Prospettive assistenziali, n. 88, ottobre-dicembre 1989

 

 

IL DIRITTO DEL CITTADINO ALL'INFORMAZIONE: L'ESPERIENZA DEL COMUNE DI VERONA

FRANCO DALLA MURA (*)

 

 

Da qualche tempo le tematiche relative alla esigibilità dei diritti delle persone, e, più in generale, del rapporto tra norma e società, tra co­stituzione scritta e costituzione vivente sono oggetto di un diffuso interesse.

I temi in discussione non sono certo una novi­tà: numerosi sono stati gli interventi dalla costi­tuzione repubblicana in poi; nuova, invece, è la dimensione del dibattito che ha finito con l'esten­dere la discussione dal piano dottrinale a quello culturale e politico: anche nel nostro paese, pur su una consolidata tradizione giuridica ben lon­tana dallo spirito prammatico anglosassone, si sta diffondendo la consapevolezza dell'esistenza e dell'importanza determinante di quel gigante­sco piano di scorrimento che collega la norma con la società reale.

Questo piano di scorrimento può essere più o meno scivoloso e la misura della scivolosità è direttamente proporzionale a quella con cui le decisioni politiche delle istituzioni si traducono in assetti sociali.

Ci si accorge che l'alibi della carenza norma­tiva non basta: non è certo questo il luogo per affrontare il tema delle riforme (pur sempre ne­cessarie), ma può essere quello per constatare che tutte le norme e gli istituti che ora dobbia­mo riformare sono stati in un tempo più o meno lontano essi stessi riformati. Anche a prescin­dere, quindi, da norme riformatrici, appare evi­dente che le istituzioni (e gli uomini che le am­ministrano) spesso non comprendono la diffe­renza che passa tra le riforme delle leggi e le ri­forme della società.

Alle leggi sembra attribuirsi una sorta di po­tere magico di trasformare la società attraverso la loro semplice promulgazione.

Sfugge, peraltro, che le norme non solo devo­no essere tradotte in pratica, ma che esse stesse lasciano quasi sempre notevoli spazi di miglio­ramento ed innovazione senza bisogno di proce­dere a nuove modifiche formali.

Uno dei gangli cruciali dell'interfaccia norma­istituzioni/società è costituito dall'informazione. Informazione che, nella duplice direzione che la caratterizza, può essere per le istituzioni stru­mento per le scelte e la programmazione degli interventi e, per le persone, mezzo di conoscenza dei propri diritti e del modo di esprimerli e sod­disfarli.

Per la persona, dunque, l'informazione è pre­messa e strumento di esigibilità dei propri diritti. II problema dell'informazione del cittadino­utente è sempre stato sottovalutato dal legisla­tore; anzi, nei rari casi in cui questi se ne è oc­cupato, l'ha fatto quasi sempre in direzione oppo­sta a quella tesa a risolverlo come strumento di pratica democratica: la normativa storica è con­traddistinta da una visione formalistica dei diritti di informazione del cittadino (in origine, talvolta, addirittura legata al censo), dalla preoccupazio­ne più o meno celata di difesa autoritaristica dell'azione della pubblica amministrazione, dalla af­fermazione di regole vanificate poi da esagerati spazi lasciati alla discrezionalità dei funzionari.

Di recente, qualche spazio ha cominciato ad aprirsi, in particolare, con una norma, finita chis­sà perché in una legge di contenuto del tutto ete­rogeneo.

Intendo riferirmi all'articolo 25 della legge 27 dicembre 1985 n. 816 («Aspettative, permessi e indennità degli amministratori locali»), che sta­bilisce che tutti i cittadini hanno diritto di pren­dere visione di tutti i provvedimenti adottati dai Comuni, dalle Province, dai Consigli circoscrizio­nali, dalle Aziende speciali di enti territoriali, dal­le Unità sanitarie locali, dalle Comunità montane.

Questa norma, passata inosservata ai più, è stata valutata in vario modo, non essendo manca­to chi l'ha giudicata addirittura riduttiva rispetto alla situazione esistente e chi, al contrario, ne ha messo in luce l'importanza in un momento in cui le tematiche dell'organizzazione, dell'efficien­za e dell'efficacia cominciano ad essere scoperte nella Pubblica amministrazione.

A prescindere, comunque, da queste valutazio­ni, non può sfuggire in ogni caso l'importanza pratica che la norma ha avuto e che certamente va al di là del proprio contenuto formale.

La predisposizione dei regolamenti - previsti dalla norma in esame - da parte degli Enti inte­ressati è stata se non altro, almeno un momento di riflessione sul problema e ha dato luogo, di fatto, in alcuni casi, ad interessanti processi di rinnovamento sfociati in concrete realizzazioni.

Al riguardo, si è osservato che oltre che diritto di primaria importanza per il cittadino, l'informa­zione costituisce anche strumento indiretto di incentivazione della produttività dell'apparato, sia nel senso di responsabilizzazione degli ope­ratori, sia in quello di nascita di una «cultura del servizio», sia, infine, di occasione di conoscenza, strutturazione e miglioramento organizzativi.

Le informazioni, che dalle istituzioni sono di­rette verso l'esterno, possono essere distinte in tre categorie fondamentali: quelle dirette alla generalità dei cittadini, quelle fornite a singoli richiedenti su specifici atti e quelle, pure desti­nate a singoli, ma riguardanti procedure alle quali gli stessi siano interessati.

La prima categoria di informazioni, quelle ri­volte alla generalità dei cittadini, è costituita dal­le informazioni che l'amministrazione mette a di­sposizione di tutti senza che occorra - se non eventualmente al momento della diretta fruizio­ne - una particolare richiesta da parte del sin­golo. Queste informazioni sono quelle giudicate di interesse generale e riguardano, per lo più, gli aspetti istituzionali dell'ente (organi e loro fun­zionamento), quelli giuridico-organizzativi dell'at­tività (ripartizione della struttura organizzativa, competenze degli uffici, modalità di accesso ai servizi, procedure analizzate nel dettaglio possi­bilmente con l'indicazione dei relativi «tempi», ecc.); riguardano, infine, gli aspetti tecnico-orga­nizzativi relativi alla erogazione dei servizi pro­dotti dall'amministrazione.

La seconda categoria di informazioni (ai singoli richiedenti, su specifici atti), corrisponde in linea di massima alla previsione dell'articolo 25 delle legge n. 816/1985, purché l'espressione letterale della norma, che si riferisce a «provvedimenti» venga interpretata nella più vasta accezione di «atti», eventualmente conclusivi di procedimenti (o richiamati in atti conclusivi) ed aventi rile­vanza esterna. Tale interpretazione, peraltro, è imprescindibile se alla norma si voglia attribuire un qualche significato nel senso di un supera­mento del modo tradizionale di intendere il do­vere di riservatezza della pubblica amministra­zione e dei pubblico funzionario: viene affermato un generale obbligo di trasparenza e la riserva­tezza viene attribuita soltanto a quegli atti per i quali essa sia specificamente prescritta da di­sposizioni di legge.

Anche l'esigenza della dimostrazione di uno specifico interesse all'informazione in capo al richiedente appare del tutto assente nella norma, che attribuisce assoluta discrezionalità all'eser­cizio del diritto, per il quale non può quindi esse­re richiesta alcuna motivazione e che non può, evidentemente, essere subordinato ad alcuna preventiva autorizzazione.

L'ultima categoria di informazione (quella a singoli interessati a specifiche procedure) rap­presenta l'aspetto più importante e difficile del problema, dato lo stretto collegamento con la organizzazione e con l'informazione degli appa­rati.

Si tratta, in sostanza, di fornire ai singoli inte­ressati, informazioni su procedure che li riguar­dano, con riferimento ai percorsi procedurali compiuti e da compiere in un dato momento, al rispetto di tempi predefiniti, alla motivazione del­le decisioni, anche interlocutorie adottate, ecc.

È fondamentale, però, per il cittadino, potersi rivolgere anche per questo tipo di informazioni ad un unico punto di riferimento: pensiamo al rischio - nei casi di procedure aventi un mini­mo di complessità - di essere palleggiato tra i vari uffici attraverso i quali si svolge l'iter proce­durale. Devono, quindi, essere garantite l'unicità del punto presso il quale le informazioni possono essere attinte (punto, eventualmente, decentra­bile ma non frazionabile per tipo di competenza), l'immediatezza delle informazioni (da fornire, quindi, in tempo reale) e la interattività, nel senso della possibilità di riformulare o integrare imme­diatamente le domande, alla luce delle risposte ricevute, per «correggere il tiro». Tutto ciò, evi­dentemente, è compiutamente realizzabile solo attraverso lo strumento informatico.

Quest'ultima delle tre categorie nelle quali abbiamo classificato l'informazione «chiude» il momento relativo al diritto all'informazione e «apre» quello della tutela del diritto o dell'inte­resse.

Tutto ciò sul piano dei concetti. Su quello delle realizzazioni occorre passare attraverso scelte determinanti che riguardano gli assetti organiz­zativi, le strutture, le strumentazioni.

È evidente come la realizzazione di una «ban­ca dati» costituisca il presupposto della messa a disposizione non solo del primo tipo di informa­zioni (quelle rivolte alla generalità dei cittadini) ma anche di tutte le altre.

Questa banca dati dovrà riguardare tutti gli aspetti aventi rilevanza esterna di possibile in­teresse per la cittadinanza e potrà essere più o meno approfondita a seconda del livello al quale si intenda scendere nell'informazione: scelta non facile che deve tener conto di elementi comples­si e spesso tra loro contrastanti.

Dato, inoltre, per scontato l'impiego di un sup­porto informatico, si pone il problema di «quale» supporto.

Allo stato attuale delle tecnologie (e sempli­ficando al massimo il problema) si tratta, in pra­tica, di scegliere tra una soluzione «chiusa», co­stituita da una rete di personal computer, ed una aperta all'esterno e per la quale la rete «VIDEO­TEL» della SIP appare la soluzione più valida: in altre parole la base di dati può essere consulta­bile dallo stesso ente fornitore delle informazio­ni e da pochi utenti privilegiati, ovvero messa a disposizione anche del mondo esterno attraverso un collegamento telematico semplice ed econo­mico, anche se - per il momento - con qualche limitazione sul piano della velocità e flessibilità della consultazione.

Non vanno, inoltre, sottovalutati i problemi le­gati ai vincoli relativi all'organico: a questo pro­posito, le scelte iniziali dovranno essere suffi­cientemente agili da consentire un avvio dei ser­vizi senza richiedere un eccessivo impegno di risorse umane, rinviando la realizzazione di una struttura più completa a un secondo momento, quando la produttività dell'iniziativa si sarà già manifestata.

 

 

L'ESPERIENZA DEL COMUNE DI VERONA

 

Può essere utile esaminare come nella realtà di un Ente locale - il Comune di Verona - si è sviluppata una serie di iniziative legate all'infor­mazione dei cittadini.

Il progetto relativo alla realizzazione di un ser­vizio informazioni per i cittadini nel Comune di Verona ha preso l'avvio da una decisione della Giunta municipale del marzo 1986.

L'Amministrazione comunale, nel far propria la ripartizione in tre categorie dell'informazione, approvò conseguentemente una serie di interven­ti da realizzarsi con gradualità.

Vediamo, schematicamente, quanto è stato fatto.

 

Creazione di una micro-struttura organizzativa

La difficoltà (comune alle amministrazioni) di reperire al proprio interno risorse umane, sia sul piano della quantità che su quello della qualità professionale ha imposto, da un lato, la massima limitazione nell'impiego di personale comunale e l'utilizzo (anche questo contenuto al massimo) di professionalità esterne altamente qualificate. La struttura, infatti, si compone di soli due ele­menti, dei quali uno, il responsabile del servizio (il sottoscritto), aggiunge questa funzione ad al­tre, e l'altro (un impiegato amministrativo con caratteristiche di autonomia e creatività) lavora a tempo pieno per il servizio. Questa struttura minimale, però, si avvale della consulenza di due professionisti esterni, specializzati nelle proble­matiche relative all'elaborazione elettronica dei dati l'uno e dell'informazione l'altro.

 

Realizzazione di una banca dati

Il primo passo è stato quello della raccolta ed elaborazione di una base di dati che potesse sod­disfare alle esigenze di una informazione «di pri­mo livello» ai cittadini sulla struttura istituziona­le ed organizzativa e sui servizi comunali.

È stata sino ad ora raccolta dai settori munici­pali una massa di informazioni corrispondente a circa 1200 pagine, in continuo incremento ed ag­giornamento.

Grazie ad una convenzione stipulata con la SIP, tutte le informazioni sono state inserite a cura della stessa nella banca dati VIDEOTEL e messe così a disposizione sin dal giugno 1988 degli utenti pubblici e privati dotati di collegamento telematico.

 

II servizio informazioni

Realizzata la necessaria base di dati, si è reso possibile creare la struttura necessaria per la messa a disposizione della cittadinanza: una se­rie di «punti di informazione» dei quali uno, cen­trale, presso la sede municipale, dedicato esclu­sivamente al servizio informazioni, è aperto al pubblico con un orario molto esteso (sino alle ore 22 nella stagione estiva) e si avvale di per­sonale qualificato messo a disposizione da una agenzia privata convenzionata; gli altri, decentra­ti presso le sedi circoscrizionali ed anagrafiche (in tutto, 22) si avvalgono del personale comuna­le già adibito ad altre mansioni.

Tutti i «punti di informazione», ovviamente, sono collegati al sistema VIDEOTEL e, attraverso questo, attingono alla banca dati predisposta presso ogni settore comunale; inoltre, sono stati individuati alcuni riferimenti dai quali gli opera­tori possono ricevere tutte le informazioni richie­ste dall'utenza e che non siano contenute nel supporto VIDEOTEL.

 

Il servizio «linea diretta cittadino-Comune»

Questo servizio - direttamente collegato al servizio informazioni - consente ai cittadini di esprimere lamentele, proteste, richieste di chia­rimenti, suggerimenti, ecc., con la garanzia di ottenere dall'Amministrazione comunale una ri­sposta scritta, firmata dall'Assessore competen­te, entro 15 giorni.

I cittadini utenti di VIDEOTEL possono inviare i loro messaggi direttamente, mentre tutti gli al­tri possono farlo rivolgendosi ad uno dei 23 «pun­ti informazione». Sarà cura degli operatori tra­smettere attraverso il collegamento telematico il messaggio alla «mini-struttura» centrale. Da questa, il messaggio verrà trasmesso all'Asses­sorato competente per la risposta che verrà in­viata direttamente al richiedente.

L'occasione del contatta cittadino-amministra­zione non si risolve, però nella semplice risposta alla lamentela o presa d'atto del suggerimento; sia il messaggio dell'utente, sia la risposta dell'Assessorato vengono trasmesse in copia all'uf­ficio comunale organizzazione metodi, che valuta di volta in volta l'opportunità di un intervento sul piano organizzativo per l'eliminazione di disfun­zioni o per l'implementazione dei suggerimenti ricevuti, riferendone periodicamente all'ammini­strazione.

Tutto ciò sul piano delle realizzazioni.

Su quello dello sviluppo del servizio, le linee per il futuro prevedono sul versante tecnico la gestione del servizio con un collegamento «gate­way» alla rete VIDEOTEL (le informazioni saran­no, quindi, residenti su elaboratore comunale). Sul versante strategico il servizio comunale si proporrà alla realtà pubblica cittadina quale «po­lo informativo», mettendosi quindi a disposizione degli altri enti pubblici della città per un servizio integrato; saranno, inoltre, valorizzate le poten­zialità di «interattività» dello strumento telemati­co, che verrebbe, quindi, utilizzato non solo per la distribuzione di informazioni, ma per l'eroga­zione di servizi di vario tipo (si pensi, ad esem­pio, alle prenotazioni), ove possibile in collega­mento con il servizio «CERTIMAT» (certificazione automatica) realizzato dal Comune.

 

Con queste brevi note si è cercato di fornire un quadro di come un'amministrazione locale ab­bia saputo con risposte concrete (e non con la semplice elaborazione di astratti progetti) affron­tare il problema della informazione quale premes­sa alla esigibilità dei diritti dei cittadini.

Con questo, si è evidentemente ben lungi da una trattazione sistematica dell'argomento (né ciò rientrava, peraltro, nelle finalità di questo contributo). Resta, ad esempio, aperto il proble­ma fondamentale della effettiva fruizione del nuo­vo servizio messo a disposizione, che non deve tradursi in un «fatto d'immagine» a beneficio di un'utenza - tutto sommato - privilegiata che per appartenenza sociale e per caratteristiche culturali ne avrebbe forse meno bisogno di altri.

A questo proposito, in particolare, spero nasca qualche stimolo per un dibattito.

 

 

(*) Coordinatore sociale e dei servizi ai cittadini dei Comune di Verona.

 

 

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