamento di attuazione dell'art. 1 della legge 13/1989.

Innanzitutto si plaude alla celerità con cui è stato emesso il decreto, puntualità che sorprende se si effettua un confronto con i tempi di usci­ta del DPR 384/1978, regolamento di attuazione dell'art. 27 della legge 118/1971. Tale regolamen­to avrebbe dovuto essere promulgato entro un anno dall'entrata in vigore della legge 118/1971!

Recentemente è stato pubblicato un volume, riguardante tali provvedimenti normativi, dal ti­tolo Nuove norme sulle barriere architettoniche . La legge 13/1989 e le prescrizioni tecniche per l'attuazione (1); il libro offre lo spunto per avan­zare alcune considerazioni in merito al DM 236/1989. In questa sede si sottolineano solo alcuni aspetti di tale decreto ministeriale, rimandando alla lettura del libro per un approfondimento degli stessi e per i problemi di applicazione del­le prescrizioni tecniche contenute nel decreto.

Occorre subito premettere che, mentre la leg­ge 13/1989 lascia nell'indeterminatezza il pro­prio campo applicativo (infatti parla generica­mente di edifici privati), il decreto ministeriale precisa nel dettaglio sia le finalità sia il campo di applicazione. In tal modo viene però introdot­to un rapporto anomalo e poco corretto tra legge e suo regolamento: infatti le finalità di una legge dovrebbero essere precisate con chiarezza nella legge stessa e non essere delegate a provvedi­menti posteriori.

Dalla lettura congiunta degli articoli 1 (Campo di applicazione) e 3 (Criteri generali di proget­tazione) del decreto 236/1989, emerge che esso riguarda:

- gli edifici di abitazione, costruiti dai priva­ti e quelli di edilizia convenzionata, di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevo­lata e pertanto l'edilizia privata rispetto all'uso;

- gli edifici di uso pubblico, sociale, collet­tivo, ma privati rispetto alla proprietà.

Con queste indicazioni il DM 236/1989 precisa alcuni elementi ambigui presenti nella legge 13/, 1989, dove (come prima si è già detto) il termi­ne di «edificio privato» poteva essere interpre­tato in modo restrittivo al posto di edificio per edilizia residenziale.

Le disposizioni tecniche si applicano sia alle nuove costruzioni, sia alla ristrutturazione dell'esistente, compresi in ambedue i casi gli spazi esterni di pertinenza degli edifici. Grande impor­tanza è data anche ad una corretta segnaletica, che deve essere sempre presente negli spazi accessibili, interni ed esterni, per facilitare l'orientamento e la fruizione degli ambienti.

Una prima considerazione riguarda il fatto che le prescrizioni tecniche per gli edifici aperti al pubblico o di uso pubblico, ma costruiti dai pri­vati, si sovrappongono, per così dire, con quelle del DPR 384/1978, che valgono tuttora per gli stessi tipi di edifici, ma di pubblica proprietà (2).

È bene ricordare che attualmente è in fase di predisposizione la modifica del DPR 384/1978, aggiornato ed integrato proprio sulla base delle prescrizioni presenti nel DM 236/1989.

Gli edifici privati di uso pubblico e sociale, normati dal DM 236/1989, comprendono:

- i luoghi destinati ad attività sociali come quelle scolastiche, sanitarie, assistenziali, cul­turali, sportive;

- le sedi di lavoro: aziende o imprese sog­gette alla normativa sul collocamento obbliga­torio;

- i luoghi per riunioni e spettacoli, all'aperto e al chiuso, temporanei o permanenti (compresi i circoli privati);

- gli ambienti per la ristorazione;

- le sedi di attività ricettive (alberghi, pen­sioni, villaggi turistici, campeggi etc.);

- le sedi di culto;

- i luoghi che forniscono attività aperte al pubblico.

 

Aspetti positivi

Si ritiene che la legge 13/1989 ed il DM 236/ 1989 siano molto importanti per i seguenti mo­tivi:

1) non sono normative speciali, rivolte solo a determinate categorie di utenti, ma affrontano il tema dell'accessibilità (se pur con alcune con­sistenti limitazioni in alcuni casi) per tutti e dap­pertutto. In tali provvedimenti si considera che l'accessibilità sia un indispensabile ed irrinun­ciabile requisito degli spazi costruiti. Di conse­guenza il raggiungimento dell'accessibilità non è lasciato alla discrezionalità di chi progetta o alla volontà di chi commissiona un progetto. Inoltre il DM 236/1989 fa riferimento sia alle per­sone con ridotta o impedita capacità motoria sia alle persone affette da limitazioni sensoriali, am­pliando in tal modo la fascia di utenti che nei precedenti disposti normativi erano in genere li­mitati agli invalidi civili e ai minorati. La legge 13/1989, poi, accenna in modo preciso ai proble­mi di orientamento dei ciechi e degli ipovedenti;

2) i due provvedimenti affrontano il problema delle barriere architettoniche nell'edilizia resi­denziale privata, rimasta troppo a lungo priva di adeguate indicazioni, e trattano dell'edilizia residenziale nella sua globalità;

3) sono presi in considerazione i luoghi di la­voro, del tutto ignorati finora dalle indicazioni normative concernenti l'eliminazione delle bar­riere architettoniche. È evidente che per conse­guire l'inserimento lavorativo e l'integrazione sociale una premessa indispensabile è costituita dall'accessibilità del posto di lavoro;

4) all'interno dell'edilizia privata aperta al pubblico, il DM 236/1989 comprende anche i luo­ghi deputati allo svago, alla vacanza, al tempo libero, allo sport, citando espressamente i cam­peggi, i villaggi turistici, i luoghi per spettacoli, anche temporanei (e quindi, ad esempio, anche i circhi e le fiere), i circoli privati. Tratta quindi dell'argomento del tempo libero e del diverti­mento, prima sempre trascurato, forse perché considerato superfluo o accessorio;

5) il DM 236/1989 introduce alcuni indubbi elementi di novità e di qualità. Essi sono costi­tuiti dalle finalità proposte (consentire piena fruibilità del costruito a tutti, disabili compre­si) e dalla impostazione di fondo. Quest'ultima, riallacciandosi all'approccio esigenziale-presta­zionale, tende a fornire elementi di definizione e di controllo degli obiettivi richiesti (accessibilità, visitabilità, adattabilità) indipendentemente da soluzioni tecniche e dimensionali precostituite, univoche ed indiscutibili, basate solo su indica­zioni descrittive. Nella prima parte il DM 236/1989 indica i requisiti da richiedere agli ambien­ti (unità ambientali) ed ai loro componenti (por­te, pavimenti, infissi esterni, arredi fissi, termi­nati di impianti, ecc.) per renderli capaci di sod­disfare alle esigenze. Successivamente indica le specificazioni funzionali e dimensionali (con al­cuni esempi di soluzioni tecniche conformi), precisando però che possono essere proposte, in sede di progetto, soluzioni alternative alle specificazioni ed alle soluzioni tecniche indicate nel decreto, purché siano rispondenti alle esi­genze sottintese dai criteri di progettazione in­dividuati per l'accessibilità, la visibilità, l'adat­tabilità.

6) strettamente collegata al punto preceden­te è la considerazione che il decreto consente un'ampia libertà progettuale nell'individuare so­luzioni, anche diverse dalle proposte del decre­to, ma conformi alle finalità dello stesso che individua appunto i tre già citati livelli di quali­tà dello spazio costruito (accessibilità, visita­bilità, adattabilità);

7) è inoltre una normativa dinamica ed atten­ta all'evoluzione delle istanze sociali, produttive, culturali, tecnologiche, perché offre la possibi­lità di un aggiornamento continuo delle sue prescrizioni, accogliendo anche i suggerimenti provenienti da enti locali, istituti universitari, professionisti, studiosi;

8) sono introdotti alcuni elementi di control­lo. Infatti la conformità del progetto alle prescri­zioni del DM 236/1989 deve essere verificata dall'ufficio tecnico del Comune e la licenza di abitabilità e di agibilità è rilasciata dal Sindaco, previo accertamento del rispetto del decreto. II Sindaco può richiedere al proprietario dell'edi­ficio una perizia giurata che attesti la conformità del progetto. La stessa legge 13/1989 prescrive che il progettista debba allegare al progetto la dichiarazione di conformità degli elaborati alle prescrizioni.

 

Aspetti discutibili e contraddittori

Nonostante i numerosi aspetti positivi, nel decreto ministeriale permangono alcune zone di ombra. Se ne elencano alcune:

a) mentre la legge 13/1989 pareva introdurre un'applicazione generalizzata dei criteri di ac­cessibilità, visitabilità, adattabilità, poiché non ne specificava il significato (3), il DM 236/1989 invece prevede sia livelli differenti di accessi­bilità (totale, parziale, differita, condizionata) sia differenti percentuali di accessibilità (ad es. il 5% degli alloggi di edilizia residenziale pub­blica).

Per accessibilità il decreto intende la possi­bilità, per qualsiasi utente, di raggiungere un edificio, di entrarvi e di usare spazi ed attrezza­ture con sicurezza ed autonomia: l'accessibilità è il più alto livello di qualità del costruito.

Per visitabilità il decreto intende la possibi­lità di accedere agli spazi di relazione e ad alme­no un servizio igienico. La visitabilità è quindi un'accessibilità parziale, limitata ad alcune parti.

L'adattabilità è la possibilità di modificare nel tempo un ambiente costruito, per renderlo total­mente e facilmente usufruibile da tutti. Essa è quindi un livello ridotto di qualità e rappresenta pertanto un'accessibilità differita nel tempo.

La visitabilità condizionata deve essere con­seguita per quei luoghi aperti al pubblico, già esistenti, e non sottoposti a ristrutturazione: essa consiste nel collocare in prossimità dell'in­gresso un pulsante di chiamata, affiancato dal simbolo di accessibilità.

b) per quanto riguarda il patrimonio edilizio esistente, il decreto si applica solo agli inter­venti di ristrutturazione tralasciando tutte !e al­tre voci che rientrano nelle attività di recupero, ad es. la manutenzione, ordinaria e straordina­ria, il restauro e il risanamento conservativo. Non è poi considerata con sufficiente ampiezza la complessità delle operazioni sull'esistente anche se sono previste alcune indicazioni spe­cifiche per l'ascensore e per i percorsi orizzon­tali interni;

c) alcune préoccupazioni desta la possibilità di operare deroghe, previste negli interventi di ristrutturazione (art. 7.5) e nella realizzazione di lo-cali tecnici e di «edifici o loro parti che, nel ri­spetto di normative tecniche specifiche, non pos­sono essere realizzati senza barriere architetto­niche» (art. 7.4);

d) per quanto riguarda l'edilizia residenziale, è di certo una conquista l'aver richiesto l'acces­sibilità in tutti gli spazi esterni e nelle parti co­muni degli edifici: Tuttavia non è prevista l'in­stallazione dell'ascensore negli edifici con non più di tre livelli fuori terra; in questo caso si deve assicurare la possibilità dell'installazione in tempo futuro. L'ascensore deve essere collo­cato quando l'accesso all'alloggio situato più in alto sia oltre il terzo livello, computando nei li­velli anche piani interrati, porticati o piani man­sardati se adibiti ad abitazione. Nonostante que­sta ulteriore precisazione, che contribuisce a ridurre il campo degli edifici residenziali senza barriere, ci sembra che non prevedere l'ascen­sore in edifici bassi sia limitativo proprio in con­siderazione del fatto che:

- in Italia vi sono molte zone soggette al ri­schio sismico nelle quali è di fatto sconsigliata o del tutto impedita la costruzione ad alto nume­ro dì piani;

- molti interventi di edilizia residenziale (compresa quella nei piani di zona per l'edilizia economica e popolare) si caratterizzano come interventi di completamento e di integrazione dell'esistente e spesso sono indirizzati verso tipologie edilizie a bassa altezza ma a forte den­sità;

e) rimanendo sempre nel campo dell'edilizia residenziale non si condivide la scelta di riser­vare solo una quota di alloggi accessibile e solo ne~ll'edilizia residenziale pubblica (il 5% degli alloggi, con almeno un alloggio per intervento). II decreto prevede che, qualora la richiesta di alloggi accessibili superi la disponibilità dei 5%, siano applicate alle richieste eccedenti le dispo­sizioni dell'art. 17 dei DPR 384/1978. Ciò vuol dire che gli alloggi (che è necessario avere ac­cessibili e che superano come richiesta la quo­ta del 5%) devono essere situati a piano terra e ad essi si devono apportare le varianti in con­formità alle prescrizioni tecniche del DM 384/ 1978?

f) il decreto richiede che tutti gli altri allog­gi (il 95% di quelli di edilizia residenziale pub­blica, quelli di edilizia agevolata, convenzionata e quelli costruiti da privati) rispondano al requi­sito della visitabilità. Questa è intesa come ac­cessibilità al soggiorno o alla zona pranzo e ad un servizio igienico (per quest'ultimo è richie­sta la possibilità di raggiungere un vaso ed un lavabo da parte di un adulto in carrozzina). Oc­corre sottolineare che il requisito della visita­bilità, calibrato sulle esigenze di vita sociale e relazionale da garantire « anche » alle persone disabili, non può essere concretamente attuato se l'alloggio accessibile o visitabile è collocato in un organismo abitativo pluripiano per il quale non è prevista l'installazione dell'ascensore;

g) sono esclusi dal requisito della visitabilità gli alloggi situati in edifici unifamiliari e in quelli plurifamiliari privi di parti comuni (in genere tipologie a schiera, a patio). Per questi alloggi è richiesta l'adattabilità, che è una accessibilità differita, cioé la possibilità di renderli accessi­bili in futuro a costi contenuti e senza modifi­care la struttura portante e la rete impiantistica. Per gli alloggi adattabili, non è specificato a qua­li requisiti tecnici debbano rispondere, per quel che riguarda, ad esempio, larghezza delle porte, dei corridoi, altezza e posizionamento dei ter­minali degli impianti etc. Si presuppone che debbano valere le indicazioni del DM 236/1989 proprio per non vanificare o rendere troppo one­rosa la prevista adattabilità.

Sebbene il DM 236/1989 presenti alcuni aspet­ti discutibili e contraddittori e non sia di facile ed immediata applicazione, va tuttavia ricono­sciuto che il decreto stesso, insieme alla legge 13/1989 e al DPR 384/1978, si muove nella dire­zione della conquista dell'accessibilità genera­lizzata.

 

Tabelle esplicative dell'accessibilità

Di seguito si riporta una tabella esplicativa dei diversi livelli di accessibilità, relativi agli edifici raggruppati secondo la loro destinazione. Essa contiene altresì l'indicazione sintetica del­le prescrizioni e delle specifiche dimensionali, riferite agli spazi esterni, alle unità ambientali, ai componenti delle unità ambientali, alla segna­letica.

 

DM 236/1989

EDIFICI NON RESIDENZIALI

ACCESSIBILITÀ accessibilità totale di:

VISITABILITÀ accessibilità limitata ad alcuni spazi:

ADATTABILITÀ accessibilità differita nel tempo riferita a:

 

1. edifici sociali

(scuola, sanità, assisten­za, cultura, sport)

spazi esterni

parti comuni degli edifici tutte le unità immobiliari (con un servizio igienico accessi­bile per ogni livello utile)

 

 

2. luoghi di lavoro

2.1. aziende o imprese sog­gette alla normativa sul collocamento obbligato­rio

 

 

 

 

 

 

2.2. attività non aperte al pubblico e non sogget­te al collocamento obbligatorio

spazi esterni

parti comuni

settori produttivi, uffici am­ministrativi, un servizio igie­nico per ogni nucleo di servi­zi igienici, mensa, spogliatoi, luoghi ricreativi e servizi di pertinenza

 

parti comuni

spazi esterni

 

gli altri spazi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

tutte le unità immobiliari

 

3. riunioni e spettacoli, cir­coli privati

spazi esterni

parti comuni

 

almeno una zona riservata ai pubblico,

almeno un servizio igienico, spazi di relazione, biglietteria, guardaroba,

2 posti (ogni 400) riservati a persone a ridotta capacità motoria (minimo 2 posti),

2 spazi liberi (ogni 400) per persone in carrozzina, palco, palcoscenico e un ca­merino spogliatoio con servi­zio igienico

gli altri spazi

 

4. ristorazione

spazi esterni

parti comuni

almeno una zona riservata al pubblico deve essere acces­sibile,

almeno un servizio igienico, gli spazi di relazione ed i ser­vizi previsti (cassa, telefono etc.)

gli altri spazi

 

5. attività ricettive

5.1. alberghi, pensioni

5.2. campeggi, villaggi turi­stici

spazi esterni

parti e servizi comuni spazi esterni

servizi e attrezzature comuni spazi esterni

2 stanze (ogni 40 o frazione gli altri spazi di 40) con servizio igienico

(se la stanza non ha servizio igienico, nelle vicinanze deve essercene uno accessibile)

5% delle superfici destinate gli altri spazi al soggiorno temporaneo (mi­nimo 2 unità)

gli altri spazi

6. culto

spazi esterni

almeno una zona della sala gli altri spazi per le funzioni religiose

gli altri spazi

7. altre attività aperte al pubblico

7.1. locali per attività aper­te al pubblico

7.2. altre attività aperte al pubblico (superficie < mq 250)

spazi esterni

parti comuni dell'edificio spazi esterni

parti comuni dell'edificio

 

gli spazi di relazione nei quali il cittadino entra in rappor­to con la funzione ivi svolta, almeno un servizio igienico

gli spazi di relazione nei quali il cittadino entra in rappor­to con la funzione ivi svolta

gli altri spazi

 

 

 

 

 

gli altri spazi

EDIFICI RESIDENZIALI

 

 

 

8. edifici con più di 3 livelli fuori terra

spazi esterni

parti comuni,

nell'edil. resid. sovvenzionata il 5% degli alloggi (almeno uno per intervento)

alloggi (accessibili: soggiorno o pranzo, un servizio igie­nico, il collegamento soggior­no-wc o pranzo-wc) nell'edil. resid. sovv. i restan­ti alloggi

le altre unità immobiliari

9. edifici con non più di 3 livelli fuori terra

spazi esterni

parti comuni, ma con deroga ad installare l'ascensore, che va messo se l'accesso all'al­loggio più alto è oltre il 3° livello, nell'edìl. resid. sovv. 5% alloggi (almeno uno per intervento)

alloggi (accessibili: soggiorno o pranzo, un servizio igie­nico, il collegamento soggior­no-wc o pranzo-wc), nell'edil. resid. sovv. i restan­ti alloggi

le altre unità immobiliari

10. edifici unifamiliari e plu­rifamiliari senza parti co­muni

spazi esterni parti comuni nell'edil. resid. sovv. 5% al­loggi (almeno uno per inter­vento)

 

tutti gli alloggi adattabili

Definizioni:

unità ambientale: spazio elementare per svolgere attività compatibili tra loro;

unità immobiliare: una unità ambientale o un insieme di unità ambientali, funzionalmente connesse, suscettibili entrambi di autonomo godimento;

spazi esterni: spazi aperti, anche coperti, di pertinenza dell'edificio

 

 

DM 236/1989:

SPAZI INTERNI

CRITERI DI PROGETTAZIONE

prescrizioni richieste

SPECIFICHE FUNZIONALI E DIMENSIONALI

(indicative)

Porte

- facile manovrabilità, complanari spazi anti­stanti e retrostanti, dimensionamento di tali spa­zi in rapporto al tipo di apertura

- preferire porte scorrevoli, ante a libro

- evitare porte girevoli prive di ritorno ritarda­to e porte vetrate non segnalate

- preferire maniglie a leva

- porte accesso edificio cm 80, altre porte cm 75

- h maniglie da terra cm 85-90 (meglio cm.90)

- preferire porte con ante non più larghe di cm 120

- vetri ad h da terra cm 45

- pressione per aprire l'anta mobile non > kg 8

Pavimenti

 

- orizzontali e complanari tra loro

- differenze di livello contenute e raccordate con rampe

- segnalare il dislivello con variazioni dì colore - grigliati con maglie non larghe

- zerbini incassati

- nelle parti comuni.- pavimenti antisdrucciole­voli e percorsi ben individuati (differenziare ma­teriali e colori)

- dislivello tra pavimenti max. cm. 2,5

- antisdrucciolevoli: coeff. attrito (metodo del­la B.C.R.A.) superiore a 0,40

-- giunti pavimentazione < mm 5; risalti di spessore non > mm 2

-- grigliati con maglie non attraversabili da sfe­ra di Ø di cm 2

- gli elementi paralleli dei grigliati posti per­pendicolarmente al verso di marcia

 

infissi esterni e parapetti

(ved. balconi)

- facile manovrabilità meccanismi apertura e chiusura

- finestre che permettano la visuale all'esterno

- lieve pressione per apertura parte mobili

- h maniglie da terra cm 100-130 (preferibile cm 115)

- traversa inferiore anta mobile sagomata o protetta

- pressione apertura ante non > kg 8

 

arredi fissi

- arredi non taglienti, privi di angoli vivi

- cassette della posta: raggiungibili da perso­na in carrozzina

- banconi e piani di appoggio: una parte utilizza­bile da persona in carrozzina

- aperture automatiche temporizzate; bussola, percorsi obbligati e cancelli a spinta devono per­mettere il passaggio alla persona in carrozzina

- spazio di attesa con posti a sedere

 

- edif. resid.: cassette posta h non > cm 140

- luoghi aperti al pubblico: tavoli e scrivanie spazio libero anteriore cm 150, laterale cm 120

- parte del bancone continuo ad h cm 90 dal piano di calpestio

- almeno uno sportello con piano di utilizzo ad h cm 90

- transenne guida: largh: cm 70, distanza cm 120 dal bancone, lungh. max. m 4, h cm 90

- zone attesa: numero adeguato di posti a se­dere separati

- altezza apparecchiature automatiche: ved. ter­minali impianti

terminali degli impianti

 

- apparecchi elettrici, quadri generali, valvole e rubinetti di arresto, regolatori impianti riscal­damento e condizionamento, pulsanti e citofoni: usati agevolmente e facilmente individuabili, pro­tetti, raggiungibili da persona in carrozzina

- altezza tra cm 40 e 140

- interruttori h tra cm 60 e 140 (consigliata tra cm 75 e 140)

- campanello, pulsanti di comando: h tra cm 40 e 140 (consigliata tra cm 60 e 140)

- pulsanti bottoniera ascensore h tra cm 110 e 140 (consigliata per il pulsante più alto h cm 120)

- prese luce h tra cm 45 e 115 (consigliata h tra cm 60 e 110)

- citofono h tra cm 110 e 130 (consigliata cm 120)

- telefono (parte più alta) h tra 100 e 140 (con­sigliata cm 120)

servizi igienici

- possibilità di uso dei sanitari da persona in carrozzina

- accostamento laterale a wc, bidet, doccia, vasca, lavatoio, lavatrice

- accostamento frontale a lavabo

- corrimani, campanello di emergenza

- erogazione acqua calda con miscelatori ter­mostatici

- porte scorrevoli con apertura verso l'esterno

- wc e bidet: preferibilmente sospesi, h da ter­ra cm 45-50, asse wc o bidet cm 40 da parete la­terale, bordo anteriore a cm 75-80 da parete po­steriore, spazio libero a fianco cm 100 (misurato dall'asse dell'apparecchio)

- vasca: spazio libero cm 140 lungh. e cm 80 prof.

- lavabo: spazio libero cm 80 dal bordo ante­riore, h cm 80 da terra, preferire lavabo a men­sola e rubinetti a leva

- doccia: a pavimento, sedile ribaltabile, doc­cione a telefono

- negli interventi di adeguamento si può sosti­tuire la vasca con la doccia ed eliminare il bidet

- locali aperti al pubblico: nel servizio igienico cor­rimano (o cm 3-4) vicino al wc e distante cm 5 da parete

alloggi accessibili di ER sovvenz.: prevedere la possibilità di inserire maniglioni o corrimano orizzontale o verticale

alloggi ER visitabili: possibilità di giungere fino in diretta prossimità di wc e lavabo

cucine

- uso agevole

- porte scorrevoli o a libro

- lavello e cottura: spazio sottostante libero per un h cm 70 (min.)

balconi, terrazze

 

- dislivello contenuto della soglia tra balcone e ambiente interno

- parapetti che permettano la visuale all’esterno a persona seduta

- sicurezza e protezione da cadute.

- parapetto: h min. cm 100, i suoi elementi non devono essere traversabili da una sfera di Ø cm 10, l'altezza della parte opaca non > cm 60

- in una parte del balcone e del terrazzo deve esserci uno spazio in cui sia inscrivibile una cir­conferenza di Ø cm 140

collegamenti orizzontali: corridoi e passaggi

 

corridoi di collega­mento dei percorsi verticali

 

- andamento continuo, variazioni di direzione evidenziate

- variazioni di livello raccordate con rampe

- consentire, in punti non troppo distanti, l'in­versione di direzione alla carrozzina

- piattaforma di distribuzione per l'accesso al vari ambienti

 

- largh. min. cm 100

- allargamenti nelle parti terminali dei corridoi (almeno ogni 10 m)

- in prossimità delle porte fare attenzione al senso di apertura della porta e agli spazi.liberi (antistanti e retrostanti la porta) per il passaggio

 

collegamenti verticali: scale

- andamento regolare e omogeneo; ogni rampa deve avere lo stesso numero di gradini, largh. pedata e h alzata non devono variare

- gradini: pedata antisdrucciolevole, pianta ret­tangolare, profilo continuo, spigoli arrotondati - parapetto

- corrimano facilmente afferrabile, di materiale non tagliente

 

scale comuni e degli edifici aperti al pubblico

 - passaggio di 2 persone contemporaneamente e di una barella

- rampe lunghezza contenuta o interrotte da ri­piani, percepibili dai non vedenti

- corrimano sui 2 lati e 2° corrimano (in pre­senza di bambini)

- preferibile illuminazione naturale laterale, il­luminazione artificiale laterale, comando su ogni pianerottolo, visibile al buio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

scale comuni in edifici aperti al pubblico:

- rampa: largh. min. cm 120, pendenza limitata e costante

- pedata: largh. min. cm 30; 2a + 1p: cm 62-64 - segnale a pavimento, a cm 30 dal 1° e dal­l'ultimo gradino, per indicare l'inizio e la fine della rampa

- parapetto: h cm 100, inattraversabile da una sfera di 0 cm 10

- corrimano: h cm 90-100, cm 75 per bambini, prolungato di cm 30 oltre il 1° e l'ultimo gradino, distante cm 4 dal parapetto o dalla parete piena

altre scale: rampa largh. min. cm 80, pedata largh. min. cm 25, rapporto alzata pedata 2a + 1p: cm 62-64

rampe

 

- pendenza rapportata alla capacità di superar­la e percorrerla senza affaticamento da persona in carrozzina

- ripiani di riposo per rampe lunghe

 

- dislivello max. superabile con rampa: m 3,20

- largh. min. cm 90 o cm 150, ogni 10 m ri­piano orizzontale libero da porte di cm 150x150 o cm 140x170

- cordolo h cm 10 (in presenza di parapetto)

- pendenza max. 8%; in caso di adeguamento pendenza fino a 12% rapportata alla lunghezza

ascensori

 

- dimensionamento della cabina e delle porte per accesso ed uso a persona in carrozzina

- apertura porte con meccanismo per arresto e inversione chiusura in caso di ostruzione va­no porta

- bottoniera comandi: h adeguata per persone in carrozzina e usabile dai non vedenti

- nella cabina: citofono, campanello allarme, segnale luminoso per chiamata allarme, luce di emergenza

- complanarità tra pavimento cabina e piane­rottolo

- segnalazione sonora di arrivo al piano

- dispositivo luminoso per allarme

- autolivellamento ai piani (+ o - cm 2)

- bottoniera h tra cm 110 e 140, bottoniera int. su parete laterale a cm 35 dalla porta della cabi­na, pulsanti di comando in rilievo e in Braille

- vicino a bottoniera esterna: placca di ricono­scimento del piano in Braille

- citofono interno h cm 110-130

- luce di emergenza interna: autonomia di 3 ore

- sedile ribaltabile all'interno cabina (se pos­sibile)

- segnalazione sonora di arrivo al piano

 

edifici nuova costruzione non resid.: cabina cm 140 prof. e 110 largh., porta posta su lato corto cm 80 di luce netta, piattafarma di distribuzione cm 150x150

 

edifici resid. nuova costruzione: cabina cm 130 prof. e 95 largh., porta cm 80, piattaforma distri­buzione cm 150x150

 

adeguamento edifici esistenti: cabina cm 120 prof. e 80 largh., porta cm 75, piattaforma distri­buzione cm 140x140, la porta di piano può- es­sere ad anta incernierata, ma con apertura auto­matica

servoscala

 

- in alternativa all'ascensore nell'adeguamento o per superare differenze di livello contenute - agevole accesso e stazionamento a persona in piedi, seduta, in carrozzina

- sistemi anticaduta, anticesoiamento, anti­schiacciamento, antiurto, sicurezze di movimen­to, meccaniche, elettriche e di comando

- superamento di dislivelli non > di m 4

- pedana servoscala: cm 35x35, portata tra kg 100 e 200

- sedile servoscala e pedana servoscala. a. se­dile ribaltabile: cm 35x40 a distanza cm 40-50 dai predellino di cm 30x20; portata tra kg 100 e 200

- piattaforma servoscala (piattaforma ribalta­bile) e piattaforma servoscala (piattaforma e se­dile ribaltabile): cm 70x75, portata non < kg 130 e non < kg 150 nei luoghi aperti al pubblico

piattaforma elevatrici

 

- spazio antistante, sia in partenza sia in arri­vo, deve avere profondità da consentire l'acces­so e l'uscita a una persona in carrozzina

 

- superamento dislivello non > di m 4 (di nor­ma)

- piattaforma e vano corsa: opportuna prote­zione, i due accessi con cancelletto, portata uti­le min. kg 130

- vano corsa: cm 80x120

- protezione da agenti atmosferici

autorimesse

 

- collegate con spazi esterni e con apparecchi di risalita

- lo spazio sosta autovetture dei disabili deve consentire il movimento nelle fasi di trasferi­mento e deve essere evidenziato con segnali orizzontali e verticali

- singole e collettive: servite da ascensore o altro mezzo di sollevamento o da rampe (penden­za max. 8%)

 

edifici aperti al pubblico: un posto (ogni 50 o fra­zione di 50) di largh. m. 3,20

 

edil. resid, sovvenz.: numero di posti auto acces­sibili quanti gli alloggi accessibili, posizionati vicino al mezzo di sollevamento o a un luogo sicuro statico o a una via di fuga; le rampe car­rabili o pedonali provviste di corrimano

SPAZI ESTERNI

 

percorsi

 

- almeno un percorso in piano; andamento semplice e regolare senza strozzature e ostacoli

- largh. per inversione di marcia a persone in carrozzina

- ciglio (se il percorso è adiacente a zone non pavimentate)

- variazioni di livello raccordate con lievi pen­denze o rampe

- intersezione tra percorso pedonale e carra­bile segnalato per i non vedenti

- largh. min. cm 90, allargamenti ogni 10 m

- zona interessata dalle svolte ortogonali alla marcia: largh. cm170 su ciascun lato, in piano - ciglio: h cm 10 dal calpestio, differenziato per colore e materiale, interrotto da varchi ogni 10M

- pend. longit. di norma 5%, ogni 15 m un ri­piano prof. cm 150, con pend. 8% ripiano ogni 10 m; pend. trasv. max. 1 %

- pendenza più contropendenza < 22%

- dislivello tra piano percorso e terreno o zona carrabile: cm 2,5; raccordo tra percorso pedona­le e livello stradale con rampe di pend. non > 15% e con dislivello max. cm 15

- fino ad h m 2,10 dal calpestio: nessun osta­colo (tabelle, elementi sporgenti etc.)

pavimentazioni

 

- antisdrucciolevole, differenze di livello con­tenute

- grigliati con maglie non larghe

- spazi di sosta: ved. le caratteristiche delle autorimesse

- ved. pavimenti

 

parcheggi

 

- complanari alle aree pedonali di servizio o collegati con rampe o apparecchi di sollevamento

- spazi di sosta: ved. le caratteristiche delle autorimesse

- un posto auto (ogni 50 o frazione di 50) col­locato vicino al percorso pedonale o vicino all’accesso dell'edificio, preferibilmente dotato di copertura

 

SEGNALETICA

 

- unità immobiliari e spazi esterni accessibili: cartelli di indicazione facilmente visibili, riporta­re il simbolo internazionale di accessibilità

- numeri civici, targhe, contrassegni: facilmen­te leggibili

- edifici aperti al pubblico: segnalare attività e percorsi

- evidenziare ogni situazione di pericolo

- per i non vedenti: apparecchi fonici e scritte in Braille

 

 

 

Legenda:

a alzata - coeff. coefficiente - dist. distanza - ER edilizia residenziale - edif. resid. edificio residenziale - est. ester­no - h altezza - int. Interno - larg. larghezza - long. longi­tudinale - lungh. lunghezza - max. massimo - min. minimo p pedata - pend. pendenza - prof. profondità - sovvenz. sovvenzionata - trasv. trasversale.

 

 

 

 

(*) Dipartimento Casa-città del Politecnico di Torino - Marzo 1990.

(1) M.T. Ponzio (a cura di), Nuove norme sulle barriere architettoniche. La legge 13/1989 e le prescrizioni tecni­che per l'attuazione, Torino, Rosenberg & Sellier, 1990. Il volume può essere richiesto versando L. 17.000 sul c.c.p. n. 25408105 intestato a Prospettive assistenziali, Via Arti­sti 34, Torino 10124.

 (2) Cfr. punto 2 della Circolare esplicativa della legge 13/1989 emanata dal ministero dei lavori pubblici, in data 22.6.1989, n. 1669/U.L., pubblicata nella stessa Gazzetta ufficiale in cui compare il DM 236/1989 (S.O. n. 45 alla G.U. n. 145 del 23.6.1989).

(3) I concetti di accessibilità, visitabilità, adattabilità sono nuovi nella normativa italiana e, lungi dall'essere universalmente conosciuti, si possono prestare ad inter­pretazioni differenti tra loro. La prima disposizione nor­mativa che definisce tali concetti è la legge regionale del­la Lombardia n. 6 del 20.2.1989, Norme sull'eliminazione delle barriere architettoniche e prescrizioni tecniche di at­tuazione (S.O. n. 1 al B.U. n. 8 del 22.2.1989), modificata con la legge regionale n. 76 del 22.12.1989, Modificazioni ed integrazioni alla L.R. 20 febbraio 1989, n. 6 «Norme sull'eliminazione delle barriere architettoniche e prescrizioni tecniche di attuazione» (1° S.O. al 13.11. n. 52 del 27.12.89).

 

 

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