Prospettive assistenziali, n. 91, luglio-settembre 1990

 

 

LA NUOVA LEGGE SULLE AUTONOMIE LOCALI IGNORA GLI ASSISTITI

 

 

Ancora una volta il disinteresse dei parlamentari, dei funzionari del Ministero dell'interno e degli amministratori dell'ANCI e dell'UPI ha pro­vocato danni agli assistiti.

Infatti la recente legge 8 giugno 1990 n. 142 sulle autonomie locali ha stabilito la cessazione di ogni attività in materia assistenziale da parte delle Province, senza peraltro indicare modalità e procedure per il passaggio ai Comuni delle re­lative funzioni, dei finanziamenti, dei personale, delle strutture e delle attrezzature.

Al momento dell'entrata in vigore della suddetta legge, le Province svolgevano funzioni con­cernenti l'assistenza:

- ai ciechi e sordomuti poveri rieducabili;

- alle madri nubili e alle gestanti nubili e co­niugate;

- ai bambini esposti e cioè trovati in luogo pubblico, di cui non si conoscono i genitori;

- ai minori figli di ignoti;

- ai minori riconosciuti dalla sola madre;

- ai minori già di competenza dell'ONMI.

Inoltre, alcune Province, ad esempio quella di Torino, esercitavano competenze in materia di insufficienti mentali minori e adulti, fornendo pre­stazioni di servizio sociale, aiuto economico, as­sistenza domiciliare, affidamenti e inserimenti, comunità alloggio, centri diurni per gravi e gra­vissimi, ecc., in quanto non avevano ancora prov­veduto al trasferimento ai Comuni come previ­sto dal DPR 616/1977 (1).

Da notare che la Provincia di Torino, con un telegramma del 21 giugno 1990 inviato ai Comu­ni e alle Unità socio-sanitarie locali, ha comu­nicato la «decadenza di qualsiasi funzione socio-assistenziale in capo all'Amministrazione provin­ciale con decorrenza 13 giugno 1990» (2), disin­teressandosi delle necessità degli utenti (3).

Inoltre va aggiunto che la Provincia di Torino (probabilmente - purtroppo - non la sola in Italia) ha approfittato delle carenze (gravissime) della nuova legge sulle autonomie locali per ten­tare di trattenere i finanziamenti (ammontanti a quasi 40 miliardi per il 1990), il personale, le strutture e 1e attrezzature, come se fosse possibile ai Comuni istituire i servizi dal nulla.

Nel frattempo i nuovi casi assistenziali non vengono più assunti dalla Provincia, mentre i Co­muni e le USSL sono del tutto impreparati.

L'Associazione nazionale famiglie adottive e affìdatarie (ANFAA) e l'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale (ULCES) hanno segnala­to la gravità della situazione al Ministero dell'in­terno, al Prefetto, alla Regione, alla Provincia e ai Comuni, ma, finora senza risultati.

Ad avviso dell'ANFAA e dell'ULCES è indi­spensabile e urgentissima la presentazione da parte del Governo di un decreto legge che sta­bilisca quanto segue:

- le Province sono tenute a erogare le fun­zioni assistenziali fino al 31 dicembre 1990, com­presi i nuovi casi;

- tutte le funzioni assistenziali comunque svolte dalle Province alla data di entrata in vi­gore della legge sulle autonomie locali, sono trasferite entro e non oltre il 31 dicembre 1990 ai Comuni con il relativo personale, i finanzia­menti, le strutture e le attrezzature;

- stante l'impossibilità assoluta per i Comu­ni piccoli di garantire le necessarie prestazioni, fra cui quelle concernenti il segreto del parto come previsto dalle leggi vigenti (4), l'assisten­za alle gestanti nubili e coniugate, alle madri nubili, ai minori esposti e a quelli non riconosciu­ti, la competenza dovrebbe essere trasferita ai Comuni capoluogo di provincia per l'esercizio di dette funzioni con riferimento al territorio pro­vinciale.

 

 

(1) Si noti che dal 1978 il CSA (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) ha chiesto, finora invano, alla Regione, alla Provincia di Torino e ai Comuni di assumere iniziative per il rispetto delle norme previste dal DPR 616/1977.

(2) La data di decadenza è addirittura antecedente a quella di invio del telegramma.

(3) Segnaliamo la presa di posizione del Gruppo di Coor­dinamento dei servizi socio-assistenziali della Regione Pie­monte che, in data 9 luglio 1990 ha comunicato alle auto­rità competenti la preoccupazione per il «vuoto istituzionale e gestionale che si viene a creare, aggravato anche dalla attesa dell'insediamento delle nuove amministrazioni». Anche la CGIL Funzione pubblica del Comprensorio di Torino, in data 11 luglio 1990, ha espresso la più viva ap­prensione in merito alle ripercussioni negative sull'utenza e sul personale coinvolto (210 educatori e 82 addetti ai servizi socio-assistenziali della Provincia di Torino).

(4) Al fine di salvaguardare la vita e il futuro del bam­bini le leggi vigenti (cfr. Il R.D.L. 8 maggio 1927 n. 798 e il R.D. 29 dicembre 1927 n 2822) consentono giustamente alle donne nubili di partorire in condizioni di assoluta se­gretezza. Ricordiamo che la legge vigente prevede che l'atto di nascita possa essere redatto con la dizione «nato da donna che non consente di essere nominata».

 

 

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